martedì 29 giugno 2010

USQUE AD SIDERA, USQUE AD INFEROS

di Francesco Fiumalbi

Fino alle stelle, fino agli inferi”. Quanto di più azzeccato per descrivere la nostra condizione umana? La nostra anima è profondamente radicata nella terra, ma non può fare a meno di assurgere, di aspirare ad una dimensione altra, celeste. In questa locuzione latina si respira la sacralità della nostra esistenza, il confine fisico entro cui ruggisce, mai paga, la nostra anima.

Cosa c’entra tutto questo con San Miniato e il suo territorio?

A prima vista assolutamente niente. Invece questo stato d’animo lo ritroviamo ovunque, basta ascoltare il nostro cuore anche attraverso il senso della vista. Sentire, vedere, basta porsi in ascolto e volgere lo sguardo al paesaggio che ci circonda. Dove possiamo ritrovare il suddetto sentimento se non in una opera della natura, ma sapientemente sfruttata dall’uomo: il cipresso?
Questo albero, così fiero, che dalle profondità del terreno, su cui trova fondamento, si eleva a carezzare il cielo, ha determinato il paesaggio sanminiatese, toscano e non solo, paesaggio quale stratificazione plurisecolare di cultura ed esperienze. Il ruolo del cipresso, non è solo paesistico, bensì sacro.

Cipressi, via Ontraino
Foto di Francesco Fiumalbi

Ovidio narra di Ciparisso, figlio di Telefo, che ebbe un cervo quale dono dal dio Apollo. Un giorno, il giovane, giocando con un giavellotto, colpì inavvertitamente l’animale, uccidendolo. Ciparisso se ne dolse e chiese ad Apollo, accorso per consolarlo, di poter mostrare lutto eterno. Il dio accontentò il ragazzo, che fu trasformato in un albero, il cipresso, la cui resina sul fusto forma gocce simili a lacrime: «Da noi sarai pianto, ma tu gli altri piangerai, compagno di chi soffre» sentenziò Apollo.

Il cipresso è simbolo della condizione umana, continuamente in bilico fra la vita e la morte: è un albero sacro.
Nel territorio sanminiatese, e toscano in generale, il cipresso lo riconosciamo in due situazioni distinte, ma non per questo scindibili.

In primo luogo, lo troviamo quale segno del confine della proprietà fondiaria. La proprietà, dai romani allo Statuto Albertino, è considerata sacra e inviolabile. La terra è sacra, così come la sua proprietà. Il terreno è la fonte di nutrimento per l’uomo, e possederlo, significa compiere un moto sacro, riconosciuto da tutti. Per questo motivo, quale elemento di individuazione, monito e quale barriera visiva e psicologica, il cipresso viene piantato sul confine di appezzamenti contigui, sospeso fra sentimento e ragione.

Il cipresso è usato anche quale elemento di cesura fra il mondo terreno e quello celeste. I luoghi sacri, fin dall’antica Grecia, sono spesso circondati da cipressi. E così le chiese di campagna, le pievi, i piccoli oratori, ma anche i cimiteri e i complessi conventuali. Indica la fine della dimensione umana, della fatica e del sudore della fronte, e l’inizio di quella sacra, celeste, calma, immensa.

Chiesa di Calenzano
Foto di Francesco Fiumalbi

Ex Convento dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Calenzano
Foto di Francesco Fiumalbi

Isola, cimitero
Foto di Francesco Fiumalbi

La vista del cipresso, con la sua fierezza, con la sua chioma ondeggiante al vento, rasserena il nostro animo. Anche quando lontano, ci pare di avvertire il leggero fruscio dell’aria che ne smuove il fusto, in un movimento che ha qualcosa di ipnotico. E’ un invito a guardare in alto, a volgere il nostro sguardo al cielo, partendo dal basso della condizione terrena. Esortati ad elevarci ad una realtà superiore, sentiamo di essere immensamente debitori nei confronti del cipresso. Se così ci sentiamo, sanminiatesi, ancor prima che toscani, lo dobbiamo anche a questo albero.

San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

...Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co 'l lor bianco velo...

Giosuè Carducci, Davanti a San Guido, in "Rime Nuove", 1874


CONTRIBUTI DAGLI AMICI

"Cipressi, cipressi, quanti guai si fanno nel vostro nome"
Foto e didascalia di Anna Braschi

3 commenti:

  1. Riporto la riflessione di Anna Braschi, pubblicata sulla pagina del contatto di SMARTARC su Facebook, a proposito della foto da lei scattata che ritrae il terreno a lato della scalinata del Santuario del SS Crocifisso, davanti al Municipio:
    "I cipressi hanno perso il loro ruolo: segnavano i confini, soli, monumentali e definiti, fiancheggiavano i viali delle ville padronali, disegnando le pendici delle colline, formavano alcuni boschetti nelle ragnaie, segnalavano i cimiteri.
    I vivaisti li hanno usati e li usano spesso a sproposito.
    Un tempo qui c'era la leggerezza e la trasparenza degli olivi."

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  2. Hai fatto benissimo a riproporre questo post,io non l'avevo visto prima. La descrizione che ne fai è sinceramente eccezionale: gratifica chi la legge. Tu non eri nato quando io correvo con la Freccia del sud tra San Miniato e Napoli e viceversa.Ebbene mi accorgevo di essere entrato in terra di Toscana quando di notte intravedevo dal finestrino i cipressi in fila o dispersi per la campagna. Mi sentivo già a casa.
    Buon Anno
    L'Anonimo...Beppe

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  3. Sensazioni provate ma non identificate, bello veramente.

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