domenica 26 giugno 2016

[VIDEO] SOCIETA' DI MISERICORDIA DI SAN MINIATO – PRESENTAZIONE DEL LIBRO – 25 GIUGNO 2016

a cura di Francesco Fiumalbi

Nel pomeriggio di sabato 25 giugno 2016 si è tenuta la presentazione del libro Società di Misericordia di San Miniato. Trecentesimo anno 1716-2016, realizzato da Bruno Bellucci, Giuseppe Chelli, Luca Macchi e Manuela Parentini, edito dalla Tipografia Bongi di San Miniato.

Numerosissime le persone accorse alla presentazione per quello che rappresenta il volume celebrativo in occasione del 300° anniversario della Ven. Arciconfraternita di Misericodia di San Miniato. E' una pubblicazione assai interessante, poiché abbraccia tre secoli di vita sanminiatese osservati dall'ottica della Misericordia, una delle istituzioni più antiche della città. L'iniziativa è stata coordinata da Fabio Nacci in qualità di Governatore della Misericordia ed ha visto l'intervento degli autori. La serata si è conclusa con una visita al Museo della Misericordia, con Luca Macchi a fare da guida d'eccezione.

Di seguito il video e alcune immagini della presentazione:

Società di Misericordia di San Miniato.
Trecentesimo anno 1716-2016
Presentazione del libro
Video di Francesco Fiumalbi

Società di Misericordia di San Miniato.
Trecentesimo anno 1716-2016
Presentazione del libro
Foto di Francesco Fiumalbi

Società di Misericordia di San Miniato.
Trecentesimo anno 1716-2016
Presentazione del libro
Foto di Francesco Fiumalbi

Società di Misericordia di San Miniato.
Trecentesimo anno 1716-2016
Frontespizio

NAPOLEONE A SAN MINIATO IN VISITA AL CANONICO FILIPPO BUONAPARTE

a cura di Francesco Fiumalbi

Indice del post:
INTRODUZIONE
LA CAMPAGNA D'ITALIA E L'ARRIVO IN TOSCANA
IL CANONICO FILIPPO BUONAPARTE
NAPOLEONE A SAN MINIATO
LA NOTIZIA NE “LA GAZZETTA TOSCANA” E “LA GAZZ. UNIVERSALE”
EPISODIO FAMILIARE O CARICO DI SUGGESTIONI IMMAGINIFICHE?
NAPOLEONE: LA MEMORIA DELL'INCONTRO
IL CELEBRE INCONTRO NELLA STORIOGRAFIA SANMINIATESE DELL'800
NOTE E RIFERIMENTI

INTRODUZIONE
Fra i personaggi illustri legati a San Miniato troviamo Napoleone Bonaparte. Nato ad Ajaccio il 15 agosto 1769, fu il protagonista indiscusso degli anni successivi alla Rivoluzione Francese (1789), fino a diventare “Imperatore” nel 1804, prima delle numerose sconfitte subite fino alla celebre Battaglia di Waterloo (1815), che ne segnò il declino definitivo. Morì esiliato all'Isola di Sant'Elena il 5 maggio 1821. Napoleone, come è noto, apparteneva ad una famiglia originaria della Toscana. All'epoca, un ramo di questa casata era ancora esistente a San Miniato nella persona del Canonico Filippo Buonaparte, che non mancò di visitare fra il 29 e il 30 giugno 1796, durante le operazioni per l'occupazione del porto di Livorno.

In questo post sono proposti i tratti salienti dell'episodio che vide il giovane comandante francese, appena ventiseienne, in visita al parente sanminiatese. Sono riportate testimonianze e documenti del tempo, compreso il ricordo che ne fece lo stesso Napoleone durante il suo esilio a Sant'Elena. Si rimanda ad altre occasioni la trattazione i diversi argomenti “collaterali”, come la raffigurazione di Egisto Sarri, l'epigrafe in via Paolo Maioli e il dibattito che ne seguì, le ulteriori memorie di Napoleone riguardo l'origine della sua famiglia, la scultura lignea conservata presso l'Accademia degli Euteleti e molte altre cose.

Napoleone Bonaparte Imperatore
Immagine tratta da H. L. Reed, Napoleon's young neighbor
Boston, 1907, p. 80.

LA CAMPAGNA D'ITALIA E L'ARRIVO IN TOSCANA
Il 12 aprile 1796 prese avvio la cosiddetta “Campagna d'Italia”. L'esercito francese, guidato dal ventiseienne Napoleone Bonaparte, penetrò attraverso l'Italia settentrionale e sconfisse ripetutamente le forze militari austriache e piemontesi. Appena un mese dopo, il 15 maggio, venne ratificata la Pace di Parigi con la quale la Savoia e la Contea di Nizza vennero assegnate alla Francia. Dopo aver sconfitto gli austriaci nella Battaglia di Lodi, il 14 maggio Napoleone fece il suo ingresso a Milano. Nei primi mesi di giugno l'esercito si mosse verso Mantova, prima di rivolgere l'attenzione ai territori padani dello Stato Pontificio e al vicino Granducato di Toscana di Ferdinando III degli Asburgo-Lorena, legato quindi all'Impero Austriaco. Una volta a Bologna ricevette una delegazione Toscana, inviata per scongiurare l'occupazione francese del Granducato. Nonostante la buona accoglienza, Napoleone nei giorni successivi fece attraversare l'Appennino al suo esercito giungendo a Pistoia. Attraverso la Valdinievole, arrivò presso Fucecchio, dove attraversò l'Arno e penetrò nel territorio sanminiatese. Al Pinocchio (o Pidocchio, oggi San Miniato Basso) l'esercito si immise nell'antica via Pisana procedendo verso Pontedera e poi, passando attraverso la fascia pedecollinare, giunse a Livorno il 27 giugno. Qui i francesi occuparono il porto e tolsero alla flotta inglese un'importante base di appoggio. Da Livorno, Napoleone si mosse quindi alla volta di Firenze, ripercorrendo la via Pisana in direzione opposta e sostando una notte a San Miniato, ospite del Canonico Filippo Buonaparte, fra il 29 e il 30 giugno 1796. Nel capoluogo toscano, venne accolto dal Granduca Ferdinando III con tutti gli onori, prima di ripartire alla volta della pianura padana e dello scenario di battaglia presso Mantova.

IL CANONICO FILIPPO BUONAPARTE
Antonio Filippo Buonaparte (San Miniato, 3 agosto 1733 – 24 dicembre 1799) nacque da Attilio di Giovanni Battista Buonaparte e da Rosa di Niccolò, fratello del medico Giovan Battista. Fu battezzato in Cattedrale il 4 agosto 1733 e il 20 marzo 1756 venne ordinato sacerdote a Pisa, dove frequentava l'Università. Il 29 di quello stesso mese venne nominato Canonico della Cattedrale di San Miniato, per il Canonicato Buonaparte, a cui tuttavia rinunciò nel 1774. Con decreto vescovile del 17 maggio 1770 divenne canonico “teologo”.
Oltre ad essere maestro di Teologia e dottore in Diritto Canonico, fu esaminatore sinodale e ricoprì anche l'incarico civico di Cancelliere del Gonfaloniere e dei Priori della Comunità di San Miniato nel 1794. Alla morte lasciò i suoi beni ai poveri delle parrocchie di Santo Stefano a San Miniato e di Santa Lucia a Calenzano, dove venne sepolto presso l'altare di San Pietro in Vincoli (01).

