domenica 13 marzo 2011

PER UNA NUOVA LETTURA ICONOGRAFICA DEL SANTUARIO DEL SANTISSIMO CROCIFISSO DI SAN MINIATO (seconda parte)

di Francesco Fiumalbi


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1) PER UNA NUOVA LETTURA ICONOGRAFICA DEL SANTUARIO DEL SANTISSIMO CROCIFISSO DI SAN MINIATO (prima parte)


Nella prima parte di questo intervento abbiamo trattato della costruzione del Santuario del Santissimo Crocifisso detto “di Castelvecchio” di San Miniato, facendo particolare attenzione alla valenza urbanistica che questo intervento ha comportato. Pur condividendo la definizione di “quinta urbana”, mutuata dall’esperienza teatrale del progettista Antonio Ferri, abbiamo anche visto quali sono le ipotesi riguardo alla lettura iconografica dell’edificio e del suo inserimento nel contesto urbano. Abbiamo proposto una trattazione fortemente critica riguardo alle parole del Vensi nell’800 e della Cristiani Testi (1) e, più recentemente, della Giusti (2): i riferimenti alla basilica del Santo Sepolcro, ai Martyrium bizantini, e alla Via Crucis ci paiono non del tutto convincenti. In particolare risulta evidente l’incongruenza delle tesi con l’apparato scultoreo;  l’accostamento della basilica costruita sul Monte Calvario con l’Apostoleion costantiniano è evidentemente un artificio narrativo, sia architettonicamente che iconograficamente parlando. In pratica, ci stiamo chiedendo quale “rappresentazione teatrale” sia stata effettivamente “mandata in scena”, basandoci soltanto sull’analisi della scenografia: la Via Crucis? Il Santo Sepolcro? Altro?

Il Santuario del SS Crocifisso di Castelvecchio
Foto di Francesco Fiumalbi

In questo intervento formuleremo la prima parte della nostra ipotesi, frutto dell’osservazione critica di tutti gli elementi presenti, sia singolarmente che nel contesto in cui si trovano, cosa che non ci sembra sia stata mai fatta fino ad ora. Probabilmente quanto si dirà non sarà condiviso da tutti, ma l’obiettivo è rinnovare l’invito alla ricerca continua, nel tentativo di carpire i significati e i diversi livelli di lettura dello spazio che ci circonda. Dobbiamo precisare che quanto si dirà è frutto dello sviluppo di alcune indicazioni e osservazioni di Don Luciano Marrucci. Dopo questa doverosa premessa, passiamo al tema vero e proprio.

Un aspetto che sicuramente non è stato considerato abbastanza è il plurisecolare rapporto fra l’istituzione comunale e il SS Crocifisso. Il proposto della Cattedrale Giuseppe Conti spiega che i sanminiatesi fecero “dopo il loro ingresso nella Lega guelfa toscana, fabbricare per detta Lega un nuovo palazzo del Popolo” e che “saviamente divisarono di comprendere nella sua pianta anche l’Oratorio del SS. Crocifisso” (3). Il Piombanti riflette su questa scelta e afferma che “(…) era costume dei magistrati di allora di farsi la cappella in palazzo, (…) sì perché conoscevano essere la religione la base di ogni pubblica e ben regolata amministrazione (…)” (4).
Il libero comune di San Miniato partecipò effettivamente ad una “lega” contro l’Impero, nel marzo del 1287. Grazie a questo accordo unito alla presenza di truppe fiorentine in città, a partire dal 1295, riuscirono a scacciare definitivamente i vicari imperiali (5). Questa “libertà”, pagata in seguito a caro prezzo, doveva essere salutata come una vero e proprio segno provvidenziale e per questo, sull’onda dell’entusiasmo, fu edificato il nuovo palazzo del Popolo. A tal proposito risulterebbe abbastanza plausibile la datazione della costruzione dell’Oratorio (poi “Loretino”), fra il 1285 e il 1295, proposta dal Lotti (6). Il palazzo doveva essere già essere in funzione nei primi anni del ‘300 come ricorda il notaio e cronista Giovanni di Lemmo Armaleoni da Comugnori (7). L’organizzazione dell’edificio comunale, nella sua fase iniziale, vedeva al piano terreno la Cappella del SS Crocifisso e due locali, che si disponevano secondo uno schema ad “L”; al piano superiore, accessibile da un’apposita scala esterna”, si trovava la Sala delle Udienze e le stanze del Cancelliere che si disponevano con la medesima distribuzione del piano inferiore (8).
Di questa nuova costruzione troviamo notizia anche negli Statuti comunali del 1337, chiamata “domo nova Leonis” (9), la nuova casa del Leone, con evidente richiamo allo stemma comunale.

