lunedì 29 ottobre 2012

I MESI DI PIETRO BAGNOLI

a cura di Anna Orsi

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"Ora un bel calendario preparò la Granduchessa Maria Luisa al suo caro Ferdinando per l’anno 1800, in cui la Toscana era ripresa, e ad essa appunto alludeva. Erano dodici città disegnate in miniatura, le principali della Toscana, cominciando da Firenze, e le miniature erano fatte di mano sua della Principessa, nel che era eccellente, ed un abile maestro che teneva in Vienna, la dirigeva. A ciascuna delle quali città era proposto un benefizio, e adattato alle città rispettive, a questa un privilegio, a quella uno stabilimento lucroso, ad un'altra un restauro o un’elargizione di danaro poich’Ella che pensierosa era sempre della cara Toscana sapeva ov’era e quale bisogno da sollevarsi, così tutte erano donate poiché avevano il merito della fedeltà conservato, ed anco, come Arezzo colle forze, e con perigli e danari e genti sostenuto questa benigna madre considerava come famiglie di sua casa, le città, e le popolazioni, e tutti i Toscani sudditi come suoi figli. Aveva pensato da sé a questa offerta, non come specioso officio, ma solido e da mandarsi ad effetto, poiché Ella sapeva di poterlo fare, e poteva nell’animo del Real Consorte, sì che certa era che effettuato l’avrebbe, e ne conosceva i mezzi, e forse con lui nei discorsi al Calendario estranei parlato aveva, che quei benefizi avrebbe fatti. Ordinò a me di fare dodici quartine di versi per apporne una mese per mese alle dodici città il senso dei quali conteneva qual era il designato dono da farsi a ciascuna. 
Regio era splendido, e prezioso di materia e di lavoro il Calendario e di squisita eleganza."

Pietro Bagnoli, Autobiografia, c.76r, c.77r, originale conservato presso al Biblioteca Centrale di Firenze, trascrizione a cura di Candela Sabina, per conto del Comune di San Miniato, 1998, pp. 34-35.




San Miniato, foto di Francesco Fiumalbi



I dodici sonetti, per la Granduchessa Maria Luisa, furono poi rielaborati da Pietro Bagnoli in occasione delle nozze di Caterina Morali, sanminiatese, con Leopoldo Bertacchi, nobile pisano. Questi componimenti furono poi inseriti anche nella raccolta "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli, Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nell' I. e R. Università di Pisa, edita a San Miniato presso Antonio Canesi.



Tomo I, Samminiato, 1833: I PRIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 159-183.






Tomo II, Samminiato, 1834: GLI ULTIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 158-184.


