domenica 26 giugno 2016

NAPOLEONE A SAN MINIATO IN VISITA AL CANONICO FILIPPO BUONAPARTE

a cura di Francesco Fiumalbi

Indice del post:
INTRODUZIONE
LA CAMPAGNA D'ITALIA E L'ARRIVO IN TOSCANA
IL CANONICO FILIPPO BUONAPARTE
NAPOLEONE A SAN MINIATO
LA NOTIZIA NE “LA GAZZETTA TOSCANA” E “LA GAZZ. UNIVERSALE”
EPISODIO FAMILIARE O CARICO DI SUGGESTIONI IMMAGINIFICHE?
NAPOLEONE: LA MEMORIA DELL'INCONTRO
IL CELEBRE INCONTRO NELLA STORIOGRAFIA SANMINIATESE DELL'800
NOTE E RIFERIMENTI

INTRODUZIONE
Fra i personaggi illustri legati a San Miniato troviamo Napoleone Bonaparte. Nato ad Ajaccio il 15 agosto 1769, fu il protagonista indiscusso degli anni successivi alla Rivoluzione Francese (1789), fino a diventare “Imperatore” nel 1804, prima delle numerose sconfitte subite fino alla celebre Battaglia di Waterloo (1815), che ne segnò il declino definitivo. Morì esiliato all'Isola di Sant'Elena il 5 maggio 1821. Napoleone, come è noto, apparteneva ad una famiglia originaria della Toscana. All'epoca, un ramo di questa casata era ancora esistente a San Miniato nella persona del Canonico Filippo Buonaparte, che non mancò di visitare fra il 29 e il 30 giugno 1796, durante le operazioni per l'occupazione del porto di Livorno.

In questo post sono proposti i tratti salienti dell'episodio che vide il giovane comandante francese, appena ventiseienne, in visita al parente sanminiatese. Sono riportate testimonianze e documenti del tempo, compreso il ricordo che ne fece lo stesso Napoleone durante il suo esilio a Sant'Elena. Si rimanda ad altre occasioni la trattazione i diversi argomenti “collaterali”, come la raffigurazione di Egisto Sarri, l'epigrafe in via Paolo Maioli e il dibattito che ne seguì, le ulteriori memorie di Napoleone riguardo l'origine della sua famiglia, la scultura lignea conservata presso l'Accademia degli Euteleti e molte altre cose.

Napoleone Bonaparte Imperatore
Immagine tratta da H. L. Reed, Napoleon's young neighbor
Boston, 1907, p. 80.

LA CAMPAGNA D'ITALIA E L'ARRIVO IN TOSCANA
Il 12 aprile 1796 prese avvio la cosiddetta “Campagna d'Italia”. L'esercito francese, guidato dal ventiseienne Napoleone Bonaparte, penetrò attraverso l'Italia settentrionale e sconfisse ripetutamente le forze militari austriache e piemontesi. Appena un mese dopo, il 15 maggio, venne ratificata la Pace di Parigi con la quale la Savoia e la Contea di Nizza vennero assegnate alla Francia. Dopo aver sconfitto gli austriaci nella Battaglia di Lodi, il 14 maggio Napoleone fece il suo ingresso a Milano. Nei primi mesi di giugno l'esercito si mosse verso Mantova, prima di rivolgere l'attenzione ai territori padani dello Stato Pontificio e al vicino Granducato di Toscana di Ferdinando III degli Asburgo-Lorena, legato quindi all'Impero Austriaco. Una volta a Bologna ricevette una delegazione Toscana, inviata per scongiurare l'occupazione francese del Granducato. Nonostante la buona accoglienza, Napoleone nei giorni successivi fece attraversare l'Appennino al suo esercito giungendo a Pistoia. Attraverso la Valdinievole, arrivò presso Fucecchio, dove attraversò l'Arno e penetrò nel territorio sanminiatese. Al Pinocchio (o Pidocchio, oggi San Miniato Basso) l'esercito si immise nell'antica via Pisana procedendo verso Pontedera e poi, passando attraverso la fascia pedecollinare, giunse a Livorno il 27 giugno. Qui i francesi occuparono il porto e tolsero alla flotta inglese un'importante base di appoggio. Da Livorno, Napoleone si mosse quindi alla volta di Firenze, ripercorrendo la via Pisana in direzione opposta e sostando una notte a San Miniato, ospite del Canonico Filippo Buonaparte, fra il 29 e il 30 giugno 1796. Nel capoluogo toscano, venne accolto dal Granduca Ferdinando III con tutti gli onori, prima di ripartire alla volta della pianura padana e dello scenario di battaglia presso Mantova.

