giovedì 17 dicembre 2015

ARRIVA IL CEPPO - Racconto di Giancarlo Pertici

di Giancarlo Pertici


Per la Gente di Toscana, "Il Ceppo", è il giorno stesso del Natale, tale per tutte le ventiquattrore e per estensione per i giorni immediatamente precedenti a questo, ove l'avviso dell'imminente festività è già nell'aria, per la interessata complicità dei negozianti che la precorrono con l'allettante addobbo di tutta la loro mercanzia. Tratto dal dizionario del Vernacolo Fiorentino dal titolo ICCHE' TU DICI?

ARRIVA IL “CEPPO”

Gelide, quasi impercettibili, folate di vento, intrufolandosi, ad ogni aprirsi del portone di chiesa, riescono ad insinuarsi fin verso l'altare. Le avverti anche dal tremolio delle candele, dalla fiammella che improvvisamente cambia verso, per ritornare, subito dopo, immobile, dritta con quel suo sottilissimo filo di fumo bianco, che sembra quasi voler riscaldare l'aria gelida di inizio inverno. È il vento che, incanalato dall'apertura del vicolo e della Piazzetta di Pancole, proveniente dai monti carichi di neve, quelli che si stagliano all'orizzonte, penetra sulla via nelle due direzioni. 
Eliseo, il turibolo acceso pendente in mano, lì in piedi sull'uscio di sacrestia, rimanda nell'aria fredda di metà dicembre, volute di incenso, in attesa che scocchi l'ora per la novena, con la campanella nell'altra mano, pronto ad avvisare dell'inizio della funzione. Il Nuti ha appena preso posto come al solito nella prima panca, col nipote per mano. 'Giovanni di Polpino', all'harmonium a pedale, ha appena introdotto l'Adeste Fidelis che il coro delle monache del monastero di San Paolo intona; voci esili e sommesse, di là dalla grata doppia che separa la chiesa dalla clausura.

Ordine particolare, quello in San Miniato, che per speciale concessione gestisce anche una scuola materna per i bambini del popolo. E il 'puttero', è così che il Nuti chiama suo nipote, si arrampica sull'inginocchiatoio per sbirciare oltre quelle sbarre. Dal sorriso radioso pare aver riconosciuto o suor Maria Pia o suor Maria Antonina. Ci sono tutti i fedeli più assidui, Giuseppina la Lotti. La Signora Corinna, Iole, la Cecconi, Moderino, Bianca e figlie da Piazzetta di Pancole, Maria con la cognata, qualcuno anche in ritardo, a prendere la novena in quella ora che precede l'ora di cena. È così ogni giorno principiando dal 15 dicembre, per assaporare il piacere del Ceppo che si avvicina, un 'giorno dopo giorno' che si avverte anche nell'aria.

Musolino, in quei primi anni '50, è tra quei pochi che manca alla novena e neppure prende quella dopo cena in Santa Caterina. Lo senti in quei giorni, verso l'imbrunire, anche dal borbottio fatto di cristi e madonne, quando torna dal bosco di Paesante, talvolta carico di legna per il camino, quando di borraccina per il presepe o di un ceppo, destinato al camino per il giorno di Natale. E quando all'antivigilia torna, che è ancora giorno, con sulle spalle uno di quei pinacchiotti che in Paesante nascono sulle ripe scoscese rivolte a nord, lo noti subito. Sembra che, ogni anno che passa, riesca a trovarne uno sempre più grande. "Oh dove lo vuoi mettere? Un ti c'entra mica in cucina!" sembra la domanda inespressa nel sorriso meravigliato di Livia, la moglie. Neanche l'ascolta Musolino. Prende la misura e con un 'sarracco' lo scorcia a misura finché, dentro un conchino pieno di rena, va a toccare i travicelli del soffitto. Proprio a misura tra una trave e l'altra. "Quest'anno per la punta 'un c'è posto!"

