sabato 21 dicembre 2019

I FATTI DI SARZANA NEL RESOCONTO DEL FASCIO SANMINIATESE

a cura di Francesco Fiumalbi

INTRODUZIONE
Il 21 luglio 1921, presso Sarzana – all’epoca in Provincia di Genova, poiché la Provincia di  La Spezia venne istituita nel 1923 – si verificano dei gravissimi scontri armati tra squadre d’azione fasciste, Carabinieri Reali ed elementi della Guardia Regia, che vanno sotto il nome de “I fatti di Sarzana”. L’episodio, per la sua gravità, ebbe una vasta eco sulla stampa nazionale. Nella città ligure, infatti, si erano concentrate squadre provenienti da tutta la Toscana, fra cui anche un gruppo da San Miniato, capeggiato da Giulio Giani. Tra l’altro a Sarzana rimase gravemente ferito il sanminiatese Guido Baglioni. Al rientro il fascio sanminiatese pubblicò un resoconto sulle colonne del periodico sanminiatese «La Vedetta», il cui testo è proposto più avanti.

Epigrafe a memoria dei fatti di Sarzana
Municipio di Sarzana
Immagine tratta da Wikipedia Commons

IL CONTESTO NAZIONALE
Fino agli inizi del 1921 la Liguria non aveva ancora conosciuto la brutalità fascista, che veniva giustificata come reazione alle violenze dei socialisti. La stagione di violenza e squadrismo, definita dalla storiografia come una vera e propria “Guerra Civile”, fu inaugurata con i fatti di Palazzo d’Accursio a Bologna il 20 novembre 1920 e poi proseguita con quelli di Ferrara il 20 dicembre successivo [in proposito si veda F. Fabbri, Le origini della guerra civile, UTET, Torino, 2009]. La situazione cambiò a partire dalla nascita del Partito Comunista dalla scissione di Livorno del 21 gennaio 1921 e dal successivo congresso regionale dei fasci, che si tenne a Genova il 6 marzo 1921. Da quel momento iniziarono a sorgere sezioni locali in tutta la regione. Nel maggio 1921 si svolsero le seconde elezioni del primo dopoguerra, con il PNF che aveva aderito ai “Blocchi Nazionali” di Giovanni Giolitti ed era riuscito ad eleggere 30 deputati guidati da Benito Mussolini. Nei mesi che precedettero e in quelli che seguirono la consultazione elettorale avvenne una vera e propria escalation di violenze, a partire dalle regioni della pianura padana, per poi estendersi alla Liguria e al Centro Italia.

Il Municipio di Sarzana
Foto di Francesco Fiumalbi

LA SITUAZIONE A SAN MINIATO
A San Miniato e nel Valdarno Inferiore, dopo i Fatti di Empoli del 1 marzo 1921, imperversavano ormai le azioni fasciste. Il fascio sanminiatese si costituì il 5 marzo, per iniziativa di Taddei, Renato Salvadori, Sabatino Novi, Bruno Bencini [G. A. Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista 1919-1922, vol. III, 1921, Vallecchi, Firenze, 1929, p. 158]. Le Amministrazioni Comunali furono sciolte (Empoli, Fucecchio, Santa Croce, Montopoli) o costrette alle dimissioni (San Miniato, 21 aprile 1921) e quindi commissariate.
Tra i fascisti sanminiatesi della prima ora spiccò la figura di Giulio Giani, che partecipò ai fatti di Sarzana. Nato a San Miniato nel 1900, di professione medico, reduce della Prima Guerra Mondiale, morì in Tunisia nel 1943. Subito dopo la Grande Guerra si distinse a San Miniato per la sua adesione ai Fasci di Combattimento e in breve fu eletto Segretario Politico del PNF. Suo, ad esempio, è il resoconto della mobilitazione sanminiatese nei giorni della cosiddetta “Marcia su Roma” apparso sul periodico sanminiatese «La Voce Fascista». In proposito si veda il post 30 OTTOBRE 1922 A SAN MINIATO: QUANDO MUSSOLINI ANDO’ AL GOVERNO. L’altro sanminiatese, che rimase ferito a Sarzana, si chiamava Guido Baglioni [1894-1963], abitante San Miniato e di professione ciabattino. All’epoca dei fatti aveva 28 anni. Pur essendo fra i primi sanminiatesi che aderirono al fascismo, durante il ventennio non ricoprì ruoli direttivi e non mostrò atteggiamenti oltranzisti, tanto che, a differenza di altri, nel Secondo Dopoguerra non subì particolari conseguenze [R. Boldrini, Dizionario Biografico dei Sanminiatesi (secoli X-XX), Comune di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2001, p. 26].
In ogni caso, si può affermare che a partire dalla primavera del 1921 la sezione sanminiatese dei fasci di combattimento poteva muoversi e agire indisturbata, partecipando ad “azioni” e violenze sia in ambito locale che nel resto della Toscana ed oltre, frenata solamente dall’operato moderato del Commissario Prefettizio Attilio Masiani.