LUGLIO   AGOSTO   SETTEMBRE




sabato 27 ottobre 2012

PISA - CAPPELLA DI SANT'AGATA ALLA BADIA

di Francesco Fiumalbi

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La piccola cappella di Sant'Agata, detta "alla Badia", è una piccola costruzione romanica, d'impianto ottagonale, eretta sul retro della più conosciuta chiesa abbaziale di San Paolo a Ripa d'Arno. Si tratta di un edificio, costruito per volontà dei monaci a cavallo fra XI e XII secolo, che richiama nelle forme (specialmente riguardo la copertura a piramide ottagonale) l'originaria edicola della tomba di Cristo, presso la celebre basilica gerosolimitana. Per questo motivo, l'edificio potrebbe configurarsi come elemento saliente di un'area cimiteriale, da identificarsi nel retro della chiesa di San Paolo. La cappella era collegata al resto dell'abbazia attraverso altri edifici, poi demoliti a seguito delle distruzioni durante la Seconda Guerra Mondiale, e attualmente si configura come una costruzione isolata.
Ancora nelle forme, quella di Sant'Agata è stata messa in relazione con la chiesa pisana del Santo Sepolcro, costruita fra il 1130 e il 1140 e attribuita all'architetto Diotisalvi, anche se per struttura e decorazione, rappresentano esperienze architettoniche diverse. Secondo la tradizione, la chiesa sarebbe stata eretta dopo il "sacco di Palermo" del 1063, richiamando nella sua intitolazione la patrona di Catania, venerata in tutto il territorio siciliano. Tuttavia il culto di Sant'Agata a Pisa è attestato, per la prima volta, nella bolla papale di Onorio II del 21 luglio 1126.
La parte inferiore è costituita da otto specchiature definite da paraste, disposte a formare l'ottagono basamentale, su cui si aprono archi a tutto sesto. Quello frontale accoglie l'apertura d'ingresso, quello tergale risulta tamponato, mentre i sei laterali, tre per parte, sono scanditi da trifore. Le colonnine e i capitelli marmorei delle aperture, sormontate da un oculo per lato, sembrano costituire elementi di recupero, datati anteriormente all'edificio, che invece è contraddistinto da una fitta tessitura in laterizi. Il coronamento dell'ottagono basamentale è costituito da una sequenza di archetti ciechi, sormontati da una sottilissima gronda sovrastata dalla piramide di copertura. Alla sommità si trova un piccola croce metallica, secondo il modello denominato "croce patriarcale", variante della cosiddetta "croce ortodossa", assai diffusa nella cultura bizantina.

Bibliografia di riferimento
Cristiani Testi M. L., Arte medievale a Pisa tra Oriente e Occidente, CNR, Pisa, 2005, pp. 233-235.
Cristiani Testi M. L., Corpus della scultura altomedievale. La Diocesi di Pisa, Fondazione Centro Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto, 2011, pp. 82-89.
Paliaga F. e Renzoni S., Chiese di Pisa. Guida alla conoscenza del patrimonio artistico, vol. 1, ETS, Pisa, 1991, p. 6.
M. Scalzo, Sant'Agata a Pisa, in V. Volta (a cura di), Rotonde d'Italia. Analisi tipologica della pianta centrale, Jaca Book, Milano, 2008, pp. 110-114.



Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia, frontale
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia, specchiatura laterale
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia, capitello marmoreo
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia, capitello marmoreo
Foto di Francesco Fiumalbi

Pisa, Cappella di Sant'Agata alla Badia, "croce patriarcale"
Foto di Francesco Fiumalbi

LE NOVELLE SANMINIATESI DI FRANCO SACCHETTI

di Francesco Fiumalbi
Franco Sacchetti
Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Giovanni Silvestri, Milano, 1815

A San Miniato, o nei suoi dintorni, Franco Sacchetti ambientò quattro delle sue novelle:


Interessanti, poi, le parole con le quali Franco Sacchetti ricorda il santuario mariano di Cigoli nella lettera che egli inviò a Giacomo di Conte da Perugia sopra le Dipinture de' Beati, scritta attorno al 1365 (6):
"...Quanti mutamenti sono stati nella mia città pure nella figura di Nostra Donna? E fu un tempo che a Santa Maria da Cigoli ciascuno correa; poi s'andava a Santa Maria della Selva; poi amplio la fama di Santa Maria in Pruneta; poi a Fiesole a Santa Maria Primerana; e poi a Nostra Donna d'orto San Michele; poi s'abbandonarono tutte, e alla Nunziata de'Servi ha concorso..."


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mercoledì 24 ottobre 2012

F. SACCHETTI: LE NOVELLE "SANMINIATESI" - 1/4

a cura di Anna Orsi

Questa proposta di seguito è la prima delle quattro novelle di Franco Sacchetti, ambientate a San Miniato o nei suoi dintorni. Fu redatta probabilmente intorno al 1392, quando Sacchetti era Podestà a San Miniato e presenta alcuni elementi interessanti anche da un punto di vista storico. Il primo è l'appellativo di San Miniato "al Tedesco", variato dopo la conquista fiorentina del 1370 in "Fiorentino". Si parla di una chiesa, quella di San Miniato, probabilmente la pieve, dal momento che non viene specificata. Inoltre si parla dei Battuti, compagnie laiche molto diffuse in quel tempo, che vanno per San Miniato con un crocifisso, chissà, forse proprio quello di Castelvecchio!

Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Tipografia Borghi e Compagni, Firenze, 1833


NOVELLA CENTESIMADECIMATERZA

Al proposto di S. Miniato un venerdì santo da uno della brigata delli scopatori con la bocca è tolta l'offerta che avea su l'altare.


In San Miniato al Tedesco, che oggi si chiama Fiorentino, fu un proposto ricco, come ancora oggi si vede la rendita di quello propostato, ma era tanto avaro, che Mida non fu il terzo. Avvenne per caso che uno venerdì santo andandosi a visitar le chiese, e offerere su gli altari ogni maniera di gente, ed oltre a questo molte compagnie e regole di battuti, col Crocifisso innanzi, avvicinandosi su la terza, il proposto s'accostò all'altare, per vedere come fosse fornito; e vedutovi suso assai danari, gli cominciò a raccogliere per riporli, perocchè mezzo dì era passato, sperando di non dovervi venire più a dare offerta alcuna gente. E raccolti i danari su uno monticello in su l'altare, ed aprendo la tasca, per metterveli entro, ed ecco giungere una compagnia di battuti, per inginocchiarsi all'altare, e offerere. Come vede costoro, levarsi dall'altare e lasciavi i denari, e 'l cherico da parte; pensando che quando elli vedessino tanti danari, maggiore devozione gittasse al suo maggiore altare; e partissi e uscìo per alquanto fuori della chiesa. Quando gli scopatori ebbono dinanzi a quello altare orato inginocchione quanto vollono, vanno a baciar l'altare, e così giugnendo all'altare, uno di loro gittato gli occhi a quel monticello de' dinari, mandato un poco la visiera dell'elmo in là, facendo vista di baciare l'altare, pose la bocca aperta su' detti denari, e quanti con la bocca ne poteo pigliare, tanti ne piglò, e data la volta, seguendo gli altri s'uscio fuori. Stando alquanto, il proposto torna, per ricogliere, e credendo che denari fossero cresciuti, gli trova scemati per sì fatto modo, che sanza riguardare o come, o che, dice al cherico: Ove sono questi denari? Dice il cherico: E' sono ove voi gli lasciasti. Come sono, com'io gli lasciai? Dice il proposto. Piglia costui, e dagliene per uno pasto. Il cherico si scusò assai, ma niente gli valse. Il proposto stette di ciò gonfiato e tristo un buon tempo, non potendo mai sapere che viaggio avessono fatto detti denari; e colui che se n'empiè la bocca, con alcun compagno fece, che si convertirono in capponi; e per l'anima del proposto feciono tra loro una bella piatanza, ed elli con l'avanzo, che v'erano rimasi, si stette misero e tapino.

sabato 20 ottobre 2012

IL PONTE DISTRUTTO SULLA CHIECINA

di Francesco Fiumalbi

Le forti precipitazioni dello scorso 9 ottobre 2012 hanno provocato notevoli disagi alla popolazione: scantinati allagati, disagi per la viabilità. In poco meno di un'ora sono caduti oltre 70 mm di pioggia e alcuni piccoli corsi d'acqua si sono improvvisamente ingrossati. Uno di questi, il Torrente Chiecina, che scorre al confine tra i comuni di San Miniato, Palaia e Montopoli, ha raggiunto una portata davvero notevole, arrivando addirittura a far crollare un ponte in località Casaccia, lasciando molte famiglie praticamente isolate. L'area è stata provvisoriamente transennata e si prospetta la realizzazione di un intervento che possa, almeno temporaneamente, risolvere il problema dell'attraversamento del corso d'acqua.







giovedì 18 ottobre 2012

LA "MADONNA DELLA FRITTATA"

di Francesco Fiumalbi
APSM-ISVP-001
SACRA FAMIGLIA, VIA RONDONI ANGOLO VIA MANGIADORI A SAN MINIATO

