domenica 5 marzo 2017

LA MORTE DI AUGUSTO CONTI - 1905

a cura di Francesco Fiumalbi

Il 6 marzo 1905 moriva Augusto Conti, una delle maggiori personalità sanminiatesi di sempre. Era nato nella casa di famiglia, a San Piero alle Fonti, nei pressi dell'odierno centro abitato di La Scala, il 5 dicembre 1822. Attraverso i dettagliatissimi resoconti giornalistici del tempo, ed in particolare dal quotidiano fiorentino «La Nazione», possiamo avere un'idea dell'altissima considerazione che poteva vantare nei suoi contemporanei: egli fu patriota, filosofo, letterato, politico, professore, accademico dei Lincei e della Crusca.

La prima pagina del quotidiano
«La Nazione» del 7 marzo 1905

La famiglia ricevette numerosi telegrammi da parte di personalità di primissimo piano, quali, ad esempio, i presidenti della Camera dei Deputati e del Senato del Regno, il Ministro dell'Istruzione V. E. Orlando (Gov. Giolitti II) molti onorevoli, personalità sanminiatesi e fiorentine di spicco della politica, dell'economia e della cultura, nonché dei vescovi di Pisa, Livorno e Firenze.

Durante le esequie, accompagnate dal suono della banda di San Miniato, furono pronunciati numerosi discorsi. Quello dei suoi “discepoli” (della sua scuola filosofica), quello del senatore Pasquale Villari (in qualità di suo ex collega professore all'Univ. di Pisa e presso l'Ist. Istruzione Superiore di Firenze e per l'Accademia dei Lincei), del prof. Guido Mazzoni (suo consociato presso l'Accademia della Crusca, di cui Augusto Conti fu Arciconsolo, cioè presidente, per molti anni), di Natale Marchettini presidente dell'Associazione dei Veterani delle guerre del 1848-49 (Augusto Conti era stato portabandiera nella battaglia di Curtatone e Montanara del 1848), dell'avv. Pietro Formichini, presidente della CRSM, che lesse il discorso scritto da Agostino Bachi, Sindaco di San Miniato, impossibilitato a partecipare, e di molti altri.

Al corteo funebre parteciparono molti sanminiatesi, fra cui l'Assessore Comunale Antonio Ceccherelli (con delega del Sindaco), il Consigliere Comunale Luigi Martini (in rappresentanza della Giunta), Padre Agostino Turelli per il Seminario di San Miniato, il maestro Pasquale Mori per le Scuole Elementari, il ragioniere Volpini per l'Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato, il prof. Battelli del Ginnasio di S. Miniato, l'avv. Formichini per la Cassa di Risparmio di S. Miniato. Anche la comunità di La Scala non mancò di essere presente al funerale con il sacerdote P. Bertolini parroco di San Piero alle Fonti, il sig. F. Ronchi e i rappresentanti della Società Filarmonica de La Scala Cerretelli e Monchi.

Di tutto questo e di molto altro, è possibile farsi un'idea grazie ai dettagliatissimi articoli giornalistici proposti di seguito:

Estratto da «La Nazione» del 6 marzo 1905, p. 3:

LA MORTE DI AUGUSTO CONTI
Diamo, col massimo cordoglio, la notizia, che stamani, alle ore 2, spirava, nella sua casa, in via Marsilio Ficino, l'illustre prof. Augusto Conti.
Erano presenti nella camera la moglie, la figlia Marianna Norsa, e il genero Alessandro Norsa, le figliastre, l'egregio dott. Pieragnoli, che ha assistito amorevolmente il Conti, durante la sua lunga malattia. Eran pire presenti l'avv. Piero Formichini, intimo amico dell'estinto e la signorina Bianca Simonetti.
Il prof. Conti era in stato comatoso da tre giorni.
Verso le 23 di ieri sera entrò in agonia e l'agonia fu penosissima. L'esimio filosofo è morto fra strazi atroci, raddoppiando così l'angoscia dei suoi cari.
Gli era stata amministrata, cinque o sei giorni sono, l'estrema unzione dal Padre Ferretti, rettore del Convento di San Domenico.
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Il trasporto funebre avrà luogo mercoledì in ora da destinarsi.
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Augusto Conti era nato da famiglia oriunda di Livorno nella Villa di San Piero alle Fonti presso San Miniato al Tedesco nel decembre 1822.
Fu avvocato, esercente nel Foro, grande insegnante di filosofia, e fondatore di una Scuola, i cui alunni divennero insegnanti autorevoli nei Licei e nelle Università del Regno, continuandone le dottrine. Fu filosofo, letterato, poeta. Nel 1848 partì per la guerra, col battaglione fiorentino dei volontari, come semplice soldato. Fu alla battaglia del 29 maggio: fu a Custoza, a Villafranca. Fu deputato al Parlamento Italiano; Arciconsolo all'Accademia della Crusca. Con lui si spenge una gloria d'Italia.
Della sua vita, straordinariamente operosa, feconda di pensiero, di lavori che resero illustre il suo nome, sacra per esempi di alta bontà, diremo in altra edizione.
La morte del sommo, venerando cittadino è un lutto per ogni italiano.

Estratto da «La Stampa» del 7 marzo 1905, p. 2:

Ci telegrafano da Firenze, 6, ore 10:
Stanotte, alle ore 2, è morto il prof. Augusto Conti.
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Augusto Conti, illustre filosofo ed elegante scrittore, era nato a Villa di San Pietro delle Fonti (provincia di Firenze) il 4 dicembre 1822. Insegnò filosofia all'Università di Pisa ed all'Istituto superiore di Firenze. Fra i suoi scritti specialmente vanno ricordati: “I discorsi del tempo”, “Evidenza, amore e fede”, “L'armonia delle cose”, “Storia della filosofia”.

Estratto da «La Nazione» del 7 marzo 1905, pp. 1-2:

