venerdì 16 novembre 2012

F. SACCHETTI: LE NOVELLE "SANMINIATESI" - 2/4

a cura di Anna Orsi
Questa proposta di seguito è la seconda delle quattro novelle di Franco Sacchetti, ambientate a San Miniato o nei suoi dintorni. Fu redatta probabilmente intorno al 1392, quando Sacchetti era Podestà a San Miniato e presenta alcuni elementi interessanti anche da un punto di vista storico. Il protagonista è Bertino, abitante di Castelfalfi (castello al tempo sotto la giurisdizione sanminiatese e oggi località nel Comune di Montaione), allevatore di bestiame, che si reca al mercato di San Miniato per vendere alcune forme di formaggio fresco. Una storia che è un pretesto per sostenere un insegnamento "morale", così come nelle altre novelle del Sacchetti, il quale non fa altro che proporre, seppur in forma di racconti, le meditazioni di carattere morale e religioso, che egli stesso aveva elaborato negli anni '80 del '300.

Franco Sacchetti
Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Giovanni Silvestri, Milano, 1815


NOVELLA CENTESIMATRENTESIMAQUINTA

Bertino da Castelfalfi, facendo una cortese lemosina a uno saccardo povero e infermo, essendo da' nimici preso, dal detto saccardo in avere e in persona è liberato.

Come nella precedente novella era assegnato al Perugino per uno nell'altro mondo, così nella seguente voglio dimostrare come un buono uomo, servendo un vile saccardo con uno dono d'una piccola cosa, fu meritato da lui e dell'avere, e della persona; e non è mill'anni, che questo fu, ma è sì piccolo tempo, che io ho favellato al buon uomo, a cui questa novella, che io racconterò, avvenne; il qual fu Bertino da Castelfalfi, uomo di buonissima condizione, e asgiato contadino, e, secondo suo pari, ricco di bestiame. Avea recato costui, nel tempo che' Fiorentini aveano guerra col conte di Virtù, anno mille trecentonovantuno, suoi casci freschi fatti di pochi dì, a vendere al mercato a santo Miniato; e stando su la piazza con questi casci, e uno saccardo infermo con un pezzo di pane in mano domandò a questo Bertino un poco di quel cascio per mangiarlo con quel pane. Bertino disse: To ciò che tu vuogli; ed egli peritandosi, e Bertino ne tolse uno, e disse: Togli, mangia; e avea questo Bertino molto grosso il dito grosso della mano ritta. Lo saccardo, togliendo il cascio, si puose ivi a sedere, e pigliandone uno pezzo, lo mangiò con quello cotanto pane che avea. Quando l'ebbe mangiato disse: Gnaffe! Buon uomo, io non ho alcuno denaio da darti, e non ho più pane. Bertino, avendo pietà di costui, avea due pani con seco; toglie questi due pani, e disse: Viè qua con meco; e toglie l'avanzo del cacio, e menollo alla taverna, e ivi gli mise li due pani innanzi, e disse: Mangia gagliardamente. Essendo costui, ed elli alla taverna mangiò quanto li piacque e del pane, e del cacio di Bertino; e del vino, che Bertino fece venire, bevve quanto gli fu di piacere. Fatto che Bertino ebbe questa cortese lemosina, disse: Va, che sie benedetto; e partissi. Avvenne poi per caso, che certa gente d'arme de' nemici, cavalcando verso Castelfalfi, se ne menarono molto bestiame minuto del detto Bertino. E avendolo menato, feciono loro avviso, che colui, di cui egli era, anderebbe per riscattarlo, e misono certo aguato. E così venne lor fatto, che andando Bertino co' suoi fiorini, da costoro fu preso, e menato a Casole su quel di Volterra, e là fu nelle gambe sconciamente inferriato. E così stando un giorno co' ferri in gamba al sole, lo saccardo, a cui egli avea dato il cascio, passando dove Bertino assai tapino si stava, cominciò a figurare il detto Bertino, e avendolo mirato un pezzo, dice: Buon uomo, e' mi ti par pure conoscere. E Bertino, guardando lui, dicea: Gnaffe! Io non conosco te ch'io sappia. E questo era assai possibile; perocchè 'l saccardo era guerito, e bene in arnese, e dice a Bertino: Per certo tu se' esso, per tale segnale che ti hai il dito grosso. Allora Bertino cominciò quasi a conoscerlo. E 'l saccardo disse: Raccordati del cascio che mi desti a santo Miniato? E quelli disse: Figliuolo mio, io ti conosco ora. Dice il saccardo: Non voglia Dio, che io non te ne renda guidardone; farai com'io ti dirò: io  ti recherò domattina una lima sorda, con che tu segherai cotesti ferri; e menerò colui, che t'ha preso, altrove, ed io tornerò per te, e accompagnerotti insino a casa tua. Bertino disse: Figliuolo, io terrò sempre la vita per te. Questo saccardo la mattina portò la lima a Bertino, e menò alla taverna chi 'l tenea preso; e quando fu bene avvinazzato, lo condusse a giucare; ed essendo avviluppato nel giuoco, il saccardo lo lasciò, e tornò a Bertino, il quale s'era spastoiato, e condusselo a Castelfalfi, e mai non lo abbandonò. Dove il detto Bertino gli volle dare de' suoi fiorini, e nessuno non ne volle torre, e tornassene.
Quanta virtù ebbe questo saccardo, e quanta remunerazione usò in un piccolo benefizio ricevuto, è cosa maravigliosa a udire. Io per me credo, se fosse  stato de' maggiori Romani, sarebbe degno di memoria. E però non si può errare a servire, e sia l'uomo minimo quanto vuole; perocchè Isopo ci ammaestra nella sua favola, quando il leone ebbe bisogno del gatto, dicendo:

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