SCHEDA SINTETICA
Oggetto: Formella con Sacra Famiglia
Luogo: San Miniato, via Rondoni angolo via Mangiadori
Tipologia: Formella in ceramica
Tipologia immagine: Formella in ceramica dipinta
Soggetto: Sacra Famiglia (Gesù Bambino, San Giuseppe e Madonna)
Altri soggetti: No
Autore: Dilvo Lotti
Epigrafe: SI
Indulgenza: SI, 100gg
Periodo: 1957
Riferimenti: Ente Provinciale per il Turismo di Pisa, Mons. Felice Beccaro, Dilvo Lotti
Id: APSM-ISVP-001

Uno degli scorci più caratteristici di San Miniato è sicuramente l'angolo fra via Pietro Rondoni e via Mangiadori. E' qui che dal 1957 è collocato un bassorilievo in ceramica, realizzato da Dilvo Lotti, e raffigurante La Sacra Famiglia (1).
L'opera fu commissionata al celebre artista sanminiatese dall'Ente Provinciale per il Turismo di Pisa, all'interno di un programma di valorizzazione della Città di San Miniato, gravemente rimaneggiata dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fu così, per esempio, che furono commissionate negli stessi anni, le pitture sotto la Loggetta del Fondo.
Trattandosi di un crocicchio, venne naturale pensare ad un'immagine a tema religioso in analogia con l'altra realizzazione di Dilvo Lotti, La Crocifissione, collocata, nello stesso periodo, all'incrocio fra viale Matteotti, via Pietro Rondoni e via Angiolo Del Bravo.

Dilvo Lotti, La Sacra Famiglia, San Miniato, 1957
comunemente detta "Madonna della Frittata"
Foto di Francesco Fiumalbi

Si tratta di un'opera in ceramica che si inserisce nella variegata, e mai banale, ricerca formale di Dilvo Lotti (2) che nelle forme appare molto diversa rispetto ad una immagine sacra di tipo "tradizionale", anche se concettualmente molto vicina. L'ideale unità della famiglia di Nazareth è interpretata da Dilvo Lotti attraverso una complessa orchestrazione, con contorni non propriamente definiti, con innesti inconsueti, e con quella dinamicità interna che coinvolge le figure di San Giuseppe, di Maria e di Gesù Bambino.
I sanminiatesi, lo sappiamo, sanno essere anche molto pungenti. E di fronte a questa ceramica, alla sua complessità, al suo sistema figurativo per parti disomogeneo ma omogeneo nella sua unità, è scappata quella battuta irriverente che ha segnato, e segna ancora oggi, il bassorilievo del Lotti.

Ma quale Sacra Famiglia! Quella è la Madonna della Frittata!!

Effettivamente i personaggi risultano un po' schiacciati ed anche la tecnica con la quale è stata modellata la ceramica, contribuisce a creare quell'effetto "pasticcio" (si vedano, per esempio, le aureole), che ha ispirato l'ilarità dei sanminiatesi.

Dilvo Lotti, La Sacra Famiglia, San Miniato, 1957
comunemente detta "Madonna della Frittata"
Foto di Francesco Fiumalbi