IL PROF. AUGUSTO CONTI
L’insigne filosofo, il venerato maestro, il cittadino esemplare, che la lunga ed intera esistenza consacrò al bene della sua nativa città, della nostra Firenze, d’Italia, è morto, come aveva vissuto, serenamente, santamente!
Era vecchio; la vista gli si era da un pezzo offuscata, poi spenta; le gambe non lo servivano più; quella fibra, già sì robusta, era andata a mano affralendo, morendo.
Da un pezzo i parenti, i discepoli, gli amici, gli ammiratori di lui trepidavano, ma per l’affetto speravano ancora.
Oggi, invece, ogni speranza è troncata, e noi c’inchiniamo e piangiamo su quel feretro sacro, chiedendoci perché non dobbiamo più udire quell’alta parola, che fu sempre a noi tutti scuola consolatrice, e che fin quasi agli ultimi istanti parve accendersi di sempre nuovi splendori, ministra sempre di altissimi insegnamenti.
Con Augusto Conti è scomparsa una delle più grandi figure contemporanee di scienziato, d’uomo, di cittadino: una di quelle figure, alle quali guardavamo fidenti, e da cui attingevamo esempj magnanimi di operose virtù e conforto verace, nella costante conformità della vita intemorata e dell’ammaestramento fecondo, della parola generosa e dell’opera degna, della fede illuminata e del più schietto amore di patria.
I dotti volumi che Egli ha legati all’Italia sono un monumento solenne di scienza e di religione, di poesia e di eloquenza, di arte e di civiltà; ma il monumento più bello che alla sua propria memoria Augusto Conti inalsava fu lui medesimo, fattura in gran parte di sé, e che col volere tenace ed indemito vinse gl’impeti della propria natura, e la piegò vigoroso alle esigenze inviolabili di quel Dovere, per cui scrisse pagine che non morranno.
Due mesi or sono, al compiersi del suo ottanduesimo anno, dalle colonne del nostro giornale partiva a Lui il reverente saluto d’Italia, l’augurio nostro ardentissimo; da queste colonne si leva oggi una voce di universale rimpianto per la perdita del filosofo e del letterato eminente, dell’antico e gentil cavaliere di ogni più alto ideale.
Augusto Conti nasceva nella villa di San Pietro alle Fonti presso la sua cara città di San Miniato al Tedesco, il 6 dicembre 1822.
«Ebbi (egli scriveva) una madre veneranda, che m’insegnò la religione con l’amore. Mio padre, che tutti chiamavano buono, m’insegnò da sé a leggere, a scrivere, a far di conto, a disegnare, a intendere in lingua francese, e a sostenere le fatiche del corpo, recandomi sempre in sua compagnia nelle non brevi passeggiate, al caldo e al freddo. Volle che imparassi la musica, e d’ogni cosa bella e buona mi parlava con ardore. Educazione potente mi fu altresì (così scriveva il Conti da San Miniato nel 1891), di sì larghe occhiate sul Valdarno e sulla VAldelsa, di sì splendido cielo, di tante memorie! Oh! Le fulgide aurore dalle vette del Casentino! Oh gli splendidi tramonti, riflessi, là lontano, sui monti e sul mare di Pisa! E poi, che popolo buono e naturalmente, direi, ben educato; e che dolce parlare!».
Frequentò giovanotto, le Scuole regie sanminiatesi, e fin da quel tempo compone la tragedia Catone in Erica, a cui seguirono poi le tragedie Giovanna d’Arco e Buondelmonte.
Studiò lettere e scienza nel patrio Seminario, ove insegnava filosofia un ammiratore del Condillac e di tutti i sensisti. Tirato poi dall’amore per la musica, accanto un famoso basso buffo, molto colto, giacobino e avverso al cristianesimo, e anche un amico di lui, medico e negatore di Dio.
Smarrì, per i discorsi di loro, la fede, o si diede egli pure in braccio allo scetticismo, rimanendovi tre o quattro anni; il qual tempo ricordò sempre con vivo rammarico «mentre noi diremo che ciò forse fu una fortuna, perché (notava il valente suo alunno professore Chiriatti) lo ha obbligato nel combattere lo scetticismo e mettere tutto il suo ardore per salvarci dal dubbio, e a indicarci con vivezza la solitudine in che lascia quel sistema, da lui stesso sperimentata»
Se ne liberò poi con la lettura dei grandi filosofi nostrani, e soprattutto con lo studio del Gioberti, «povero abate, che, rianimando con gli scritti l’Italia, scosse l’Europa», e che a lui insegnò a credere razionalmente e ad amare con affetto potente la patria.
Fece gli studj di legge a Siena ed a Pisa; si laureò nella Università, poi soppressa, di Lucca, e si recò a Firenze per le pratiche dell’avvocatura.
Era qui da tre anni, quando scoppiata nel 1848 la guerra dell’indipendenza, partì col 2° battaglione fiorentino dei volontarj come soldato semplice. Fu promosso sottotenente portabandiera, e nella famosa giornata del 29 maggio combatté a Montanara. Sconfitti i Toscani dal numero soverchiante dei nemici, e compiuta la ritirata di Brescia, non volle, stremato il suo battaglione, rimanere ufficiale, e tornò semplice soldato, di che ebbe lode con ordine del giorno. Fu a Valeggio, a Custoza, a Villafranca, e si trovò al combattimento di Porta Tosa in Milano. Passato il Ticino, fu a Torino, e quindi a Genova, dove ammalatosi gravemente, si dolse di non esser morto per la patria, invano risorta.
Un suo camerata, in un anniversario di quel glorioso combattimento, affermava come il Conti fosse stato “prode tra i prodi” e già il deputato Ermolao Rubieri, altro suo camerata, lo chiamò “supremamente animoso”.
Trovavasi sempre al campo, quando fu invitato all’insegnamento della rettorica nella sua città nativa, ma egli preferì la filosofia, dichiarando che sarebbe venuto a coprire la cattedra, solo quando la campagna fosse finita.
Terminata questa, coprì per sette anni la cattedra di filosofia in San Miniato; fu promosso quindi al Liceo di Lucca, dove rinunziò volonteroso all’esercizio dell’avvocatura, che fino allora aveva sempre esercitato con molto plauso e con singolare profitto.
Chiamato agli studj speculativi, egli seppe fortemente volere, rinunziando con nobiltà e disinteresse ai lauti guadagno e alla gloria della professione legale, e convertendo lietamente la sua condizione agiata in ristretta, fino a sottoporsi, egli e la sua compagna adorata, in certi anni di scarsa raccolta, a non bere più vino.
Coadiuvò nel 1859 Raffaello Lambruschini, che lo invitava espressamente a Firenze, nella ufficiale ispezione degli studj secondarj di Filosofia e Lettere; ma l’anno dopo veniva nominato professore di Storia della Filosofia nel nostro Istituto di Studj Superiori, insegnamento che, dopo due anni, fu chiamato a dare nell’Università di Pisa.
Nel 1867 venne richiamato a Firenze a insegnare Filosofia razionale e morale, dove chi scrive questo breve ricordo ebbe la ventura di averlo maestro, amorevole come padre, e dove il Conti proseguì con rara eloquenza e con ardore giovanile, fino alla sua recente giubilazione onorevolissima, a esporre le sue dottrine e a combattere per la verità, contro le negazioni dei sofisti e contro lo scetticismo demolitore.
Fu per tre anni membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, e deputato al Parlamento per due legislature; sedé nella Camera elettiva finché la Capitale del Regno rimase a Firenze, esercitando l’alto ministero con più alta coscienza, egli cattolico ed italiano, senza né ipocrisie né paure. E quando i cattolici nella Camera, alcuni, per non parere avversi a quel nome, opponevano il nomignolo di clericale, “questo rifiutati – scriveva Augusto Conti – ché l’altro di cattolico basta, e nomi nuovi non voglio, neppure il nuovo di cattolico vecchio, e neanche quello di cattolico liberale, sì cattolici religiosamente, liberali politicamente siamo e vogliamo essere”. E se3mpre egli intese con gli scritti e con l’opera a ristorare giuridicamente il rispetto della sua fede religiosa unito al rispetto di ogni coscienza e di ogni diritto, anche per meglio assicurare le sorti della patria diletta, e per più invigorire il sentimento nazionale, nonché a combattere, con energia che parve attingere alimento dagli anni, questo sciaguratissimo opportunismo religioso e politico, che mina le istituzioni, le sconvolge, le uccide.
Eletto accademico residente della Crusca nel 1869, insieme con terenzio Mamiani, e per due volte Arciconsolo, nel quale ufficio lo ha trovato la morte, egli coi suoi colleghi ha costantemente promosso con impegno benemerito il maggior lustro dell’Accademia, e una riforma che rese possibile di raddoppiare il lavoro di compilazione del grande Vocabolario della lingua: rappresentò degnamente l’Accademia nel Centenario del Petratca in Avignone, e in quello del Buonarroti e del Tasso; occasioni solenni, nelle quali, come in molte altre, Augusto Conti confermò in sé stesso in modo compieno l’altitudine propria degli italiani, di congiungere la speculazione filosofica con la civile operosità.
Fu anche per anni molti consigliere del Comune e della Provincia di Firenze, membro del Consiglio provinciale scolastico, Assessore per la pubblica istruzione; fondò nel 1887 con altri valentuomini l’Associazione nazione per soccorrere i Missionarj italiani; e già Presidente generale dell’Associazione medesima, fu poi proclamato socio onorario e Direttore delle Scuole, istituito a diffondere nelle più remote regioni la fede di Chiesa e la lingua d’Italia.
Nel 1891, viaggiando in Terra Santa, in Egitto, a Costantinopoli e altrove in Oriente, Augusto Conti visitò quelle Scuole, e, compiuto il viaggio, lo volle, con parole che non si dimenticano, raccomandato alla carità e al patriottismo degl’italiani.
Nel campo letterario e scientifico l’operosità del Filosofo sanminiatese parve, e parrà sempre, addirittura un miracolo; stimato egli, non mai da quella specie di affannoso ed avido assecondamento, onde oggi non pochi sono incalzati a fabbricare volumi nel fine di pronti guadagni e di effimera celebrità, ma da quell’amore sempre elevato, ordinato, sereno, della scienza e del suo progredire; sicché tutte quante le opere, i discorsi, gli opuscoli, del venerabile Maestro, “usa a trarre dalla contemplata armonia delle cose ispirazione alle arti e norma alla vita”, sembrano come un unico libro, isfornato da un unico sovrano principio, indirizzato ad un unico fine.
Augusto Conti è quel filosofo contemporaneo in cui per eccellenza si scorge, come già nel galilei, la tendenza ad armonizzare il Pensiero ed Affetto, Ragione e Fede, Religione e Patria, raccogliendo tutte le tradizioni scientifiche, da Socrate a Platone, ad Aristotele, a Marco Tullio, dai Padri ai Dottori, dal Cartesio a Galileo, al Vico, al Leibnitz, al Rosmini, al Gioberti, prendendo ovunque la parte di verità, che nelle varie scuole si trova; non già per eclettismo, sì per comprensione, che è quanto dire per una più sentita e più viva riflessione sulla coscienza, che vuolsi abbracciare nella totalità sua, cioè in sé medesima e nelle sue universali attinenze.
Non è qui il luogo a parlare diffusamente delle opere di Augusto Conti; ma non possiamo non rilevare la precipua sollecitudine di lui per tornare la “Scienza del pensiero” ad un linguaggio proprio, a urbana e classica semplicità di esposizione, alla sostanziale amicizia del ragionamento col senso comune e con le tradizioni, a un intimo e profondo accordo del Vero, del Bello e del Buono, e ai liberi svolgimenti della Filosofia antica, senza escludere via via i progressivi perfezionamenti, pur ripugnando sempre da ogni servilità licenziosa.
Ciò dimostra la “Filosofia Elementare”, come composta da lui col suo valoroso discepolo e amico prof. Vincenzo Sertini, e ristampato in venti anni quasi altrettante volte; ciò dimostra la sua “Filosofia superiore”, distinta in Dialettica, in Estetica e in Morale, e che trovasi esposta in otto volumi, “i quali (notava egli) fanno un lavoro unico, perché, senza guardare al tutto, non parmi né sembrasi una minima parte; come ogni passo del viandante si congiunge con tutti gli altri passi nel cammino intero. Maravigioso, piucché a considerarsi ciascuna parte da sé sola, è la totalità, sì strettamente unite, delle verità filosofiche; in quel modo che rileggendo tutta insieme la Divina Commedia, dopo averne rilette le parti, non possiamo non provare, a tanta incredibile grandezza di concetti e di immagini, profondo senso di ammirazione”.
Queste otto opere contengono tutta la filosofia logicamente ordinata in trattati. Nelle altre opere, come in quella aurea dei “Criterj” e nella “Storia della Filosofia”, egli ci mostra, e in dialoghi di greca bellezza, e in calde orazioni alla gioventù, e nella ottimissima esposizione dei sistemi, la filosofia perenne. Sono libri di alta educazione intellettuale, di cuore e di arte.
Ed ai lavori filosofici, i quali non sapremmo se più ne pervadono con la profondità della dottrina e col vigore degli argomenti, o più ti rapiscono con lo splendore della eloquenza, ben si conservano tutti gli altri copiosi lavori del Conti: e fa specie “I nuovi Discorsi del Tempo” e “Famiglia, Patria e Dio”, tesoro di dottrina, di ammaestramenti, di lingua; la “Collana di Ricordi Nazionali” distinta in due volumi: Letteratura ed Arte, Religione e Patria, e vera collana di gemme preziose. Il Discorso commemorativo di Curtatone e Montanara, che parve minaccia nuova e non sterile a quanti fosser nemici che sognassero di attentare alla incolumità e alla integrità della Patria; quelli su San Francesco di Assisi, e su Stefano Ussi, ed altri molti suoi scritti politici e di prosa, e specialmente l’orazione accademica, già ricordata, su Torquato Tasso per la solenne adunanza tenutasi dalla Crusca a celebrare il terzo centenario della morte del grande ed infelice Poeta.
Quel magistrale Discorso fu un monumento di bellezza e di dottrina, degno veramente della fama di chi lo dettava, dell’Accademia e del tasso, e per forma in Italia (fu detto) nessuno poteva intendere il Tasso poeta e filosofo, meglio di Augusto Conti che vestì sempre delle forme più squisite i suoi alti concetti. Quel profondo movimento di viva pietà e di fede sincera, che rende così fervido a leggere, così soavi e incere, le merabili ottave della Gerusalemme, risplende nelle solenni opere del Filosofo Toscano, la cui stupenda Enciclopedia filosofica fu giudicata uno dei pochi e veramente insigni capolavori, che onorano oggi nella nostra Italia la filosofia, le lettere e l’arte.
E dice anche l’arte, perché Augusto Conti fu pure artista nel più alto senso della parola. E tale lo salutavano e lo stimavano scultori, pittori, musicisti, architetti, che lo ebbero consigliere ed amico; e tale si mostra nelle stesse opere di filosofia, dove la forma scolastica rigida e dura, avverte anche l’Aori autorevolissimo, in lui si rifà morbida, fresca, viva, calorosa, intelligibile a tutti; viva tanto, che non puoi discernere se come artista egli valga ugualmente o più che come filosofo.
A quel modo, pertanto che tutti gl’Italiani colti, ben pensanti, imparziali, ammirano in Augusto Conti la vastità dell’erudizione, la profondità del sapere, la dottrina ridotta ad unità organica veramente stupenda, l’antica eleganza dello stile, la nativa purità del dettato, onde Cesare Guasti, a lui più che amico fratello, (come furono al Conti amicissimi, tra gli altri molti, il Tommaseo, il Capponi, il Lambruschini, il Dupré) ebbe a dirgli che parlava di letteratura da gran letterato; il nome di lui riscoterà plauso perenne, e durerà argomento di venerazione sincera tra i dotti italiani e stranieri.
Augusto Conti nella storia del pensiero italiano sarà perennemente salutato continuatore e perfezionatore, tra i principali, di quella veramente italiana filosofia progressiva, che, fecondo scriveva con signorile decoro Gino Capponi, “oggi Egli, ed altri seco, a noi riconducono, e dalla quale a Dante mai, per quanta in lui fosse l’alterezza dell’ingegno, non cadde in pensiero di menomamente dipartirsi; perché sentiva come da essi si restituisce il testo del libro interiore, cioè della coscienza, confuso e mutilato da sistemi artificiosi”.
Per uomo siffatto, vanto della scienza, decoro dell’Accademia della Crusca, dei Lincei, dell’Istituto Veneto e di altre insigni Accademie, maestro nella difficile arte del dire, esempio di rettitudine antica, tempra di carattere adamantino, modello di marito, di padre, di amico, avremmo voluto non trascorressero gli anni, e che la vita del venerato Vegliardo, per tante ragioni preziose, fosse ancora sottratta alla inesorabile legge del tempo.
Ma pur troppo Augusto Conti ci è stato tolto per sempre; tolto alla sua compagna amatissima, alla figlia Marianna, per la quale ei viveva, al Genero che lui amava siccome padre, alle Figliastre dilette, ai parenti, agli amici, alla scienza, alle lettere, al suo Paese, che egli veracemente amò, e con nobile disinteresse servì fino all’ultimo!
Non appena si diffuse in Italia la triste voce delle gravi condizioni in cui Augusto Conti versava, fu alla casa di lui un vero, incessante pellegrinaggio d’ogni ordine di cittadini, che ivi accorrevano come a tempio della scienza, e a santuario della virtù. Raramente fu dato di assistere a pari glorificazione; onde ben giustamente il conte Paolo di Campello, quasi interprete del comune pensiero, scriveva testé: “Allevia il mio dolore la tarda giustizia, che l’intero paese rende alla grande sua anima. Come altri nostri grandi maestri, solamente in morte riceve gli onori che a Lui pure spettavano in vita!”.
La sacra memoria del venerato Maestro rimarrà incancellabile nella storia del pensiero e della lingua d’Italia, nella storia del suo risorgimento politico. In ogni cuore italiano, nel cuore dei suoi numerosi discepoli, e di quanti egli beneficò coi nobili insegnamenti e coi sapienti consigli durerà, con palpito vivo, il desiderio e il rimpianto di lui: uno di quei rari uomini, che sembrano fari luminosi posti da Dio in mezzo alle generazioni, perché non ismarriscano la via del Vero, del bene, della Civiltà, e dei quali, come scorgersi oggi maggiore penuria, così più largo sente il vuoto e più imperioso il bisogno la Nazione italiana.
Augusto Alfani

