martedì 24 dicembre 2019

25 LUGLIO 1943 A SAN MINIATO: LA CADUTA DI MUSSOLINI

a cura di Francesco Fiumalbi

IL CONTESTO ITALIANO
L’Italia si trovava in una situazione militare disastrosa: dopo le disfatte in Africa Settentrionale (su tutte El Alamein del 23 ottobre 1942), che avevano segnato la perdita delle colonie, gli Alleati avevano iniziato l’occupazione del territorio nazionale, con la resa di Pantelleria (11 giugno 1943) e l’invasione della Sicilia, iniziata il 10 luglio 1943. Il 19 luglio le forze aeree anglo-americane avevano bombardato Roma, provocando la morte di oltre 700 civili e il ferimento di oltre 1600 persone. Anche Pio XII, commosso da quanto accaduto, accorse nel quartiere di San Lorenzo a dimostrare la propria vicinanza alla popolazione. Questo avvenne mentre Mussolini stava incontrando Hitler a Feltre.

La prima pagina del Corriere della Sera
Anno LXVIII, n. 177 del 26 luglio 1943 – Edizione della Mattina

LA SEDUTA DEL GRAN CONSIGLIO E
L’ORDINE DEL GIORNO GRANDI
Nella notte fra il 24 e il 25 luglio 1943, durante l’ultima riunione del Gran consiglio del fascismo a Palazzo Venezia – che non si riuniva dal 7 dicembre 1939 – fu approvato il cosiddetto “Ordine del Giorno Grandi”. Al tavolo sedeva anche l’on. Guido Buffarini Guidi, pisano, che era stato più volte a San Miniato, come nell’occasione dell’inaugurazione del Padiglione Montegrappa nel 1936. Di seguito il testo approvato:

Il Gran Consiglio del Fascismo riunendosi in queste ore di supremo cimento, volge innanzi tutto il suo pensiero agli eroici combattenti di ogni arma che, fianco a fianco con la gente di Sicilia in cui più risplende l'univoca fede del popolo italiano, rinnovando le nobili tradizioni di strenuo valore e d'indomito spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate, esaminata la situazione interna e internazionale e la condotta politica e militare della guerra proclama il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere ad ogni costo l'unità, l'indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni dal Risorgimento ad oggi, la vita e l'avvenire del popolo italiano; […] dichiara che a tale scopo è necessario l'immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali; invita il Governo a pregare la Maestà del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché Egli voglia per l'onore e la salvezza della Patria assumere con l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare, dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia.

GLI EFFETTI DELLA VOTAZIONE
La storiografia si è a lungo interrogata sui tanti “perché?” dell’ordine del giorno presentato da Dino Grandi. Si trattò del suicidio politico dello stesso regime fascista? Fu un colpo di stato delle forze militari appoggiato dalla Corona? Molto probabilmente si trattò di entrambe le cose assieme [in proposito E. Gentile, 25 luglio 1943, Ed. Laterza, Roma-Bari, 2018]. Sta di fatto che, il giorno successivo, Mussolini andò a colloquio con Vittorio Emanuele III. Il monarca comunicò al duce la sua sostituzione da Capo del Governo con il Gen. Pietro Badoglio e all’uscita da Villa Savoia fu tratto in arresto dai Carabinieri Reali. Alle 22.45 del 25 luglio 1943, furono interrotte le trasmissioni radiofoniche e venne dato il seguente comunicato:

Sua Maestà il Re e Imperatore ha accettato le dimissioni dalla carica di Capo del Governo, Primo ministro, Segretario di Stato di Sua Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini, ed ha nominato Capo del Governo, Primo ministro, Segretario di Stato, il Cavaliere, Maresciallo d'Italia, Pietro Badoglio.

Un annuncio stringato che voleva significare una sola cosa: era la fine del regime fascista. Ciò portò il nuovo Governo a sottoscrivere l’Armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943. Durante i quaranta giorni che andarono dalla caduta di Mussolini alla notizia della resa italiana, le forze Alleate cercarono di forzare il negoziato e di affrettare l’Italia verso una rapida risoluzione, attraverso drammatiche azioni di bombardamento sulle principali città italiane. Alla fine giunse il knock Italy out, che ebbe come conseguenza l’occupazione tedesca sull’Italia centro-settentrionale, la nascita della Repubblica Sociale Italiana e infine la guerra civile. L’Italia usciva militarmente dalla guerra, ma la guerra per gli italiani era tutt’altro che finita.