San Miniato, La Rocca Medioevale
in un'immagine dell'epoca (anni '20-'30 del '900)
Utilizzo ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633

LA SITUAZIONE A SARZANA
I Fatti di Sarzana avvennero al culmine di una serie di violenze e scontri. Il 17 luglio 1921 nella vicina città di Carrara era stata organizzata una spedizione punitiva da parte dei fascisti locali, i quali si recarono in località Monzone, dove trovarono Comunisti, Anarchici e Repubblicani pronti a fronteggiarli. Il conflitto tra le opposte fazioni aveva determinato la morte di due uomini e il ferimento di altre sette persone. Nel medesimo giorno, la spedizione raggiunse Santo Stefano Magra, dove rimase uccisa un’altra persona. Durante il ritorno a Carrara, altre violenze determinarono la morte di un fascista e di un operaio. A questi fatti seguirono rappresaglie comuniste, fra cui un attentato dinamitardo al direttore dell’impresa Walder a Monzone, oltre all’intervento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza che dispose l’arresto di numerosi squadristi, fra cui Renato Ricci, capo dei fascisti di Carrara, rientrato dopo la fine dell’esperienza fiumana con D’Annunzio. I fascisti consideravano Sarzana il covo dei comunisti e degli elementi sovversivi, potendo contare sull’amministrazione socialista guidata dal Sindaco Pietro Arnaldo Terzi. Per questo le camicie nere iniziarono a meditare una spedizione nella città, coinvolgendo le sezioni di tutta la Toscana, allo scopo di liberare Ricci e gli altri squadristi che si trovavano detenuti presso il carcere ricavato all’interno della Fortezza di Firmafede [«Corriere della Sera», Anno XLVI, n. 174 del 22 luglio 1921, pp. 1-2].

Renato Ricci al comando di una squadra di camicie nere nel 1922
Immagine tratta da G. A. Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista 1919-1922,
vol. IV, 1922, Vallecchi, Firenze, 1929, p. 379.
Utilizzo ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633

I FATTI DI SARZANA
Nella notte fra il 20 e il 21 luglio 1921, circa 600 fascisti provenienti dalla Toscana, si erano radunati presso la piazza della Stazione ferroviaria di Sarzana, guidati da Amerigo Dumini, tristemente noto per le violenze e i crimini di cui si rese protagonista, fra cui il sequestro e l’uccisione di Giacomo Matteotti nel 1924 [G. Borgognone, Come nasce una dittatura. L’Italia del delitto Matteotti, Ed. Laterza, Roma-Bari, 2012]. Nonostante il blocco delle vie d’accesso alla città, operato dalle forze dell’ordine, gli squadristi avevano avuto gioco facile costeggiando la linea ferroviaria. Molti erano armati di fucili e bombe a mano. La marcia durò fino alle prime ore, poi all’alba, radunati presso la stazione, i fascisti cominciarono a disporsi in centurie, ovvero in formazioni da combattimento. Prontamente vennero formati cordoni di sicurezza da parte dei Carabinieri, guidati dal Capitano Guido Jurgens, e da elementi della Guardia Regia. Tuttavia, i fascisti provocarono le forze dispiegate dall’Autorità di Pubblica Sicurezza, attraverso una serie di violenze e provocazioni. La forza pubblica fu costretta a ricorrere all’uso delle armi, uccidendo diversi squadristi. A quel punto, nel parapiglia generale, i fascisti furono caricati a forza sui treni in partenza e in transito, e quindi furono allontanati dalla città. A complicare ulteriormente il quadro fu l’intervento di alcuni elementi comunisti – i quali si erano a loro volta organizzati in formazioni di combattimento – che cercarono di accanirsi sugli squadristi che si stavano allontanando dopo la malaparata, in una vera e propria “caccia” al fascista. Complessivamente persero la vita 14 fascisti e un militare, mentre decine furono le persone rimaste ferite. [«Corriere della Sera», Anno XLVI, n. 174 del 22 luglio 1921, pp. 1-2; G. A. Chiurco, Storia della Rivoluzione Fascista 1919-1922, vol. III, 1921, pp. 459-468].
Il 22 luglio 1921 i principali quotidiani nazionali davano spazio all’Ordine del Giorno diramato da Cesare De Vecchi – futuro quadrumviro – al termine della riunione dei rappresentanti del Consiglio Nazionale dei Fasci di Combattimento: Il Consiglio Nazionale dei Fasci di combattimento, dinanzi al selvaggio eccidio dei fascisti a Sarzana, manda un commosso saluto alle vittime e ai feriti, e, mentre reclama la punizione immediata dei colpevoli, ritiene responsabile il Governo per le direttive recentemente impartite alle autorità di P. S.. In conseguenza di ciò, i fascisti deliberarono l’immediata interruzione delle trattative per la pacificazione con i Socialisti, di cui si era fatto intermediario e garante il Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi. Dopo la presa di potere del fascismo, all’interno del Municipio di Sarzana fu eretto un apposito “sacrario” per la commemorazione dei “martiri” sarzanesi della rivoluzione fascista, poi demolito nel 1945.