Siamo riconoscenti al chiarissimo professor Augusto Alfani che, aderendo al desiderio da noi espressogli, dopo la sventura che funesterà ogni buono italiano, ci ha dato modo, con l’affettuosa biografia scritta sotto l’impressione del dolore per la perdita dell’amato maestro, di rendere alla memoria dell’insigne uomo un degno omaggio.
Il professor Alfani, che fu uno dei discepoli più teneramente devoti al professor Augusto Conti, si propone di dedicare a lui un libro, che, oltre a fornire le notizie complete sulla vita del sommo filosofo, ne esaminerà le opere, e conterrà pure il carteggio da lui avuto con altri eminenti scrittori.

La Cappella ardente
Molte persone, in mezzo a una grande commozione, hanno oggi visitata la cappella ardente dove posa la salma.
Da ciascun lato del feretro ardono tre grossi ceri: a capo è un crocifisso.
Il cadavere di Augusto Conti che al Martire del Golgota consacrò l’ultimo suo volume il “Messia”, che Egli diceva di scrivere appunto quasi viatico per l’altra vita, è rivestito dell’umile saio dei Tersiarii francescani.
Quattro Frati Minori vegliano giorno e notte e salmeggiano e pregano sommessamente.
Questa mattina, martedì, alle ore 7 1/2 la cappella ardente verrà riaperta ai visitatori, e fino alle 10 1/2 vi verranno celebrate sei messe, cinque delle quali da canonici della Metropolitana.
Oggi la R. Accademia della Crusca, riunisce la seduta straordinaria e al completo, ha deliberato il fare al più presto la commemorazione dell’illustre estinto in seduta pubblica. A nome dell’Accademia parlerà sul feretro il prof. Guido Mazzoni.
Per l’Istituto Superiore parlerà il prof. Pasquale Villari a nome dell’Istituto, ed il prof. Tocco a nome della Facoltà di Filosofia. Dovendosi aspettare mercoledì sera per il trasporto funebre, la salma verrà probabilmente chiusa nella cassa entro domani.
La salma verrà tumulata nel Cimitero delle Porte Sante; nella tomba di famiglia, accanto alle spoglie della prima consorte del defunto.

LE CONDOGLIANZE
Il Comune di San Miniato
Il Sindaco di San Miniato ha telegrafato così:
«Signora Antonietta Conti
Cittadinanza Samminiatese profondamente addolorata perdita uno più illustre concittadino invia le più vive condoglianze. Stato sconforto compianto universale per questo lutto della patria, della solenne, perdita venerando patriota, filosofo sommo, integerrimo cittadino.»
Sindaco Bachi

Pervennero pure questi telegrammi:

Telegramma della Confraternita della Misericordia di Empoli:
«Famiglia Conti,
Magistrato fratelli, arciconfraternita, Misericordia Empolese trepidanti questi giorni preziosa esistenza loro venerato Capo Guardia onorario oggi dolentissimi annuncio morte illustre filosofo cittadino insigne univonsi dolore famiglia patria.»
Governatore Pandolfi

Telegramma della Società Operaia di San Miniato:
«Famiglia Conti,
Interprete sicuro sentimenti operai Samminiatesi esprimo profondo dolore, vivissime condoglianze irreparabile perdita, illustre filosofo, venerando, maestro grande concittadino.»
Presidente Bucalossi

Il Presidente dell'Ospedale di San Miniato telegrafa:
«Signora Antonietta Conti
Anche in nome Amministrazione personale Spedale di San Miniato esprimo verace rimpianto per morte illustre suo Consorte prof. Conti.»
Avv. Rondoni, presidente

Dal prof. Rondoni del R. Liceo Dante:
«Uniscomi profondo dolore amarissima perdita illustre maestro, compaesano carissimo venerando.»
Prof. Rondoni

Hanno mandato condoglianze alla famiglia del prof. Augusto Conti, con telegramma o con lettera:
Arciconfraternita della Misericordia di S. Miniato; Sotto-Prefetto di S. Miniato; Parroco di S. Pietro alle Fonti presso San Miniato, luogo di nascita del prof. Conti; il Sindaco di Montopoli; il Circolo liberale monarchico di Castelfranco di Sotto; il marchese Carlo Ridolfi, quale sopraintendente del R. Istituto di Studi Superiori; il marchese Manfredo da Passano anche a nome della “Rassegna Nazionale”.