IL CANONICO FILIPPO BUONAPARTE
Antonio Filippo Buonaparte (San Miniato, 3 agosto 1733 – 24 dicembre 1799) nacque da Attilio di Giovanni Battista Buonaparte e da Rosa di Niccolò, fratello del medico Giovan Battista. Fu battezzato in Cattedrale il 4 agosto 1733 e il 20 marzo 1756 venne ordinato sacerdote a Pisa, dove frequentava l'Università. Il 29 di quello stesso mese venne nominato Canonico della Cattedrale di San Miniato, per il Canonicato Buonaparte, a cui tuttavia rinunciò nel 1774. Con decreto vescovile del 17 maggio 1770 divenne canonico “teologo”.
Oltre ad essere maestro di Teologia e dottore in Diritto Canonico, fu esaminatore sinodale e ricoprì anche l'incarico civico di Cancelliere del Gonfaloniere e dei Priori della Comunità di San Miniato nel 1794. Alla morte lasciò i suoi beni ai poveri delle parrocchie di Santo Stefano a San Miniato e di Santa Lucia a Calenzano, dove venne sepolto presso l'altare di San Pietro in Vincoli (01).

Napoleone e l'esercito francese valicano le Alpi nell'aprile 1796
Incisione di Jules David, pubblicata in E. M. S-Hilaire,
Storia popolare aneddotica e pittoresca di Napoleone
e della grande armataTorino, 1844, p. 82.

NAPOLEONE A SAN MINIATO
«Ai 29 dei mese di giugno parli Napoleone da Livorno; e contemporaneamente la maggior parte della truppa colà condottavisi, retrocesse per la via dell'Abetone al Po, mentre una frazione traversata Lucca s'impossessava di Massa e Carrara, e taglieggiava i feudatari imperiali della Lunigiana, specialmente i Malaspina. Fermatosi il generale a pernottare nella città di S. Miniato dal canonico Filippo Bonaparte, ultimo di sua stirpe, che dicevasi congiunto per antica parentela con Napoleone, fu dal buon prete e dai Samminiatesi onorato quanto lo comportava la piccolezza della terra.» Queste le parole dello storico ottocentesco Antonio Zobi (02).

Napoleone giunse a San Miniato la sera del 29 giugno 1796, e precisamente in visita al Canonico Filippo Buonparte, suo lontano parente. Pernottò nella casa dei Buonaparte assieme ad alcuni suoi ufficiali e la mattina seguente, prima di ripartire alla volta di Firenze, fu omaggiato della visita del Vescovo e delle autorità cittadine.
Su questo celebre incontro molto è stato scritto, ipotizzato e ricostruito. Alcuni parlano di un improbabile consiglio di guerra, come riportato anche nell'epigrafe posta sul palazzo in via Paolo Maioli; altri cercano di immaginare lo spirito del generale còrso, intriso dei valori rivoluzionari, di fronte all'anziano canonico che gli parla di antenati da canonizzare.

Il cronista sanminiatese Niccola di Tommaso Gagliardi [San Miniato, 1777 – 3 gennaio 1856] narra questo episodio di cui, probabilmente, non fu proprio testimone diretto. Nell'economia della sua cronaca cittadina, l'incontro fra Napoleone il Canonico Filippo Buonaparte rappresenta una sorta di “introduzione” ai fatti che poi avvennero negli anni seguenti e su cui si concentra principalmente la narrazione. In ogni caso, questo suo testo rappresenta l'unica testimonianza narrativa sanminiatese relativa a tale episodio. Di seguito il testo:

«La Famiglia Bonaparte era oriunda Samminiatese, perciò nel ritorno che fece il Generalissimo Bonaparte da Livorno, per ritornarsene alla Sua Armata sotto Mantova, passò di Samminiato che fu nel fine del mese di giugno 1796 circa le ore 11 della notte, con Carriaggi e corpo militare, accompagnato da alcuni Generali, e da circa 50 Soldati a cavallo, ed andò a smontare al palazzo del Molto Ven.do Sig. Can.co Bonaparte suo parente; nel giorno dopo ripartì e andò a Firenze, dove si trattenne due giorni, e fu trattato a pranzo dal Granduca, e poi se ne ripartì per la sua Armata sotto Mantova.» (03).

LA NOTIZIA NE “LA GAZZETTA TOSCANA” E NE “LA GAZZETTA UNIVERSALE”
Importanti dettagli della visita sanminiatese di Napoleone furono riportati anche nei “giornali” del tempo, come la Gazzetta Toscana, organo di informazione del governo granducale, che usciva settimanalmente. Di seguito sono proposti i tre brani datati 30 giugno 1796, 2 luglio 1796 (notizia con ulteriori dettagli) e 23 luglio 1796 (conferimento dell'onorificenza al Canonico Filippo Buonaparte).

