martedì 1 marzo 2016

MARZO - I MESI DI PIETRO BAGNOLI


a cura di Anna Orsi

Idillio tratto da "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli, Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nella R. Università di Pisa, Antonio Canesi, Tomo I, Samminiato, 1833: I PRIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 169-171.


Panorama sanminiatese da via Pozzo nel mese di marzo
Foto di Francesco Fiumalbi


IL PRIMO
GIORNO DI MARZO

I.
Mammoletta gentil, perchè ti stai
Sotto le foglie con la curva testa
Vergognosa, ed umile? Ah non potrai
Celarti nò, l'odor ti manifesta.
Mostrati su; tu sovvenir ci fai
Che di Borea passò la rabbia infesta,
E che la dolce a rallegrarci torna
Alma stagion di bei fioretti adorna.

II.
Tu primizia del bel tempo sòave:
L'alba ancor non spuntò di Primavera,
Che desta sei dal lungo sonno e grave,
In cui dorme dei fior tutta la schiera.
Ancor' sciolto la terra il sen non ave,
E la vita a goder sorgi primiera;
Forse che da te piglia, e in te s'asconde
L'alma che agli altri fior Zeffiro infonde?

III.
Mesta e ravvolta in vedovile ammanto,
Per qual tuo sposo hai di plorar cagione?
Sei trasmutata in fior, qual Clizia e Acanto,
E ti trsdì qualche crudel garzone?
Lagrima forse sei di quel bel pianto
Che Vener sparse in su l'ucciso Adone?
Ah! no, tu sei pudica e verginella
Quanto modesta più tanto più bella.

IV.
Composta in odorifere catene
Vieni a cinger quel fonte, che primiero
Sprigionato dal gel, corse l'arene,
E fa destar l'erbette io suo sentiero;
E quel virgulto a cui primier le vene
Scoppiàr, fuori mostrando il verde intero;
E quella Ninfa, a cui più brillan tocchi
Dall'appresar di Primavera gli occhi.

V.

Così di Pastorelle un stuol dicea,
Mammolette cogliendo, e insiem legate
In lunghe trecce, un fonte ne cingea,
Che mormorando già tra l'erbe grate;
E un arbuscel che intorno ai rami avea
Già quasi i fior, non che le fronde nate;
E intonro ad Amarilli poi si uniro
Per man le Ninfe, e si volgeano in giro.

VI.
Essa era centro del bel cerchio, come
Alla fromba la man, mentre che ruota;
E quindi ornàr dei colti fior le chiome
A Lei, che di rossor tingea la gota.
Or l'ire appieno d'Aquilon sian dome
(Dicean) né fronda a'nuovi rami scuota,
Chè il più bel tronco, in fonte, e la più bella
Ninfa, son sacri alla stagion novella.

VII.
E tu non ti mostràr vario e incostante,
Marzo, di cui sacrammo il dì primiero,
Or della calma, or di tempeste amante
Dolce sereno, e turbolento e fiero.
Perchè inganni talor l'erbe, e le piante
Con un volto benigno e lusinghiero,
E innanzi tempo a germogliar le affidi,
E poi t'armi di gelo, ampio! E le uccidi?

VIII.
Ah fossi in tua persona qui pur ora!
Noi ti vorremmo incatenar con questi
Lacci di fior; forse con Ninfe ancora
Come coll'erbe sei, crudel saresti?
Più di te Borea è fier, pur s'innamora,
E segue Orizia per le vie celesti,
E s'ella amante a lui si desse in mano,
D'un Zeffiretto ei diverrìa più umano.

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