Da San Miniato
SAN MINIATO, 6 (Esse). - Non appena il vostro giornale di stamattina ha recato il doloroso annunzio della morte del venerado Augusto Conti, nostro illustre concittadino, al Municipio, alle sedi della Società tutte, alle case private venne esposta la bandiera a mezz'asta in segno di lutto.
Furono spediti alla famiglia numerosi telegrammi di condoglianza improntali al grande affetto ed all'alta venerazione che ogni classe di persone nutriva per il grande vegliardo.
Al trasporto il Municipio rappresenterà la città natale del prof. Conti; interverranno il Sindaco, gli assessori e consiglieri comunali, col gonfalone e gli uscieri.
Altre rappresentanze saranno inviate dai sodalizi cittadini.
Una solette commemorazione dell'illustre defunto avrà luogo fra giorni e sarà invitato a leggerne la vita ed a illustrarne le opere uno dei più cari suoi discepoli.

La stampa romana
ROMA, 6, ore 23.45. - I giornali di Roma, per la morte di Augusto Conti, pubblicano telegrammi dei loro corrispondenti di Firenze.
L'”Osservatore Romano”, riassume le fasi principali della vita dell'illustre filosofo, dice che visse, umile, gli ultimi anni quasi in continua contemplazione del di là. Pieno di santo entusiasmo per tutte le cose buone moriva confortato da quella fede della quale era stato nella vita convinto ed aperto seguace.
Il “Giornale di Roma” consacra quattro colonne alla commemorazione dell'illustre filosofo. Ne rammenta gli amici che gli furono più cari: Gino Capponi, il Tommaseo, il Balbo, il Cruto, il Guasti, il Lambruschini.
Termina dicendo che la sua morte apre un vuoto immenso nei cuori e si estingue con essa una di quelle figure radiose che effondono luce da tutti i lati.
Deplora l'oblio in cui le tenne l'Italia e l'esclusione di lui dal Senato.

Estratto da «La Nazione» del 8 marzo 1905, pp. 2-3:

Il Prof. Augusto Conti
Le condoglianze
Il Presidente della Camera
Dall'on. Presidente della Camera fu diretto questo telegramma al Prefetto di Firenze:
Profondamente addolorato triste notizia comunicatami, possa porgere desolata famiglia illustre Augusto Conti espressioni profonda condoglianza in nome della Rappresentanza Nazionale che del grande filosofo, dell'esimio letterato apprezzava le impareggiabili virtù della mente e del cuore, e l'antico provato patriottismo.”
Presidente Marcora

Il Presidente del Senato
S. E. Tancredi Canonico, presidente del Senato, inviò questo telegramma:
Al lutto della famiglia Conti che è lutto dell'intera Italia, vivamente e profondamente mi associo con l'animo addolorato e commosso.”
Tancredi Canonico, pres. del Senato

Il telegramma del Ministro della P. Istruzione
L'on. Orlando inviò questo telegramma:
Con viva commozione apprendo la morte Augusto Conti, il maestro illustre e il nobile pensatore che con le alte sue speculazioni filosofiche e con lo studio operoso e fervente della purità di nostra lingua inspirò nelle menti e nei cuori l'amore verso ogni ideale di bellezza e di bene. Alla salma di lui invio, fra il compianto di quanti ne notarono l'intelletto e il carattere, il mio mesto saluto reverente; e all'Accademia che ha perduto il venerando suo Presidente esprime il mio rammarico profondo.”
Ministro Istruzione Orlando

Ai funerali il Ministro sarà rappresentato dal comm. Senatore Annaratone, Prefetto della Provincia.
Il senatore Fedele Lampartico e altri hanno incaricato di rappresentarli il segretario dell'Accademia della Crusca, prof. Guido Mazzoni.

L'on. Pinchia
All'onor. Villari pervenne questo telegramma:
La dipartita di Augusto Conti nella venerata aureola degli insegnamenti e degli esempi è un lutto per quanti intendono l'animo ai pensieri alti. Voglia Ella, illustre professore essere l'interprete dei miei sentimenti.”
Pinchia

L'Accademia dei Lincei
Il senatore prof. Pasquale Villari ha espresso le condoglianze della R. Accademia dei Lincei, il di cui presidente on. Senatore Bisserna lo ha di ciò telegraficamente incaricato.

I rettori di Pisa e di Siena
Pervennero questi telegrammi:

Soprintendente Istituto Superiore Firenze
La morte di Augusto Conti, che tutto se stesso consacrò alla scienza ed alla patria, gravemente addolora anche l'Università di Pisa, che per molti anni ebbe ventura di noverarlo fra i suoi insegnanti. Prego S. V. di accogliere le più sentite condoglianze, partecipandolo alla famiglia dell'illustre estinto, o rappresentarmi ai funerali.
Rettore 1°: Supino

Soprintendente Istituto Superiore Firenze
Ho appreso con vivo dolore notizia morte illustre prof. Conti, ed anche a nome dell'intero Corpo accademico esprimo V. S. le più sentite condoglianze. Pregola rappresentarmi funerali.
Rettore 1°: Moriani

Il presidente della Deputazione Provinciale
Il senatore Municchi telegrafò così:
Avrete confoglianze a giusta apoteosi di Augusto Conti io amico suo e per origini domestiche compaesano piango con voi”.
Senatore Municchi

Un telegramma di Attilio Hortis
Nel 1871 Augusto Conti scriveva «Affetto grande a codesta città di Trieste, ove nacque la Caterina Rossetti, mia zia, che tanto mi amò e che tanto amai.... e che ora prega per me nella patria eterna».
Per Trieste, per il nome venerato di Domenico Rossetti, per la gratitudine che io stesso devo ad Augusto Conti, invio a codesta insigne Accademia le mie riverenti condoglianze per la morte dell'illustre filosofo, letterato, veterano tra i soldati di Italia.
Attilio Hortis

L'Accademia Valdarnese Poggiona
L'Accademia Valdarnese Poggiana esprime profonde condoglianze perdita illustre Arciconsolo Augusto Conti, insigne filosofo e cittadino.
Consiglio Accademico.

Hanno mandato condoglianze alla famiglia per telegrammi, per lettere, oltre quelli pubblicati ieri:
Il Prefetto di Firenze – Il Sindaco, marchese I. Niccolini – L'Arcivescovo monsignor Misirangelo – Mons. Sabatino Giani, Vescovo di Livorno, Mons. Arcivescovo di Pisa – Il senatore conte Giuseppe Pasolini-Zanelli – Il senatore Tullio Massarani – Giunta municipale di Fucecchio – Direttore, Insegnanti e alunni delle Scuole municipali Sanminiatesi – Facoltà di Filosofia e Lettere dell'Università di Pavia – Circolo degli Artisti di Firenze – Il Circolo cattolico di Bergamo – Il Cardinale Capecolatro, arcivescovo di Capua – Rettori della R. Università di Siena e della R. Università di Pisa – Generale Della Noce, comandante della Divisione di Firenze – Prof. Giacomo Barzellotti, della R. Università di Roma – Prof. Comm. G. I. Gamurrini per l'Accademia d'Arezzo – Prof. Giuseppe Cristofani da Lucca – Prof. Ugo Frittelli da Figline Val d'Arno – Prof. Giov. Tortoli, accademico anziano della Crusca – Famiglia Dotti da Milano – Prof. De Felice da Capua – Prof. P. Pistelli delle Scuole Pie – Marchese Piero Bagagli – Cav. Foianesi da Pisa – Prof. Demetrio Gramantieri da Roma – Prof. Vincenzo Roccaturni da Roma – On. Antonio Civelli – Prof. Romano da Castiglion Fiorentino – Prof. Anselmo Severini da Macerata – Prof. Angelo Valdarnini dell'Università di Bologna – Prof. Michelangelo Bilia da Torino – Generale Garneri e consorte – Sifnora Cestra Siciliani-Pozzolini – Signora Giulia Campolmi – Sig. Baccio Malatesta – Signora Elisa Venturini – Signora Italia Piani e consorte – Prof. Virgili – Contessa De Nobili – Prof. Luigi Rasi e signora – Prof. Benvenuti Staffetti da Massa – Suor Savina Petrilli da Siena – M.mo Zouhow – Prof. Fausto Lasinio – Dottor.Savinio Franceschi e signora – Mons. Cervale, segretario arcivescovile – Prof. Tolomei e signora – Il Prof. Mario Fausti.
Sig. Borghi da Anzio – prof. Carlo De Stoppi da Roma – sig. Galeazzo Tavanti-Chiarenti da Ripetranese – signora Emma Galtoni – signora Marianna Conti nata contessa Quina Reghini cognata dell'Estinto – signore Ausillo Norsa e Ida Marina Norsa da Mantova – signora Natalina De Martini – cav. Not. Duilo Quirici – prof. V. Lastrucci da Anzio – prof. Paolino Maglioni da Terni – Prof. Chivarini – Doni da Orciano di Pesaro – comm. Avv. Giuseppe Marecchi – prof. Giuseppe Signorini – prof. Annibale Campani – signor Giuseppe Porciani – il Presidente dell'Accademia degli Agiati, di Rovereto – dott. Gino Norsa, dell'Università di Perugia – la signora Sofia Jacometti Ciofi – la famivlia Venturi da Monterfoni – la Nuova Associazione Nazionale fra i professori delle Scuole medie – prof. Ugo Martini – il prof. Carlo Fedeli della R. Università di Pisa – sig. Ezio Tavanti-Chiarenti – signorina Augustina Boncama.

