domenica 21 settembre 2014

POMARANCE – LA PIEVE DI SAN GIOVANNI BATTISTA A SILLANO

di Francesco Fiumalbi

Lungo la strada che dal piccolo borgo di San Dalmazio conduce alla Rocca Sillana, si trova ciò che rimane dell'antichissima Pieve di San Giovanni Battista di Sillano: una grande costruzione, ormai abbandonata da secoli e ridotta allo stato di rudere. Oltre al sedime della costruzione, è ancora visibile la suggestiva e imponente facciata, che dà un'idea dell'originaria monumentalità dell'edificio.
Una costruzione decisamente ricca di fascino, probabilmente anche per il carattere “romantico” che suscitano le rovine della chiesa e, per questo, è stato pensato il presente post suddiviso in due parti: la prima dedicata all'edificio da un punto di vista architettonico, la seconda raccoglie le principali informazione a carattere storico-documentario.

La Pieve di San Giovanni Battista di Sillano
Foto di Francesco Fiumalbi

L'ARCHITETTURA – COSA RIMANE
L'antica e suggestiva Pieve di San Giovanni Battista di Sillano oggi si presenta come un imponente rudere di cui rimane il sedime, quasi integro, e buona parte della facciata. Appena avvertibile il presbiterio, rialzato di alcuni gradini, oggi avvolti dalla vegetazione, e quel che rimane dell'impianto dell'unica abside, di forma semicircolare.
L'edificio doveva presentarsi a pianta rettangolare, con una lunghezza che arrivava a sfiorare i 30 metri (ovvero circa 50 braccia, corrispondenti a 10 canne agrimensorie), ed una facciata di circa 15 metri (circa 25 braccia, cioè 5 canne agrimensorie), seguendo l'abituale rapporto di 1:2.
Suddivisa in tre navate, la chiesa fu concepita secondo un orientamento che segue il consueto allineamento est-ovest, versus solem orientem, con la facciata rivolta a ponente. Tuttavia occorre rilevare un leggero disassamento, stimabile in circa 10 gradi in senso antiorario, probabilmente dovuto all'orografia dell'area.

Estratto dal Catasto Generale della Toscana
Comune di Pomarance, Comunità di Castelnuovo di Val di Cecina,
Sezione K, Rocca a Silano, foglio n. 2, anno 1822
Archivio di Stato di Pisa, Catasto terreni – Mappe – Pomarance – 100
Immagine tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione Toscana e Archivi di Stato Toscani
Per gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright

L'aspetto più significativo dell'imponente costruzione è indubbiamente la facciata, realizzata, così come il resto dell'edificio, in pietra arenaria estratta localmente. Rovinata nella parte alta, presenta un goffo tentativo di ricomposizione, che vide l'utilizzo di materiali diversi, come elementi in laterizio. Oltre a questo, presenta una fascia basamentaria del tutto particolare, tenuto conto del contesto architettonico toscano. Non sembra sussistere un esempio lontanamente avvicinabile.
Incorniciato da due pilastri alle estremità, il fronte si presenta suddiviso in 5 porzioni: quella centrale, leggermente più ampia, contiene il portale di ingresso sormontato da un grande archivolto, ai lati del quale si affiancano 2 “specchiature” per parte. Queste sono scandite dalla presenza di altrettante colonne e mensole, che sostengono un motivo di archi ciechi fra loro concatenati. Il risultato formale è indubbiamente suggestivo e richiama compositivamente alcune soluzioni lessicali che si trovano diffuse per lo più nell'Italia meridionale ed in particolare in Sicilia. Per citare soltanto un paio di esempi conosciutissimi, vale la pena ricordare il Duomo di Cefalù (PA) e la bellissima chiesa abbaziale dei SS. Pietro e Paolo presso Agrò nel Comune di Castelvecchio Siculo (ME). In Toscana, lo stesso motivo compositivo si trova spesso utilizzato non in forma architettonica, cioè come vero e proprio soggetto lessicale, bensì in forma decorativa, specialmente al coronamento dell'edificio. Ne sono esempio la Pieve di San Giovanni Evangelista a Monterappoli nel Comune di Empoli (FI) e il piccolo oratorio quattrocentesco di Santa Maria al Fortino a San Miniato (PI). Di questa seconda categoria, non mancano neppure alcuni esempi in lombardia, opportunamente segnalatici da Francesco Viti (Pievi Romaniche della Toscana e oltre) come la chiese pavesi di Santa Maria in Betlem, San Lanfranco e la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. Certamente è un motivo che, a livello decorativo, ha conosciuto una diffusione significativa, specialmente nelle realizzazioni in laterizio, grazie anche alla facilità di modellazione proprie del materiale.