Estratto dalla «Gazzetta Toscana», n. 27 del 30 giugno 1796, p. 107; stesso testo pubblicato anche nella «Gazzetta Universale», n. 53 del 2 luglio 1796, pp. 423-424:

SAMMINIATO 30. GIUGNO.
Giunse in questa Città nel dì 27 un Ajutante di Campo del Gen. Bonaparte da esso spedito a questo Sig. Canonico Filippo Bonaparte unico superstite degli Agnati del prode Generale coll'avviso del suo passaggio per la strada che da Fucecchio conduce a Livorno. A tale annunzio molti di questi abitanti scesero sulla strada maestra per riconoscere questo loro immortale Concittadino. Penetrato da tale dimostrazione promuse il Generale che al suo ritorno avrebbe onorato colla sua presenza la nostra Città, e visitato particolarmente il predetto Sig. Canonico suo Agnato. Infatti nella sera del dì 29 ci fu annunziato il di lui arrivo per mezzo di un Trombetta che precedeva la Guardia a cavallo, e dopo 4 ore giunse col suo stato maggiore e smontò alla casa de' suoi Antenati, ove prese riposo. Nella mattina susseguente ricevé qui alcuni Dispacci, in seguito de' quali tenne Consiglio co' suoi Ufiziali, e rimase nel suo gabinetto fino all'ora del pranzo, dopo il quale partì immediatamente alla volta di Firenze. Questi abitanti si portarono ad ossequiarlo, e gli esternarono i loro sentimenti di congratulazione e di stima per le sue gloriose imprese, ed il desiderio di dargliene dei pubblici attestati, se l'angustia del tempo non l'avesse vietato. Il Generale corrispose a tali espressioni colla maggiore sensibilità, e con sinceri ringraziamenti.

Estratto dalla «Gazzetta Toscana», n. 28 del 2 luglio 1796, pp. 110-111:

SAMMINIATO 2. Luglio.
In supplemento a quanto fu da noi riferito nello scorso Ordinario ci sono pervenute le seguenti notizie. Il nostro Sig. Filippo Buonaparte patrizio Fiorentino, nobile Samminiatese, e Canonico Teologale di questa Chiesa fu replicatamente invitato dall'illustre suo Agnato S. E. il Sig. Gen. in Capite Bonaparte di scendere alla posta della Scala sulla strada regia, poiché desiderava di abbracciarlo. Gl'incomodi di salute ch'ei soffre non gli permisero d'uscire di casa e ciò fece risolvere il prelodato Sig. Comandante a promettergli la visita ch'egli effettuò nella notte dei 29 venendo i 30. Il Sig. Tenente Bonaparte che precedé il suo Fratello Generale giunse qui alle ore 8 di sera coll'avviso al prefato Sig. Canonico che avrebbe il Geneale Comandante pernottato presso di lui. Arrivò egli alle ore 2 con tutto il suo seguito, ed erano prima di esso arrivati due trombetti, alcuni Dragoni e diversi Ufiziali. Si abbracciarono i due rispettabilissimi congiunti, si trattenneto a parlare insieme, quindi passarono a cena, e poscia al riposo. In varie abitazioni di Nobili e Cittadini alloggiarono diversi Ufiziali. Nella mattina Monsig. Vescovo in compagnia del suo Vicario Generale e di due Canonici si portò ad ossequiare l'illustre Guerriero, e fu accolto con somma gentilezza. Il nostro Vicario Regio essendo ammalato non poté fare lo stesso. La Nobiltà si portò pure ad ossequiarlo ed i Sigg. Simone Cardi Cigoli e Dario Marcati inchinarono nel tempo del pranzo il Generale Comandante in nome del loro ceto e di tutto il Pubblico Samminiatese. Il Sig. Cardi Cigoli di olse la parola al Sig. Genarale e congratulandosi del di lui arrivo, e rilevando l'onore ch'egli compartiva a questa Città, sentì replicarsi che sensibile a tali espressioni avrebbe sempre riguardato con parzialità la Città di Samminiato che riconosceva come sua Patria, e che desiderava di esserle utile in qualunque incontro.

Estratto dalla «Gazzetta Toscana», n. 30 del 23 luglio 1796, p. 118:

E' stato partecipato al Nob. Sig. Canonico Filippo Buonaparte un Sovrano Motuproprio del seguente tenore.
Sua Altezza Reale il Serenissimo Arciduca Granduca, e Gran Maestro dell'Ordine di S. Stefano informato della Nobiltà della Famiglia Buonaparte dispensa il Canonico Filippo Buonaparte dal farne le prove, e gli concede di poter vestire l'Abito Equestre del detto Ordine per Giustizia.
Dato li 9. Luglio 1796.