Vigilia che è tutto un fermento che si avverte anche nell'aria. In Casa Brucci ad allestire l'albero, Livia che dirige, i nipoti, e sono quattro, ad appendere a turno, qualche palla colorata, le pigne di bosco dipinte in argento, qualche candelina, mandarini, cavallucci e sacchettini di caramelle: carta colorata a rivestire il conchino e borraccina ai piedi.
In casa Vannini si lavora già al pranzo di Natale. Arrivati da Domodossola Ines, Carlo e la Puccetta, Corinna mette al fuoco fegatini e rigaglie per la salsa e per i crostini. Dei regali ancora nessuna traccia. La tavola già pronta con gli allunghi. A pranzo per Natale sono tutti insieme quelli di casa Vannini. Eda, con il 'puttero' e la piccola Maurizia e Manlio. In tutto nove, compreso il Nuti e 'La Signora'.

Attorno a mezzanotte, qualche minuto prima, le strade si animano in maniera quasi innaturale, alla scarsa luce dei pochi lampioni. Sembrano ombre furtive, avvolte in pastrani e in mantelli, che prendono più direzioni. Chi verso la piazza per la chiesa di Santa Caterina, chi a discendere o salire verso Pancole per la chiesa di San Paolo. È lì che il Nuti si dirige, anche in anticipo, per prendere i primi posti, in compagnia del 'puttero'. Messa solenne quella di mezzanotte accompagnata dal suono del piccolo coro formatosi dietro la figura di Giovanni di Polpino, organista: Beppino di Gonghe, Fiorenzo, il maestro Latini, il Mazzetti Rinaldo e pochi altri. Pochi, ma tutti o quasi dei paraggi, con la musica, quella sacra, nel sangue. Ad ogni solennità non fanno mancare il loro prezioso contributo. È la "Missa de Angelis" cantata a due voci con le suore dell'asilo, suore di clausura, che assistono alla celebrazione al di là di una doppia grata. Sacrestano Eliseo. La chiesa stracolma di fedeli. È sempre così a Natale e a Pasqua.

Nottetempo, dopo che i bambini sono rientrati dalla messa, ombre furtive in stretta collaborazione con "Il Ceppo" depongono i regali o sotto l'albero o ai piedi del camino.
Quando alle prime luci del giorno il 'puttero' si sveglia scende in cucina alla ricerca dei regali, quelli richiesti a Gesù Bambino, come gli hanno insegnato le suore, e quelli per i quali nonno Nuti ha creato l'attesa "cosa ti piacerebbe avere dal Ceppo?". Da quando zio Magnino ha comprato la Guzzi, e da quando ogni sera gli fa fare il giro di piazza, sogna una motocicletta di quelle a carica, uguale a quelle vere. Lo attendono due scatole sotto l'albero, una piccola in casa Vannini e una grande da nonna Livia. Quella più piccola ha dentro una sorpresa inattesa. Una motocicletta a carica, un sidecar rosso fiammante che nonno Nuti ha tenuto nascosto per oltre un mese dall'ultimo suo viaggio a Borgo san Lorenzo. Da nonna Livia la sorpresa è forse anche maggiore. Un treno con le verghe, e quattro vagoni. È zio Magnino che lo aiuta a montare la pista. E Giancarlino, sdraiato per terra, se ne sta a rimirare il treno passare, quasi a rispondere ai saluti dei passeggeri dipinti ai finestrini, finché il treno non si ferma in stazione: ha finito la carica. È zio Magnino che resta come magnetizzato da quegli occhioni esterrefatti, meravigliati, illuminati da un sorriso senza pari del nipote, l'unico nipote maschio. È con una vena di gelosia evidente, che Magnino deve "fare buon viso a cattiva sorte" quando il Nuti, ad inizio pomeriggio, lo piglia per mano, il 'puttero', e se lo porta via per il giro dei presepi.

Tanti in San Miniato in quei primi anni 50 iniziando dall'andito di canonica in Santa Caterina. Forse il primo interamente pensato e realizzato da Paolino, uomo tuttofare in Ospedale. Pastori in movimento a passare davanti alla capanna, la musica in sottofondo di "Tu scendi dalla stelle" e una scatola colorata per le 'Offerte' che lampeggia un luminoso Grazie al passaggio anche di sole 5 lire. 