Municipio di San Miniato
A piano terreno l’Oratorio del Loretino,
al primo piano la sala “storica” consiliare

Significative sono le parole del Piombanti che individua il legame fra religione e ogni pubblica e buona amministrazione. Infatti la Sala delle Udienze fu collocata esattamente al di sopra dell’Oratorio, a riconoscere fisicamente, ancor prima che idealmente, il ruolo di fondamento della religione sulle pratiche civiche. Infatti negli Statuti del 1337, a proposito dell’elezione dei Capitani e dei Consiglieri, si legge (10):
(…) Qui capitanei et consiliarii eligendi, ante introitum sui offitii, teneantur iurare corporaliter ad sancta Dei Evangelia, coram domino capitaneo populi vel eius offitialibus, eorum offitium bene et legaliter exercere (…).
In pratica, i Capitani e i Consiglieri eletti, prima di entrare in carica, dovevano giurare “fisicamente” sul Vangelo, alla presenza del Capitano del Popolo o dei suoi ufficiali, che avrebbero esercitato con giustizia e secondo la legge il proprio incarico. Era sicuramente una pratica diffusissima anche altrove, ma testimonia, se mai ce ne fosse bisogno, del legame tra religione e governo civico anche a San Miniato.

Facciamo un salto nel tempo di ben quattro secoli, catapultandoci agli inizi del ‘700. San Miniato, nel frattempo, era diventata sede di Diocesi nel 1622 (12) rimanendo comunque una cittadina di provincia, sede dei vicari fiorentini che controllavano l’amministrazione civica per conto del Granduca di Toscana. In questa epoca, il palazzo comunale andava piano piano espandendosi. Nel corso di tutto il ‘600 vi furono numerosi ampliamenti che portarono a ricavare a piano terreno l’archivio “grande” comunale e al piano superiore l’abitazione del Cancelliere. A lato, in direzione della “cittadella” era stata eretta una scuola (grosso modo dove adesso c’è l’Ufficio del Protocollo). Questo complesso si affacciava su di un “cortile pubblico”, collocato dove c’è l’attuale atrio di ingresso, delimitato rispetto alla strada da un muro, al quale si accedeva tramite una porta (11). Questa era sistemata esattamente dove oggi c’è il portone d’ingresso del Municipio, quindi in asse con il futuro complesso del Santuario del SS Crocifisso.

Ricostruzione della situazione del Palazzo del Comune di San Miniato durante la costruzione del Santuario del SS Crocifisso agli inizi del ‘700.
Disegno di Francesco Fiumalbi

Significativo era il potere granducale in merito alla nomina dei vescovi, infatti il Granduca, attraverso presentazioni raramente inevase, era il vero “creatore” dei Vescovi del Granducato (…) (13). Anche lo stesso Vescovo Poggi, promulgatore della costruzione del monumentale Santuario del SS Crocifisso era stato nominato su indicazione del Granduca Cosimo III, col quale intratteneva ottimi rapporti. Durante un incontro del 1705 il Poggi mostrò il progetto del Ferri al Granduca. Di questo episodio ce ne parla il “festaiolo” e “operaio” Bernardo Morali (14):
(…) mostrato al Serenissimo Duca Cosimo III il disegno del Tempio da erigersi, e richiesto dall’Altezza Sua Serenissima come mai volesse eseguirlo – che ben chiara si vedeva la spesa grande a tale edifizio necessaria, e già sapeva la mancanza degli assegnamenti – forte di viva fede nel suo Signore, rispose “Altezza Reale, Gesù Crocifisso, per sua misericordia, non ci abbandonerà di lume e di tutt’altro che possa bisognare a tal opera, che si fa per sua gloria!”. Il Granduca allora “Animo, dunque, Monsignore!” rispose. E tutto il ferro che a tal fabbrica d’uopo fosse, generosamente esibì e donò, con altre cose a ciò necessarie (…).

Sembrerebbe, quindi, che il ruolo del Vescovo fosse in qualche modo subalterno a quello propriamente politico-amministrativo esercitato dal Granduca. Più nei fatti che nell’assetto giurisdizionale dell’epoca.
Il complesso rapporto fra istituzioni civili da una parte, ed ecclesiastiche dall’altra, che andò delineandosi fra il ‘600 e il ‘700, fu contraddistinto da spinte riformistiche volte a rafforzare il potere giurisdizionale granducale. I fermenti antiromani serpeggiavano ovunque in Toscana, e si fondavano in special modo sulla dottrina teologica Giansenista. Gli effetti di questi impulsi portarono alla fine del ‘700 a significative riforme  come la soppressione delle compagnie laicali (fra cui anche l’Opera del SS Crocifisso), la riorganizzazione degli Ospedali (prevalentemente a cura di istituzioni religiose) e la drastica riduzione dei conventi femminili e maschili (15).