Napoleone e l'esercito francese valicano le Alpi nell'aprile 1796
Incisione di Jules David, pubblicata in E. M. S-Hilaire,
Storia popolare aneddotica e pittoresca di Napoleone
e della grande armataTorino, 1844, p. 82.

NAPOLEONE A SAN MINIATO
«Ai 29 dei mese di giugno parli Napoleone da Livorno; e contemporaneamente la maggior parte della truppa colà condottavisi, retrocesse per la via dell'Abetone al Po, mentre una frazione traversata Lucca s'impossessava di Massa e Carrara, e taglieggiava i feudatari imperiali della Lunigiana, specialmente i Malaspina. Fermatosi il generale a pernottare nella città di S. Miniato dal canonico Filippo Bonaparte, ultimo di sua stirpe, che dicevasi congiunto per antica parentela con Napoleone, fu dal buon prete e dai Samminiatesi onorato quanto lo comportava la piccolezza della terra.» Queste le parole dello storico ottocentesco Antonio Zobi (02).

Napoleone giunse a San Miniato la sera del 29 giugno 1796, e precisamente in visita al Canonico Filippo Buonparte, suo lontano parente. Pernottò nella casa dei Buonaparte assieme ad alcuni suoi ufficiali e la mattina seguente, prima di ripartire alla volta di Firenze, fu omaggiato della visita del Vescovo e delle autorità cittadine.
Su questo celebre incontro molto è stato scritto, ipotizzato e ricostruito. Alcuni parlano di un improbabile consiglio di guerra, come riportato anche nell'epigrafe posta sul palazzo in via Paolo Maioli; altri cercano di immaginare lo spirito del generale còrso, intriso dei valori rivoluzionari, di fronte all'anziano canonico che gli parla di antenati da canonizzare.

Il cronista sanminiatese Niccola di Tommaso Gagliardi [San Miniato, 1777 – 3 gennaio 1856] narra questo episodio di cui, probabilmente, non fu proprio testimone diretto. Nell'economia della sua cronaca cittadina, l'incontro fra Napoleone il Canonico Filippo Buonaparte rappresenta una sorta di “introduzione” ai fatti che poi avvennero negli anni seguenti e su cui si concentra principalmente la narrazione. In ogni caso, questo suo testo rappresenta l'unica testimonianza narrativa sanminiatese relativa a tale episodio. Di seguito il testo:

«La Famiglia Bonaparte era oriunda Samminiatese, perciò nel ritorno che fece il Generalissimo Bonaparte da Livorno, per ritornarsene alla Sua Armata sotto Mantova, passò di Samminiato che fu nel fine del mese di giugno 1796 circa le ore 11 della notte, con Carriaggi e corpo militare, accompagnato da alcuni Generali, e da circa 50 Soldati a cavallo, ed andò a smontare al palazzo del Molto Ven.do Sig. Can.co Bonaparte suo parente; nel giorno dopo ripartì e andò a Firenze, dove si trattenne due giorni, e fu trattato a pranzo dal Granduca, e poi se ne ripartì per la sua Armata sotto Mantova.» (03).

LA NOTIZIA NE “LA GAZZETTA TOSCANA” E NE “LA GAZZETTA UNIVERSALE”
Importanti dettagli della visita sanminiatese di Napoleone furono riportati anche nei “giornali” del tempo, come la Gazzetta Toscana, organo di informazione del governo granducale, che usciva settimanalmente. Di seguito sono proposti i tre brani datati 30 giugno 1796, 2 luglio 1796 (notizia con ulteriori dettagli) e 23 luglio 1796 (conferimento dell'onorificenza al Canonico Filippo Buonaparte).

Estratto dalla «Gazzetta Toscana», n. 27 del 30 giugno 1796, p. 107; stesso testo pubblicato anche nella «Gazzetta Universale», n. 53 del 2 luglio 1796, pp. 423-424:

SAMMINIATO 30. GIUGNO.
Giunse in questa Città nel dì 27 un Ajutante di Campo del Gen. Bonaparte da esso spedito a questo Sig. Canonico Filippo Bonaparte unico superstite degli Agnati del prode Generale coll'avviso del suo passaggio per la strada che da Fucecchio conduce a Livorno. A tale annunzio molti di questi abitanti scesero sulla strada maestra per riconoscere questo loro immortale Concittadino. Penetrato da tale dimostrazione promuse il Generale che al suo ritorno avrebbe onorato colla sua presenza la nostra Città, e visitato particolarmente il predetto Sig. Canonico suo Agnato. Infatti nella sera del dì 29 ci fu annunziato il di lui arrivo per mezzo di un Trombetta che precedeva la Guardia a cavallo, e dopo 4 ore giunse col suo stato maggiore e smontò alla casa de' suoi Antenati, ove prese riposo. Nella mattina susseguente ricevé qui alcuni Dispacci, in seguito de' quali tenne Consiglio co' suoi Ufiziali, e rimase nel suo gabinetto fino all'ora del pranzo, dopo il quale partì immediatamente alla volta di Firenze. Questi abitanti si portarono ad ossequiarlo, e gli esternarono i loro sentimenti di congratulazione e di stima per le sue gloriose imprese, ed il desiderio di dargliene dei pubblici attestati, se l'angustia del tempo non l'avesse vietato. Il Generale corrispose a tali espressioni colla maggiore sensibilità, e con sinceri ringraziamenti.

Estratto dalla «Gazzetta Toscana», n. 28 del 2 luglio 1796, pp. 110-111:

SAMMINIATO 2. Luglio.
In supplemento a quanto fu da noi riferito nello scorso Ordinario ci sono pervenute le seguenti notizie. Il nostro Sig. Filippo Buonaparte patrizio Fiorentino, nobile Samminiatese, e Canonico Teologale di questa Chiesa fu replicatamente invitato dall'illustre suo Agnato S. E. il Sig. Gen. in Capite Bonaparte di scendere alla posta della Scala sulla strada regia, poiché desiderava di abbracciarlo. Gl'incomodi di salute ch'ei soffre non gli permisero d'uscire di casa e ciò fece risolvere il prelodato Sig. Comandante a promettergli la visita ch'egli effettuò nella notte dei 29 venendo i 30. Il Sig. Tenente Bonaparte che precedé il suo Fratello Generale giunse qui alle ore 8 di sera coll'avviso al prefato Sig. Canonico che avrebbe il Geneale Comandante pernottato presso di lui. Arrivò egli alle ore 2 con tutto il suo seguito, ed erano prima di esso arrivati due trombetti, alcuni Dragoni e diversi Ufiziali. Si abbracciarono i due rispettabilissimi congiunti, si trattenneto a parlare insieme, quindi passarono a cena, e poscia al riposo. In varie abitazioni di Nobili e Cittadini alloggiarono diversi Ufiziali. Nella mattina Monsig. Vescovo in compagnia del suo Vicario Generale e di due Canonici si portò ad ossequiare l'illustre Guerriero, e fu accolto con somma gentilezza. Il nostro Vicario Regio essendo ammalato non poté fare lo stesso. La Nobiltà si portò pure ad ossequiarlo ed i Sigg. Simone Cardi Cigoli e Dario Marcati inchinarono nel tempo del pranzo il Generale Comandante in nome del loro ceto e di tutto il Pubblico Samminiatese. Il Sig. Cardi Cigoli di olse la parola al Sig. Genarale e congratulandosi del di lui arrivo, e rilevando l'onore ch'egli compartiva a questa Città, sentì replicarsi che sensibile a tali espressioni avrebbe sempre riguardato con parzialità la Città di Samminiato che riconosceva come sua Patria, e che desiderava di esserle utile in qualunque incontro.