EPISODIO FAMILIARE O CARICO DI SUGGESTIONI IMMAGINIFICHE?
Sull'incontro fra Napoleone e il canonico Filippo Buonaparte è stato scritto moltissimo. In particolare, gli studiosi si sono interrogati circa la portata dell'episodio: una visita familiare o un'operazione carica di suggestioni? Certamente il ventiseienne Napoleone doveva essere curioso di incontrare i parenti toscani e di visitare il luogo dove egli riteneva che traesse origine la sua famiglia. Sulle altre argomentazioni, la cosa si fa un po' più complicata. E' vero che il generale francese aveva grandi ambizioni, ma da qui a sostenere che andasse in ricerca del mito dell'“antico” o comunque del rinascimento, espressione di signorie e interessi non proprio ben visti con l'ottica della Rivoluzione Francese, appare un'operazione alquanto discutibile. Probabilmente Napoleone, pur spavaldo e sognatore quale fosse, nel 1796 non poteva immaginare nemmeno lui che un giorno sarebbe diventato Imperatore (1804). Inoltre, in Toscana si trattenne appena pochi giorni, lo stretto tempo necessario per occupare il porto di Livorno a danno degli Inglesi e tenere “buono” il Granduca Ferdinando III, legato a doppio filo ai nemici austriaci. Se avesse voluto cercare altro, sicuramente si sarebbe mosso diversamente. E così traspare anche dalla memoria dello stesso Napoleone, proposta nel paragrafo successivo.
Queste, in sintesi, le due interpretazioni che vengono attribuite all'episodio:

«Fu, la sosta a San Miniato, il frutto di una convinzione precisa; né può esser diversamente: e cioè di quella che davvero, all'ombra della torre di Pier delle Vigne, avevano camminato e vissuto gli antichi Bonaparte, esuli da Firenze» A. M. Fortuna (04)

«[...] la fuggevole visita a San Miniato perde ogni sapore di circoscritto episodio locale, buono tutt'al più ad alimentare qualche legittimo orgoglio cittadino, e si sottrae anche ad una interpretazione tutta e freddamente politica: una scontata operazione “d'immagine” dietro la quale c'è soltanto il cinismo dell'uomo di Stato. Non si può, peraltro, dimenticare che il luogo – San Miniato – e la terra dove esso è posto – la Toscana – sono depositari di suggestioni simboliche niente affatto trascurabili. […] essa incarna se non esattamente l'antico, […] un momento non meno decisivo quale è la riscoperta e la mediazione con l'antichità che si opera, appunto col Rinascimento fiorentino. […] poiché si potrà a giusta ragione mostrare come l'arrivo dei francesi, con i loro nuovi ideali ma anche con la guida di un condottiero che rimanda con la perentorietà delle sue imprese alla spregiudicata vitalità dei capitani rinascimentali, segni la data di una rigenerazione intellettuale e civile che una volta di più si esprime nelle forme di un rinnovato patto con l'antico». L. Mascilli Migliorini (05).

Memories du docteur F. Antommarchi
ou les derniers momens de Napoléon,
Tome Premier, chez Barrois, L'Ainé, Paris, 1825,
frontespizio

NAPOLEONE: LA MEMORIA DELL'INCONTRO SANMINIATESE DURANTE L'ESILIO DI SANT'ELENA
Assai curioso e ricco di dettagli, è il ricordo di quell'incontro che Napoleone riferì al suo medico Francesco Antommarchi durante l'esilio a Sant'Elena. L'episodio viene trattato il 12 ottobre 1820, cioè a quasi 25 anni di distanza da quando avvenne realmente. E' probabile, dunque, che Napoleone abbia aggiunto o ingrandito alcuni dettagli, omettendo o sminuendone altri. Da un punto di vista storico, la memoria di Napoleone è perfettamente aderente ai fatti desunti dalle altre fonti, ovvero il cronista sanminiatese Niccola di Tommaso Gagliardi e la Gazzetta Toscana.

Questa narrazione è particolarmente interessante poiché rivela il punto di vista del giovane generale francese: la curiosità per quell'anziano e lontano parente sanminiatese, acuto, privo di bigottismo e attento all'accoglienza del celebre ospite e del suo seguito. Svela l'atmosfera dell'incontro: giocosa e di festa, probabilmente l'unico momento in cui Napoleone poté rilassarsi dopo molte giornate intense. E poi la descrizione dell'incontro notturno, nell'intimità familiare, dove il vecchio canonico mostrò gli alberi genealogici e chiese a Napoleone di adoperarsi per canonizzare un avo morto in concetto di santità. Traspare quindi, in tutta la sua evidenza, la reazione e i sentimenti del generale francese: grande curiosità e fascino per le parole e le richieste del canonico sanminiatese, seppur in contrasto con i valori rivoluzionari di cui Napoleone era portatore e perciò lontani da poter essere assecondati. Certamente Napoleone trattenne un ottimo ricordo di quell'incontro, tanto che fece ottenere al can. Filippo Buonparte il riconoscimento di poter vestire l'Abito dell'Ordine Equestre di Santo Stefano da parte del Granduca Ferdinando III. Di seguito il testo di Francesco Antommarchi (06):