A seguire il presepe delle Suore di San Paolo e quello del ricovero, dietro l'uscio d'ingresso, sempre aperto, quello che si apre sulla Piazzetta di Pancole. Nella Chiesa della Santissima Trinità occupa quello che una volta doveva essere il coro. Personaggi quasi a grandezza naturale. Segatura al posto della sabbia del deserto. Gesù tra la paglia dentro una grotta. Tutto da scoprire quello al Loretino. Seminascosto per chi non osa salire sul presbiterio. Sulla destra a metà altezza, una sorta di doppia finestra con doppia grata, quelle in uso in clausura, tenda doppia di color rosso che impedisce la vista verso l'interno durante il corso dell'anno. Tenda che scompare a Natale, mentre compare, quasi per magia, l'interno di una grande grotta. Nell'angolo chiuso un bue e l'asinello fanno caldo a Gesù Bambino disteso in una mangiatoia. È un presepe visto dal di dentro, la grotta che si apre verso un cielo stellato in piena notte, mentre un troncone prosegue verso l'ignoto, dove si ode una musica e un coro di angeli. Mai una visita breve, il Nuti seduto sulla prima panca e il bimbo che si allunga e si spenzola, per vedere oltre il possibile, tutto orecchie per quella musica e quel motivetto ripetuto all'infinito che impara subito a memoria, e che, su per la via che porta alla Piazza del Seminario, ripete con la sua voce argentina, proseguendo per la scalinata verso il Duomo. La tappa successiva alla Misericordia, l'ultima alla Nunziatina.

A cena da Musolino ci sono tutti i Brucci, anche Adriana, anche Eda e famiglia con i piccoli al seguito. Per tutti e quattro i nipoti Livia ha in serbo una sorpresa, appesa in alto all'albero, fuori dalla portata dei bambini: una cioccolata ciascuno, di quella vera di cacao, che vende solo il Corri, a chiudere la giornata.

Poi c'è un giorno speciale che arriva, quasi inatteso, per tutti i bambini di piazza Santa Caterina e dintorni, in quei giorni prima di befana. È l'ultimo giorno dell'anno. Appena dopo cena, quelle giovani coppie che si sono sposate appena finita la guerra, si riuniscono tra amici o in casa di parenti per aspettare l'arrivo dell'anno nuovo. Alcuni colgono l'occasione per una serata di ballo. In San Miniato si balla sia al Circolino dello Sciòa sia a quello dei Signori. E per quei bambini si apre una serata speciale nell'ultima casa di Via Ferrucci, prima dell'imbocco del vicolo Borghizzi. Artefice, regista e conduttore Marino Taccini, babbo di Luciano e Rosaria. Serata all'insegna della tombola, ceci e fagioli per segnare, in palio cioccolate, caramelle, torroni e cantuccini. Ogni bambino, e ci sono tutti quelli dei paraggi a riempire due tavoli in cucina e uno nell'ingresso, porta qualcosa con sé. Niente dolciumi, niente bibite. A quelle ci pensano Marino e Angiolina senza nulla mai chiedere. Chi porta un piatto vecchio, chi una zuppiera malandata per l'ora cruciale, quando scocca la mezzanotte, annunciata dal campanone del Duomo. A quell'ora si spalancano tutte le finestre che danno sulla via, e sono tre. A turno ognuno si disfa del 'vecchio', in attesa delle novità che l'anno nuovo porterà con sé. È uno sgrandinìo a più voci e con tonalità diverse, che dura pochissimi minuti e lascia una scia perlopiù biancastra che brilla al tenute lume dei pochi lampioni ancora accesi. Il Ceppo è anche questo per i bambini di piazza e dintorni.



1 commento:

  1. Ma il Ceppo non è era questo. Forse l'autore non l'ha mai vissuto per essere nato quando oramai il Ceppo stava per essere messo fuori uso da Babbo Natale. Il Ceppo per la storia era un vecchio che con il suo ciuchino andava di casa in casa e lasciava ai bambini qualche mandarino, dei cavallucci, tizzi di carbome e alcuni "ruzzini" di latta. In compenso riceveva un piccolo fastello di fieno per il ciuchino che ogni bambino preparata la vigilia di Natale. Il Ceppo era per lo più uno zio di casa travestito da non essere riconosciuto e che arrivava quasi all'ora di cena quando tutta la famiglia si stava riunendo per la cena di Natale prima di andare alla messa di mezzanotte. Perchè aveva quel nome? Certamente mutuato dal grosso ciocco messo a bruciare nel camino che da noi si chiama "ceppo di ulivo / di cerro, ecc.

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