venerdì 20 dicembre 2013

ADDSM - COMMENTO - 1127, OTTOBRE - DONAZIONE DELL'OSPEDALE DI SAN LAZZARO ALL'ABBAZIA DI CAMALDOLI


di Francesco Fiumalbi

ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
1127, ottobre, Donazione dell'Ospedale di San Lazzaro all'Abbazia di S. Salvatore di Camaldoli

Ponte a Elsa, Oratorio di San Lazzaro, già ospedale
Foto di Francesco Fiumalbi

In questo post è proposto il commento relativo all'atto con cui l'ospedale di San Lazzaro, nei pressi di Ponte a Elsa e del distrutto borgo di San Genesio, viene donato all'Abbazia camaldolese di San Salvatore. Si tratta del primo documento che attesta la presenza dell'ospedale. Per consultare la trascrizione ADDSM - 1127, ottobre.

I PROTAGONISTI I protagonisti dell'atto sono Beltramus del fu Ruberti e Scherius del fu Gutheroçi di cui non abbiamo notizie, se non questo documento. I due uomini, pro remedio anime, donarono l'ospedale di cui evidentemente possedevano il patronato, all'Abbazia di San Salvatore di Camaldoli. A partire dal X secolo, le pergamene pervenuteci (specialmente quelle dell'Archivio Arcivescovile di Lucca) registrano innumerevoli atti di questo tipo, in cui privati, laici, effettuano copiose donazioni di beni, fra cui anche chiese e oratori privati, ad istituzioni monastiche o alle curie episcopali. Negli ultimi anni, gli studiosi si sono molto soffermati a cercare di comprendere questo fenomeno, così ampio ed esteso. Senza entrare troppo nei dettagli della questione, l'interpretazione più diffusa riconosce tali donazioni, apparentemente dettate solo da esigenze di tipo spirituale, anche come l'espediente giuridico per gestire sotto altra forma i grandi patrimoni delle maggiori casate comitali e marchionali della Toscana. Non ci dobbiamo scordare, infatti, che i monasteri e le strutture ricettive come gli ospedali, erano quasi sempre esenti dai pagamenti tributari. Di contro, i membri delle famiglie esercitavano una grande influenza su quelle stesse istituzioni religiose destinatarie delle donazioni, anche riguardo la gestione degli stessi patrimoni, divenendone quindi i “patroni”, cioè esercitando i diritti di “patronato”. Significativo, da un punto di vista linguistico, il fatto che fra le parole “patroni” e “padroni” ci sia una sola consonante di differenza, lasciando intuire una sfumatura che nei documenti non è sempre così netta e precisa.
Per descrivere il fenomeno, gli storici, ed in particolare Wilhelm Kurze, hanno creato la definizione di “monasteri privati”, associandola a quelle comunità religiose che avevano beneficiato di ingenti donazioni da parte di ricche famiglie; da un punto di vista storiografico forse non è propriamente corretta, come definizione, ma senz'altro indicativa [in proposito W. Kurze, Monasteri e nobilità nella Tuscia Altomedievale, in W. Kurze, Monasteri e nobiltà nel Senese e nella Toscana Medievale, Accademi Senese degli Intronati, Siena, 1989, pp. 295-316].

L'OSPEDALE E IL BORGO Innanzitutto è il primo documento che attesta la presenza di un hospitium, vale a dire un ospedale (con tutti i limiti e le sfumature, che può avere una definizione di ospedale in epoca medievale), nei pressi del borgo di San Genesio. Anzi, nell'atto viene specificato che questo edificio si trovava in capite burgi, ovvero ad una delle estremità del borgo. Come abbiamo visto nel commento del documento ADDSM – 1046, 1 dicembre, a partire almeno dall'XI secolo, il borgo di San Genesio acquista una dimensione ed una articolazione significativa. Ed è in questo quadro che, probabilmente, deve essere vista la fondazione di una struttura del genere. A questo va certamente aggiunta l'importanza dello snodo stradale costituito da San Genesio, una vera e propria sub-mansiones lungo la via Pisana e la via Francigena, tappa obbligata per il traffico abbastanza intenso che attraversava il centro della Toscana medievale.

LA NATURA DELL'OSPEDALE Dal documento è possibile anche formulare un'ipotesi circa la natura assistenziale dell'ospedale. Non ci dobbiamo dimenticare che spesso con il termine spedale erano indicate anche le strutture ricettive, atte ad ospitare i viandanti. In questo caso, i due donatori, oltre a specificare che i beni mobili ed immobili dell'ospedale non potevano essere venduti, perché utili alle attività del detto ospedale, sottolineano che questi dovevano essere altresì destinati ai poveri. Quindi sembra possibile, effettivamente, che già al momento della sua fondazione la struttura fosse al servizio dei poveri, dei malati e degli infermi, in altre parole che fosse un'istituzione di tipo assistenziale. In seguito, l'ospedale verrà indicato sotto il titolo di San Lazzaro, il quale secondo la tradizione dei Vangeli, essendo deceduto a seguito di una malattia, venne resuscitato da Gesù. Dunque l'intitolazione a San Lazzaro acquista anche una connotazione di tipo programmatico.
L'ospedale di San Lazzaro rimarrà ufficialmente attivo fino al 1784, quando fu unito alle strutture sanminiatesi della SS. Annunziata e dei SS. Cosma e Damiano (ospedale dei Poveri Padri Pellegrini), di San Nicola di Bari e di Santa Maria della Scala, per formare un'unica grande istituzione, che prenderà il nome di “Spedali Riuniti”.

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