«[121] […] 12 Ottobre.
Ore 9 ½ ant. L'Imperatore sta di meglio in meglio. – Bagno, ed esercizio.
Napoleone esce, ed io l'accompagno in giardino. Di primo slancio parla della Corsica, delle sue situazioni, delle sue valli, de' suoi monti: tutto viene da lui dipinto, descritto con tratti di fuoco. Passando indi dalla sua patria ai suoi parenti, mi dice: «a Voi avete lungo tempo dimorato in Firenze: saprete che di là è sortita la nostra famiglia.» – «Si Maestà; la vostra famiglia vi occupava uno dei primi ranghi; ella erane patrizia.» – «Conoscete voi la casa in [122] cui abitava?» – «È quello un monumento, una curiosità che non isfugge ad alcuno.» – «Dessa è nel centro della città, ed è ornata esternamente di un blasone scolpito in pietra, v'è egli più?» – «V'è, o Sire, ed è del tutto intatto.» – «Nel mio passaggio per Firenze allorchè marciava sopra Livorno, mi si fecero vive premure perchè la vedessi; ma era così occupato anzi sopraccaricato d'affari, che non mi fu possibile l'andarvi. Nel giorno della mia partenza, giunsi sul far della sera a S. Miniato. Ivi dimorava un vecchio Canonico mio parente ultimo rampollo dei Bonaparte di Toscana, e mi tenni obbligato a visitarlo. Noi fummo ricevuti, festeggiati, e avemmo un'ottima accoglienza. Soddisfatto l'appetito, si fece luogo al parlare. Eravamo tutti giovani, allegri, vivaci, repubblicani come Bruto, e lasciavamo qualche volta sfuggire dei discorsi che toccavano alquanto la Chiesa. Il buon uomo però non si sconcertava; ascoltava, rispondeva, e ci lanciava da lunge delle riflessioni la di cui ragionevolezza sorprendeva. Il mio stato maggiore era allettato dal vedere un prete senza bigottismo; le bottiglie giravano sempre di più, facevamo brindisi alla sua salute, ed egli beveva alla prosperità delle nostre armi. I suoi detti piacevoli, i suoi motti, ne fecero avvertiti del buon senso e della amenità di quell'eccellente canonico. I miei ufficiali erano di già riconciliati co' suoi abiti; la nostra militare irriverenza non gli spiaceva, e fece ogni sforzo per trattenerci anche il giorno successivo; ma le truppe erano in movimento, gli dicemmo essere la partenza necessaria, e che lo avremmo riveduto [123] al ritorno. Temendo che non avesse letti sufficienti per un seguito così numeroso, lo pregammo quindi a non darsi pena per trovarci da dormire, bastando a noi, accostumati a vivere da soldati, un fascio di paglia; al che rispose: – La mia casa è senza lusso, ma grande abbastanza per collocarvi tutti. – Ci accompagnò successivamente nelle camere che avea fatte preparare per noi, e ci augurò la buona notte. Io mi posi in letto; ma la lucerna non era per anche estinta, quando sentii battere alla porta. Credetti fosse Berthier, ma m'ingannai; era invece il buon prelato che mi chiese un momento di conversazione. Aveva esso cominciato a parlare a tavola di genealogia, il qual genere di discorso non potendo essere per me che importuno nella situazione in cui mi trovava, gli avea quindi fatto segno di tacere, al che egli corrispose. Temeva non volesse ritornare sul soggetto che avea sfuggito, e senza lasciargli ciò penetrare, lo pregai di sedersi, dicendogli che lo avrei udito con piacere. Egli cominciò a parlarmi del cielo che aveami protetto e mi proteggerebbe ancora, se volessi intraprendere un'opera santa, che d'altronde poteva costarmi poco. Io aveva già tollerato il racconto della storia dei Bonaparte: quello delle azioni di alcuni di essi, e non capiva ove volesse arrivare: quando mi disse con un certo trasporto, che disponevasi a farmi vedere un documento prezioso. Credetti a bella prima fosse l'albero genealogico e mi contenni, prevalendo alla brama di ridere il timore di dar disgusto al buon vecchio; ma quale fu la mia sorpresa nel vedere non una pergamena, un [124] gotico diploma, ma qualche cosa di ben più comico ancora; una memoria in favore di certo padre Bonaventura da lungo tempo beatificato, ma che in vista delle spese eccessive che occorrono per la santificazione, non avea per anche potuto trovar posto nel calendario ! – “Chiedete al Papa che lo riconosca:” – mi diceva il buon Canonico – “egli ve lo accorderà e ciò forse non vi costerà cosa alcuna, o almeno assai poco. A vostro riguardo S. S. non si rifiuterà di collocare un santo di più nel cielo. Ah! caro parente; voi non sapete quanto importi avere un beato nella propria famiglia! E a lui, è a S. Bonaventura che voi siete debitore dei successi delle vostre armi. Egli è quello che vi ha condotto, che vi ha diretto nel mezzo delle battaglie. Credetelo, la visita che voi mi fate non è già un effetto del caso. No, mio caro parente, è desso che vi ha inspirato, esso ha voluto che voi siate istrutto de' suoi meriti, e vi presta l'occasione di rendergli bene per bene, servigio per servigio. Fate per lui col Papa altrettanto, quanto egli fa per voi con Dio.” – Io mi sentiva tentato a ridere della unzione del buon vecchio, ma era egli tanto di buona fede, che mi sarei fatto scrupolo di offenderlo. Lo appagai con belle parole, allegai lo spirito del secolo, le cure della guerra, e gli promisi, di occuparmi dell'affare di S. Bonaventura, allorchè la pubblica irriverenza fosse stata meno pronunciata. – “Caro parente, voi compite i miei voti, permettetemi che vi abbracci. Voi sposate l'interesse del cielo, e vi predico che riuscirete nelle vostre intraprese. Io son vecchio: forse non potrò vedere l'esaudimento [125] delle vostre premure, ma conto su di esse, e morirò contento.” – Mi diede indi la sua benedizione, ed io cercai invano di dormire. L'avventura era sì piacevole, l'idea così singolare
nei tempi in cui eravamo, che avea appena chiusi gli occhi all'arrivo di Berthier. Sopravvennero gli altri generali, e riunito il mio stato maggiore, narrai la conversazione avuta. Le sollecitazioni del buon vecchio, i suoi voti, la sua ambizione, il suo modo di spiegare le nostre a vittorie, posero tutti in allegrezza. Chi rideva, a chi si spassava, chi si divertiva sul canonico e sul Santo che combatteva e lottava per noi. Se ci avesse ascoltati il buon uomo! Se avesse a saputo quanto io era devoto!
Noi ci allestivamo per la partenza, io bramava di lasciargli una memoria, un attestato a della mia soddisfazione per l'accoglienza usata; ma qual cosa offrirgli, tranne un leggendario? Mi lambicava il cervello inutilmente, senza trovare cosa alcuna, quando mi sovvenne tutto ad un tratto che poteva disporre di una decorazione di S. Stefano. Ne feci motto a Berthier; partì una stafetta; noi fummo abbracciati e a benedetti dal buon vecchio, il quale pochi giorni a dopo ricevette la decorazione. Ci incaminammo sopra Livorno, e là accadde una scena differente.
[…] [126] L'avventura di Miniato fu ben presto scordata per la moltiplicità degli affari, ed io troppi ne aveva per occuparmi del calendario. Il Papa però avea del tempo d'avvanzo, e mentre coronava il discendente, non ebbe difficoltà a canonizzarne l'avolo. Egli me ne parlò ripetendomi la predica del canonico, ma siccome gli onori celesti mi occupavano meno dei terreni, mi feci il sordo, e lasciai al concistoro il pensiero delle sue promozioni».