La prima pagina de La Stampa
Anno LXXVII, n. 177 del 26 luglio 1943 – Edizione della Sera

GLI EFFETTI A SAN MINIATO
La radio era uno strumento abbastanza diffuso in città e la notizia dell’avvicendamento al Governo fu diffusa rapidamente. Soltanto i contadini, coloro che abitavano in campagna, probabilmente rimasero all’oscuro fino al giorno successivo. In ogni caso, l’avvenimento destò molto scalpore, tanto in coloro che erano rimasti fino a quel momento vicini al regime e che non si aspettavano, dopo oltre 20 anni, una fine così rapida e immediata, quanto in coloro che bramavano la fine del fascismo e che furono colti anch’essi praticamente alla sprovvista.

Nel volume San Miniato durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Documenti e cronache [Amministrazione Comunale e Biblioteca Comunale di San Miniato, Giardini Editori, Pisa, 1986, p. 76] sono riportate alcune preziose testimonianze che erano state raccolte in formato audio, su bobina, e conservate presso l’Archivio Storico. Di seguito un breve sunto.

Don Luciano Marrucci ricordò che si trovava al Bar Cantini, quando giunse la notizia della caduta di Mussolini. Subito scoppiarono manifestazioni spontanee di gioia, come una liberazione. I fascisti sanminiatesi rimasero in silenzio, accusando il duro colpo. Il giorno successivo, come ricordato da Alberio Falaschi, un gruppo di persone andò a rimuovere le insegne, i simboli del fascio littorio. Furono prese le scale e fu rimosso il simbolo che campeggiava su Palazzo Piccolo, allora sede del PNF, come indicava l’iscrizione “Palazzo Littorio”. Assieme a lui c’era Bruno Gozzini, il quale ebbe la prontezza di afferrare la macchina fotografica e di immortalare il momento in cui avvenne la rimozione, appostato sulla porta del negozio dello zio. Mario Caponi, impiegato alla Cassa di Risparmio, ricorda il clima di agitazione e di fermento che si respirava attraverso le strade sanminiatesi. A Ponte a Elsa, la notizia della caduta di Mussolini colse le persone mentre si trovavano al cinematografo. Mariano Mannucci, presente in quel momento, ricordò che le persone uscirono immediatamente dalla sala e si ritrovarono, assieme ad altri, davanti al bar “da Bianchina”. I presenti intonarono Fratelli d’Italia.

In ogni caso, le autorità governative si preoccuparono di mantenere un clima il più possibile "normale", tenuto conto dello stato di guerra, raccomandando altresì la regolarità dei servizi. La preoccupazione maggiore, evidentemente, riguardava l'ordine pubblico e la possibilità di scioperi indiscriminati o di plateali azioni di protesta, tanto da parte dei fascisti che potevano sentirsi traditi dalla Corona, quanto da parte degli antifascisti che potevano approfittare della situazione delicata. In un momento come quello, con il primo avvicendamento ai massimi livelli dello Stato dopo circa un ventennio e le trattative per la resa italiana ormai avviate con gli Alleati, si capisce come tali raccomandazioni andassero nella direzione di far apparire il Governo Badoglio come un esecutivo saldo, in grado di controllare il Paese e dunque capace di porsi come un interlocutore più che credibile nei confronti delle potenze occidentali, che ormai avevano occupato parte della Sicilia e che lavoravano per il knock Italy out.

Presso l'Archivio Storico del Comune di San Miniato è conservato un telegramma inviato dal Prefetto di Pisa il giorno 26 luglio 1943 alle ore 2.30 del mattino a tutti i podestà della Provincia e dunque anche a quello di San Miniato [ASCSM, Archivio Postunitario, Carteggio per categorie, 1943, F200S062UF176], il cui testo è riportato di seguito:

1001 gab. Nell'attuale momento vostra opera deve essere più che mai rivolta ad assicurare tutela op. et regolarità servizi. Alt. Nessuno deve turbare in qualsiasi modo op. et vita nazionale in guerra e provvedere massima energia et reprimere qualsiasi infrazione. Alt. Conto su vostro personale impegno. Alt.
Prefetto Berruti 

Di seguito le immagini scattate da Bruno Gozzini e altre fotografie relative al Palazzo Littorio:

Abbattimento dei simboli fascisti sul Palazzo Littorio
San Miniato, via IV novembre – 26 luglio 1943
Foto scattata da Bruno Gozzini

Abbattimento dei simboli fascisti sul Palazzo Littorio
San Miniato, via IV novembre – 26 luglio 1943
Foto scattata da Bruno Gozzini


Palazzo Littorio a San Miniato, via IV novembre

In una cartolina degli anni '30 del XX secolo


Palazzo Littorio a San Miniato, via IV novembre
Particolare della scritta e dei simboli fascisti


In una cartolina degli anni '30 del XX secolo


Palazzo Piccolo, già Palazzo Littorio
come si presenta oggi
Foto di Francesco Fiumalbi

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