Il Palazzo del Comune di San Miniato dal terrapieno del Santuario
Foto di Francesco Fiumalbi

Un episodio significativo, già ricordato nella prima parte di questo intervento, è la scelta del sito per la costruzione. L’Opera del SS Crocifisso chiese ed ottenne di poter edificare la nuova chiesa nell’orto adiacente al Palazzo dei Priori, a patto che fossero trasferiti alla nuova chiesa i diritti di possesso già esercitati nell’antico oratorio e che si traducevano, in pratica, nella custodia delle chiavi della chiesa (16). Tuttavia, la storia non andò in questo modo: il Santuario non fu costruito accanto, bensì davanti all’attuale Municipio.
Le vicende settecentesche ci mostrano, in maniera abbastanza evidente, come il “potere” ecclesiastico si andasse riducendo, specialmente in termini di influenza sulla sfera civica. Nella scelta del sito della costruzione del nuovo e monumentale santuario potrebbe aver giocato un ruolo determinante anche questo aspetto, oltre agli altri motivi di natura propriamente stilistica e strutturale che abbiamo già affrontato nella prima parte. La necessità di staccare definitivamente la custodia della preziosa reliquia dall’amministrazione comunale e la ferma volontà di rimettere alcune cose in chiaro, oltre alla necessità “ufficiale” di sciogliere il cosiddetto “voto” espresso nei giorni dopo la peste del 1631. Il Santuario, infatti, è stato costruito ben al di sopra del piano stradale e questo potrebbe tradursi in un preciso monito: la chiesa sta al di sopra del governo degli uomini. Ma non sarebbe bastata la sola collocazione frontale, in una sorta di ideale contrapposizione: era necessario costruire una scena precisa, con un messaggio altrettanto preciso.
In cosa potrebbe consistere questo messaggio tradotto in comunicativo linguaggio architettonico? Quale monito potrebbe essere stato riferito alla cittadinanza tutta e ai pubblici amministratori in particolare?

NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) Vensi Antonio, Materiali raccolti per formare il tomo I e II dei documenti per la storia di San Miniato da Antonio Vensi l'anno 1874, Accademia degli Euteleti, pag. 567, in Cristiani Testi Maria Laura, San Miniato al Tedesco, Marchi & Bertolli, Firenze, 1967, pag. 134.
(2) Giusti Maria Adriana, La chiesa del SS. Crocifisso di San Miniato, in Giusti – Matteoni (a cura di), La chiesa del SS. Crocifisso a San Miniato. Restauro e storia., CRSM, Allemandi, Torino, 1991, pagg. 30-32.
(3) Giuseppe Conti, Storia delle venerabile immagine dell’oratorio del SS Crocifisso detto di Castelvecchio nella città di San Miniato, San Miniato, 1915, pag. 24.
(4) Piombanti Giuseppe, Guida storico-artistica della città di San Miniato al Tedesco, Tip. Ristori, San Miniato, 1894, ristampa anastatica in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 44, 1975, San Miniato, pag. 98.
(5) Salvestrini Francesco, Il nido dell’aquila, in Malvolti-Pinto (a cura di), Il Valdarno Inferiore terra di confine nel Medioevo (secoli XI-XV), Olschki, Firenze, 2008, pag. 253.
(6) Lotti Dilvo, San Miniato. Vita di un’antica città, SAGEP, Genova, 1980, pag. 335.
(7) Giovanni di Lemmo Armaleoni da Comugnori (edizione a cura di Vieri Mazzoni), Diario (1299-1319), Olschki, 2008.
(8) Vigneri Emanuela e Giglioli Marco, Il Palazzo comunale di San Miniato, 700 anni di storia restauri e progetti, Pacini Editore, San Miniato, 1998, pagg. 15-16.
(9) Salvestrini Francesco (a cura di), Statuti del Comune di San Miniato al Tedesco (1337), Edizioni ETS, San Miniato, 1994, Libro IV, rubr. 13, pag. 295.
(10) Salvestrini, Statuti…, Libro IV, rubr. 32 (34), pag. 323.
(11) Vigneri e Giglioli, Op. Cit., pagg. 14-30.
(12) Simoncini Vasco (a cura di), San Miniato e la sua Diocesi, CRSM, Edizioni del Cerro, Pisa, 1989, pagg. 21-33
(13) Simoncini, San Miniato…, pag. 81.
(14) Matteoli Anna, Arte e storia del Santuario del Santissimo Crocifisso a San Miniato, in Bollettino Accademia degli Euteliti, n. 45, 1976, pag. 36.
(15) Simoncini, San Miniato…, pagg. 99-104.
(16) Matteoni Dario, Il Vescovo e la Chiesa: una politica dell’immagine, in Giusti-Matteoni, Op. Cit., pag. 17.


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