La facciata della Pieve di San Giovanni Battista di Sillano
Foto di Francesco Fiumalbi

In ogni caso, è bene precisare, che da un punto di vista dell'intenzionalità progettuale della parte basamentaria della facciata, la Pieve di Sillano è molto più vicina ai due esempi siciliani piuttosto che a quelli toscani. E, per questo motivo, capita che in alcuni libri o in siti internet sia utilizzata la definizione di architettura “romanico-normanna”. Da un punto di vista “scientifico” non c'è niente di più sbagliato. Non è corretto attribuire una definizione utilizzando quale unico parametro l'impiego di una determinata soluzione formale che, per altro, riguarda solo una porzione, seppur significativa, ma comunque limitata, dell'edificio. E, tutto questo, prescindendo dal contesto storico-architettonico in cui si inserisce, dal resto della costruzione, dalle tecniche costruttive con cui fu innalzato, dall'apparato formale e decorativo generale. Insomma, non è certamente precisa una definizione che tiene conto solamente di parziali dati stilistici.

Pieve di Monterappoli, particolare del coronamento
Foto di Francesco Fiumalbi

L'oratorio di Santa Maria al Fortino a San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Di per sé la definizione di architettura “romanica” presenta diversi problemi storiografici, ma viene comunque largamente utilizzata perché è entrata nell'uso comune per definire edifici costruiti a cavallo fra i secoli X e XIV. Se, invece, si volesse dare una definizione priva di ambiguità, bisognerebbe parlare genericamente di architettura medievale. Un edificio, dunque, ascrivibile ai secoli centrali del medioevo, e che in facciata presenta alcune caratteristiche formali che ritroviamo in luoghi lontani come la Sicilia.
E' praticamente impossibile individuare una spiegazione certa su tale circostanza. Procedendo per logica, si potrebbe avanzare l'ipotesi circa la presenza di un magister proveniente da lontano, il quale doveva la propria formazione ad un contesto culturale estraneo all'ambito toscano, maturato secondo un diverso gusto estetico. Un maestro costruttore che tuttavia non dovette trattenersi molto nella zona, dal momento che la pieve di Sillano rappresenta un unicum; oppure si può supporre che altre eventuali realizzazioni non abbiamo avuto grande fortuna, ovvero che siano state distrutte o profondamente alterate nei secoli. Nessuno può dirlo con certezza. Qualcuno potrebbe pensare anche che si tratti di un episodio del tutto casuale, sviluppatosi in maniera completamente autonoma e circoscritta, che ebbe come risultato una soluzione formale già prodotta in altri luoghi e in altri contesti.
Premesso che, per quel poco che ci è dato di sapere, non si può escludere niente, concludendo la questione, l'evoluzione dell'architettura, in generale, non è nient'altro che la manifestazione dell'evoluzione socio-culturale dell'uomo che l'ha prodotta. E in una evoluzione continua, complessa e multiforme, così come la conosciamo attraverso la storia, la variabile “casualità”, di solito, è ridotta al lumicino.

La parte sinistra della facciata
Foto di Francesco Fiumalbi

La parte destra della facciata
Foto di Francesco Fiumalbi

Da un punto di vista stilistico, i capitelli delle colonne, realizzati in marmo bianco, sembrano appartenere ai secoli centrali del medioevo, a cavallo fra X e XI. Non sembrano elementi di reimpiego, anche se finemente realizzati. In ogni caso non si può fare a meno di notare che, seppure siano uguali a due a due, sono di tre tipologie: quelli a sinistra presentano due registri di acanto e risultano più compatti di quelli che sostengono l'architrave del portale, anch'essi con gli elementi disposti su due ordini, mentre quelli a destra presentano un unico registro, ma sormontato da una spessa fascia decorata con motivi geometrici. Ai pilastri collocati alle estremità, una semplice cornice separa la parte basamentaria da quella più alta.
Le mensole, che si alternano ai capitelli, sono in pietra arenaria. Dovevano in qualche modo presentarsi completamente modanate e decorate, anche se la valenza estetica di tali elementi è andata completamente perduta a causa del forte degrado che hanno subito, a causa, soprattutto, delle scarse caratteristiche fisico-materiche della pietra utilizzata.