Tuttavia l'opera presenta diversi spunti di interesse. Certamente la figura di Maria è centrale in questa opera, ma quella da notare con particolare attenzione è il Bambino.
Gesù è raffigurato come un fanciullo vivace, che quasi "scappa" dall'abbraccio della Madre, la quale sembra scambiare uno sguardo preoccupato con San Giuseppe. E' una figura che manifesta chiaramente la propria autonomia: le dita della mano destra sono in segno benedicente, mentre la mano destra tiene in mano un uccello, il cardellino. La sua connessione con il Bambino deriva da una antica leggenda cristiana: sorvolando la testa di Gesù durate la salita verso il Monte Calvario, il cardellino tolse una spina dalla fronte di Cristo, macchiandosi con una goccia del suo sangue. Quindi la presenza del Cardellino è un'allusione ad un momento della Passione di Cristo, e quindi alle vicende terrene che Gesù dovrà superare per compiere la sua missione, prima ricongiungersi col Padre. Si tratta di una "prolessi", cioè di un elemento che anticipa una situazione appartenente alla parte conclusiva di un periodo. Questo particolare è molto frequente nell'iconografia di Gesù Bambino, come ad esempio, nella cosiddetta Madonna di Cigoli che certamente Lotti aveva avuto modo di apprezzare (3).
Al di sopra della testa di Gesù, si staglia chiaramente la figura di una colomba, lo Spirito Santo, che guida Cristo attraverso la sua vita. Tutt'attorno gli angeli, che circondano anche le due figure di Maria e Giuseppe. Interessanti anche le parole Ave Maria, che costituiscono la frase pronunciata dall'Arcangelo Gabriele nell'episodio dell'Annunciazione. Le parole sono affiancate da tre stelle, simbolo della verginità della Madonna, prima, durante e dopo il parto.
Sotto alla ceramica è collocata una targa che informa dell'indulgenza concessa a chi, soffermandosi, reciterà una Ave Maria:

A chi reciterà l'Ave Maria
davanti a questa immagine
è concessa l'indulgenza
di cento giorni ogni volta
21.4.1957 Felice Beccaro Vescovo


Al di sotto della composizione del Lotti trova posto una fontanella, con una piccola e graziosa vasca in pietra, sorretta da un basamento in mattoni. Un piccolo angolo, ricco di particolari e di spunti, che sicuramente ha arricchito uno degli scorci più caratteristici, e amati, di San Miniato.


NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) Macchi Luca, Immagini sacre per le pubbliche vie di San Miniato e del suo territorio comunale, in Bollettino dell'Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, n. 61, San Miniato, 1994, n. 26, p. 198.
(2) Macchi Luca, Dilvo Lotti, l'arte e la fede. L'impegno di un artista nella vita del suo tempo, in Macchi Luca (a cura di), Dilvo Lotti. L'arte e la fede, Edizioni ETS, Pisa, 2008, pp. 29-30.
(3) Dilvo Lotti, fra il 1935 e il 1937, dipinge presso il Santuario di Cigoli la Storia del grande miracolo. Macchi Luca, Dilvo Lotti: l'itinerario artistico di un maestro della pittura, in Luca Macchi (a cura di), Dilvo Lotti. Un maestro della pittura, Cassa di Risparmio di San Miniato, pp. 26, 228-229.

giovedì 11 ottobre 2012

DELLA VITA DI FRANCO SACCHETTI

di Francesco Fiumalbi


Per l'infinita fama, ch'ho udita,
Franco, di voi, poiché a Fiorenza venni,
Ogni di più mia mente n'è invaghita

 
Franco Sacchetti
Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Tipografia Borghi e Compagni, Firenze, 1833

Franco, figlio di Bencio "il Buono" di Uguccione Sacchetti e di Maria di Francesco, fu un mercante, politico, poeta e novelliere fiorentino vissuto nel XIV secolo. La sua opera più famosa è il Trecentonovelle, una poderosa raccolta costituita da trecento racconti, di cui settantotto sono andati perduti.
Nato intorno al 1330 a Firenze o a Ragusa, l'attuale Dubrovnic in Croazia, da una famiglia di mercanti fiorentini, si distinse anche per gli incarichi pubblici che ricoprì. Si sposò una prima volta il 15 gennaio 1354 con Felice di Nicolò Strozzi e in questo periodo compose la sua prima opera conoscoita: Battaglia delle belle donne di Firenze con le vecchie. Dopo aver viaggiato a lungo, anche in Dalmazia dove curò gli interessi del padre, nel 1362 si stabilì definitivamente a Firenze e nel 1363 venne nominato podestà a Montevoltraio, nei pressi di Volterra. Nel frattempo iniziò la stesura del Libro delle rime, e nel 1366 fu chiamato a reggere il castello di Avena vicino Poppi, in Provincia di Arezzo. Nel 1367 ricevette l'incarico di podestà a Mangona in Mugello e nel 1376 fu inviato a Bologna come osservatore mentre la città, che si era ribellata al Papa, era controllata da Rodolfo di Camerino, comandante delle milizie fiorentine. L'anno successivo, tornato a Firenze, compose i versi per la corona del marzocco situato davanti Palazzo Vecchio:

Corona porto per la patria degna,
Acciocché libertà ciascun mantegna.

