di Giancarlo Pertici
MODERINO ciabattino in
San Miniato negli anni 50 ed anche prima.
Chi non si ricorda di
Moderino , il Farnetani, e la sua caratteristica bottega artigiana che non
esiste più da tempo!! E' tutt'oggi ben visibile da Google la porta murata con
i lavori di ristrutturazione del monastero di San Paolo in epoca piuttosto
recente. Si trovava in Via Pietro Bagnoli, tra il n° 4 (dove abitava Eliseo
sacrestano della Chiesa di San Paolo) e il n° 2 (corrispondente oggi ad un
garage): una porta a vetri alla quale si accedeva grazie a tre gradini.
Al n. 19 sull'altro
lato della strada in prossimità della piazza dell'ospedale c'era l'altro
Ciabattino: il Cecconi, proprio accanto alla mescita di Olimpia. Mentre questo
ultimo era luogo di incontro e di discussioni tra i vecchi del ricovero tra i
vari Eliseo, Nuti, Vestro e gli altri mentre il Cecconi continuava nel suo
lavoro.
Nella bottega di
Moderino invece, sordo come una campana, la musica della radio copriva tutti
gli altri rumori. Uguale il deschetto di lavoro, uguale il catino in terracotta
sottostante per il bagno e la conciatura del cuoio. Il Cecconi più dedito alla
riparazione degli scarponi da contadini, Moderino invece intento sopratutto
alla riparazione di scarpe da donna.
Caratteristica la
confusione regnante nell'angusta botteghina di Moderino, di appena 2 metri di
larghezza all'ingresso e costituita da due uniche pareti convergenti a V: ai
piedi delle due pareti tutta una distesa di scarpe in attesa del loro turno e a
decorare le stesse pareti fin quasi al soffitto tante, tantissime Prime Pagine
della "Domenica del Corriere". Per noi bambini degli anni 50, quando
ancora non c'era la TV, ma anche per i grandi, rappresentava una tappa fissa,
per carpire l'ultima notizia o ammirare nuovamente quella immagine, quell'evento
rimasto impresso nella nostra mente o che aveva acceso la nostra fantasia.
Un aneddoto che ha
accompagnato ogni avventore o cliente di Moderino.
Ogni qualvolta
qualcuno si affacciava alla sua bottega, urlando, e chiedeva notizie delle
proprie scarpe, sentiva immancabilmente la stessa risposta, urlata sopra la
musica diffusa dalla radio: "CI HO TEMPO POCO A PRINCIPIARLE !!!"
AGGIUNTE:
Giorgio Giolli
.... ed ancora su Moderino : "Meglio morine che campane..!" Gridava talvolta a voce alta nel silenzio di quella tana umida e buia. Moderino, anch'esso fra i molti amico fedele di Bacco, ha condiviso ogni anno gli zuccheri e l'alcool con un rito alquanto personale. La prassi: nel periodo della vendemmia, partire all'alba per la campagna verso ovest e fare un rientro trionfale la sera da est in piazza dell'ospedale, carico di ciocche d'uva fresca frammiste a zucche e pomodori vernini. Certo, vuoi per il peso, ma soprattutto per le molte soste di bevuta effettuate durante il viaggio di raccolta nei vari poderi, il suo equilibrio nel passo risultava assai instabile. Questa cultura bacchiana del sanminiatese richiederebbe ulteriori testimonianze "partecipate direttamente" in quel tempo. Da parte mia ne ho diverse: una di queste è quella del 'ferroviere' postata ieri da A. Vincenti su mio riporto.
Giancarlo Pertici
Per non dire, o caro Giorgio Giolli, del mio nonno Musolino che di sbronze se ne prendeva 2 o 3 ogni giorno. Mi ricordo quando tornava a casa e a stento arrivava in camera sua dopo aver appoggiato la pipa sul camino. La Livia lo guardava di traverso e gli borbottava dietro "Oh briao" e il mi nonno di rimando "Accidenti a te e al cieo di tu' pà".
Giancarlo Pertici
Ora che mi viene in mente! E' rimasto nella memoria della nostra famiglia quella volta che Musolino, dopo cena come solito, andò a giocare a carte da Pietro. Si giocava di solito sul tavolino di legno seduti sugli sgabelli, con ognuno il suo quarto o il mezzino davanti. Raggiunto il livello massimo di sbronza... e l'ora tarda... rientrò come solito a casa .... contando le porte e appoggiandosi al muro. Mentre Livia era già a letto giunse appunto Musolino, che dopo aver messo gli scuri alla vetrage di ingresso e chiuso con il paletto, cominciò a spogliarsi. Prima le scarpe, poi la giubba e la camicia, e quindi i calzoni, tutti appoggiati sul bandone di fondo del letto. Ma nel poggiare i calzoni un diecino rimasto nelle pieghe della tasca cascò in terra andando a rotolare fin sotto il letto. Allora Musolino, nonostante il livello segnasse il pieno, raccattò il diecino, si rimise i calzoni e tornò da Pietro per farsi un gottino finale.
AGGIUNTE:
Giorgio Giolli
.... ed ancora su Moderino : "Meglio morine che campane..!" Gridava talvolta a voce alta nel silenzio di quella tana umida e buia. Moderino, anch'esso fra i molti amico fedele di Bacco, ha condiviso ogni anno gli zuccheri e l'alcool con un rito alquanto personale. La prassi: nel periodo della vendemmia, partire all'alba per la campagna verso ovest e fare un rientro trionfale la sera da est in piazza dell'ospedale, carico di ciocche d'uva fresca frammiste a zucche e pomodori vernini. Certo, vuoi per il peso, ma soprattutto per le molte soste di bevuta effettuate durante il viaggio di raccolta nei vari poderi, il suo equilibrio nel passo risultava assai instabile. Questa cultura bacchiana del sanminiatese richiederebbe ulteriori testimonianze "partecipate direttamente" in quel tempo. Da parte mia ne ho diverse: una di queste è quella del 'ferroviere' postata ieri da A. Vincenti su mio riporto.
Giancarlo Pertici
Per non dire, o caro Giorgio Giolli, del mio nonno Musolino che di sbronze se ne prendeva 2 o 3 ogni giorno. Mi ricordo quando tornava a casa e a stento arrivava in camera sua dopo aver appoggiato la pipa sul camino. La Livia lo guardava di traverso e gli borbottava dietro "Oh briao" e il mi nonno di rimando "Accidenti a te e al cieo di tu' pà".
Giancarlo Pertici
Ora che mi viene in mente! E' rimasto nella memoria della nostra famiglia quella volta che Musolino, dopo cena come solito, andò a giocare a carte da Pietro. Si giocava di solito sul tavolino di legno seduti sugli sgabelli, con ognuno il suo quarto o il mezzino davanti. Raggiunto il livello massimo di sbronza... e l'ora tarda... rientrò come solito a casa .... contando le porte e appoggiandosi al muro. Mentre Livia era già a letto giunse appunto Musolino, che dopo aver messo gli scuri alla vetrage di ingresso e chiuso con il paletto, cominciò a spogliarsi. Prima le scarpe, poi la giubba e la camicia, e quindi i calzoni, tutti appoggiati sul bandone di fondo del letto. Ma nel poggiare i calzoni un diecino rimasto nelle pieghe della tasca cascò in terra andando a rotolare fin sotto il letto. Allora Musolino, nonostante il livello segnasse il pieno, raccattò il diecino, si rimise i calzoni e tornò da Pietro per farsi un gottino finale.
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