Il primo capitello a sinistra
Foto di Francesco Fiumalbi

Il secondo capitello a sinistra
Foto di Francesco Fiumalbi

Il capitello sinistro del portale
Foto di Francesco Fiumalbi

Il capitello destro del portale
Foto di Francesco Fiumalbi

Il primo capitello a destra
Foto di Francesco Fiumalbi

Il secondo capitello a destra
Foto di Francesco Fiumalbi

Particolare assai interessante da notare è il cosiddetto attacco a terra, il solido basamento che dalla fondazione determina la prima fascia su cui poi si eleva la facciata. Ed in particolare la modalità compositiva con cui vi si innestano i basamenti delle colonne. Non si tratta certamente di un'opera assoluta, tuttavia dimostra la grande maturità compositiva raggiunta attraverso un l'applicazione di precisi modelli estetici. E questo, seppur possa sembrare un dettaglio di poco conto, rappresenta in un certo senso la prova delle qualità del magister. D'altra parte la maestria di un progettista la si può misurare sia a livello generale e complessivo della costruzione, sia al livello dei singoli dettagli. Anzi, spesso sono proprio quest'ultimi a segnare le differenze.

Il particolare della porzione basamentaria
Foto di Francesco Fiumalbi

Altrettanta dovizia è rilevabile anche al coronamento della facciata, nella parte destra, laddove rimane visibile una piccola porzione quasi integra. Una sorta di specchiatura caratterizzata dalla presenza di un'apertura circolare e dall'inserimento di piccole mensole atte a sostenere la copertura, forse solamente da un punto di vista estetico, risolvendo con semplicità il difficile nodo fra copertura, fronte laterale e facciata.

Il particolare della specchiatura in alto a destra
Foto di Francesco Fiumalbi

Praticamente impossibile, invece, parlare dell'interno dell'edificio. La vegetazione ha avvolto completamente ciò che poteva essere ancora visibile, come ad esempio le basi delle colonne che scandivano le navate. Non è possibile determinare se siano ancora presenti. L'unica porzione visibile è rappresentata da ciò che rimane della controfacciata. Nessuna decorazione pittorica o scultorea sembra essere sopravvissuta all'azione del tempo.


INFORMAZIONI STORICHE SULLA PIEVE
L'origine e l'anno di fondazione della pieve non sono conosciuti, anche se è ragionevole ipotizzarne la costituzione, come la gran parte delle pievi, già in epoca tardoantica (V-VI secolo). Il primo documento che la attesta con certezza è un atto, registrato nel marzo dell'anno 945, attraverso il quale il Vescovo di Volterra Boso confermava al presbitero Andrea del fu Cuntrude, il controllo della ecclesia Sancti Quirici et Sancti Iohannis Batiste qui est plebe batismalis sito Silano, con una rendita annua pari a 12 denari d'argento (1).
Alcuni anni dopo, nel giugno del 969, Iohannes et Uuillerado figli del fu Evveradi, davanti a Donatus giudice imperiale, promisero al Vescovo di Volterra Petrus di non arrecare alcun pregiudizio alle rendite, legate alle decime e ai diritti sulla sepoltura dei morti, della Plebe S. Iohanni Batiste et S. Quiliqui sito Silano, che evidentemente erano minacciate dalle attività della chiesa di loro proprietà, dedicata ai SS. Regolo e Silvestro, situata in loco Kampo Roifreduli prope villa de Cugnano (2). Incerta l'appartenenza dei due laici, anche se probabilmente aderenti ad un ramo collaterale della casata comitale degli Aldobrandeschi, mentre la chiesa dei SS. Regolo e Silvestro, scomparsa precocemente, doveva essere situata alcuni chilometri a sud-ovest rispetto alla pieve, nell'attuale Comune di Radicondoli (SI) (3).
Ad un paio di secoli di distanza, la Pieve di SS. Giovanni Battista e Quirico di Silano compare nella Bolla pontificia, inviata da Alessandro III al Vescovo di Volterra Ugone, e datata 29 dicembre 1171. Nella lettera papale, richiamando altri provvedimenti sanciti dai predecessori Anastasio IV (in carica dal 1153 al 1154) e Adriano IV (dal 1154 al 1159), venivano confermati alla diocesi volterrana i possedimenti e la giurisdizione pastorale. Nell'elenco delle pievi, compare anche la plebem de Silano cum parochialibus ecclesiis (4). La plebem de Silano compare anche nell'analogo privilegium comfermationis del Pontefice Alessandro III, datato 23 aprile 1179, volto a confermare i contenuti del precedente provvedimento (5).
Il 20 febbraio 1187 il Vescovo di Volterra Ildebrandus cedette tutti i possedimenti della Ecclesia de Rantia, indicati come situati all'interno del plebano Silanensi, ad un tale maistro Berardo (6). La chiesa doveva trovarsi nei pressi dell'attuale Podere Rantia, nel Comune di Castelnuovo in Val di Cecina, tre km a sud-est rispetto all'abitato di Montecastelli Pisano.