Sempre nel 1377, in ottobre morì la sua prima moglie, Felice Strozzi. Nel 1378 scoppiò il Tumulto dei Ciompi e poco dopo suo fratello Giovannozzo fu accusato di legami filoviscontei e condannato a morte. Lo stesso Franco fu costretto a prendere pubblicamente le distanze dal fratello, con una dichiarazione davanti al Consiglio Maggiore.
In questo periodo difficile per la sua vita, Franco Sacchetti iniziò a comporre riflessioni e meditazioni di carattere morale e religioso che poi, nel 1381, lo porteranno a stendere le Sposizioni dei Vangeli e i Capitoli storici.
Nel 1382 fu eletto podestà a Serravalle Pistoiese (Pt), poi fu nominato ambasciatore a Milano presso Bernabò Visconti; nel 1383 rientrò a Firenze dove, dopo esser stato riformatore a Montaione (Fi), entrò a far parte della magistratura degli Otto di Balìa e di lì a poco fu eletto priore del Quartiere di San Giovanni. Sempre nello stesso anno, si sposò per la seconda volta, con Ghita di Piero Gherardini.
Nel 1385, contro la sua volontà, fu nominato ambasciatore a Genova, incarico che evitò accettando quello di podestà a Bibbiena. Nel 1387 fu colpito da grave malattia dalla quale si riprese non senza qualche difficoltà. Nel 1390 è eletto Buonuomo e nel 1391 Camerario delle prestanze.
Poi, il 18 luglio del 1392, fu podestà a San Miniato fino al gennaio successivo, e il suo incarico si intrecciò con quello di Luigi Guicciardini, eletto Vicario. Nel 1395 fu podestà a Faenza per sei mesi, e riconfermato per i sei successivi. Nel 1396 muore la sua seconda moglie Ghita e, tornato a Firenze, si sposò per la terza volta, con Giovanna di Francesco di Santi Bruni. Fra il 1398 e il 1399, fu nominato Capitano del Popolo a Portico di Romagna.
Nel 1400 fu eletto Vicario a San Miniato, dove è stato ipotizzato che sia avvenuta la sua morte, nel mese di agosto. Tuttavia sembrano non esserci notizie certe in proposito.



BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
- Leone Allacci, Poeti antichi, raccolti da codici manoscritti della Biblioteca Vaticana e Barberina da monsignor Leone Allacci, 1661, c. 78.
- Delle Novelle di Franco Sacchetti, Tomo Terzo, presso Riccardo Brancker, Londra, 1795.
- Novelle di Franco Sacchetti, Giovanni Silvestri, Milano, 1815. Prefazione di Mons. Giovanni Bottari, pp. 1-66.
- Sacchetti Franco, Il Trecentonovelle, a cura di Valerio Marucci, Salerno Editrice, Roma, 1996, p. XXXVIII.

domenica 7 ottobre 2012

LA STELLA PIU’ FULGIDA - IL MONUMENTO A GIOVANNI XXIII E AL CONCILIO VATICANO II

di Francesco Fiumalbi

[il post è stato compilato in occasione del 50° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II]