I discorsi

Il senatore Villari
La cappella ardente, che in tutto il giorno è stata mèta di pietoso pellegrinaggio di cittadini di ogni classe, era affollatissima nell'ora del trasporto.
Prima che la salma fosse deposta nel feretro, furono pronunziati i discorsi commemorativi.
Parò per primo l'illustre prof. Senatore Villari che bene interpretando l'animo di tutti gli antichi colleghi dell'estinto, così disse:
«Di Augusto Conti, filosofo e scrittore, parleranno con maggiore competenza di me i proff. Tocco e Mazzoni. Io come preside della Facoltà, di cui egli fece parte sin dal 1867, nel dargli l'estremo addio, in nome dei colleghi, dirò solamente brevi parole sul professore, sul cittadino, sul carattere morale dell'uomo.
Augusto Conti fu sempre un insegnante modello, che non mancò mai al suo dovere. Anche ammalato si recava, potendo, a far la sua lezione. Solo quando gli si cominciò ad offuscare la vista ed una paralisi incipiente gli rendeva difficile il camminare, convinto che ormai non poteva più lavorare come voleva, chiese il riposo ed abbandonò la cattedra. Continuò nondimeno ad insegnare cogli scritti, che dettava alla sua fida compagna, alle figlie, che tutte fino all'ultima ora lo circondarono e confortarono col loro immutabile affetto.
Il Conti, sin dalla prima sua giovinezza, fu animato dal più ardente patriottismo, e lo dimostrò nella guerra nazionale del 1848. Partì come soldato, col secondo battaglione dei volontari toscani. Ben presto fu nominato sottotenente, e gli venne affidata la bandiera, che difese valorosamente. Si trovò il 29 maggio alla battaglia di Montanara. Quando il battaglione dei volontari si disciolse, egli si arruolò di nuovo come semplice soldato nell'esercito piemontese; e vi rimase sino alla fine della campagna. Tutti quelli che si trovarono con lui esaltarono unanimi il suo coraggio. Ricordo d'aver letto le Memorie autobiografiche, ancora inedite, di un altro valoroso volontario toscano, Ermolao Rubieri, il quale ripetutamente esalta il valore del suo commilitone.
Non di rado avviene che coloro i quali, in campo, contro il nemico, si battono come leoni, riescono nella vita privata, cogli amici, nella famiglia, mitissimi, quasi deboli. Questo del Conti non si potrebbe affermare. Anche in ciò egli era, come suol dirsi, tutto d'un pezzo. La natura lo aveva dotato di un carattere impetuoso, qualche volta addirittura irrefrenabile.
E se ciò riusciva di gran vantaggio al soldato, poteva nella vita privata esporlo al pericolo di trascendere ad atti, di cui si sarebbe poi dovuto pentire. Di questo egli si rese conto, e fu la ragione per la quale, come spesso narrava agli amici, si volse con ardore sempre crescente alla religione. In essa cercò o trovò la guida costante alla sua condotta nella vita: abbracciò la croce per avere in questa la difesa ed il freno sicuro contro ogni eccesso cui il suo impetuoso carattere avrebbe potuto esporlo.
Pensando a ciò tornano alla memoria le parole del Manzoni, quando, parlando del padre Cristoforo, dice che i suoi “due occhi incavati erano per lo più inchinati a terra; ma talvolta sfolgoravano con vivacità repentina, come due cavalli bizzatti condotti a mano da un cocchiere col quale sanno che non si può vincerla, pure fanno di tempo in tempo sgambetti, che scontano subito con una buona tirata di morso.»
Qualche volta, nel far lezione al Conti avvenne, come pur segue, di vedere uno scolare svogliato e disattento che sorrideva. Se in quel momento supponeva in lui mancanza di rispetto verso le idee che egli andava esponendo, allora la severità de' suoi rimproveri conto il mal capitato oltrepassava la misura. Ma appena, ripensandoci o interrogando i compagni, capiva d'essersi ingannato e d'avere tradotto, andava egli stesso a cercare lo scolare, e si scusava con lui, e ne diveniva più di prima amico, quasi padre affettuoso.
Questa lotta costante che il Conti dovette mantenere contro se stesso, è quella che dà la fisionomia propria al suo carattere, che determina il valore morale della sua esistenza, valore che sarebbe certamente stato assai minore se, nella sua vita, egli non avesse incontrato gli ostacoli contro i quali dovette continuamente lottare.
E' ben naturale che, in tali condizioni, la religione dovesse essere per lui il conforto maggiore della sua esistenza. Nei suoi ultimi anni, in fatti, molti di noi lo vedemmo, cieco e paralitico, farsi trascinare, in una sedia mobile sulle ruote, due volte il giorno, dalla sua casa alla chiesa della SS. Annunziata, anche quando il tempo imperversava e cadeva la pioggia o la neve.
Si capirà facilmente che non tutti lo giudicassero allo stesso modo. Quelli che lo vedevano nel suo fervido abbandono religioso, e quelli che erano testimoni di qualche scatto d'impeto irresistibile, non potevano certo formarsi di lui lo stesso concetto. Solo chi, standogli per lungo tempo vicino, attentamente ne osservava ed esaminava da ogni lato il carattere, poteva giudicarlo e stimarlo ed amarlo quanto si meritava.
Così fu che la sua fida compagna, e tutta la sua famiglia, costantemente a lui devote, lo circondarono sino all'ultima ora di tanto fervido affetto. Così fu che la cittadinanza fiorentina ebbe per lui una stima, un'ammirazione davvero universale. E così fu che i suoi colleghi nell'insegnamento, i quali per lunghi anni gli furono vicini, e perciò meglio potevano conoscerlo, ebbero tutti per lui uguale stima ed affetto, anche quando professavano opinioni religiose o scientifiche diverse dalle sue.
A lui, in nome di tutti noi, io mando l'estremo, affettuoso, reverendo saluto.

Il prof. G. Mazzoni
Quindi il chiarissimo prof. Guido Mazzoni, in nome dell'Accademia della Crusca, rendeva degno omaggio alla memoria dell'amato Arciconsolo, parlando così:
L'Accademia della Crusca che, come Segretario, ho qui il doloroso onore di rappresentare, è tutta spiritualmente raccolta dinanzi al capo venerando e caro di cui piangiamo la perdita. Tutta l'Accademia è qui; non soltanto in alcuni di coloro che le appartengono, e nell'unanime consenso degli altri lontani o impediti, ma nell'intima essenza della secolare e nobilissima istituzione che Augusto Conti aiutò per tanti anni col senno, con la dottrina, con l'operosità, alacremente, e che Egli per tanti anni resse degnamente, così da apparirne parte quasi necessaria e vitale, e se può dirmi, da impersonarla, con impareggiabile esempio, in se stesso.
Dalla nativa San Miniato si recò a Firenze, che lo vantò cittadino, una schietta e ricca vena d'eloquio popolare a comparire; e questo volle e seppe mantenersi per sempre, anche quando la ebbe arricchita di modi squisitamente colti, e me ne trasse potenza di effetti spontanei per la parola propria e per costrutto vivo. Molto studiò sugli antichi, e molto sui moderni; e la lettura gli valse ad allargare la favella dal linguaggio concreto all'astratto, quasi si conviene nelle speculazioni filosofiche, e dal semplice e dimostro periodare del piano discorso al complesso e alto della trattazione solenne. Oratore Egli fu, cattedratico e civile, scrittore fu, didattico e affettivo, tale da attrarre e da tenere, da persuadere e da commuovere, per più generazioni, le menti e i cuori di quanti amassero la fede di Cristo, il buon diritto d'Italia, le ragioni supreme della verità scientifica e dell'umana civiltà; e da per tutto e a ogni uopo ebbe facile e pronto e opportuno lo strumento della lingua.
Chi lo ascoltò, sentì in quelle labbra la favella de' suoi libri, copiosa e armoniosa; chi ne legge le ben forbite scritture si vede sorgere innanzi alla fantasia l'immagine di quel sapiente e caldo parlatore: tanta è la concordia, in Augusto Conti, della scuola con la vita, dell'idea con l'espressione, dell'autore con l'uomo. Insigne prosa è la sua; senza affettazioni elegante, senza sfoggi dovizione, senza enfasi numerose, fedele senza pedanteria alla tradizione, adatta senza audacia ai tempi. Prosa di toscano e d'italiano; prosa di filosofo e d'artista; prosa di chi molto ebbe dalla natura, e molto dalla sagace riflessione divenutagli una seconda e più perfetta natura.
Per ciò l'Accademia della Crusca lo volle suo, lo onorò a più riprese dell'arciconsolato, e ne fu tanto avvantaggiata e onorata. Per ciò la malattia di Lui, colpì l'Accademia, non solo nel sentimento che stringeva noi al collega e al capo nostro, degno di tanta reverenza, ma anche nel pensiero della grande utilità che al comune lavoro del Vocabolario veniva dalla dottrina e dalla pratica di un insigne maestro del parlare e dello scrivere italianamente.
Dall'indole robusta, che fu sempre dominata e con gli anni domata dalla sorvegliatrice bontà, passarono nello stile del Conti le qualità migliori; e la sua dottrina morale, che vagheggiava armonie simmetriche, tutta quanta vi si rispecchiò. Coppa intagliata artisticamente in un legno di faggio schietto e odoroso, e ricolma d'onestà e di sapere: ecco l'anima sua. Tale immagine che di lui delineò una gentildonna che gli fu amica, e che d'essergli amica era degna, Maria Alinda Bonacci Brunamonti, può ripetersi dell'arte sua di scrittore. E noi a questa bella e limpida coppa, o amico e padre, ci dissetammo.
Amico e padre Ti avemmo, secondo l'eti tutti: tale ci sforza ora a piangerti il profondo e non corruttibile ricordo della Tua grande virtù. Ma Tu, o Augusto Conti, lasci tra noi, lasci in noi, ben più e meglio con il ricordo della figura Tua e della Tua sapienza: Te medesimo lasci nelle pagine Tue. L'anetera liberatrice ti ha sciolto degli impacci terreni: e a noi è lecito dire ciò che la Tua invitta modestia non avrebbe mai sofferto di riconoscere per giusto; che, come fosti in vita un verace decoro delle lettere, italiano e dell'Accademia della Crusca, non sarai, finché questa sarà, finché essa avrà culto.
Comporremmo le misere membra sotto cui lo spirito reggerà ancora, e più che mai luminoso, sulla nostra Accademia.

