Di
seguito è proposta la trascrizione dell'articolo storico dedicato
alla famiglia Borromei (o Borromeo), pubblicato in D.
Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri
toscane, riv. Da L. Passerini,
L. Melchiorri Editore, Firenze, 1855, Vol. 1, n. 27. Si tratta di un
breve saggio che individua l'origine della casata e traccia un
profilo sintetico degli esponenti di maggior rilievo.
D.
Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri
toscane,
riv. da L. Passerini,
L. Melchiorri Editore, Firenze, 1855, Vol. 1. Frontespizio.
BORROMEO
(di San Miniato)
[01]
«Da
un Borromeo di Francesco, che probabilmente portava il cognome de'
Franchi, stato Giudice in Firenze nel 1347 ebbero origine e cognome i
Borromei. I suoi discendenti furono costretti di abbandonare la
patria nel 1370, cioè quando San Miniato fu soggiogata dai
Fiorentini. Gregorio XV nel 1622 dichiarò Città lo terra di San
Miniato e ciò in contemplazione di esservi uscita la famiglia
Borromeo da cui uscì S. Carlo; ma in realtà quel Cardinale
apparteneva ai Vitaliani di Padova, i quali nel 1438 essendo stati
eredi di un ramo dei Borromeo ne adottarono il cognome.
Filippo
di Lazzaro
esercitò il notariato,
poi non so per quali mezzi divenuto ricco, fecesi capo della fazione
Ghibellina; in tale qualità rese importantissimi servigj ai Visconti
i quali mossi dalla cupidigia e dall'ambizione di estendere i loro
dominj avevano spinte le loro armi vittoriose fino in Toscana. Giunto
l'Imperatore Carlo IV in Italia, nel 1368 insieme a Bernabò Visconti
mosse guerra ai Guelfi; San Miniato che fino dal 1347 si era data
temporariamente alla Repubblica fiorentina si ribellò dichiarandosi
per l'Imperatore. Filippo in questo cambiamento vi ebbe la parte
principalissima. Giunto l'Imperatore in Toscana le cose procedevano
assai bene; ma andato a Siena fu sconfitto e con grande scorno dovè
ritornare in Germania. I Fiorentini che aspiravano il momento di
vendicarsi degli abitanti di San Miniato colsero quest'occasione e vi
spedirono Roberto Guidi Conte di Poppi per sottometterli. Bernabò
Visconti prese le loro difese; pur tuttavia i Fiorentini riuscirono
di penetrare nel Castello e ridurlo alla loro devozione. I Capi
principali della ribellione furono tradotti a Firenze, non escluso
Filippo, il quale vi fu decapitato il 14 gennajo del 1370. Il suo
cadavere, dopo di essere stato trascinato ignominiosamente per le vie
della Città, fu gettato in Arno.
Borromeo
suo figlio dopo la morte
del padre fuggì dalla patria ricovrandosi a Milano presso i
Visconti. Colà si dedicò alla mercatura ed avendo favorevole la
sorte accumulò copiose ricchezze. In seguito Francesco da Carrara
Signore di Padova lo chiamò presso di sè nominandolo Tesoriere dei
suoi stati; poi avvedutosi che faceva il proprio interesse a carico
[02]
del pubblico tesoro lo
fece carcerare né lo lasciò in libertà che dopo di avere sborsato
23,000 scudi d'oro. Trovatosi libero tornò a Milano e colà si pose
ad accendere l'animo di Gio. Galeazzo Visconti contro i Carraresi i
quali nel 1387 dovettero principalmente a lui la perdita dei loro
stati. Nel 1404 Francesco Novello da Carrara ricuperò Padova e
sebbene la guerra continuasse tra i Carraresi ed i Visconti
finalmente si venne ad un trattato di pace in cui vi fu contemplato
il Borromeo al quale i Carraresi si obbligarono concedere il perdono.
Pur tuttavia egli poco fidandosi di loro continuò a vivere in Milano
ove tenendo banco diventò ricchissimo. Essendo in buona grazia dei
Visconti ottenne dai medesimi la Contea di Castellarquato; poi caduto
in disgrazia di quella famiglia gli fu tolta l'investitura e nel 1407
fu data agli Scotti. Morì in Venezia nel 1422.
Giovanni
suo fratello visse in
Milano ove dai Visconti nel 1394 ottenne la cittadinanza. Trovatosi
possessore di copiose ricchezze chiamò da Padova presso di sé
Giacomo Vitaliani nato da Margherita sua sorella e lo istituì erede
delle sue fortune. Questo Giacomo Vitaliani è il progenitore dei
Borromeo di Milano da cui uscì S. Carlo.
