domenica 1 settembre 2013

S. MINIATO NELLA NUOVA CRONICA DI GIOVANNI VILLANI 04/39


La prima parte delle Historie universali de' suoi tempi
di Giovan Villani Cittadino Fiorentino, Venezia, 1559

04 [anno 1220] LIBRO VI. CAPITOLO I.
Qui comincia il VI libro: come Federigo secondo fue consecrato e fatto imperadore, e le grandi novitadi che furono.

«Negli anni di Cristo MCCXX, il dì di santa Cecilia di novembre, fue coronato e consecrato a Roma a imperadore Federigo secondo re di Cicilia, figliuolo che fu dello ’mperadore Arrigo di Soavia e della imperadrice Gostanza, per papa Onorio terzo a grande onore. Al cominciamento questi fu amico della Chiesa, e bene dovea esser; tanti benefici e grazie avea dalla Chiesa ricevute, ché per la Chiesa il padre suo Arrigo ebbe per moglie Gostanza reina di Cicilla, e in dote il detto reame e regno di Puglia, e poi morto il padre, rimanendo piccolino fanciullo, dalla Chiesa, come da madre, fu guardato e conservato, e eziandio difeso il suo reame, e poi fattolo re de’ Romani eleggere contro a Otto quarto imperadore, e poi coronato imperadore, come di sopra è detto.
Ma elli figliuolo d’ingratitudine, non riconoscendo santa Chiesa come madre, ma come nemica matrigna, in tutte le cose le fu contrario e perseguitatore, egli e’ suoi fi gliuoli, quasi più che’ suoi anticessori, sì come innanzi faremo di lui menzione. Questo Federigo regnò XXX anni imperadore, e fue uomo di grande affare e di gran valore, savio di scrittura e di senno naturale, universale in tutte cose; seppe la lingua latina, e la nostra volgare, tedesco, e francesco, greco, e saracinesco, e di tutte virtudi copioso, largo e cortese in donare, prode e savio in arme, e fue molto temuto. E fue dissoluto in lussuria in più guise, e tenea molte concubine e mammoluchi a guisa de’ Saracini: in tutti diletti corporali volle abbondare, e quasi vita epicuria tenne, non faccendo conto che mai fosse altra vita. E questa fu l’una principale cagione perché venne nemico de’ cherici e di santa Chiesa. E per la sua avarizia di prendere e d’occupare le giuridizioni di santa Chiesa per male dispenderle, e molti monasteri e chiese distrusse nel suo regno di Cicilia e di Puglia, e per tutta Italia, sicché, o colpa de’ suoi vizii e difetti, o de’ rettori di santa Chiesa che co llui non sapessono o non volessono praticare, né esser contenti ch’elli avessero le ragioni dello ’mperio, per la qual cosa sottomise e percosse santa Chiesa; overo che Idio il permettesse per giudicio divino, perché i rettori della Chiesa furono operatori ch’egli nascesse della monaca sagra Gostanza, non ricordandosi delle persecuzioni che Arrigo suo padre e Federigo suo avolo aveano fatte a santa Chiesa. Questi fece molte notabili cose al suo tempo, che fece a tutte le caporali città di Cicilia e di Puglia uno forte e ricco castello, come ancora sono in piede, e fece il castello di Capovana in Napoli, e le torri e porta sopra il ponte del fiume del Volturno a Capova, le quali sono molto maravigliose, e fece il parco dell’uccellagione al Pantano di Foggia in Puglia, e fece il parco della caccia presso a Gravina e a Melfi a la montagna. Il verno stava a Foggia, e la state a la montagna a la caccia a diletto. E più altre notabili cose fece fare: il castello di Prato, e la rocca di Samminiato, e molte altre cose, come innanzi faremo menzione. E ebbe due figliuoli della sua prima donna, Arrigo e Currado, che ciascuno a sua vita fece l’uno appresso l’altro eleggere re de’ Romani; e della figliuola del re Giovanni di Ierusalem ebbe Giordano re, e d’altre donne ebbe il re Federigo, onde sono discesi il legnaggio di coloro che si chiamano d’Antioccia, il re Enzo e lo re Manfredi, che assai furono nimici di santa Chiesa. E alla sua vita egli e’ figliuoli vivettono e signoreggiaro con molta gloria mondana, ma alla fine egli e’ suoi figliuoli per gli loro peccati capitaro e finiro male, ed ispensesi la sua progenia, sì come innanzi faremo menzione.»

Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani secondo le migliori stampe e corredate di note filologiche e storiche, Vol. I, Trieste, 1857, pp. 75-76.

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