***

Il prof. Felice Tocco, insegnante di storia della filosofia nel nostro R. Istituto Superiore, ha esordito leggendo un telegramma di Francesco D'Ovidio, professore della R. Università di Napoli, che lo lacaricava di parola traboccanti di affetto e di gratitudine per il venerato maestro, a rappresentarlo ai funerali; il Tocco ha giustamente soggiunto che lo stesso linguaggio avrebbe avuto per il povero Conti ognuno de' suoi discepoli che erano abituati a considerarlo come un padre.
Per dimostrare appunto la bontà quasi ingenua dell'animo suo, ha ricordato opportunamente un aneddoto assai caratteristico ed ha dimostrato poi mirabilmente come nel Conti filosofo andassero sempre congiunte le qualità del letterato con quelle dell'artista.
Nella sua grande intelligenza le espressioni filosofiche non si potevano mai scompagnare dalla forma estetica della quale ebbe improntati tutti i suoi scritti e concluse restando, come fino all'ultimo, il suo pensiero fosse rivolto a Dio e alla Patria.

Per il Comune di S. Miniato
In nome del Sindaco di S. Miniato, assente per indisposizione, l'avv. Pietro Formichini leggeva il seguente discorso dello stesso Sindaco cav. Agostino Bachi:
In mezzo a tanti fiori che mestamente attestano l'immenso affetto che vi conobbe come padre di famiglia, come amico, come cittadino; in mezzo a tanti uomini pregiati che attestato quanto grande sia l'opera vostra come scienziato, io porto, illustre professore, alla vostra salma, con vivo sentimento di cordoglio, il più caro dei saluti, il saluto della vostra città, che nell'altissimo vostro intelletto, col più ammirato amore di figlio volevate magnificare dicendo essere essa dove più innanzi saziate la vita passeggera, con bellezza eterna, con la […parole illeggibili...] cittadini stanza gioconda, per illustri memorie non ultima fra le città italiane.
Oggi doloroso questa Città vi piange come il suo più illustre figlio estinto.
Voi avete dato all'Italia il bagaglio di valoroso, alla solerzia la poderosa mente, ma a lei, alla Vostra città natale, avete dato anche tutto il vostro amore: mai mancato all'appello che essa vi fece quando nella pubblica cosa fu necessaria la Vostra parola autorevole, l'opera vostra efficace; sempre in Parlamento nelle amministrazioni locali diffondendo i nostri diritti, e quando la Vostra veneranda vecchiaia vi impedì di convenire alle nostre feste patriottiche, alle manifestazioni di gioia o di dolore cittadini, giunse sempre una Vostra parola, calda, affettuosa nella quale si sentiva il Vostro gran cuore.
La vostra città fu sempre vostro pensiero costante: quasi direi che per voi fu una nota armonica insistente nelle vostre artistiche manifestazioni della scienza che spazia nei campi infiniti del creato.
Volevamo che i vostri giorni si chiudessero in mezzo a noi; ed era pure vostro desiderio – lo affermaste anche in un vostro scritto che vi ricordai in una simpatica festa della vostra famiglia; e rammento ancora le parole con le quali mi toglieste la dolce speranza, parole che sarebbero uscite dal vostro labbro più mento, se i vostri angeli tutelari, che hanno allietato sì bellamente la vostra tarda età, non vi avessero fatto ressa d'intorno.
Volevamo che la vostra salma almeno dormisse l'eterno sonno fra le nostre mura; anche ciò un affetto pietoso ci contende. E la vostra salma venerata riposerà lassù su quel Monte, su cui, fra cielo e terra festanti, si è assisa ineffabile di bellezza la poesia della morte.
Ma il vostro spirito immortale aleggerà benefico sulla vostra città, chiamato dal desiderio perpetuo dei vostri concittadini.
E le madri samminiatesi, narreranno finché durerà il mondo lontano ai figli del popolo le vostre virtù, la vostra inesauribile bontà.

Il prof. Sartini
L'esimio prof. Vincenzo Sartini, che fu cooperatore valoroso dell'estinto Maestro, pronunziava queste parole:
A me pure, ultimo di valore fra gli scolari d'Augusto Conti, ma primo per obbligo di devota gratitudine, si conceda pronunziare sulla sacra salma di lui poche parole, quali il dolore solo mi consente, ad esprimere in qualche modo il sentimento di profondo rimpianto e di riverente riconoscenza comune a tutti i discepoli che lo amarono vivamente, com'erano da lui riamati tutti di cuore.
Augusto Conti fu grande maestro ed educatore perché nel suo insegnamento metteva tutto se stesso, tutta l'anima sua, la forte e retta volontà, unificatrice al sovrano suo Ideale sul pensiero e del sentimento, dell'osservazione, del ragionamento e dell'immaginazione, del suo animo d'uomo e d'italiano; allo stesso modo che nelle sue dottrine armonizzava in sapiente e potente unità la ragione e la fede, l'autorità e la libertà, l'antico e il nuovo, i bisogni della mente e quelli del cuore, il valore dell'individuo umano e quello del civile consorzio: né solo nelle dottrine, ma nei fatti onorandi della sua vita privata e pubblica, luminosamente esemplare. Soprattutto voleva che la mente illuminasse il cuore e questo scaldasse la mente in guisa che la scienza divenisse sapienza e filosofia vera. E così pensando con amore e con fede, ed amando e credendo con lume d'intelletto, riusciva potentissimo su tutta l'anima dei suoi discepoli divenendone efficace educatore ed artista esimio.
Per oltre 50 anni insegnò con assidua, affettuosa alacrità, e cessò di professare l'insegnamento per l'infermità crescente che, togliendogli la vista degli occhi, parve rendere anche più chiara e sicura la vista della mente, ma già il suo benefico insegnamento era affidato a molti volumi, ammirabili per sapiente bellezza che, anche fuori della scuola, lungo seguito di discepoli ed ammiratori gli hanno acquistato e, n'abbiam fede, gli acquisteranno sempre più. Consentire, poi, nel pensiero sostanziale di Augusto Conti vale seguire la gloriosa tradizione filosofica italiana, da Tommaso di Aquino e Dante, a Galileo, al Vico, al Galluppi, al Rosmini, al Gioberti, la cui sapienza l'insigne Pensatore con affetto, ingegno ed arte felicemente procurò d'adunare, armonizzare e perfezionare.
Sia pace e gaudio all'alto tuo spirito, sia benedetta sempre la tua memoria cara e veneranda, e incomparabile dolcissimo maestro.

Il saluto dei commilitoni
Il comm. Natale Marchettini, Presidente del Comitato dei Veterani del 48-49, ha così ricordato le benemerense del forte pensatore come combattente per l'indipendenza italiana:
Davanti la salma del venerando Augusto Conti, con animo commosso dal dolore, porgo l'estremo vale al prode commilitone che appartenne al Comitato regionale toscano dei Veterani, e tanto amore ed affetto sempre dimostrò al nostro Sodalizio.
Augusto Conti fu insigne nelle lettere e nelle solense filosofiche, ed ogni atto della sua vita, fu sempre ispirato a quelli alti ideali, pei quali dalla vecchia generazione si volle una Italia grande, libera e indipendente.
Per molti anni consigliere provinciale ed anche assessore per la pubblica istruzione nel Comune di Firenze, fu esempio di attività intellettuale, e fu sempre maestro nelle dotte discussioni a cui prese parte.
Del cittadino preclaro e dell'illustre professore hanno altri parlato con maggiore completezza e con parola più efficace, ed a me, come Presidente del Comitato dei Veterani non spetta che il doloroso compito di rimpiangerne amaramente la perdita, e di rendere, meglio che io possa, un affettuoso tributo di speranza al prode ed amato compagno d'armi.
Augusto Conti sui campi di battaglia, fu tra i più valorosi, e nella battaglia di Curtatone e Montanara combattuta il 20 maggio 1848, nella quale 4500 toscani resistettero per ben 6 ore contro l'esercito austriaco forte di 35 mila soldati comandati dal maresciallo Radeski, esso fu sempre intrepido in faccia al nemico, e tenne alta la bandiera tricolore, che fin d'allora fu il segnacolo della redenzione d'Italia.
Sì! Augusto Conti era portabandiera nel 2° battaglione dei volontari fiorentini combattente a Montanara, ed in mezzo alla mitraglia ed ai colpi delle artiglierie e dei fucili, impavido esponeva la vita e la bandiera d'Italia, spiegata in faccia al nemico, rifulgeva dei suoi bei colori.
Nel 50° anniversario di quella memorabile battaglia, fu fatta una solenne commemorazione nella Sala dei Dugento in Palazzo Vecchio, ed Augusto Conti fu il dotto eloquente conferenziere: quanto ardere giovanile si manifestava nella mente di quel glorioso vegliardo!
La rimembranza di quei giorni pareva sempre balzare di gioia il suo cuore, ed ora sono trascorsi appena 2 mesi, che alle congratulazioni ed agli auguri da me rivolti al venerato commilitone nel suo giorno natalizio, così replicava:

«Le congratulazioni sue e dei nostri commilitoni antichi mi hanno fatto balzare di gioia il cuore. Oh, le care rimembranze che mi destarono nel cuore le sue parole! Rimembranze non dimenticabili mai, e sempre più vive quanto più si va in là cogli anni.
Accolga, prego, i miei ringraziamenti più cordiali e li partecipi ai nostri cari veterani.
Mi abbia sempre per tutto suo.
Affezionatissimo
A. Conti»

Ma pur troppo il nostro amato commilitone, che corrispondeva di tanto affetto i suoi cari veterani, e che per lunghi anni ancora si desiderava averlo con noi, è scomparso alla vita, ma la sua dolce memoria, il ricordo delle sue virtù, vivranno indelebili nei nostri cuori, e mai dimenticheremo che Augusto Conti appartenne alla schiera gioiosa degli uomini che illuminarono con il patriottismo e la scienza, la nostra Italia!
Il vessillo d'Italia che Augusto Conti tenne sempre alto e spiegato in faccia al nemico, quest'oggi si abbassa in segno di lutto sul suo feretro, e noi Veterani colla storica bandiera che nel 1848, dopo la battaglia di Curtatone e Montanara, donarono le signore di Milano e in cui è scritto «Le milanesi ai prodi toscani» accompagneremo in mesto corteggio la sua salma alla tomba, per rendere l'estremo tributo di onoranza al valoroso commilitone.

Per gli antichi discepoli
Il prof. don Luigi Funghini, antico e valente discepolo dell'estinto, ha portato il saluto dei suoi compagni riconoscenti:
Maestro! Fra pochi momenti, anche il tuo freddo corpo che tu volesti rivestito del mistico abito di Terziario (dell'Ordine Francescano) sarà tolto alla mia contemplazione. Non mi resta che darti l'estremo addio, anche a nome di tanti tuoi discepoli – Pensiero doloroso che come ogni altra sventura esige dalla natura umana un compenso –. E' vero che di Augusto Conti, tutti e per sempre ripeteranno il proverbio orientale «beato l'uomo al cui nascer tutti sorridono e alla cui morte tutti piangono»; ma chi parla sul suo feretro sente che al proprio cuore manca qualche cosa d'intimamente unito e quasi vitale. Tale è il vuoto che io presumersi di eludere ripetendo i pregi immortali delle opere sue. Ma Augusto Conti è un genio destinato dalla Divina Provvidenza, a vegliare, come tanto Padre, le future generazioni della scienza e della letteratura. Non posso io adunque esser l'intelligenza adotta per misurare l'altezza di tanta gloria, io che fui suo discepolo, io che ancora non ho terminato di meditare i suoi libri, io che con sentita commozione ricordo lo zelo e l'amore paterno con cui spezzavami il pane della scienza in questo R. Istituto di Studi Superiori. Sarà questo il compito dei dotti dei nostri giorni, saranno essi che continueranno a ripetere alla Italia la grandezza di tanta gloria perché lo studioso segua le di Lui dottrine che formano uno dei più ricchi tesori che la patria possa ereditare dai suoi figli.
Augusto Conti non teme l'oblio. Ecco il conforto per chi tanto lo amò.
Al pianto della desolata vedova, della cara sua figlia, del genero affettuoso, e delle due figliastre sempre amorose, è unito il dolore dei discepoli, degli amici, degli scienziati, tutti veramente commossi dal triste pensiero che passando di qua, non potremo più dire al passeggero «qui abita il sommo filosofo, l'insigne letterato». S. Miniato, la sua città natale, che con ragione in Augusto Conti amava una delle più fulgide glorie italiane, è addoloratissima, nella sua desolazione par di vedervi il cuore della più affezionata delle madri. Chi ebbe l'alto onore di conoscerlo, oggi con l'addio immortale deplora la perdita dell'incomparabile pensatore del vero, del buono e del bello, deplora la scomparsa del patriota retto, del cattolico fervente, schiattamento esemplare, che sempre umile in tanta gloria, da giovane come da vecchio, avanti e dopo il suo lungo lavoro, pregava, per meritare la pace eterna nel Cielo.
E la pace eterna sia a te concessa, o caro Maestro, fra quelle intelligenze angeliche che studiasti con intelletto di amore. Pace, sì pace eterna imploro alla cara tua anima come tu con sublimi e generosi pensieri la domandasti nel Duomo di Lucca pei caduti a Curtatone e Montanara, ove tu pure, nel santo nome di patria, valorosamente combattesti, tenendo in pugno la gloriosa bandiera dell'Italia nostra.

***

Per ultimo, in nome della “Corda Fratres”, lo studioso giovane signor Orsini, ha tributato un affettuoso ossequi alla memoria del filosofo e del maestro in nome dei giovani che non poterono essere tuoi discepoli ma che tuttavia ebbero sempre per lui la più alta ammirazione.