Giovanni
di Borromeo dopo
la morte del padre furono a lui assegnate 30 botteghe con fondaco in
Firenze, 22,800 fiorini d'oro di capitale su i monti di quella città
ove aveva case e palazzi, ed alcuni terreni presso S. Casciano in Val
di Pesa. Dopo la sua morte avvenuta nel 1466 l'unica di lui figlia
Beatrice e moglie di Giovanni de' Pazzi, doveva essere l'erede di
tanta fortuna; ma il di lei cugino Carlo Borromeo ottenne dalla
Repubblica fiorentina che venisse emanata una legge in forza di cui i
nipoti maschi escludevano le figlie. L'autore principale di questa
ingiustizia fu Lorenzo il Magnifico il quale geloso della grandezza
ed opulenza dei Puzzi cercava ogni mezzo per abbatterli. Da ciò ebbe
principalmente origine, sebbene molto tempo più tardi, la tanto
famosa congiura dei Pazzi.
Carlo
d'Antonio del
ramo di Padova, venne a stabilirsi in Firenze al seguito della
conseguita eredità di Giovanni Borromeo suo Zio, di cui Lorenzo il
Magnifico in onta dei Pazzi aveva spogliala Beatrice di lui unica
figlia. Nel 1468 guadagnò una giostra celebrata in Firenze; nel 1512
fece parte dei XVI Gonfalonieri di Compagnia e nel 1515 del
Magistrato dei X di Balia.
Achille
d'Alessandro dello
stesso ramo, passato al servizio imperiale combatté nelle guerre
contro i Veneziani, ed anzi fece ogni sforzo perché Padova cadesse
nelle mani dell'Imperatore; riuscì in seguito ai Veneziani di
ricuperare quella Città ed allora fu dichiarato ribelle e gli furono
confiscati i beni. Morì al sacco di Roma nel 1527 combattendo per
l'Imperatore Carlo V.
Giovanni
di Carlo del
ramo di Firenze nel 1571 fu eletto Cavaliere di S. Stefano; passato
al servizio dei Veneziani combatté con essi nelle guerre contro i
Turchi e nel 1574 in ricompensa dei suoi servigi ebbe il governo di
Rettimo nel regno di Candia.
Carlo
di Galeazzo dello
stesso ramo. Vestì l'abito di frate Carmelitano e nel 1630 conseguì
la laurea nell'Università dei Teologi di Firenze di cui fu Decano
nel 1646. In seguito divenne Assistente generale del suo Ordine;
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Priore del Convento di
Prato, poi di quello della Traspontina di Roma e finalmente di
Firenze. Mori nel 1659.
Antonio-maria
di Bonifazio del
ramo di Padova, dedicatosi alla Chiesa si ascrisse tra i Canonici
regolari Teatini professando in Vicenza ove lesse Filosofia e
Teologia; poi andato a Roma divenne Segretario del Generale e
Consultore di quella Congregazione. Nel 1713 Clemente XI lo elesse
Vescovo di Capo d'Istria, chiesa che renunziò nel 1733 ritirandosi
in Padova ove ottenne l'Abbazia di Carmignano. Morì nel 1738.
Antonio-maria
di Gio. Carlo,
dello stesso ramo, fu uomo distinto per la sua templare pietà ed
erudizione. Scrisse varie opere; ma ciò che gli acquistò fama fu la
magnifica Collezione de' Novellieri Italiani da lui senza risparmio
di spesa e fatica raccolta. Ne pubblicò il Catalogo in Bassano nel
1794 e nel 1805 con dieci Novelle inedite nella prima edizione, ed
una nella seconda. In questa raccolta omise le Novelle di Giovanni
Rodoni dall'autore scritte in derisione dei riti della Cattolica
Religione e tutte quelle che erano note per la loro oscenità. Morì
nel 1843 il 23 Gennaio.
La
famiglia Borromeo esiste tuttora in Padova. Il ramo di Firenze si
estinse nel 1679 il 18 Febbraio nel Senatore Giovanni, i di cui beni
passarono in uno dei rami di Padova, per mezzo del matrimonio di
Teresa sua figlia col Conte Borromeo Carlo. Una diramazione rimasta
in San Miniato, e propagata da Borromeo Zio a quel Filippo che fu,
come dicemmo, decapitato, mancò in Pietro-Paolo che morì nel 1672.
SCRITTORI
DA' QUALI SI È TRATTA LA PRESENTE ISTORIA
Litta,
Famiglie celebri Italiane. — Ughelli, Italia sacra. — Ammirati,
Istorie Fiorentine.
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