Estratto dalla «Gazzetta Toscana», n. 30 del 23 luglio 1796, p. 118:

E' stato partecipato al Nob. Sig. Canonico Filippo Buonaparte un Sovrano Motuproprio del seguente tenore.
Sua Altezza Reale il Serenissimo Arciduca Granduca, e Gran Maestro dell'Ordine di S. Stefano informato della Nobiltà della Famiglia Buonaparte dispensa il Canonico Filippo Buonaparte dal farne le prove, e gli concede di poter vestire l'Abito Equestre del detto Ordine per Giustizia.
Dato li 9. Luglio 1796.

EPISODIO FAMILIARE O CARICO DI SUGGESTIONI IMMAGINIFICHE?
Sull'incontro fra Napoleone e il canonico Filippo Buonaparte è stato scritto moltissimo. In particolare, gli studiosi si sono interrogati circa la portata dell'episodio: una visita familiare o un'operazione carica di suggestioni? Certamente il ventiseienne Napoleone doveva essere curioso di incontrare i parenti toscani e di visitare il luogo dove egli riteneva che traesse origine la sua famiglia. Sulle altre argomentazioni, la cosa si fa un po' più complicata. E' vero che il generale francese aveva grandi ambizioni, ma da qui a sostenere che andasse in ricerca del mito dell'“antico” o comunque del rinascimento, espressione di signorie e interessi non proprio ben visti con l'ottica della Rivoluzione Francese, appare un'operazione alquanto discutibile. Probabilmente Napoleone, pur spavaldo e sognatore quale fosse, nel 1796 non poteva immaginare nemmeno lui che un giorno sarebbe diventato Imperatore (1804). Inoltre, in Toscana si trattenne appena pochi giorni, lo stretto tempo necessario per occupare il porto di Livorno a danno degli Inglesi e tenere “buono” il Granduca Ferdinando III, legato a doppio filo ai nemici austriaci. Se avesse voluto cercare altro, sicuramente si sarebbe mosso diversamente. E così traspare anche dalla memoria dello stesso Napoleone, proposta nel paragrafo successivo.
Queste, in sintesi, le due interpretazioni che vengono attribuite all'episodio:

«Fu, la sosta a San Miniato, il frutto di una convinzione precisa; né può esser diversamente: e cioè di quella che davvero, all'ombra della torre di Pier delle Vigne, avevano camminato e vissuto gli antichi Bonaparte, esuli da Firenze» A. M. Fortuna (04)

«[...] la fuggevole visita a San Miniato perde ogni sapore di circoscritto episodio locale, buono tutt'al più ad alimentare qualche legittimo orgoglio cittadino, e si sottrae anche ad una interpretazione tutta e freddamente politica: una scontata operazione “d'immagine” dietro la quale c'è soltanto il cinismo dell'uomo di Stato. Non si può, peraltro, dimenticare che il luogo – San Miniato – e la terra dove esso è posto – la Toscana – sono depositari di suggestioni simboliche niente affatto trascurabili. […] essa incarna se non esattamente l'antico, […] un momento non meno decisivo quale è la riscoperta e la mediazione con l'antichità che si opera, appunto col Rinascimento fiorentino. […] poiché si potrà a giusta ragione mostrare come l'arrivo dei francesi, con i loro nuovi ideali ma anche con la guida di un condottiero che rimanda con la perentorietà delle sue imprese alla spregiudicata vitalità dei capitani rinascimentali, segni la data di una rigenerazione intellettuale e civile che una volta di più si esprime nelle forme di un rinnovato patto con l'antico». L. Mascilli Migliorini (05).

Memories du docteur F. Antommarchi
ou les derniers momens de Napoléon,
Tome Premier, chez Barrois, L'Ainé, Paris, 1825,
frontespizio

NAPOLEONE: LA MEMORIA DELL'INCONTRO SANMINIATESE DURANTE L'ESILIO DI SANT'ELENA
Assai curioso e ricco di dettagli, è il ricordo di quell'incontro che Napoleone riferì al suo medico Francesco Antommarchi durante l'esilio a Sant'Elena. L'episodio viene trattato il 12 ottobre 1820, cioè a quasi 25 anni di distanza da quando avvenne realmente. E' probabile, dunque, che Napoleone abbia aggiunto o ingrandito alcuni dettagli, omettendo o sminuendone altri. Da un punto di vista storico, la memoria di Napoleone è perfettamente aderente ai fatti desunti dalle altre fonti, ovvero il cronista sanminiatese Niccola di Tommaso Gagliardi e la Gazzetta Toscana.

Questa narrazione è particolarmente interessante poiché rivela il punto di vista del giovane generale francese: la curiosità per quell'anziano e lontano parente sanminiatese, acuto, privo di bigottismo e attento all'accoglienza del celebre ospite e del suo seguito. Svela l'atmosfera dell'incontro: giocosa e di festa, probabilmente l'unico momento in cui Napoleone poté rilassarsi dopo molte giornate intense. E poi la descrizione dell'incontro notturno, nell'intimità familiare, dove il vecchio canonico mostrò gli alberi genealogici e chiese a Napoleone di adoperarsi per canonizzare un avo morto in concetto di santità. Traspare quindi, in tutta la sua evidenza, la reazione e i sentimenti del generale francese: grande curiosità e fascino per le parole e le richieste del canonico sanminiatese, seppur in contrasto con i valori rivoluzionari di cui Napoleone era portatore e perciò lontani da poter essere assecondati. Certamente Napoleone trattenne un ottimo ricordo di quell'incontro, tanto che fece ottenere al can. Filippo Buonparte il riconoscimento di poter vestire l'Abito dell'Ordine Equestre di Santo Stefano da parte del Granduca Ferdinando III. Di seguito il testo di Francesco Antommarchi (06):