Il trasporto
Il corteo mosse alle 18 e lo apriva la Banda Comunale di San Miniato.
Venivano la Croce, i fratelli della Misericordia, i cappuccini di Montughi, i domenicani di San Marco e il clero.
Seguiva il feretro portato a spalla dai fratelli della Misericordia.
A destra l'assessore comunale di San Miniato, Ceccherelli, rappresentante il Sindaco, il senatore prof. Pasquale Villari, il Sindaco marchese senatore Ippolito Niccolini, il Prefetto, comm. Senatore Annaratone rappresentante il Ministero della P. I..
A sinistra l'on. Marchese Carlo Ridolfi, Soprintendente dell'Istituto di Studi Superiori, il cav. Tortoli, per l'Accademia della Crusca, il reverendo canonico Cassulo, rappresentante l'Arcivescovo Mistrangelo, ed il principe senatore don Tommaso Corsini, Presidente del Consiglio Provinciale.
Dietro il feretro erano i parenti signor Alessandro Norsa, l'avv. Conti col figlio, il capitano di artiglieria Maioli, e il dott. Pieragnoli.
Raccogliamo disordinatamente, per mancanza di tempo, i nomi di coloro che seguivano il corteggio e che formavano una folla immensa.
Comm. Ing. Marchettini, cav. Morelli, ing. Alessandri, prof. Linsker, per il Liceo Galileo, marchese Giorgio Niccolini, assessore del Comune, padre Stanislao Consumi, per gli Scolopi, comm. Piero Barbera, avv. Alfani, avv. Carlo Giachetti, ing. Zannoni, marchese Bagagli, barone Winespeare, marchese R. Antinori, prof. Conte, cav. David Casini, cav. Dott. Nespoli, consigliere comunale, avv. Benvenuti, segretario generale della Provincia, nobile Bambocci-Pomi, anche per la Scuole Leopoldine, on. Avv. Domenico Pucci, maggiore Gambarducci, signor Lamponi, per l'Associazione Cattolica, prof. Vicini, cav. Angelo meucci, per i Veterani, prof. Zardo, cav. Avv. Lumschi, prof. Pacinotti, consiliere comunale cava. Carlo Spigliati, prof. Ostella, on. Marchese Filippo Torrigiani, cav. Milani, assessore comunale prof. De notter, prof. Giuliani, prof. Comm. Giulio Biagi, avv. Pastellini.
Prof. Angiolo Banti, col. Fabbri, prof. Meaci, dott. Batelli, comm. Bartalesi, cav. Uff. Guglielmi, sindaco di Carmignano, don Lorenzeo Giolli, priore di Galciana, prof. Augusto Alfani, per la Società Colombaria, comm. Avv. Gino Cappelli, prof. Luigi Schiaparelli, sig. Ferretti, garibaldino, avv. Brunetti, senatore Olinto Barsanti, generale Pozzolini, senatore prof. Villari per l'Accademia dei Lincei, prof. Isidoro Del Lungo per il R. Istituto Veneto e per la Biblioteca di San Gemignano, prof. Gherardi, direttore dell'Archivio di Stato, prof. Corniolo, magg. Mirannda, ing. Coppini, senatore march. Pietro Torrigiani, per la Società Dantesca e per l'Istituto Demidoff, avv. Pampaloni, march. Carlo Ridolfi, anche per l'Università di Pisa e Siena, prof. Lapi, canonico Bardelli di Pisa, prof. Tocco, professore D'Ovidio, profess. Grandi, senatore Gabbe, on. Conte Roberto Pandolfini, on. Merci, comm. Chilovi, assessore comunale dott. Cav. Bargioni, dott. Pieragnoli.
Cav. Pietro Gori, consigliere comunale, ing. Cav. Spighi, nota o Sartoni, prof. Badanelli, cav. Burgisser, per l'Associazione Cattolica Popolare, prof. Fabbri, presidente del Circolo degli Artisti, prof. Diego Garoglio, prof. Orvieto, per il Marzocco, prof. Mario Aglietti, comm. Pini, rag. Tarchiani, prof. Guidotti, marchese F. Dufour Barta, cav. Uff. Morelli, prof. U. Matini, conte Giovanni Angiolo Bastogi, on. Conte Giovacchino Bastogi, marchese Bartlini-Salimbeni, cav. Guasti, prof. Panerai, prof. Cineri, comm. Senatore Antonio Civelli, nobile Amerighi, prof. Cav. Del Badia, Ing. Cav. Vantini, prof. Lasinio, prof. Pio Rejas, prof. Rondoni, cav. Ing. E. Vitta, consigliere comunale, prof. Pellegrini, prof. Grandi, consigliere comunale, prof. Grandi, prof. Papa, per la nuova Associazione fra gl'insegnanti delle Scuole Medie, Don Chiti, prof. F. Scerto, tenente generale Ademollo, prof. G. Falorni, dott. Demetro Marzi.
Prof. V. Rossi, cav. Gandolfi, padre Manni delle Scuole Pie, prof. Socci, cav. Bargagna, comm. Brichieri Colombi, dott. Guerri, prof. Fani, canonico di S. Lorenzo, conte Bombicci Pontelli, ing. Martini, rappresentante la Giunta Comunale di San Miniato, comm. D'Ambrosio, Provveditore agli Studii, cav. Procacci pei Georgofili, cav. Betti consigliere comunale, avv. Corso Donati, prof. Giovanni Del Greco, assessore comunale, prof. Grattarola, ing. Squarcialupi, prof. Augusto Piccini, marchese Farinola, prof. Consolo, cav. Tordi, avv. Lamberti cons. del Bigallo, prof. Landi, cav. Dott. Barni, prof. Pacini, sacerdote Bertoni dei Salesiani, padre Bonaventura da Calamecca, dott. Capei, prof. Randi, prof. Andreini, avv. Gori, canonico Brunori per mons. Cammilli, Vescovo di Fiesole, consigliere comunale Raffaello Torricelli, cav. Persico, presidente del tribunale, prof. Ecobar, padre Luddi, A. Cini, cancelliere di Corte d'Appello, cav. Nardini, dott.Petrocchi, sig. Augusto Balzani, rag. Gabrielli, cav. Plinio Nelli, dott. Bordoni, prof. Alfani, profess. A. Calosci, prof. Casella, dott. Cav. L. Nesti, dott. Bargioni, prof. Bacci, avv. Martini, ispettore scolastico cav. Leoni, cav. Baldini, comm. Silvestri, consigliere di Cassazione, senatore Del Bei primo presidente della Corte di Cassazione, consigliere comunale Parrer, prof. Kienerk, cav. Bruschi, prof. Bruscaglioni.
Sacerdote P. Bertolini parroco di San Piero alle Fonti e F. Ronchi rappresentanti il paese natìo di A. Conti, padre Agostino Turelli rappresentante il Seminario di S. Miniato, maestro Pasquale Mori rappresentante delle Scuole Elementari di S. Miniato, Cerretelli e Monchi rappresentanti la Società Filarmonica della Scala (Fonti), ragioniere Volpini per la Misericordia di San Miniato, sig. Lombardi per il Comune di Siena, per il Circolo Filologico Senese e per la Commissione Senese di Storia Patria, Barcini per l'Armonia Cattolica, M. Martone per il Circolo Universitario Cattolico di Pisa, sig. Benvenuti per la Misericordia di Fucecchio, cav. Penza, prof. Taviani, prof. Del Vecchio, don Giuggioli parroco, prof. Battelli, Ginnasio di S. Miniato, avv. Formichini, Cassa di Risparmio di S. Miniato, cav. Filippo Foianesi di Pisa, dott. Giuntoli, avv. Ringrossi, avv. Giannotti, prof. Nesei, prof. Remorino, prof. Gennaioli, don Calorini priore di San Gaetano, prof. Lavantini-Pieroni, prof. Francesco Passerini, colonnello Pecchioli, marchese Da Passano, comm. Hermitte procuratore generale, prof. Morici, anche a nome del prof. M. Billia di Torino.
Erano rappresentati anche la Società Cantonieri e Giardinieri, Terziari Francescani di Montughi, dott. Comm. Giuseppe Sacchetti dell'Unità Cattolica, il senatore principe Piero Strozzi, dott. Gatteschi, consigliere comunale e tanti altri.
Al corteo presero parte anche numerosi terziari, la banda Rossini, i Veterani, l'Istituto Superiore, la “Corda Fratres”, la Società di Belle Arti, l'Istituto Musicale, l'Istituto Demidoff con alcuni alunni, la Gioventù Cattolica, la rappresentanza della filarmonica di Villa Fonti con bandiera, la rappresentanza della Società del Giuseppini, della Associazione cattolica popolare, il Comutato parrocchiale di San Marco Vechio, l'Istituto della Quercia, il collegio Cavour, le Scuole Pie, l'Istituto galileo, le Calasanzane di San Niccolò.
Seguiva il carro letteralmente coperto di corone.
Fra le più grandiose notiamo quelle dell'Accademia della Crusca, Municipio di San Miniato, famiglia Alfani, famiglia Formichini, famiglia Halay, famiglia Lupi e tante altre.
Sul feretro era stata posta la corona della famiglia.
Dirigeva l'imponente corteo, il rag. Ugo Billi, amico di famiglia.
Il corteo percorse via Marsilio Ficino, Piazza Savonarola, via Pier Capponi, Regina Vittoria, Pisana Cavour, via dei Martelli e Piazza del Duomo fino alla Cappella della Misericordia.
Lungo il percorso faceva ala una fitta folla che al passaggio del feretro si scopriva commossa e reverente.
Nella spontanee, affettuose, solenni attestazioni di amore e di universale rimpianto, che ebbero l'importante significato di una vera, meritata apoteosi, Firenze si è raccolta, in mirabile unione, per porgere allo spirito eletto di Augusto Conti, in nome di tutta l'Italia riconoscente e superba di tanto figlio, l'omaggio della devozione perenne dovuta al maestro e al cittadino la cui fama non morrà.

***

L'onor. Rosadi ha così telegrafato da San Miniato al nipote del prof. Conti:
Trattenuto qui nella patria di tuo zio, partecipo col più vivo sentimento alle sue giuste onoranze. Scusami presso famiglia.
Rosadi”

Estratto da «La Nazione» del 10 marzo 1905, p. 2:

In memoria di Augusto Conti

La tumulazione delle salma
Ieri sera dopo la cerimonia nella Cappella della Misericordia, la salma fu trasferita al Cimitero di S. Miniato al Monte. Quivi fu deposta nella Cappella ove riposa la signora Emilia Piamonti-Norsa, suocera della figlia del Conti.
Stamani, celebrate alcune messe in quella Cappella, le mortali spoglie di Augusto Conti furono trasferite alla loro estrema dimora, accompagnate da alcuni parenti e da numerosi amici, che, singhiozzando, vollero dare l'ultimo addio al venerato vegliarde.
Notavansi la figlia, che volle cospargere di fiori la fosse ove trovansi oramai raccolte sua madre e suo padre, il nipote avv. Conti col figlio Leopoldo, il genero, il molto reverendo padre Antonino Luddi dei predicatori, il dott. Pieragnoli, il prof. Alfani, la signora Zonbow, la contessa Robilant e figlie, l'avv. Formichini, il cav. Ciardi-Duprè, la signora Amalia Duprè, la signora Ida Nesti-Bargioni, il nobile signor Giov. Vittorio Poggi, la signorina Biraghi, la nobile signora Eleonora Simonetti, il signor Antonio Rossi e il prof. Aldini, nonché alcune suore e alcuni padri del vicino Convento del Monte alle Croci.
Commovente riescì, nella sua semplicità questa mesta funzione compiuta sotto il vivido raggio di quel sole, a cui sempre anelava Augusto Conti, anche negli ultimi giorni di sua vita, poiché gli occhi semispenti di lui godevano sempre il beneficio della luce e quella ognora cercavano.

R. Istituto di Belle Arti
Il prof. Arturo Calosci rappresentava, nelle funebri onoranze, l'Istituto di Belle Arti, che mancò pure la sua bandiera.

R. Accademia dei Georgofili
Dal Vice-Presidente avv. Postellini era rappresentata la R. Accademia dei Georgofili, nel trasporto funebre.

I Successori Le Monnier
I Successori Le Monnier che pubblicarono la maggior parte delle opere di A. Conti, erano rappresentati al trasporto dell'illustre filosofo, dal cav. Villoresi, direttore della Casa.

Estratto da «La Nazione» del 11 marzo 1905, p. 2:

In memoria di Augusto Conti

L'atto di nascita
SAN MINIATO, 9 (Esse) – Sul libro dei battezzati nell'anno 1822, che conservasi nell'Archivio parrocchiale della nostra Cattedrale, leggasi questa registrazione del battesimo di Augusto Conti:
A dì 6 dicembre 1822
Conti Augusto, Niccola, Antonio del signor Natale, del signor Niccola Conti possidente e della signora Maria Anna del fu Francesco Passetti S. L. C. (sua legittima consorte) nato alle ore 5 della sera antecedente. Popolo di S. Pietro alle Fonti, compare il signor Niccola Conti.”

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