sabato 14 maggio 2011

L'ANTICA PORTA DI SER RIDOLFO

di Alessio Guardini


Nel centro storico di San Miniato è presente un tratto di strada di circa 60 metri denominata “via Ser Ridolfo” che fronteggia il loggiato di San Domenico. Nella toponomastica del centro storico è forse la denominazione più antica: non ha mai cambiato nome fin dalla sua origine.


via Ser Ridolfo - San Miniato
foto di Alessio Guardini

Incuriositi da questo particolare, è partita la nostra ricerca volta a trovare la risposta a queste due semplici domande:
- Perché questa strada si chiama Ser Ridolfo?
- Chi era il personaggio Ser Ridolfo?
Alla prima domanda la risposta è piuttosto semplice: si tratta della strada che, unita alla contigua via IV Novembre, conduce dalla piazza di San Domenico fino a quella che fu la Porta Ser Ridolfo, ubicata lungo la discesa della Nunziatina (via Giosuè Carducci) a circa 20 metri dall’angolo sud-ovest di Piazza Grifoni e completamente distrutta dai tedeschi in ritirata durante la Seconda Guerra Mondiale nel luglio del 1944.

.
Città di San Miniato - Porta Ser Ridolfo
e Casa ove abitò Giosuè Carducci
Ed. e Foto Catarcioni, 1939
(Utilizzo ai sensi art. 70, comma 1-bis, Legge 22 aprile 1941 n. 633)


Veduta odierna da via Giosuè Carducci – San Miniato
foto Alessio Guardini

Non siamo a conoscenza di disegni architettonici raffigurativi di questa costruzione, pertanto abbiamo cercato di ricavare le sue dimensioni dall’analisi della documentazione fotografica e dalla mappa catastale d’impianto nella quale risulta ben geometricamente rappresentata in quanto disegnata nel 1939.
Secondo le nostre stime, l’apertura doveva avere una larghezza di circa 4,00 metri e un’altezza di circa 6,00 metri dal piano stradale al punto più alto dell’arco a tutto sesto, la profondità della volta a botte doveva essere di circa 3,00 metri. Al di sopra del varco, si ergeva una costruzione a torre a pianta rettangolare (6,50 x 3,00 metri) sviluppata su tre piani, ciascuno con piccole finestre verso la strada.
In tutto la costruzione doveva essere alta circa 15 metri dal piano stradale.

Planimetria situazione preesistente
Ricostruzione di Alessio Guardini

L’epoca di costruzione della porta di Ser Ridolfo risale probabilmente all’inizio del Trecento, in concomitanza con la costruzione del giro di mura castellane che comprendeva anche la porta di San Martino in Faognana e che “racchiuse” il terziere di Fuoriporta. La costruzione di questo organismo difensivo faceva dunque seguito ad un espansione della città nella quale fino a quel momento la contrada di Fuoriporta era realmente “fuori porta”, ovvero una sorta di periferia della città di scarso pregio posta al di fuori della Porta Toppariorum nella quale, fino al XIV secolo, trovavano accoglienza gli abitanti delle campagne adiacenti.



Ricostruzione del prospetto da via Giosuè Carducci
Ricostruzione di Alessio Guardini

Se ricostruire l’aspetto della porta Ser Ridolfo prima della sua infausta distruzione è relativamente semplice, ben più arduo è fornire una risposta alla seconda domanda che ci siamo posti all’inizio della mia ricerca: chi era Ser Ridolfo?