«[121] […] 12 Ottobre.
Ore 9 ½ ant. L'Imperatore sta di meglio in meglio. – Bagno, ed esercizio.
Napoleone esce, ed io l'accompagno in giardino. Di primo slancio parla della Corsica, delle sue situazioni, delle sue valli, de' suoi monti: tutto viene da lui dipinto, descritto con tratti di fuoco. Passando indi dalla sua patria ai suoi parenti, mi dice: «a Voi avete lungo tempo dimorato in Firenze: saprete che di là è sortita la nostra famiglia.» – «Si Maestà; la vostra famiglia vi occupava uno dei primi ranghi; ella erane patrizia.» – «Conoscete voi la casa in [122] cui abitava?» – «È quello un monumento, una curiosità che non isfugge ad alcuno.» – «Dessa è nel centro della città, ed è ornata esternamente di un blasone scolpito in pietra, v'è egli più?» – «V'è, o Sire, ed è del tutto intatto.» – «Nel mio passaggio per Firenze allorchè marciava sopra Livorno, mi si fecero vive premure perchè la vedessi; ma era così occupato anzi sopraccaricato d'affari, che non mi fu possibile l'andarvi. Nel giorno della mia partenza, giunsi sul far della sera a S. Miniato. Ivi dimorava un vecchio Canonico mio parente ultimo rampollo dei Bonaparte di Toscana, e mi tenni obbligato a visitarlo. Noi fummo ricevuti, festeggiati, e avemmo un'ottima accoglienza. Soddisfatto l'appetito, si fece luogo al parlare. Eravamo tutti giovani, allegri, vivaci, repubblicani come Bruto, e lasciavamo qualche volta sfuggire dei discorsi che toccavano alquanto la Chiesa. Il buon uomo però non si sconcertava; ascoltava, rispondeva, e ci lanciava da lunge delle riflessioni la di cui ragionevolezza sorprendeva. Il mio stato maggiore era allettato dal vedere un prete senza bigottismo; le bottiglie giravano sempre di più, facevamo brindisi alla sua salute, ed egli beveva alla prosperità delle nostre armi. I suoi detti piacevoli, i suoi motti, ne fecero avvertiti del buon senso e della amenità di quell'eccellente canonico. I miei ufficiali erano di già riconciliati co' suoi abiti; la nostra militare irriverenza non gli spiaceva, e fece ogni sforzo per trattenerci anche il giorno successivo; ma le truppe erano in movimento, gli dicemmo essere la partenza necessaria, e che lo avremmo riveduto [123] al ritorno. Temendo che non avesse letti sufficienti per un seguito così numeroso, lo pregammo quindi a non darsi pena per trovarci da dormire, bastando a noi, accostumati a vivere da soldati, un fascio di paglia; al che rispose: – La mia casa è senza lusso, ma grande abbastanza per collocarvi tutti. – Ci accompagnò successivamente nelle camere che avea fatte preparare per noi, e ci augurò la buona notte. Io mi posi in letto; ma la lucerna non era per anche estinta, quando sentii battere alla porta. Credetti fosse Berthier, ma m'ingannai; era invece il buon prelato che mi chiese un momento di conversazione. Aveva esso cominciato a parlare a tavola di genealogia, il qual genere di discorso non potendo essere per me che importuno nella situazione in cui mi trovava, gli avea quindi fatto segno di tacere, al che egli corrispose. Temeva non volesse ritornare sul soggetto che avea sfuggito, e senza lasciargli ciò penetrare, lo pregai di sedersi, dicendogli che lo avrei udito con piacere. Egli cominciò a parlarmi del cielo che aveami protetto e mi proteggerebbe ancora, se volessi intraprendere un'opera santa, che d'altronde poteva costarmi poco. Io aveva già tollerato il racconto della storia dei Bonaparte: quello delle azioni di alcuni di essi, e non capiva ove volesse arrivare: quando mi disse con un certo trasporto, che disponevasi a farmi vedere un documento prezioso. Credetti a bella prima fosse l'albero genealogico e mi contenni, prevalendo alla brama di ridere il timore di dar disgusto al buon vecchio; ma quale fu la mia sorpresa nel vedere non una pergamena, un [124] gotico diploma, ma qualche cosa di ben più comico ancora; una memoria in favore di certo padre Bonaventura da lungo tempo beatificato, ma che in vista delle spese eccessive che occorrono per la santificazione, non avea per anche potuto trovar posto nel calendario ! – “Chiedete al Papa che lo riconosca:” – mi diceva il buon Canonico – “egli ve lo accorderà e ciò forse non vi costerà cosa alcuna, o almeno assai poco. A vostro riguardo S. S. non si rifiuterà di collocare un santo di più nel cielo. Ah! caro parente; voi non sapete quanto importi avere un beato nella propria famiglia! E a lui, è a S. Bonaventura che voi siete debitore dei successi delle vostre armi. Egli è quello che vi ha condotto, che vi ha diretto nel mezzo delle battaglie. Credetelo, la visita che voi mi fate non è già un effetto del caso. No, mio caro parente, è desso che vi ha inspirato, esso ha voluto che voi siate istrutto de' suoi meriti, e vi presta l'occasione di rendergli bene per bene, servigio per servigio. Fate per lui col Papa altrettanto, quanto egli fa per voi con Dio.” – Io mi sentiva tentato a ridere della unzione del buon vecchio, ma era egli tanto di buona fede, che mi sarei fatto scrupolo di offenderlo. Lo appagai con belle parole, allegai lo spirito del secolo, le cure della guerra, e gli promisi, di occuparmi dell'affare di S. Bonaventura, allorchè la pubblica irriverenza fosse stata meno pronunciata. – “Caro parente, voi compite i miei voti, permettetemi che vi abbracci. Voi sposate l'interesse del cielo, e vi predico che riuscirete nelle vostre intraprese. Io son vecchio: forse non potrò vedere l'esaudimento [125] delle vostre premure, ma conto su di esse, e morirò contento.” – Mi diede indi la sua benedizione, ed io cercai invano di dormire. L'avventura era sì piacevole, l'idea così singolare
nei tempi in cui eravamo, che avea appena chiusi gli occhi all'arrivo di Berthier. Sopravvennero gli altri generali, e riunito il mio stato maggiore, narrai la conversazione avuta. Le sollecitazioni del buon vecchio, i suoi voti, la sua ambizione, il suo modo di spiegare le nostre a vittorie, posero tutti in allegrezza. Chi rideva, a chi si spassava, chi si divertiva sul canonico e sul Santo che combatteva e lottava per noi. Se ci avesse ascoltati il buon uomo! Se avesse a saputo quanto io era devoto!
Noi ci allestivamo per la partenza, io bramava di lasciargli una memoria, un attestato a della mia soddisfazione per l'accoglienza usata; ma qual cosa offrirgli, tranne un leggendario? Mi lambicava il cervello inutilmente, senza trovare cosa alcuna, quando mi sovvenne tutto ad un tratto che poteva disporre di una decorazione di S. Stefano. Ne feci motto a Berthier; partì una stafetta; noi fummo abbracciati e a benedetti dal buon vecchio, il quale pochi giorni a dopo ricevette la decorazione. Ci incaminammo sopra Livorno, e là accadde una scena differente.
[…] [126] L'avventura di Miniato fu ben presto scordata per la moltiplicità degli affari, ed io troppi ne aveva per occuparmi del calendario. Il Papa però avea del tempo d'avvanzo, e mentre coronava il discendente, non ebbe difficoltà a canonizzarne l'avolo. Egli me ne parlò ripetendomi la predica del canonico, ma siccome gli onori celesti mi occupavano meno dei terreni, mi feci il sordo, e lasciai al concistoro il pensiero delle sue promozioni».

IL CELEBRE INCONTRO NELLA STORIOGRAFIA SANMINIATESE DELL'800
Già nell'800, l'incontro fra Napoleone e il canonico Filippo Buonaparte destò curiosità ed interesse anche nell'ambito degli ambienti eruditi sanminiatesi. L'episodio, d'altra parte, andava a vantaggio della celebrazione della grandezza cittadina, in un periodo storico caratterizzato dalla riscoperta degli antichi fasti medievali. E quindi, ritrovare le origini sanminiatesi della casata dei Buonaparte, scavando addirittura nei secoli XIII e XIV, oltre che celebrarne la grandezza fino all'ascesa di Napoleone, rappresentava un indubbio motivo di orgoglio. Tutti coloro che si occuparono di storia sanminiatese, in qualche modo, colsero l'occasione per riportare e ricordare il celebre incontro.