Lo scorso 11 ottobre 2012 è ricorso il cinquantenario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Dopo secoli di concili incentrati su questioni dottrinali, per la prima volta la Chiesa guarda se stessa con occhi nuovi, al suo interno e verso il mondo contemporaneo. Un evento destinato a segnare un’epoca nuova, fondata anche sull’ecumenismo e il dialogo con il mondo delle altre religioni e con quello laico. Il Concilio fu il risultato, assolutamente non scontato, del grande fermento che animava la Chiesa in quegli anni e di cui si fece interprete Giovanni XXIII, divenendone lo straordinario elemento propulsivo.
A San Miniato Basso questo evento è ricordato nel monumento dedicato ad Angelo Roncalli, il Papa “Buono”, edificato nel ventennale della sua morte. L’opera, espressione del forte legame tra la famiglia di Gino Mazzoni e lo scultore Alberto Sparapani (Casale Marittimo, 14 maggio 1911 – Carrara, 10 gennaio 2004), il quale fu presentato a Don Vinicio Vivaldi. L’artista carrarino tradusse in bronzo, il bassorilievo di gesso patinato (conservato in collezione privata) che risultò vincitore del 2° premio al Concorso Internazionale “La Bontà di Papa Giovanni”, indetto dalla Galleria “Lo Sprone” di Firenze nel 1963, e dal titolo La stella più fulgida. Fu inaugurato la domenica del 21 agosto 1983, in occasione dei festeggiamenti che annualmente la parrocchia dei SS. Martino e Stefano dedica all’Assunzione di Maria in Cielo, e alla presenza di Mons. Capovilla, già segretario particolare di Papa Giovanni.

Monumento a Papa Giovanni XXIII
San Miniato Basso, Parrocchia SS. Martino e Stefano
Foto di Francesco Fiumalbi

Ad una prima visione, ci accorgiamo subito che quella di Sparapani è un’opera complessa e densa di significati. Alla base si trova la vita pontificale di Giovanni XXIII, con otto episodi da leggere come un ideale orologio, in senso orario. In alto a destra della parte basamentale, l’elezione al Soglio Pontificio, nel particolare dell’incoronazione, con l’apposizione della tiara papale da parte del Cardinale Protodiacono, circondato dagli altri membri del Conclave. Alcuni raggi di luce scendono a simboleggiare l’approvazione e il sostegno divino, che guiderà il Card. Angelo Roncalli nel suo difficile compito al servizio di Dio e della Chiesa.
Di seguito, in senso orario, è raffigurato il Papa nel suo studio, nell’atto di scrivere. Al di sotto si notano uomini che lavorano, un fabbro che batte il ferro sull’incudine, una fabbrica con le ciminiere e un contadino che semina la sua terra. Con queste immagini viene ricordata l’enciclica Mater et Magistra, promulgata il 15 maggio del 1961. La lettera coglie temi come l’iniziativa privata e l’intervento dei poteri pubblici in campo economico, sollecita criteri di giustizia ed equità nella remunerazione del lavoro, auspica l’adeguamento tra progresso sociale e sviluppo economico. Assumono un ruolo fondamentale la dignità dell’uomo, del suo lavoro e del luogo entro cui esso viene svolto, e questo sia nelle imprese artigiane, cooperative, che nelle medie e grandi imprese, ma anche nel settore agricolo, in quegli anni fortemente depresso dal boom industriale.

Monumento a Papa Giovanni XXIII, particolare
San Miniato Basso, Parrocchia SS. Martino e Stefano
Foto di Francesco Fiumalbi