La prima pagina de «La Stampa», anno LX, n. 173 del 22 luglio 1921
Con la notizia del grave episodio di Sarzana

IL RESOCONTO DEL FASCIO SANMINIATESE:
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Il racconto de “I fatti di Sarzana” da parte del fascio sanminiatese dimostra la grande organizzazione del movimento dei Fasci di Combattimento che diventerà Partito Nazionale Fascista il 9 novembre 1921. Un’organizzazione che, evidentemente, non si reggeva solamente sulle forze dei singoli aderenti, ma anche su finanziamenti di maggiorenti dell’industria e dell’agricoltura. D’altra parte, come potevano i giovani sanminiatesi, come Giulio Giani e Guido Baglioni, trovarsi alle 2 di notte sulla spiaggia di Marina di Carrara, a circa 100 km dalla propria abitazione? E non solo, oltre a numerosi squadristi fiorentini, sono documentate camicie nere provenienti da Empoli, Fucecchio, Santa Croce e Santa Maria a Monte. E’ chiaro che disponessero di mezzi non comuni per i singoli, come i veicoli a motore per il trasporto delle persone, carburante, generi alimentari, oltre ad armi bianche, moschetti, etc.
Drammaticamente interessante, poi, notare come una formazione politica, potesse liberamente esprimere il proprio punto di vista e muovere accuse contro la forza pubblica, benché avesse partecipato ad un’azione sovversiva contro l’Autorità di Pubblica Sicurezza, al fine di ottenere la liberazione degli squadristi di Carrara che erano stati arrestati per i gravi episodi dei giorni precedenti. Ciò dimostra il clima di assoluta impotenza dello Stato di fronte al dilagare della violenza. In alcuni casi, all’impotenza si accostò anche la connivenza di molti uomini dello Stato (non tutti!), fra cui prefetti, uomini politici e forze di pubblica sicurezza.
Insomma il resoconto, oltre a rappresentare una testimonianza storica dei Fatti di Sarzana – sebbene si tratti di un racconto di parte – dimostra come i fascisti si sentissero autorizzati e legittimati a compiere violenze, dato il clima di assoluta impunità, tanto che l’arco temporale che va dal “Biennio Rosso” (1919-20) alla marcia su Roma (1922) viene indicato dalla storiografia come il periodo della “Guerra Civile” [F. Fabbri, Le origini della guerra civile. L’Italia dalla Grande Guerra al fascismo, 1918-1921, Utet, Torino, 2009, pp. 404-611].

La Fortezza di Firmafede a Sarzana
Foto di Francesco Fiumalbi

Di seguito la trascrizione del testo del fascio sanminiatese, estratto da «La Vedetta», anno III, n. 30 del 31 luglio 1921, pp. 2-3.

ECHI DEI FATTI DI SARZANA
Riceviamo e, pregati, pubblichiamo quanto segue

Fascio Samminiatese di Combattimento
Comunicato del Direttorio
sull’eccidio di Sarzana