Così ricorda Emanuele Repetti nel suo Dizionario: «da Sanminiato si staccò un ramo di quella prosapia che diede al mondo l'unico Napoleone; di quel Napoleone che nell'ultimo anno del secolo XVIII visitò in Sanminiato un canonico Bonaparte, ultimo fiato dell'antico stipite di cotanta celebre casata.» (07)

Damiano Morali, già archivista dell'Accademia degli Euteleti di San Miniato, autore di studi storici, si dedicò anche ad una Storia Genealogica della famiglia Buonaparte, in cui riporta l'episodio (08): «Quando il generale Bonaparte scendeva colla sua vittoriosa armata gli Appennini, e per la valle dell'Amo inferiore si avanzava portandosi sulla città di Livorno per toglierla alla influenza Inglese, il cui aristocratico governo opponevasi al consolidamento della nascente repubblica francese; nel ritorno da quella felice e strepitosa spedizione, si portò a Samminìato a visitarlo, riconoscendo in quell'ecclesiastico un suo degno ed illustre agnato. Il rispettabile vecchio ricevè il conquistatore
dell'Italia in modo amorevole e cordiale, prodigandogli quegli onori che era in suo potere di rendergli Egli giunse in Samminiato nel 29 Giugno del 1796, nella notte del medesimo dì 29 venendo il 30; e nell'ora appunto del riposo, il buon sacerdote scese nella camera del generale suo parente, col quale lungamente si trattenne mostrandogli tutte le carte e displomi gentilizii dell'agnazione, dei quali Napoleone mostrò di far gran conto; ma quelli sopra cui il rispettabile canonico maggiormente mostrò il suo particolare interesse, furono i comprovanti le virtù eroiche cristianamente praticate dal venerabile Fra Bonaventura cappuccino, loro antenato, e che viveva col declinare del secolo decimosesto, supplicando il suo famoso agnato ad interporre la sua mediazione per farlo canonizzare dal sommo gerarca Pio VI, soggiungendogli il pietoso vecchio ch'esso generale doveva le sue vittorie, i suoi trionfi, la sua salvezza, alla intercessione di questo servo di Dio, che rendeva sempre più rispettabili e venerata la stirpe dei Bonaparte.
Napoleone ascoltò il vecchio parente, e lo consolò con speranze circa le sue domande. Ma allora altre cure l'attendevano, ed altri tempi bisognavano per parlare di canonizzazioni e di santi che nondimento il canonico Filippo non si scoraggiò né abbandonò il suo amato progetto, e le date speranze, le promesse, nella sua corrispondenza rammentavagli.
Passato dipoi il generale Bonaparte a Firenze, ottenne dal granduca Ferdinando terzo al suo agnato una commenda dell'ordine di Santo Stefano, di cui poi vestì l'abito.»

Lo storico sanminiatese Giuseppe Rondoni così ricorda l'avvenimento: «Anche da Samminiato passarono le milizie francesi con alla testa il general Buonaparte, il quale si fermò nella casa degli avi suoi, la notte del 29 giugno 1797 (sic!) presso uno zio canonico» (09).

Ancora Giuseppe Rondoni, alcuni anni dopo, ebbe ad approfondire (10): «E' noto che durante la immortale campagna del 1796 Napoleone, colla divisione Vaubois, per Parma, Modena e Reggio calava in Toscana, e, toccata Pistoia e traversato l'Arno a Fucecchio, si recava a Livorno. Di qui andava a Firenze, proseguendo per Bologna. Appunto nel viaggio da Livorno a Firenze si fermava a pernottare a S. Miniato, ed anche di questo gli storici han voluto dire e saper le ragioni. Il Marmont, che gli era compagno, nelle sue Memorie scriveva: «la famille Bonaparte est originaire de Toscane; une branche y ètait restée a S. Miniato, petite ville entre Pise et Florence; nous, nous y arretàment de l'éclat que son cousin donnalt à son nom; mai il voyait d'un autre oeil que nous cette gloire de la terre, et il aspirait à la voir prendre ses racines dans le ciel. Un Bonàparte avait été déclaré bien-heureux par je ne sais quel pape, e' était le premier pas vers la canonisation; la chanoine aspirait à le voir sanctifié; il prit le général en particuller poir le suppller d'employers son influence, supposée sans borne, pour obtenir ce titre de gloire pour la famille. Bonaparte rit beaucoup du desir de son cousin, qu' il ne satisfit pas, et il aima mieux obtenir du pape, dans le négociations postérieures, quelquels milions et quelques tableaux de plus, que le droit de bourgeolsie dans le ciel pour un homme de sa mason». Dal granduca però ottenne pel canonico una commenda di S. Stefano, che molto lo soddisfece. Il Marmont narrò questo aneddoto samminiatese del Buonaparte per dimostrare ch'egli serbò sempre affezione per i fatti e le persone che gli ricordavano i principali della sua grandezza. «Tutti i nomi di quel tempo, e di un'epoca anteriore (così il maresciallo) non hanno mai perduta la loro efficacia sopra di lui». Né inferisce che la natura gli aveva dato un cuore riconoscente e benevolo, ed anche sensitivo, e che ingiuste sono le opinioni contrarie. Invece il Michelet insinua che il padre di Napoleone scoprisse il ricco e credulo canonico di S. Miniato, e lo persuadesse a riconoscerlo per parente, procacciandosi in tal guisa patenti di antica nobiltà fiorentina. Poi Napoleone, «puor faire sa cour aux prêtres, alla voir ce bonhomme de chanoine dont il disalt êtres parent, et comme lui descendu d'un saint du moyenâge. Cela pouvant avoir un bon affet en Italie, en France, dans tout le parti retrograde».
L'anonimo Samminiatese, autore di una Storia Genealogica dei Buonaparte, aggiunge che il canonico di nome Filippo si trattenne a lungo coll'illustre parente, «mostrandogli tutte le carte e diplomi gentilizi dell'agnazione, dei quali Napoleone mostrò di fare gran conto; ma quelli sopra cui il rispettabile canonico maggiormente mostrò il suo particolare interesse, furono i comprovanti le virtù eroiche cristianamente praticate dal venerabile Fra Bonaventura cappuccino, loro antenato, che viveva col declinare del secolo decimosesto... soggiungendogli ch'esso generale doveva le sue vittorie, i suoi trionfi, la sua salvezza all'intercessione di questo servo di Dio». Secondo lo Zobi, i Samminiatesi avrebbero pubblicamente festeggiato il Bonaparte; ma di feste nei documenti non trovo menzione alcuna, se non vuolsi ammettere come tale lo stanziamento della somma di 871 lire, fatto dal Comune il dì 28 luglio del 1796, per il passaggio delle truppe francesi la sera del 29 giugno, mentre di lì a poco, essendo frequente il passo di quelle milizie, si elegge un Commissario comunale, il sig. Prospero Badalassi, per provvedere ai danni dai. Infine la tradizione orale, ormai languidissima, ricorda solo che il Bonaparte, di notte, con molti generali, fra i quali il Murat, smontò alla casa del canonico, essendo la piazza tutta piena di soldati. La casa, ora Gazzarrini, sorge presso la piazza Bonaparte, già S. Sebastiano, e vi fu apposta ai giorni nostri un'epigrafe.»

Queste invece le parole di Giuseppe Piombanti: «Venne poi in Toscana la prepotente invasione francese a cacciar l'amatissimo Ferdinando III, a gettar questo giardino d'Italia nell'anarchia, a compiere sue degne opere. Ai 29 giugno 1797 (sic!), il general Buonaparte, in compagnia di cinque ufficiali, a S. Miniato saliva, a riveder la casa dov'era stato fanciullo, a visitar lo zio canonico Filippo, a tenervi consiglio di guerra» (11).