La Pieve di Sillano vista dall'alto. Ortofoto del 2013
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Nelle decime del biennio 1275-76 è disponibile il primo elenco, con le chiese suffraganee afferenti alla Plebes de S. Iohannis de Silano (6 Lire, 6 Soldi , 8 Denari) (7):
Ecclesia S. Iacobi de Montecastello (2 L., 19 S., 9 D.) ovvero la chiesa di San Jacopo presso Montecastelli Pisano (Fraz. Castelnuovo Val di Cecina), matrice della chiesa, ancora oggi attiva, dedicata ai SS. Jacopo e Filippo, e dotata di fonte battesimale e dunque “pieve”;
Ecclesia S. Bartholomei de Silano (1 L., 9 S., 6 D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo presso il centro fortificato di Rocca Sillana, a cui verranno trasferiti gli obblighi e i benefici della pieve a seguito della sua decadenza;
Ecclesia S. Bartholomei de Anqua (3 L., 9 S., – D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo, precocemente scomparsa, che si trovava nei pressi di Loc. Anqua nel Comune di Radicondoli (SI), a circa 5 km a sud-est rispetto alla pieve;
Monasterium dominarum S. Dalmatii (1 L., 12 S., 5 D.), ovvero l'Abbazia di San Dalmazio, che dette il nome all'omonima frazione del Comune di Pomarance. Generalmente i monasteri erano esenti dal pagamento delle decime, tuttavia è probabile che l'abbazia in questione svolgesse anche il compito di chiesa parrocchiale. Non sarebbe un caso così tanto isolato, non mancano esempi in proposito, anche se avrebbe comunque costituito un'eccezione alla regola. E' plausibile, infatti, che all'abate del monastero spettasse anche la cura delle anime della piccola comunità di San Dalmazio. Da qui l'inserimento del monastero nell'elenco dei “non esenti”, dove sarebbe stata computata l'entità del tributo in funzione della sola parte afferente alle attività parrocchiali, lasciando comunque esente la parte strettamente legata all'abbazia e alla vita della sua comunità monastica. Questo poteva succedere quando ad una comunità monastica veniva concessa, da parte del vescovo, la facoltà di potersi insediare presso una chiesa già esistente. In questo caso gli obblighi parrocchiali, generalmente, venivano assolti dai religiosi.

Per il biennio 1276-77 alla Plebes de S. Iohannis de Silano è attribuita una decima pari a 6 Lire e 12 Soldi. L'elenco delle suffraganee si arricchisce di una sola chiesa (8):
Ecclesia S. Salvatoris de Aquaviva (2 L., 4 S., – D.), ovvero la chiesa di San Salvatore, situata presso l'odierna Loc. Acquaviva, a circa 3 km in direzione nord-ovest rispetto alla pieve; precocemente distrutta, il popolo fu staccato dalla pieve di Sillano e unito alla pieve di Pomarance;
Ecclesia S. Iacobi de Montecastello (4 L., – S., – D.);
Ecclesia S. Bartholomei de Silano (2 L., 9 S., – D.);
Ecclesia S. Bartholomei de Anqua (2 L., 6 S., – D.);
Monasterium dominarum S. Dalmatii (11 L., 10 S., – D.).

