sabato 7 gennaio 2012

BASETTONE (prima parte) - La celebrazione di Canapone

di Francesco Fiumalbi
La statua del “Canapone” è da annoverare, sicuramente, fra le cose più care ai sanminiatesi. Il motivo di tale affezione è da ricercarsi nel suo essere parte integrante, da quasi due secoli, della vita cittadina. La statua è, infatti, il baricentro di Piazza Buonaparte, crocevia obbligato per chi intende recarsi nella parte orientale di San Miniato. Il simulacro del Granduca Leopoldo II è anche il simbolo di un’epoca, dei suoi momenti celebrativi che si sono concretizzati in modalità e forme che oggi ci fanno anche un po’ sorridere, basta pensare alla veste o alle enormi basette che adornano il viso del regnante! Curioso anche l’affettuoso soprannome dedicato al Granduca, che è dovuto al color canapa dei suoi capelli.

Ormai corrosa dagli agenti atmosferici e dai gas di scarico degli autoveicoli che quotidianamente vi passano al di sotto, la statua è stata inserita nell’elenco delle opere che il Comune di San Miniato intende “dare in adozione”, affinché possa essere degnamente restaurata.
Lo scorso novembre 2011, un folto gruppo di cittadini coadiuvati dalle Associazioni “Moti Carbonari”, Architettura e Territorio “Lanfranco Benvenuti” e “Territorio Teatro” e dal gruppo Smartarc, si è radunato presso l’ex-frantoio di San Domenico, in via Ser Ridolfo a San Miniato, per valutare eventuali iniziative e lanciare l’idea di una sottoscrizione popolare.
Anche Smartarc darà il proprio contributo, cercando di raccontare le vicende storiche legate al simulacro del Granduca Leopoldo II.

Piazza Buonaparte, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

In questa prima parte cercheremo di approfondire il contesto storico entro cui si colloca l’episodio scultoreo sanminiatese.
La grande scultura celebrativa dell’Ottocento, in Toscana, non appariva proprio come una novità assoluta. I precedenti toscani non mancavano, anche se racchiusi, temporalmente, nella parentesi cinque-seicentesca che vide il Granduca Cosimo I de’ Medici e il figlio Ferdinando I molto attivi nel promuovere la rispettive figure. Solo per citare le opere più conosciute: la statua di Cosimo I in Piazza dei Cavalieri a Pisa scolpita da Pietro Francavilla, la statua equestre di Cosimo I in Piazza della Signoria a Firenze e la statua di Ferdinando I davanti alla Cattedrale di Arezzo realizzate dal Giambologna; la statua detta “dei Quattro Mori” di Ferdinando I in Piazza Micheli a Livorno realizzata da Giovanni Bandini; la statua equestre di Ferdinando I in Piazza Santissima Annunziata a Firenze, anch’essa opera del Giambologna.

Pisa, Piazza dei Cavalieri, con la statua di Cosimo I de’Medici
Foto di Francesco Fiumalbi

Anche Maria Maddalena d’Austria, moglie di Cosimo II de’Medici e Arciduchessa reggente, fu immortalata nella pietra. L’unico esempio conosciuto è proprio a San Miniato, realizzato dal Susina e che abbiamo trattato nel post: MARMO BIANCO.
Per circa due secoli, arco temporale che possiamo complessivamente definire come il periodo barocco, il filone della scultura toscana celebrativa e autocelebrativa sembra esaurirsi. Non conosce crisi, invece, la grande ritrattistica. C’è da dire che, anche se in questi due secoli fossero state realizzate sculture di questo tipo, è assai probabile che queste siano state distrutte dall’esercito rivoluzionario francese, capeggiato dal giovane Napoleone, alla fine del ‘700. Una fine del genere, per esempio, toccò anche alla statua sanminiatese di Maria Maddalena d’Austria. A livello puramente generale, nella seconda metà del ‘600 e per tutto il ‘700 la scultura si concentrò su temi funerari, religiosi o allegorici (1).

Statua di Maria Maddalena d’Austria
San Miniato, Canto di Sant’Andrea
Foto di Francesco Fiumalbi

Dopo la caduta di Napoleone e la chiusura del Congresso di Vienna, si avviò quella fase chiamata “Restaurazione”. Ed è proprio in questo periodo che in Toscana torna la grande scultura celebrativa, proprio con Ferdinando III e Leopoldo II di Lorena.
Ufficialmente la parentesi della Rivoluzione Francese sembrava non aver lasciato segno alcuno. I regnanti, tuttavia, non potevano più mentire a se stessi: si apriva una nuova fase, quella di un più concreto dispotismo “illuminato”. L’industrializzazione, ancora in fase germinale, lasciava tuttavia intravedere grandi possibilità di sviluppo, economico in primis. Strozzare lo sviluppo sul nascere avrebbe comportato un riaccendersi di quelle tensioni che solo pochi anni erano sfociate nella Rivoluzione Francese. Non rimaneva, evidentemente, che assecondare lo sviluppo.
Cavalcare l’industrializzazione significava, allora come oggi, dotare il territorio di infrastrutture e costituire una macchina burocratica efficiente e distribuita sul territorio. Ed ecco che San Miniato fu dotata del Tribunale, della Sottoprefettura e, cosa importantissima per i decenni a venire, di una Cassa di Risparmio. Si chiuderà il cerchio, pochi anni più tardi, con la costruzione della prima linea ferroviaria della Toscana, la Leopolda. In altre parti della Toscana furono portante a termine grandi opere di bonifica e fu sviluppato il colossale Catasto Generale della Toscana, meglio noto come Catasto Leopoldino.


Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Questa nuova fase di sviluppo fu accompagnata da una vera e propria operazione d’immagine da parte di Ferdinando III e Leopoldo II. La propria celebrazione, in quanto monarchi illuminati, attenti alle istanze della propria gente, non poteva che tradursi in un avvicinamento simbolico della figura del granduca verso i suoi sudditi-cittadini: ri-nasce la grande scultura autocelebrativa.
Infatti, la presenza simbolica del granduca nelle piazze cittadine, attraverso un suo simulacro, non può che essere letta come una forte volontà di creare un legame di vicinanza, dove il regnante “scende” in piazza fra la sua gente e per la sua gente. Un’operazione questa, che sembra essere ripresa dalla scultura sacra, dove il contesto spaziale religioso viene sostituito, come ambientazione, dalla piazza, ovvero il centro della nuova ritualità cittadino-borghese. Un tentativo di instaurare una sorta di venerazione civica collettiva.
Ne sono esempi le statue di Ferdinando III a Livorno in Piazza della Repubblica opera di Francesco Pozzi e ad Arezzo in Piaggia del Murello realizzata da Stefano Ricci, più un’opera non realizzata nei pressi della Porta alla Croce, attuale Piazza Beccaria a Firenze (2). Il figlio Leopoldo II non poteva essere da meno: a Livorno in Piazza della Repubblica realizzata da Paolo Emilio Demi (poi sostituita con un’altra di Emilio Santarelli), a Grosseto in Piazza Dante scolpita da Luigi Magi (3), a Pietrasanta in Piazza del Duomo di Vincenzo Santini (4), a Larderello in Piazza Leopolda. Fece anche innalzare la statua al nonno Pietro Leopoldo, a Pisa in Piazza Martiri della Libertà, realizzata proprio da Luigi Pampaloni (5).

Statua di Leopoldo II, San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

La differenza fra le sculture del periodo cinque-seicentesco rispetto a quelle del primo ‘800 è sostanziale.
Cosimo I e Ferdinando I de’Medici sono celebrati come soldati, sono vestiti da militari, con l’armatura; spesso sono a cavallo, e questo testimonia come l’immagine che i due granduchi volevano dare di sé era quella del condottiero. Non a caso Cosimo I de’Medici era figlio del celebre condottiero Giovanni dalle Bande Nere, aveva conquistato Siena e aveva promosso un imponente programma di edilizia militare (6). Il nipote, Ferdinando I de’Medici fu molto attivo in politica estera, appoggiò in varie guerre diversi regnanti europei e tentò la prima spedizione coloniale italiana in Sudamerica; le sue gesta militari furono immortalate negli affreschi di Bernardino Poccetti nella Sala Bona del Palazzo Pitti (7).
Completamente diverso lo spirito delle sculture raffiguranti Pietro Leopoldo, Ferdinando III e Leopoldo II. Le persone raffigurate non sono più dei condottieri, sono politici, intellettuali. Le statue sono “togate” (cioè “vestite” con la toga), riprendendo tale configurazione dalla statuaria antica romana. Non è più la virilità la caratteristica principale della figura, bensì la sua dignità, la sua intelligenza, predisposta per l’interesse collettivo, nell’ideale allusione ai fasti degli antichi e alle conquiste degli antichi, sia in campo artistico che in quello intellettuale. Non è un caso se, proprio in questi anni, nascono il greek revival e il roman revival, proprio nel tentativo di costruire un ponte, un collegamento, innanzitutto fisico ancor prima che ideale, con le tradizioni antiche, considerate il fondamento della cultura, del diritto, dell’arte figurativa, della letteratura e dell’architettura. Competenze, queste, che non potevano certo mancare all’ideale di monarca “illuminato” a cui volevano tendere Ferdinando III e Leopoldo II per la legittimazione del proprio potere sulla Toscana.

NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Wittkower Rudolf, Arte e architettura in Italia, 1600-1750, Einaudi, 2008. Si veda il cap. XVIII, pagg. 381-402.
(3) Rondoni, Memorie Storiche di San Miniato al Tedesco con documenti inediti e le notizie degl’Illustri Samminiatesi, 1° Edizione Tipografia Ristori, 1876, Atesa Editrice, rist. anastatica, Bologna 1980, pag. 343.

2 commenti:

  1. Penso che ce lo dirai alla prossima il perche' di "Basettone " mai sentito prima d'ora.
    Sempre lo stesso,è! Anzi se fosse possibile si direbbe che fai come il vino: migliori col tempo.

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  2. Basettone è solo un nomignolo affettuoso per cogliere una caratteristica del volto scolpito del Granduca Leopoldo II. Non esiste.
    A volte i titoli dei posts sono volutamente provocatori oppure cercano di essere un po' satirici. E visto che questa statua è chiamata in diversi modi dai sanminiatesi.. (qualcuno ha persino detto che si tratta di Napoleone!) ho pensato che ci fosse spazio anche per un altro nomignolo. Tutto qui.

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