NOTE E RIFERIMENTI
(01) A. Lensi, Napoleone a Firenze, Firenze, 1936, pp. 7-8; D. Lotti, San Miniato. Vita di un'antica città, SAGEP, Genova, 1980, pp. 181 e 324; A. M. Fortuna, Napoleone dalla Scuola Militare alla Rivoluzione. I manoscritti Ashburnham 1873 della Biblioteca Mediceo-Laurenziana con una nota su San Miniato e le origini dei Bonaparte, «Scriptorium Florentinum», II, Corradino Mori, Firenze, 1983, p. XVIII; Atto di morte del Canonico Filippo Buonaparte in San Miniato giacobina e napoleonica (1796-1799), a cura di V. Bartoloni, catalogo della mostra 11 luglio – 31 agosto 1997), Comune di San Miniato, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1997 n. IV, 14, p. 73; R. Boldrini, Dizionario Biografico dei Sanminiatesi, Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 56; B. Bitossi, Chiesa di Santa Lucia, in Visibile Pregare, Vol. III, a cura di R. P. Ciardi, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2013, pp. 207-208.
(02) A. Zobi, Storia civile della Toscana dal MDCCXXXVII al MDCCCXLVIII, Tomo III, Luigi Molini, Firenze, 1851, p. 188
(03) Estratto contenuto in D. Lotti, Napoleone Buonaparte Toscano Europeo, Ed. dell'Erba, Fucecchio, 1995, p. 35. Altri frammenti sono contenuti anche in G. Rondoni, Un cronista popolano dei tempi della dominazione francese in Toscana, in «Archivio Storico Italiano», Serie Quinta, Tomo X, Anno 1892, G. P. Viesseux, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1892, pp. 64-87; G. Delli, Napoleone I a S. Miniato, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», anno III, fasc. 1-2, San Miniato, 1921, pp. 57-62.
(04) A. M. Fortuna, Napoleone dalla Scuola Militare alla Rivoluzione. I manoscritti Ashburnham 1873 della Biblioteca Mediceo-Laurenziana con una nota su San Miniato e le origini dei Bonaparte, «Scriptorium Florentinum», II, Corradino Mori, Firenze, 1983, p. XVIII.
(05) L. Mascilli Migliorini, Napoleone a San Miniato: il ritorno dell'eroe, Edizioni Polistampa, Firenze, 1996, p. 13.
(06) Estratto da Memorie del dottor F. Antommarchi, ovvero gli ultimi momenti di Napoleone, Prima traduzione dal Francese, Volume Primo, Italia, 1827, pp. 121-124 [originale in Memories du docteur F. Antommarchi ou les derniers momens de Napoléon, Tome Premier, chez Barrois, L'Ainé, Paris, 1825, pp. 154-161].
(07) E. Repetti, nel suo Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, vol. V, Firenze, 1843, p. 96.
(08) D. Morali, Storia Genealogica della famiglia Bonaparte dalla sua origine fino all'estinsione del ramo già esistente nella città di S. Miniato, Tip. Mariano Celchi, Firenze, 1846, pp. 90-92.
(09) G. Rondoni, Memorie storiche di S. Miniato al Tedesco con documenti inediti e le notizie degl'illustri samminiatesi, Tip. Massimo Ristori, San Miniato, 1876, p. 197.
(10) G. Rondoni, Un cronista popolano dei tempi della dominazione francese in Toscana, in «Archivio Storico Italiano», Serie Quinta, Tomo X, Anno 1892, G. P. Viesseux, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1892, pp. 66-68.
(11) G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 41-42.

venerdì 24 giugno 2016

IL DISCORSO DELL'ON. MARTELLI PER IL “BATTESIMO" DI S. MINIATO BASSO - 1924

a cura di Francesco Fiumalbi

INTRODUZIONE
In questa pagina è proposto il discorso di Alessandro Martelli in occasione del “battesimo” di San Miniato Basso, nome nel quale si erano unite le frazioni di Pinocchio, Case Nuove e Ontraino con la delibera del Consiglio Comunale di San Miniato del 9 giugno 1924 [ASCSM, F200 S010 UF016, n. 65]. La cerimonia e i festeggiamenti si tennero il giorno 19 ottobre 1924, alla presenza delle autorità cittadine, del Sindaco Piero Folgo Gentile Farinola, del parroco Don Pio Sestini, oltre che dell'onorevole Alessandro Martelli.
Alessandro Martelli [Caltanissetta, 25 novembre 1876 – Firenze, 5 ottobre 1934] fu un geologo e politico fiorentino, originario di Vinci, poi docente universitario a Firenze e a La Sapienza di Roma. Partito volontario durante la Prima Guerra Mondiale, si avvicinò poi al fascismo e partecipò alla “marcia su Roma”. Nel 1924 fu eletto alla Camera dei Deputati nel collegio toscano per il PNF. In seguito fu nominato Ministro dell'Economia (1928-29), occupandosi, fra le varie cose, della costruzione dell'Autostrada Firenze-Mare e della ristrutturazione dell'Agip. A pochi mesi dalla morte, venne eletto Senatore. [per approfondire si veda il Dizionario Biografico degli Italiani ]

L'epigrafe a ricordo del “battesimo” di San Miniato Basso
San Miniato Basso, via Tosco-Romagnola Est angolo via Aldo Moro
Foto di Francesco Fiumalbi

IL DISCORSO DI BATTESIMO
Il compito di pronunciare il discorso di “battesimo” fu assegnato proprio ad Alessandro Martelli, invitato quale ospite d'onore, in virtù della carica di onorevole e personalità vicina al governo nazionale. D'altra parte, ancora oggi è largamente diffusa la consuetudine di invitare personalità del mondo politico ed istituzionale a presenziare cerimonie, inaugurazioni o particolari commemorazioni. Questo è ciò che avvenne anche il 19 ottobre 1924.

Il discorso, in sintesi, si compone di due parti: una vasta introduzione storica, a ricordo dell'importanza nei secoli passati di San Miniato, definita “città madre”, e l'auspicio di pari grandezza per la città nuova, dove finalmente sarebbero potute fiorire attività produttive e commerciali.
Non mancano nemmeno alcuni spunti della retorica del tempo, come il collegamento fra l'unità nazionale e quella di San Miniato Basso, oltre allo spirito del tempo dovuto alla “rivoluzione fascista”.
C'è poi l'immagine della Rocca di Federico II “che da ogni parte del circondario si contempla snella e solenne” a cui viene assegnato l'auspicio che possa al pari di un faro luminoso additare la città di S. Miniato come un porto al sicuro da ogni tempesta”. Questo è un particolare assai interessante, in quanto proprio in quegli anni si era costituito il Comitato “Pro Monumento ai Caduti” che il 24 maggio 1928 inaugurò il “Faro Votivo” sul rocchetto più alto della torre. Evidentemente l'on. Martelli era a conoscenza di tale progetto e volle in qualche modo richiamarlo nel suo discorso.