Una prima indicazione sulla sua paternità ce la fornisce Emanuele Repetti nel suo Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana (1831) il quale, rifacendosi a quanto riportato nel Diario di Ser Giovanni di Lemmo, individua il personaggio in Ser Ridolfo (o Rodolfo) appartenente alla famiglia dei Ciccioni-Malpigli, menzionato nel Diario per essere stato nominato Cavaliere dal magistrato civico di San Miniato il 7 maggio 1308. In questa epoca, San Miniato è un libero comune ad ordinamento guelfo e popolare, ispirato al modello di Firenze con cui s’era alleata, e nel quale il potere esecutivo è affidato al Capitano del Popolo, una sorta di Sindaco, e al Consiglio dei Signori Dodici, una sorta di Giunta.
Al potere guelfo e populista si opponeva quello ghibellino e filo-imperiale dei Magnati, ovvero di ricche famiglie nobiliari organizzati in consorterie, una sorta di aggregazioni di nuclei familiari legati da vincoli di parentela. Tra i magnati di spicco di San Miniato, c’erano appunto i Ciccioni-Malpigli, capeggiati da Ser Ridolfo, e i Mangiadori capeggiati da Barone.
I Ciccioni e i Malpigli erano due famiglie magnatizie molto ricche e potenti la cui consorteria era ubicata della contrada di Santo Stefano, i cui membri sono spesso riportati nelle fonti documentarie con l’uno o con l’altro cognome, tanto è vero che più genericamente sono indicati come Ciccioni-Malpigli.
Anche nel Dizionario Biografico dei Sanminiatesi di Roberto Boldrini è menzionato un Ser Ridolfo Ciccioni come colui al quale è intestata la via cittadina, e nel medesimo testo è menzionato anche un Ser Rodolfo Malpigli ricordato quale acerrimo avversario di Barone de’ Mangiadori. È mia opinione che le notizie fornite sui due personaggi siano in realtà da riferirsi alla stessa persona oppure può essere che nella casata Ciccioni-Malpigli siano esistiti sia un Ridolfo che un Rodolfo e che probabilmente si tratti di padre e figlio.
Posto dunque che il Ser Ridolfo della porta sia proprio il Ser Ridolfo Ciccioni nominato cavaliere nel 1308, dal Diario di Giovanni di Lemmo apprendiamo ulteriori importanti vicende occorse nella città di San Miniato nell’anno 1308 e in qualche modo legate a Ser Ridolfo Ciccioni. Il 31 maggio del 1308 Piglio Ciccioni, figlio di Ser Ridolfo, probabilmente a seguito di una decisione dell’esecutivo ostile ai privilegi magnatizi, si rende protagonista di un gesto provocatorio eclatante: ferisce al volto con un coltello uno dei Signori Dodici, Ser Fredi della contrada di Pancoli. La reazione popolare non si fa attendere: com’era previsto dallo Statuto del Comune, la casa di Piglio viene rasa al suolo ed egli viene condannato a pagare una multa di 1500 Lire. Inoltre, dopo questo episodio, viene imposto ai magnati sanminatesi il versamento di una cauzione di 1000 Lire presso il Capitano del Popolo a garanzia del risarcimento di future offese. Ma i magnati non ci stanno e, forti della loro ricchezza, mettono in atto un vero e proprio Golpe: il 4 agosto 1309, Ciccioni-Malpigli e Mangiadori alleatisi con le altre famiglie magnatizie, occuparono il palazzo comunale bruciarono gli statuti e cacciarono il Capitano del Popolo e i Signori Dodici bruciando pure il loro palazzo. Dettero alle fiamme inoltre le case di molti popolani e fecero sotterrare la campana con cui veniva adunato il popolo.
La sera del giorno dopo i Ciccioni-Malpigli e i Mangiadori nominarono quale nuovo Podestà Messer Betto dei Gaglianelli da Lucca e danno incarico di capitani riformatori a Barone de’ Mangiadori e Teodaldo de’ Ciccioni, i quali si insediarono nel nuovo palazzo del popolo corrispondente all’attuale palazzo comunale che evidentemente in quel periodo doveva essere in corso di completamento della sua costruzione.
La “dittatura” durò poco, forse addirittura pochi mesi, comunque fino a quando i Ciccioni e i Malpigli non entrarono tra loro in discordia, sicuramente prima del 1337 quando il potere era già in mano ad un governo popolare con nuovi statuti.

