domenica 23 ottobre 2011

LA DIRUTA PIEVE DI BARBINAIA (prima parte) IL CONTESTO GEOGRAFICO

di Francesco Fiumalbi

La Pieve di Santa Maria e San Giovanni di Barbinaia era un’antichissima chiesa situata ai margini del Comune di San Miniato, di cui oggi rimane soltanto qualche porzione di muro. Una colossale struttura a tre navate, ridotta praticamente a niente. Le vicende relative a questa pieve sono inevitabilmente legate a quelle della vallata, e dei territori circostanti, in cui essa si trovava: la Valle del Torrente Chiecina.

Panorama dell’alta Val di Chiecina
nei pressi della diruta Pieve di Barbinaia
Foto di Francesco Fiumalbi

Non è assolutamente facile cercare di comprendere il ruolo della Val di Chiecina all’interno dei corridoi viari dall’epoca tardoantica fino al basso medioevo. Innanzitutto dobbiamo pensare che questo era un territorio di confine, controllato almeno dal VII secolo dalla città romana di “Luca”, l’odierna Lucca. E’ lecito supporre che le delimitazioni amministrative altomedioevali corrispondessero, abbastanza fedelmente, alle più antiche circoscrizioni romane, mantenendosi stabili almeno fino al XII secolo. Nonostante ciò, il medio Valdarno Inferiore sarà oggetto continuamente delle mire espansionistiche di Pisa da una parte e di Firenze dall’altra.
In questo contesto la Val di Chiecina doveva rappresentare un asse viario di collegamento fra il Valdarno e l’insediamento di Collegalli, ultimo baluardo lucchese prima dei territori controllati da Volterra. Il percorso, tuttavia, era molto più ampio: partendo da Lucca giungeva in Valdarno attraverso le colline boscose delle Cerbaie, e da qui attraversava l’Usciana (o “Arme”), arrivando nei pressi della Pieve di Sant’Ippolito di Aniano nella piana di Santa Maria a Monte fra l’Arno e l’Usciana (pieve che poi sarà trasferita in collina nel X secolo). Nei pressi doveva esserci un guado sull’Arno che conduceva all’imbocco della Val di Chiecina presso la Pieve di Musciano (alle pendici della collina di Marti MAPPAà). Nelle vicinanze del fiume doveva passare anche l’antica strada consolare, la Via Quinctia, costruita sulla riva sinistra del fiume (1). Dalla Pieve di Musciano era possibile giungere a Palaia (attraverso il percorso di crinale Musciano – Marti – Colleoli – Palaia), oppure seguire il corso del Torrente Chiecina, passare per la Pieve di Barbinaia e arrivare a Collegalli e da qui scendere verso l’alta Val d’Egola.


Questo percorso nei secoli VIII-XII doveva essere molto frequentato e la Pieve di Barbinaia, data anche la sua imponente dimensione, doveva essere un punto di riferimento molto importante, non soltanto a livello religioso, ma anche amministrativo. Inoltre, nei pressi della Pieve di Barbinaia doveva trovarsi anche un guado, o un piccolo ponte, sul Torrente Chiecina. Ciò avrebbe permesso di collegare la sponda sinistra, dove si trovava la pieve, con quegli insediamenti situati sul crinale opposto, vale a dire Agliati e Cumulo, un tempo nel Comune di San Miniato, oggi in quello di Palaia.

Mappa della Val di Chiecina
Disegno di Francesco Fiumalbi

La decadenza della Pieve, che avremo modo di seguire anche attraverso le fonti documentarie, avvenne per diverse ragioni. Il mutato quadro geopolitico con l’ascesa di San Miniato nel Medio Valdarno Inferiore e le continue scorribande pisane (forti di un privilegio rilasciato dall’Imperatore Federico I il 1 aprile del 1162 e che avrebbe consentito a Pisa di costituire un vero e proprio contado nell’entroterra (2)) contribuì senz’altro ad accentuare lo spostamento degli insediamenti principali dai fondovalle alle cime dei rilievi collinari. Questo fenomeno arrivò nell’alta Val di Chiecina con almeno due secoli di ritardo rispetto a quegli insediamenti situati in prossimità della valle dell’Arno, come successe, ad esempio, con la formazione del castello di Cigoli ai danni dell’abitato di Fabbrica (dove sussisteva l’antica Pieve di San Saturnino), oppure alla già citata Pieve di Sant’Ippolito di Aniano a favore di Santa Maria a Monte. Questo è spiegabile con lo scarso ruolo strategico che la Val di Chiecina doveva rivestire. Era un asse viario privo di sbocchi importanti e senza centri di rilievo nelle vicinanze. In parole povere era il confine di una terra di confine.


NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) Morelli Paolo, Borgo San Genesio, la strada pisana e la via francigena, in Cantini Federico e Salvestrini Francesco (a cura di), Vico Wallari – San Genesio, Firenze University Press, Firenze, 2010, pagg. 128-129.
(2) Ceccarelli Lemut Maria Luisa, Giurisdizioni signorili ecclesiastiche e inquadramenti territoriali, in Malvolti Alberto e Pinto Giuliano (a cura di), Il Valdarno Inferiore terra di confine nel Medioevo (secoli XI-XV), pagg. 32-33.

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