Più dettagliato l'elenco relativo al biennio 1302-03, in cui alla Plebes de Sylano è attribuita una decima di 2 lire (9):
Ecclesia [S. Salvatoris] de Aquaviva (1 L., 2 S., – D.);
Ecclesia de Mastrugnano (– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile;
Ecclesia de Lucciano (– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile;
Ecclesia [S. Iacobi] de Montecastello (1 L., 10 S., – D.);
Ecclesia de Valiano (– L., – S., – D.), dedicata a San Lorenzo, precocemente distrutta e non localizzabile, fu accorpata alla parrocchia di Montecastelli Pisano;
Ecclesia de Tegone (– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile; forse si trovava nei pressi dell'attuale Loc. Tégoni, nel Comune di Radicondoli, a circa 3-4 km a sud-est rispetto alla pieve;
Ecclesia [S. Bartholomei] de Silano (1 L., 4 S., – D.);
Ecclesia [S. Bartholomei] de Anqua (1 L., 10 S., – D.);
Monasterium dominarum de Sancto Dalmaçio (5 L., – S., – D.).

In occasione del Sinodo promosso nel 1356 dal Vescovo Philippum de Belfortibus de Vulterra, fu redatto anche l'elenco delle chiese della Diocesi, con il relativo censo. La Pieve di Sillano venne registrata all'interno del Sextus Vallis Strove (10):
Plebes de Sillano – Libbre 67
Eccl. [S. Bartholomei] de Sillano – Libr. 24 e Soldi 10
Eccl. [S. Salvatoris] de Aquaviva – Libr. 15
Eccl. [S. Iacobi] de Monte Castello – Libr. 31
Eccl. de Ripapoggioli – Libr. 4 – Ovvero la chiesa nei pressi dell'omonima località nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina.
Eccl. de Monstrugnano – Libr. 6
Eccl. de Vinazzano – Libr. 7 – Precocemente distrutta, non localizzabile.
Eccl. de Tegoni et Eccl. de Valliano – Libr. 12
Eccl. de Lucciano – Libr. 5
Eccl. de Montalbano – Libr. 4 – Dedicata a San Lorenzo, rimaneggiata e ridotta ad abitazione, si trova in Loc. San Lorenzo a Montalbano, nel comune di Radicondoli (SI), lungo la Strada Provinciale n. 35, nei pressi di Loc. Tegoni, a circa 3-4 km a sud-est rispetto alla pieve; la chiesa fu poi assegnata alla pieve di Elci.
Eccl. [S. Bartholomei] de Anqua – Libr. 22
Capp. SS. Apost. Philip. et Iacobi constructa in Eccl. de Montecastello predicto – Libr. 10 – Si tratta della chiesa, poi anch'essa pieve, dei SS. Iacopo e Filippo di Montecastelli Pisano.
La somma del piviere ammontava a 207 Libbre e 10 soldi.

Da un punto di vista della consistenza economica, con le sue 67 libbre, la Pieve di Sillano si pone un poco al di sopra rispetto alla media delle altre pievi. Per dare un'idea, facendo il confronto con due chiese abbastanza conosciute, l'allora Pieve di San Gimignano poteva vantare un censo di 99 libbre, mentre quella di Cellole solamente su 25 libbre.