IL CELEBRE INCONTRO NELLA STORIOGRAFIA SANMINIATESE DELL'800
Già nell'800, l'incontro fra Napoleone e il canonico Filippo Buonaparte destò curiosità ed interesse anche nell'ambito degli ambienti eruditi sanminiatesi. L'episodio, d'altra parte, andava a vantaggio della celebrazione della grandezza cittadina, in un periodo storico caratterizzato dalla riscoperta degli antichi fasti medievali. E quindi, ritrovare le origini sanminiatesi della casata dei Buonaparte, scavando addirittura nei secoli XIII e XIV, oltre che celebrarne la grandezza fino all'ascesa di Napoleone, rappresentava un indubbio motivo di orgoglio. Tutti coloro che si occuparono di storia sanminiatese, in qualche modo, colsero l'occasione per riportare e ricordare il celebre incontro.

Così ricorda Emanuele Repetti nel suo Dizionario: «da Sanminiato si staccò un ramo di quella prosapia che diede al mondo l'unico Napoleone; di quel Napoleone che nell'ultimo anno del secolo XVIII visitò in Sanminiato un canonico Bonaparte, ultimo fiato dell'antico stipite di cotanta celebre casata.» (07)

Damiano Morali, già archivista dell'Accademia degli Euteleti di San Miniato, autore di studi storici, si dedicò anche ad una Storia Genealogica della famiglia Buonaparte, in cui riporta l'episodio (08): «Quando il generale Bonaparte scendeva colla sua vittoriosa armata gli Appennini, e per la valle dell'Amo inferiore si avanzava portandosi sulla città di Livorno per toglierla alla influenza Inglese, il cui aristocratico governo opponevasi al consolidamento della nascente repubblica francese; nel ritorno da quella felice e strepitosa spedizione, si portò a Samminìato a visitarlo, riconoscendo in quell'ecclesiastico un suo degno ed illustre agnato. Il rispettabile vecchio ricevè il conquistatore
dell'Italia in modo amorevole e cordiale, prodigandogli quegli onori che era in suo potere di rendergli Egli giunse in Samminiato nel 29 Giugno del 1796, nella notte del medesimo dì 29 venendo il 30; e nell'ora appunto del riposo, il buon sacerdote scese nella camera del generale suo parente, col quale lungamente si trattenne mostrandogli tutte le carte e displomi gentilizii dell'agnazione, dei quali Napoleone mostrò di far gran conto; ma quelli sopra cui il rispettabile canonico maggiormente mostrò il suo particolare interesse, furono i comprovanti le virtù eroiche cristianamente praticate dal venerabile Fra Bonaventura cappuccino, loro antenato, e che viveva col declinare del secolo decimosesto, supplicando il suo famoso agnato ad interporre la sua mediazione per farlo canonizzare dal sommo gerarca Pio VI, soggiungendogli il pietoso vecchio ch'esso generale doveva le sue vittorie, i suoi trionfi, la sua salvezza, alla intercessione di questo servo di Dio, che rendeva sempre più rispettabili e venerata la stirpe dei Bonaparte.
Napoleone ascoltò il vecchio parente, e lo consolò con speranze circa le sue domande. Ma allora altre cure l'attendevano, ed altri tempi bisognavano per parlare di canonizzazioni e di santi che nondimento il canonico Filippo non si scoraggiò né abbandonò il suo amato progetto, e le date speranze, le promesse, nella sua corrispondenza rammentavagli.
Passato dipoi il generale Bonaparte a Firenze, ottenne dal granduca Ferdinando terzo al suo agnato una commenda dell'ordine di Santo Stefano, di cui poi vestì l'abito.»