Di seguito è proposta la trascrizione del Discorso pronunziato per la cerimonia di battesimo di S. Miniato Basso dall'On. Prof. Alessandro Martelli, pubblicato sul «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», anno VI, fasc. 1-2, ottobre 1925, pp. 27-31:



[027] DISCORSO
PRONUNZIATO PER LA CERIMONIA DI BATTESIMO DI S. MINIATO BASSO
DALL'ON. PROF. ALESSANDRO MARTELLI

Non è un esodo dal colle al piano quello che oggi celebrate, ma è un'intima fusione di anime, di interessi e di propositi per imprimere un nuovo ritmo alla vita economica e apportare nuovi fastigi, all'autorità dello storico Comune di S. Miniato.
Le tre borgate, che fanno gettito del loro vecchio nome per integrare quello del Capoluogo, portano, si, a S. Miniato il tributo delle loro forze operose, e la gagliardia dei loro intendimenti, ma vengono pure a fruire dell'immenso patrimonio morale che nei suoi secoli di storia S. Miniato seppe accumulare.
La vecchia città dominatrice della via da Firenze al mare, sorge, lassù, sul colle magnifico fra l'Elsa e l'Evola, per volere di imperatori; così come anche nei secoli più oscuri fiorì per favore di Signorie e di Pontefici.
La generazione odierna fiera del suo passato, fidente appieno nel suo avvenire, vuol far vibrare più forte e più ammonitore che mai proprio palpito di fratellanza e di concordia. Le popolazioni del piano dedite ad una diuturna vita di lavoro presso alle più battute vie del traffico, si rivolgono alla città madre, [028] che dall'alto le contempla, le assiste, le protegge, con una rinnovata prova di devozione e con la risoluta conferma di serbarsi degne di una terra che ha offerto alla Patria largo contributo di opere, durante la pace; e non meno ampio contributo di sangue e di sacrificio, di gloria e di giovinezze, durante la guerra.
La Rocca ghibellina – su cui si elevarono le insigne di quella podestà, che pur nella fantasia di Dante apparve come il risorgere del sacro romano impero, dominatore del mondo.... spicca all'orizzonte come una mole tutelare del Valdarno inferiore a testimonianza perenne di una grandezza passata, ma riconquistabile ancora attraverso le opere di una città nuova, alimentata dal lavoro fecondo.
Si addensano le nebbie nello sfondo dei secoli, ma l'ardore del popolo nella ricerca affannosa delle sue glorie riesce a diradarle per ritrovare le fonti e le vie della sua odierna prodigiosa grandezza.
Le grandi figure e gli avvenimenti che furono, pur con le linee confuse ed i particolari affievoliti dal tempo, si succedono fulgide alla nostra mente come le leggende dell'eterna poesia popolare, che commuovono l'anima umana anche se imprecisate nei confini e nell'età.
Passano oggi in una visione affascinatrice di fronte a noi i tempi di Ottone I che fondò la sede dei Vicari Imperiali presso la vecchia Pieve vostra, o Samminiatesi. Passano sullo schermo magico della storia ad uno ad uno i Vicari e gli Imperatori. E' avanti a tutti quell'Arnolfo Tedesco il cui attributo rimase come marca di origine al vecchio S. Miniato; e lo segue pochi anni dopo Bonifacio Marchese di Toscana, che dette all'Italia Matilde di Canossa, la donna che più d'ogni altra ha impresso un'orma profonda negli avvenimenti medioevali della stirpe nostra.
Come avvolte in un bagliore d'incendi noi vediamo ancora attraversare nel firmamento storico di S. Miniato le schiere del Barbarossa, che imperversarono [029] sull'Italia e dal mal domato spirito di nostra gente ebbero a Legnano la prova della possanza Lombarda.
Ma ecco che alle visioni guerresche delle frotte di armati e di condottieri, succede il ricordo dell'ingiusto martirio e della fine violenta di costui che tenne «ambo le chiavi del Cor di Federigo». E sembra che, al frastuono delle trombe e al fragore delle armi, succeda attorno alla Rocca che tanto scempio conobbe, un inno di gloria in onore di Pier delle Vigne, che alla Corte di Svevia con Federico II, dette all'eloquio italico consacrazione e vita.
Le fiumane degli anni travolgono le vicende. Cadono anche gli Svevi e si annega alla Meloria la potenza pisana; ed ecco S. Miniato aderente alla lega Guelfa con Firenze e con la sua Repubblica. Si hanno ancora, sì, tentativi di ribellione sanguinosa nel nome di una libertà Samminiatese, ma sono vani conati, che il principio dell'unità regionale in definitivo trionfa sì che a rampogna del vieto campanilismo si sfoga la vena giocosa di Ippolito Neri. Intravediamo ancora confuse le gesta rivendicatrici dei fuoriusciti Ghibellini e un lampo di maggior luce segna il passaggio di Ferruccio; ma con la caduta della Repubblica fiorentina la Storia di S. Miniato finisce, per fondersi con quella di Firenze, dei Medici e dei Lorena.
Il richiamo alla storia giova a dimostrare che Signorie e Repubbliche preparano ovunque i fermenti dell'unità nazionale, così come le vicende fra castellani e terrieri maturano il destino per una più stretta attività comunale. Il popolo italiano intende valersi anche del proprio passato, per ricostruire il grande avvenire della Patria sua.
Le cronache di Dino Compagni e le istorie del Guicciardini e del Muratori, e lo stesso Macchiavelli, fanno accenni infiniti alla irrefrenabile irrequietudine civica della Toscana ed anche al suo difetto di qualità rivoluzionarie. Ma ora in pieno compimento dell'unità [030] nazionale, dopo esserci dimostrati resistenti e vittoriosi nelle grandi imprese collettive della guerra e della rivoluzione, le reliquie delle virtù guerriere dei vecchi Comuni e delle miserande competizioni locali, vanno relegate per sempre nei Musei d'antichità. Bene hanno fatto le popolazioni del piano a unirsi in un abbraccio indissolubile nel nome di S. Miniato Basso ad esempio in uno spirito nuovo, sorto dal tormento infinito per conseguire la vittoria e scaturito dalla rivoluzione fascista, per l'offerta alla madre Patria di ogni più fervida aspirazione e di ogni più grave sacrificio individuale, di ogni egoismo di classe, di ogni egoismo di paese.
Perché un Comune viva e rigogli deve conservare intatte le sue forze e le sue risorse. La vita di un Comune è vita di una grande famiglia, è corrispondenza di sentimenti, è affiatamento di energie unificate, per essere condotte, poderose e compatte, a costituire la grande realtà della Patria. La politica nazionale è permeata infatti di tutte le attività del Paese, e quanto giova a rinsaldare i vincoli di una sempre più ampia vitalità comunale e regionale, è opera somma di saggezza civile. Ecco perché il benemerito Comitato può andare superbo per l'iniziativa qui oggi attuata.
Sia salda anche S. Miniato Basso nella sua Missione di ausilio al benessere della città madre. Né lo arrestino i deprecabili antagonisti, che tendono a dilaniare ed annullare le opere migliori. Per conseguire l'intento si incoraggino i volenterosi e si sospingano gli inerti, per esigere che tutti, e grandi e piccoli, portino il proprio sassolino alla costruzione dell'edificio mirabile.
Assecondino questa opera di concordia civile tutte le energie fattive, tutte le anime migliori, quanti per aver combattuto nella grande guerra o per avervi perduto delle persone care, sentono di amare l'Italia tanto più forte quanto più per essa soffrirono e piansero.
[031] Quest'appello non sarà vano nei nostri paesi di provincia e nelle nostre campagne, ove le anime sono più sincere e le passioni più pure.