S. Miniato, 22-7-921
Mercoledì notte, una colonna Fascista, mossasi da Marina di Carrara alle ore 1,30 circa, costeggiando dapprima il mare, indi marciando attraverso sentieri campestri, ed in ultimo ai lati della ferrovia, giungeva alle 5 del mattino in prossimità di Sarzana.
Obiettivo e movente, una dimostrazione di Italianità e di forza nella città che ci aveva provocato nei modi ormai noti, negli ultimi giorni.
I Fascisti Samminiatese in numero di 6, aggregati alle squadre degli altri Fasci del Circondario, erano col grosso della colonna, ed avevano alle spalle la retroguardia dei fasci Pisani.
Giunti a Sarzana senza incidenti di sorta, nonostante fosse noto che era preparata un’imboscata nei pressi di Luni, ove si diceva essere un mulino presidiato da 150 arditi del popolo tutti armati di moschetto, uscirono i fascisti parte dalla porta della stazione, parte scavalcati i cancelli del passaggio a livello, dal lato sinistro della stazione stessa.
Particolare degno di nota: durante la marcia sebbene non si fosse osservata traccia di arditi del popolo, ogni casolare mostrava i lumi accesi nel suo interno.
Le due colonne ricongiuntesi sul piazzale della Stazione mentre senza sospetto stavano ordinatamente inquadrandosi, una raffica di fuoco a volontà che si protrasse per oltre tre minuti fece indietreggiare i fascisti: contemporaneamente tutte le sirene di Sarzana chiamavano a raccolta i comunisti armati.
I fascisti in parte si rifugiarono nel fabbricato della stazione, in parte, osservato che il ponte che sta sopra la ferrovia rimaneva quasi come in angolo morto e quindi immune dalla spietata fucileria dei carabinieri e delle guardie regie, attraversò il ponte stesse e si dette alla campagna.
Fra questi ultimi il fascista Baglioni Guido, il fascista Ten. Giani Giulio che comandava la squadra Samminiatese inviata, il Segretario Politico del Fascio di Fucecchio Ten. Marradi, il Segretario Politico del Fascio di Pietrasanta Ten. Papini, il Segretario del Fascio di Marina di Carrata e molti altri giovani dei Fasci di S. Maria a Monte e S. Croce.
Circondati dagli arditi del popolo e mitragliati da guardie regie, visto inutile ogni tentativo di ulteriore resistenza, quasi ultimi dovettero la loro salvezza all’essersi in tempo arresi ai militi della Guardia Regia schierati lungo una strada e comandati da un Sottotenente di quell’arma.
Ciò non impedì che il fascista Baglioni Guido ricevesse tre ferite d’arma da fuoco, due da mano comunista, una da moschetto di regia guardia alla faccia ed alla regione scapolare sinistra, per fortuna tutte di lieve entità.
Biasimevolissimo fu il contegno della Regia Guardia verso i prigionieri che vennero in principio trattati malamente, e disarmati tenuti esposti all’ira dei comunisti, che chiesero anche il permesso al tenente suddetto di «scaricare una diecina di fucilate su questi schifosi».
Particolare degno di nota: più volte squadre di arditi del popolo dettero informazioni e ricevettero ordini da militi e dal tenente della Regia Guardia.
All’ultima frase anzi, che sopra riportiamo, il tenente si limitò a dire che ai fascisti ci avrebbe pensato lui, e pregò solamente gli arditi del popolo di allontanarsi.
Senonché alcuni ex ufficiali fra i fascisti prigionieri, avendo udito che ad un fascista compagno di prigionia obiettante perché come si disarmavano i fascisti non si disarmassero gli arditi del popolo, era stato risposto che i comunisti erano in pieno diritto di difesa, mostrate le tessere del R. Esercito fecero osservare la loro meraviglia ed il loro risentimento per quanto accadeva, e rammentando alcuni capitoli del regolamento sul servizio di Pubblica Sicurezza, ottennero di esser condotti in luogo più sicuro.
Il fascista Baglioni fu dalle Guardie Regie scortato all’ospedale di Sarzana.
Il Comandante della squadra Sanminiatese e gli altri fascisti prigionieri inquadrati fra Guardie Regie stavano per esser condotti alle carceri Sarzanesi, ma sulla piazza della stazione il pronto accorrere di Dumini e Banchelli e degli altri fascisti colà rifugiatisi ne ottenne l’immediato rilascio.
Due ore dopo circa, sul treno che passa alle 9 ½ da Sarzana, proveniente da Spezia e diretto a Pisa, previo permesso dei comandanti la spedizione i fascisti sanminiatesi meno il Baglioni, dopo lotta a rivolverate da Sarzana fino ad Avenza sostenuta contro Arditi del popolo armati di fucile e di moschetto e scaglionati lungo la ferrovia, giungevano a S. Miniato alle ore 1 di giovedì ultimo decorso.
Particolare degno di nota: un fascista prima di imbarcarsi aveva domandato ad un capitano della Guardia Regia se la linea era sicura: fu risposto che sì e che era anche inutile mandare pattuglie in perlustrazione. Perché allora il fuoco cominciò al I casello?
Il Fascio Sanminiatese di Combattimento per bocca dei superstiti smentisce formalmente che primi a sparare sieno stati i fascisti; ogni fascista prima della partenza aveva fermamente dichiarato ai capi che non avrebbe sparato sulla forza a costo della morte e la morte riconfermò infatti i generosi.
LA COMMISSIONE ESECUTIVA

Il Fascista Baglioni Guido
che riportò tre ferite nei luttuosi fatti di Sarzana, trovasi ora degente nei nostri RR. Spedali, amorevolmente assistito, come non lo era, a quanto si dice, nello Spedale di Sarzana.
Ci è grato augurargli sollecita e completa guarigione.

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