Lo storico sanminiatese Giuseppe Rondoni così ricorda l'avvenimento: «Anche da Samminiato passarono le milizie francesi con alla testa il general Buonaparte, il quale si fermò nella casa degli avi suoi, la notte del 29 giugno 1797 (sic!) presso uno zio canonico» (09).

Ancora Giuseppe Rondoni, alcuni anni dopo, ebbe ad approfondire (10): «E' noto che durante la immortale campagna del 1796 Napoleone, colla divisione Vaubois, per Parma, Modena e Reggio calava in Toscana, e, toccata Pistoia e traversato l'Arno a Fucecchio, si recava a Livorno. Di qui andava a Firenze, proseguendo per Bologna. Appunto nel viaggio da Livorno a Firenze si fermava a pernottare a S. Miniato, ed anche di questo gli storici han voluto dire e saper le ragioni. Il Marmont, che gli era compagno, nelle sue Memorie scriveva: «la famille Bonaparte est originaire de Toscane; une branche y ètait restée a S. Miniato, petite ville entre Pise et Florence; nous, nous y arretàment de l'éclat que son cousin donnalt à son nom; mai il voyait d'un autre oeil que nous cette gloire de la terre, et il aspirait à la voir prendre ses racines dans le ciel. Un Bonàparte avait été déclaré bien-heureux par je ne sais quel pape, e' était le premier pas vers la canonisation; la chanoine aspirait à le voir sanctifié; il prit le général en particuller poir le suppller d'employers son influence, supposée sans borne, pour obtenir ce titre de gloire pour la famille. Bonaparte rit beaucoup du desir de son cousin, qu' il ne satisfit pas, et il aima mieux obtenir du pape, dans le négociations postérieures, quelquels milions et quelques tableaux de plus, que le droit de bourgeolsie dans le ciel pour un homme de sa mason». Dal granduca però ottenne pel canonico una commenda di S. Stefano, che molto lo soddisfece. Il Marmont narrò questo aneddoto samminiatese del Buonaparte per dimostrare ch'egli serbò sempre affezione per i fatti e le persone che gli ricordavano i principali della sua grandezza. «Tutti i nomi di quel tempo, e di un'epoca anteriore (così il maresciallo) non hanno mai perduta la loro efficacia sopra di lui». Né inferisce che la natura gli aveva dato un cuore riconoscente e benevolo, ed anche sensitivo, e che ingiuste sono le opinioni contrarie. Invece il Michelet insinua che il padre di Napoleone scoprisse il ricco e credulo canonico di S. Miniato, e lo persuadesse a riconoscerlo per parente, procacciandosi in tal guisa patenti di antica nobiltà fiorentina. Poi Napoleone, «puor faire sa cour aux prêtres, alla voir ce bonhomme de chanoine dont il disalt êtres parent, et comme lui descendu d'un saint du moyenâge. Cela pouvant avoir un bon affet en Italie, en France, dans tout le parti retrograde».
L'anonimo Samminiatese, autore di una Storia Genealogica dei Buonaparte, aggiunge che il canonico di nome Filippo si trattenne a lungo coll'illustre parente, «mostrandogli tutte le carte e diplomi gentilizi dell'agnazione, dei quali Napoleone mostrò di fare gran conto; ma quelli sopra cui il rispettabile canonico maggiormente mostrò il suo particolare interesse, furono i comprovanti le virtù eroiche cristianamente praticate dal venerabile Fra Bonaventura cappuccino, loro antenato, che viveva col declinare del secolo decimosesto... soggiungendogli ch'esso generale doveva le sue vittorie, i suoi trionfi, la sua salvezza all'intercessione di questo servo di Dio». Secondo lo Zobi, i Samminiatesi avrebbero pubblicamente festeggiato il Bonaparte; ma di feste nei documenti non trovo menzione alcuna, se non vuolsi ammettere come tale lo stanziamento della somma di 871 lire, fatto dal Comune il dì 28 luglio del 1796, per il passaggio delle truppe francesi la sera del 29 giugno, mentre di lì a poco, essendo frequente il passo di quelle milizie, si elegge un Commissario comunale, il sig. Prospero Badalassi, per provvedere ai danni dai. Infine la tradizione orale, ormai languidissima, ricorda solo che il Bonaparte, di notte, con molti generali, fra i quali il Murat, smontò alla casa del canonico, essendo la piazza tutta piena di soldati. La casa, ora Gazzarrini, sorge presso la piazza Bonaparte, già S. Sebastiano, e vi fu apposta ai giorni nostri un'epigrafe.»