.................................................................................................................................................................................................................................. [nota (1) L'On. Martelli espone quindi le attività economiche di S. Miniato, che qui tralasciamo, e passa di poi alla conclusione del suo magnifico discorso]

O S. Miniato, perpetua nell'avvenire la serena poesia dei secoli trascorsi e moltiplica le tue energie per un sempre florido dimani.
Possano in ogni tempo e in ogni evenienza i tuoi cittadini mantenere intatta quella unità di volere che rende potente ogni popolo e vittoriosa ogni sua impresa. Possano le forze vive della produzione e del commercio trovare sempre in S. Miniato Alto e Basso un campo di attività senza confini per assicurare vita prospera e degna al vecchio Comune, rafforzato dalla concordia e solidarietà cittadina entro e fuori delle sue mura. E la torre che da ogni parte del circondario si contempla snella e solenne possa al pari di un faro luminoso additare la città di S. Miniato come un porto al sicuro da ogni tempesta.
Davanti alla lapide oggi scoperta in ricordo di questa cerimonia battesimale arda sempre, accanto alla face della fraternità samminiatese, la fiamma di quella fede indomabile che pone sempre più in alto sempre più prossimo a Dio il culto della Patria grande e potente, per la quale la gioventù migliore ha saputo precocemente morire; per la quale tutti noi, sopravvissuti, dovremo degnamente operare.


lunedì 20 giugno 2016

L'AFFRESCO DI SANTA LUCIA IN VIA ENSI NEL COMUNE DI SAN MINIATO

di Francesco Fiumalbi


APSM-ISVP-018
L'AFFRESCO DI SANTA LUCIA IN VIA ENSI NEL COMUNE DI SAN MINIATO

SCHEDA SINTETICA
Oggetto: Pittura murale su abitazione
Luogo: San Miniato, via Ensi
Tipologia: Pittura murale
Tipologia immagine: Pittura murale
Soggetto: Santa Lucia
Altri soggetti: NO
Autore: Sconosciuto
Epigrafe: NO
Indulgenza: NO
Periodo: seconda metà '700.
Riferimenti: nessuno
Id: APSM-ISVP-0018

Santa Lucia, pittura murale
sulla facciata di una casa colonica
a San Miniato, via Ensi
Foto di Francesco Fiumabi

DESCRIZIONE
Lungo via Ensi, la strada di fondovalle che segue più o meno parallelamente l'omonimo corso d'acqua, si trovano numerose abitazioni “storiche”. Sono vecchie case contadine o “coloniche”, cioè date ai “coloni” che lavoravano i poderi col sistema della mezzadria. In particolare, nel tratto compreso fra Calenzano e Marzana “bassa” – o Parrino, se preferite – a poca distanza dall'intersezione con la via che conduce al Volpaio e poi a San Quintino, si trova una casa colonica un po' “speciale”.
Attualmente non risulta abitata, ma lo è stata fino a non molti anni fa. In facciata, proprio al di sopra della scala e sotto alla piccola loggia che segna l'ingresso all'abitazione, è situata una curiosa pittura murale raffigurante Santa Lucia. Dalla strada si vede perfettamente e da un punto di vista stilistico è possibile attribuirla alla seconda metà del '700. Le dimensioni dell'immagine, iscritta in una sottile cornice bruna, a occhio, sono di circa 60x60 cm: un “braccio” quadrato secondo le antiche unità di misura.


Santa Lucia, pittura murale
sulla facciata di una casa colonica
a San Miniato, via Ensi
Foto di Francesco Fiumabi

L'iconografia è perfettamente aderente a quella della giovane siciliana uccisa per la sua adesione al Cristianesimo. La tunica rossa, tipica dei martiri, è avvolta da un mantello azzurro, simbolo di purezza, esattamente come quello della Vergine Maria. Col braccio sinistro tiene la palma del martirio e il collo è trafitto da un pugnale acuminato, ovvero lo strumento che, stando all'agiografia tradizionale, vene utilizzato per la sua uccisione. Presente anche il controverso particolare del piatto con gli occhi (l'argomento è ampiamente dibattuto e secondo la più diffusa interpretazione deriverebbe dall'associazione etimologica del nome di Lucia con quello di Luce, in latino “Lux”). Per ulteriori dettagli agiografici si rinvia al sito Santi e Beati.

La casa contenente l'immagine di Santa Lucia - Ortofoto, anno 2012
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Ma cosa ci fa un'immagine del genere all'ingresso di una vecchia casa colonica?
La risposta è semplice. Quella casa, infatti, nel Catasto Generale della Toscana (che per il Comune di San Miniato è datato al 1834) risulta appartenere alla “Chiesa di S. Lucia a Calenzano”.

Nel Catasto Leopoldino viene riportato il toponimo di “Podere di Lazzerone”. Chi fosse costui non ci è dato di sapere, forse un antico proprietario. Nella cartografia contemporanea come la Carta Tecnica Regionale, invece, lo stesso edificio è contrassegnato dall'indicazione “Casa Santa Lucia”.
Esattamente come i nobili, che erano soliti apporre il proprio stemma familiare sulla case di cui erano proprietari, anche le chiese “marchiavano” gli immobili in modo che i loro possedimenti fossero riconoscibili immediatamente. Era una pratica diffusa tanto in città quanto in campagna.

Nel territorio del Comune di San Miniato si trova almeno un altro paio di esempi simili, sopravvissuti fino ai giorni nostri. Si tratta di due case coloniche, una a La Serra e l'altra a San Donato. La prima, caratterizzata dalla presenza di un dipinto murale, praticamente nella stessa posizione, raffigurante San Regolo. Questo perché la casa era di proprietà della Parrocchia di Bucciano, il cui titolare è proprio San Regolo. La seconda contiene invece l'immagine di "Santa Cristiana", ovvero Beata Oringa Menabuoi in quanto l'abitazione di proprietà del Monastero di Santa Cristiana di Santa Croce sull'Arno.

Di seguito alcune immagini tratte dalla cartografia storica e moderna.

Il “Podere di Lazzarone” nel Catasto Generale Toscano,
C. di S. Miniato, Sez. K – Marzana, Cappuccini e Calenzano – Foglio n. 4
Archivio di Stato di Pisa, Catasto terreni, Mappe, San Miniato, n. 31
Immagine tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione Toscana e Archivi di Stato Toscani. Per gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright

Il “Podere di Lazzarone” nel Catasto Generale Toscano,
C. di S. Miniato, Sez. K – Marzana, Cappuccini e Calenzano – Foglio n. 4
Con sovrapposizione della cartografia catastale moderna (in rosso)
Archivio di Stato di Pisa, Catasto terreni, Mappe, San Miniato, n. 31
Immagine tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione Toscana e Archivi di Stato Toscani. Per gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright

Le proprietà della “Chiesa di S. Lucia a Calenzano” (azzurro)
segnate nel Catasto Generale della Toscana
Immagine tratta da DidaLabs – Dipartimento di Architettura
Il Catasto di San Miniato al tempo dei Lorena”
Progetto di Tommaso Borghini e Letizia Coltellini
Per gentile disponibilità Creative Commons Attribuzione – Non Commerciale
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Le proprietà della “Chiesa di S. Lucia a Calenzano” (azzurro)
segnate nel Catasto Generale della Toscana
Immagine tratta da DidaLabs – Dipartimento di Architettura
Il Catasto di San Miniato al tempo dei Lorena”
Progetto di Tommaso Borghini e Letizia Coltellini
Per gentile disponibilità Creative Commons Attribuzione – Non Commerciale
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La “Casa di Santa Lucia” nella Carta Tecnica Regionale
Regione Toscana - Sistema Informativo Territoriale ed Ambientale
Per gentile disponibilità Geoscopio maps by Regione Toscana
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La “Casa di Santa Lucia” nella Carta Tecnica Regionale
Regione Toscana - Sistema Informativo Territoriale ed Ambientale
Per gentile disponibilità Geoscopio maps by Regione Toscana
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