Questa del Sinodo diocesano del 1356 sembra essere l'ultima notizia antica relativa alla Pieve di San Giovanni Battista di Sillano. Successivamente si verificò un vero e proprio processo di decadenza della Pieve, difficilmente da inquadrare temporalmente, almeno allo stato attuale degli studi. Ciò avvenne, probabilmente, a causa delle mutate esigenze spirituali della zona, determinate in primo luogo dalla concentrazione della popolazione negli abitati di Rocca Sillana, Montecastelli Pisano e nel borgo di San Dalmazio. Posizioni, evidentemente, militarmente strategiche, più difendibili. Non ci dobbiamo dimenticare, infatti, che il territorio volterrano entrò a far parte dell'orbita fiorentina a partire proprio dalla seconda metà del XIV secolo, e la vicinanza del confine con il contado senese, faceva della zona un'area marginale da rafforzare. D'altra parte, nell'alta Val di Cecina non mancarono scontri bellici di un certo rilievo, come l'azione di Niccolò Piccinino del 1431 o quella delle truppe di Alfonso d'Aragona Re di Napoli nel 1447-48. Il primo passo fu certamente quello di concentrare la popolazione in luoghi facilmente difendibili e, successivamente, la realizzazione di vere e proprie fortezze, come la Rocca Sillana, la cui costruzione, o ri-costruzione, quattrocentesca è stata attribuita all'intervento di Giuliano da Sangallo.
Dunque, fra la seconda metà del '300 e la prima metà del '400, una serie di circostanze politico-militari provocò un riassetto insediativo nella zona, e di conseguenza una ridefinizione nell'organizzazione ecclesiastica. E' in questo contesto che si verificò la decadenza della Pieve di Sillano, il cui titolo plebano, unitamente al fonte battesimale, ai benefici e agli obblighi ecclesiastici, fu trasferito alla chiesa di San Bartolomeo che si trovava nell'abitato ai piedi della Rocca Sillana. Un nuovo fonte battesimale fu assegnato anche alla chiesa dei SS. Iacopo e Filippo di Montecastelli che poté anch'essa vantare il titolo di pieve. Stessa concessione del fonte fu fatta anche alla chiesa di Anqua. Come se non bastasse, si verificò anche una parziale scissione del territorio plebano, con le chiese suffraganee di Montalbano, Tegoni e Valliano, oggi nel Comune di Radicondoli, che furono assegnate alla pieve di Elci. Mentre la chiesa di Aquaviva fu assegnata alla Pieve di Pomarance (11).
Probabilmente non è questa, bensì la chiesa di San Bartolomeo presso la Rocca Sillana, divenuta anch'essa pieve, quella a cui si riferisce Emanuele Repetti quando, senza citare le fonti documentarie, afferma:
«Il padronato della pieve di Rocca Sillana per asserto dell'abbate Puccinelli pervenne nella Badia Fiorentina, che ne propose la permuta nel 1541 con il Monastero di S. Baronto sul Mont'Albano; lo che venne effettuato nel 1577 previa l'approvazione del Pontefice Gregorio XIII.» (12).


NOTE E RIFERIMENTI
(1) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 25, p. 8. Una citazione dello stesso è presente anche in F. Ughelli, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae et Insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestiis deducta serie ad nostram usque aetatem, Tomo I, Venezia, 1717, col. 1430.
(2) Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi di Volterra, n. 204; edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 45, p. 14.
(3) Sull'argomento si rimanda a C. Ghilardini, La chiesa di S. Regolo e S. Silvestro in «loco Kampo Roifreduli». Contributo all’identificazione di una chiesa della diocesi volterrana antica, in «Science and Technology for Cultural Heritage», Istituti Editoriali Poligrafici Internazionali, Pisa – Roma, anno n. 15, nn. 1-2, 2006, pp. 85-100.
(4) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e edito in P. Kehr, Papsturkunden in westlichen Toscana, in «Nachrichten von der Konigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen», Gottingen, 1904, doc. n. 9, pp. 616-618.
(5) Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi di Volterra, n. 151; edito in J. von Pflugk-Harttung, Acta Pontificum Romanorum Inedita, vol. III, Stuttgart, 1886, doc. n. 286, pp. 271-272.
(6) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, Liber Iurium n. 14; edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 219, p. 76.
(7) P. Guidi, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Tuscia, Vol. 1, La decima degli anni 1274-1280, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1932, p. 158.
(8) Ivi, p. 167.
(9) P. Guidi, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Tuscia, Vol. 2, La decima degli anni 1295-1304, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1942, p. 213.
(10) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra; edito in A. F. Giachi, Saggio di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra, Parte II, Prima Edizione Siena, 1796, rist. Arnaldo Forni, Firenze 1979, anast. dell'edizione del 1887, ovvero la Seconda edizione corredata dei molti Documenti che rimasero inediti nella prima, pp. 583-594: 589.
(11) E. Repetti, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana contenente tutti i luoghi del Granducato, Ducato, Garfaganana e Lunigiana, A. Tofani, Firenze, Vol. IV, 1841, v. Rocca Sillana, p. 796.
(12) Ibidem.

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