Queste invece le parole di Giuseppe Piombanti: «Venne poi in Toscana la prepotente invasione francese a cacciar l'amatissimo Ferdinando III, a gettar questo giardino d'Italia nell'anarchia, a compiere sue degne opere. Ai 29 giugno 1797 (sic!), il general Buonaparte, in compagnia di cinque ufficiali, a S. Miniato saliva, a riveder la casa dov'era stato fanciullo, a visitar lo zio canonico Filippo, a tenervi consiglio di guerra» (11).

NOTE E RIFERIMENTI
(01) A. Lensi, Napoleone a Firenze, Firenze, 1936, pp. 7-8; D. Lotti, San Miniato. Vita di un'antica città, SAGEP, Genova, 1980, pp. 181 e 324; A. M. Fortuna, Napoleone dalla Scuola Militare alla Rivoluzione. I manoscritti Ashburnham 1873 della Biblioteca Mediceo-Laurenziana con una nota su San Miniato e le origini dei Bonaparte, «Scriptorium Florentinum», II, Corradino Mori, Firenze, 1983, p. XVIII; Atto di morte del Canonico Filippo Buonaparte in San Miniato giacobina e napoleonica (1796-1799), a cura di V. Bartoloni, catalogo della mostra 11 luglio – 31 agosto 1997), Comune di San Miniato, Bandecchi & Vivaldi, Pontedera, 1997 n. IV, 14, p. 73; R. Boldrini, Dizionario Biografico dei Sanminiatesi, Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 56; B. Bitossi, Chiesa di Santa Lucia, in Visibile Pregare, Vol. III, a cura di R. P. Ciardi, CRSM, Pacini Editore, Pisa, 2013, pp. 207-208.
(02) A. Zobi, Storia civile della Toscana dal MDCCXXXVII al MDCCCXLVIII, Tomo III, Luigi Molini, Firenze, 1851, p. 188
(03) Estratto contenuto in D. Lotti, Napoleone Buonaparte Toscano Europeo, Ed. dell'Erba, Fucecchio, 1995, p. 35. Altri frammenti sono contenuti anche in G. Rondoni, Un cronista popolano dei tempi della dominazione francese in Toscana, in «Archivio Storico Italiano», Serie Quinta, Tomo X, Anno 1892, G. P. Viesseux, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1892, pp. 64-87; G. Delli, Napoleone I a S. Miniato, in «Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato», anno III, fasc. 1-2, San Miniato, 1921, pp. 57-62.
(04) A. M. Fortuna, Napoleone dalla Scuola Militare alla Rivoluzione. I manoscritti Ashburnham 1873 della Biblioteca Mediceo-Laurenziana con una nota su San Miniato e le origini dei Bonaparte, «Scriptorium Florentinum», II, Corradino Mori, Firenze, 1983, p. XVIII.
(05) L. Mascilli Migliorini, Napoleone a San Miniato: il ritorno dell'eroe, Edizioni Polistampa, Firenze, 1996, p. 13.
(06) Estratto da Memorie del dottor F. Antommarchi, ovvero gli ultimi momenti di Napoleone, Prima traduzione dal Francese, Volume Primo, Italia, 1827, pp. 121-124 [originale in Memories du docteur F. Antommarchi ou les derniers momens de Napoléon, Tome Premier, chez Barrois, L'Ainé, Paris, 1825, pp. 154-161].
(07) E. Repetti, nel suo Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, vol. V, Firenze, 1843, p. 96.
(08) D. Morali, Storia Genealogica della famiglia Bonaparte dalla sua origine fino all'estinsione del ramo già esistente nella città di S. Miniato, Tip. Mariano Celchi, Firenze, 1846, pp. 90-92.
(09) G. Rondoni, Memorie storiche di S. Miniato al Tedesco con documenti inediti e le notizie degl'illustri samminiatesi, Tip. Massimo Ristori, San Miniato, 1876, p. 197.
(10) G. Rondoni, Un cronista popolano dei tempi della dominazione francese in Toscana, in «Archivio Storico Italiano», Serie Quinta, Tomo X, Anno 1892, G. P. Viesseux, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1892, pp. 66-68.
(11) G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 41-42.

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