Sempre nella parte destra, ancora più in basso due episodi densi di significato che sorpresero il mondo intero. La visita all’Ospedale “Bambin Gesù” di Roma il 25 dicembre del 1958 e la visita al Carcere romano di Regina Coeli il seguente 26 dicembre, ad appena due mesi dalla sua elezione. Due gesti semplici, ma rivoluzionari, mai accaduti prima. Furono la testimonianza della vicinanza di Dio nei confronti delle persone che soffrono o che si trovano in situazioni difficili, e proprio nei giorni in cui si festeggia la sua nascita: la venuta di Gesù per tutti gli uomini, anche per gli ultimi e i disperati. E se questi non possono andare a far visita a Gesù appena nato nell’ideale del presepio, sarà Egli stesso ad andare a visitare loro, portando ai bambini e ai carcerati una carezza attraverso le mani del Papa.
Sul lato sinistro del basamento, troviamo l’episodio, forse più conosciuto e ricco di significato: il “Discorso della Luna”, pronunciato la sera dell’11 ottobre 1962, dopo l’apertura dei lavori del Concilio Vaticano II. Si rivolse alla piazza gremita di persone che lo acclamavano a gran voce con queste parole: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. (…) Si direbbe che persino la Luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare a questo spettacolo (…). Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza». Nell’immagine realizzata da Sparapani, il Papa accarezza la Luna, la quale con i suoi raggi riflessi, va ad illuminare le madri che tengono in braccio i propri bambini. Il riferimento ai piccoli richiama ancora una volta alla portata epocale del Concilio, rivolto soprattutto alle generazioni che sarebbero venute.
Più in alto, ancora in senso orario, è rappresentato il pellegrinaggio ad Assisi e a Loreto, compiuto il 4 ottobre 1962. Papa Giovanni XXIII, era dall’età di 14 anni un terziario francescano, e volle affidare a San Francesco e alla Madonna le sorti del Concilio che si sarebbe aperto la settimana successiva. Era la prima volta dal 1861 che un pontefice oltrepassava i confini del Lazio per recarsi in pellegrinaggio. L’evento, di grande portata storica, fu accompagnato da impressionanti bagni di folla durante tutte le soste del viaggio.
I due episodi conclusivi, in alto a sinistra, narrano delle ultime settimane di vita di Giovanni XXIII. Il primo è la cerimonia di consegna del premio Balzan, l’11 maggio 1963, per l’Umanità, pace e fratellanza tra i popoli, assegnatogli dopo la promulgazione dell’enciclica Pacem in Terris l’11 aprile 1963. Con questa sua ultima lettera richiamò il mondo al valore della Pace, quando pochi mesi prima stava per consumarsi lo scoppio del terzo conflitto mondiale a seguito della crisi cubana.
Infine, l’ultimo episodio, il 23 maggio 1963 il Papa, ormai consapevole di essere sul letto di morte, si rivolse verso la folla per recitare il Regina Coeli nella solennità dell’Ascensione di Gesù. Furono le sue ultime parole in pubblico, prima della sua morte avvenuta il 3 giugno successivo.

Monumento a Papa Giovanni XXIII, particolare
San Miniato Basso, Parrocchia SS. Martino e Stefano
Foto di Francesco Fiumalbi

Come abbiamo detto, la parte basamentale va letta come un orologio. Al centro una grande freccia, che scandisce il tempo, che accoglie l’immagine della Terra con al suo interno il Papa, circondato dalle colombe, simbolo di pace, il Pastore che col bastone indica al suo gregge la strada. Otto episodi disposti come una stella ad otto punte, come una stella polare che indica la direzione da seguire per i naviganti. E’ la direzione che conduce all’ora più alta, al momento massimo del suo pontificato: l’apertura del Concilio Vaticano II.

Monumento a Papa Giovanni XXIII, particolare
San Miniato Basso, Parrocchia SS. Martino e Stefano
Foto di Francesco Fiumalbi

E’ questa la sintesi della sua vita, della sua missione sulla Cattedra di San Pietro. Giovanni XXIII è in piedi, il viso sereno, la bocca socchiusa. Le braccia sono allargate, la sinistra spinge la porta, la destra invita ad avvicinarsi. Oltre, l’immagine solenne del Concilio all’interno della Basilica Vaticana, sapientemente sintetizzata da Sparapani, nel baldacchino berniniano, simbolo del Papa, e dal profilo della cupola michelangiolesca, allegoria della Chiesa. In alto il cielo, con il Padre alla sinistra e il Figlio alla destra che gioiscono, assieme agli angeli, per l’avvenimento. Nella lanterna della cupola lo Spirito Santo, che si irradia ed illumina i padri conciliari. E’ questa la stella più luminosa: l’opera di Dio che si compie.