Città si S. Miniato - Porta Ser Ridolfo
Ed. Ubaldo Ubaldi - S. Miniato, 1943
(Utilizzo ai sensi art. 70, comma 1-bis, Legge 22 aprile 1941 n. 633)

La cronaca di queste vicende, pur non essendo strettamente inerente all’argomento di questo articolo, ci è parsa significativa per sottolineare la notevole potenza economica e politica che ha goduto la famiglia magnatizia di cui fa parte Ser Ridolfo. In ogni caso, nessuna fonte documentaria chiarisce se l’intitolazione della porta a Ser Ridolfo sia avvenuta per un fatto d’armi o perché fu costruita a sue spese, come ipotizza Dilvo Lotti nella sua vita di un’antica città.
La porta Ser Ridolfo è citata anche nella famosa prosa Le risorse di San Miniato di Giosuè Carducci. Il poeta, che dimorò nel 1857 nella casa adiacente alla porta stessa, nella sua prosa racconta d’aver abitato “subito fuori Porta Fiorentina” in evidente difetto di memoria in quanto la porta avrebbe dovuto semmai esser indicata come “Porta Pisana” poiché posta ad ovest rispetto alla città.
L’errore fu dovuto probabilmente agli oltre venti anni trascorsi dal suo soggiorno saniminiatese rispetto all’epoca in cui scrisse le Risorse, ma dà anche modo di formulare un’ipotesi meritevole di considerazione legata al periodo di costruzione della porta.
È ragionevole ipotizzare, infatti, che la porta possa essere stata costruita dai fiorentini, all’epoca alleati con San Miniato, e che successivamente sia stata da loro così chiamata in onore di quel sanminiatese Ser Ridolfo Ciccioni che aveva perso la vita nella battaglia di Montecatini del 1316 combattendo valorosamente a loro fianco. E chissà mai se l’erudito Carducci, che nelle sue Risorse ci ha dato dimostrazione di conoscere almeno in parte la storia di San Miniato citando personaggi come Federico II e Pier della Vigna, non avesse formulato la stessa ipotesi chiamando la Porta Ser Ridolfo come “fiorentina” nel senso di “costruita dai fiorentini”?


Si ringrazia l’Arch. Lucia Catarcioni per il prezioso contributo nella realizzazione di questo post.


Bibliografia
- Ciulli Alice, Il diario di Giovanni di Lemmo Armaleoni da Comugnori, Tesi di Laurea Università degli Studi di Pisa, facoltà di lettere, A.A. 2008/2009
- Repetti Emanuele, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana, Firenze, 1831, Libro V, v. San Miniato, pag.74
- Lotti Dilvo, Vita di un’antica città, Sagep, Genova, 1979
- Boldrini Roberto, Dizionario Biografico dei Sanminiatesi, Pacini Editore, San Miniato 2002 v. Ciccioni-Malpigli Ridolfo
- Cristiani Testi Laura, San Miniato al Tedesco, Firenze, 1968

4 commenti:

  1. Alessio, mi sono accorto di una cosa interessante. Si vede bene nella foto di Ubaldo Ubaldi, quella "azzurra" per intenderci. L'arco della porta è a tutto sesto, ma c'è anche un arco "tagliato" dalla prima finestrella. Si tratterebbe di un arco a sesto acuto. Domanda: arco di scarico o apertura originaria?
    Potrebbe essere che la porta avesse un arco a sesto acuto e poi per ricavare un piano aggiuntivo sia stata sbassata inserendo quello a tutto sesto? Anche perchè tagliare un arco di scarico avrebbe pochissimo senso...

    RispondiElimina
  2. Peccato che anche questa bellissima struttura sia stata fatta brillare. Ci vorrebbe un progetto di ricostruzione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La porta fu deliberatamente "Non ricostruita" per agevolare il crescente traffico veicolare. E poi attualmente, laddove un tempo c'era la struttura, ci sono le finestre di alcune abitazioni. Proposta interessante ma la vedo dura.

      Elimina
  3. Un pezzo di storia che non conoscevo a pieno come da te esposta. Meno male che di fronte alla spogliazione materiale c'è chi arricchisce culturalmente questa vetusta Città.

    RispondiElimina