martedì 16 luglio 2013

IN PILLOLE [011]: IL RIBELLE SEGATO A META' DAI SANMINIATESI

a cura di Francesco Fiumalbi
La città di Pisa, uscita malamente sconfitta dalla Battaglia della Meloria nel 1284, era in cerca da tempo di una nuova dimensione territoriale. Senza scendere nei dettagli, nel 1313 i Pisani avevano affidato il governo cittadino ad Uguccione della Faggiuola che avviò un'imponente campagna di conquista, arrivando ad occupare Lucca e a mettere sotto scacco il territorio di San Miniato. In breve, la strategia di Uguccione dopo una prima fase di conquista vera e propria, si incentrò sul controllo di una fitta maglia di insediamenti più o meno fortificati e spesso controllati da ristrette cerchie familiari. Queste erano costituite da piccoli e medi proprietari terrieri, che videro nell'avanzata pisana l'occasione per ribellarsi alla dominante San Miniato e strappare condizioni economico-fiscali più vantaggiose. Ovviamente ciò poteva avvenire solo in presenza di specifici accordi politico-militari, volti a garantire la sicurezza delle terre ribelli, che al contempo erano ristorate da congrui sussidi economici. D'altra parte, per niente non si fa niente.

Uno di questi castelli era quello di Moriolo, che fu una vera spina nel fianco in grado di tagliare le comunicazioni tra San Miniato e la Valdegola. Questo insediamento era controllato da una specifica famiglia, che non a caso furono qualificati da Giovanni di Lemmo da Comugnori come i “da Moriolo”. Di essi conosciamo soltanto quattro nomi: Ciuccolo e Nuccio, fratelli e figli di Guardardo; Piglio figlio di Ciuccolo e Guardaduccio di cui non è chiaro il legame di parentela.

Ciuccolo morì il 10 giugno del 1306 (1) e Guardaduccio fu ucciso il 10 novembre del 1310 (2), entrambi prima di tutte le vicende legate ai Pisani. Invece i figli di Ciuccolo (Piglio e ?) si videro distruggere il palazzo di famiglia e una torre in contrada di Fuordiporta il 17 maggio del 1314 (3) proprio come rappresaglia per la ribellione del castello. Pochi giorni dopo, il 5 giugno, Piglio risultò morto in circostanze non specificate (4), ma facilmente accostabili alle vicende di quei giorni.

La sorte peggiore, probabilmente, toccò a Nuccio. Egli fu catturato il 15 novembre del 1314, durante una controffensiva sanminiatese volta al recupero dei castelli di Montalto e di Comugnori, situati sul confine con Montopoli e caduti nelle mani dei ghibellini pisani. Nuccio di Guadardo fu condotto a San Miniato, al cospetto del Podestà Donato Donati da Firenze. Quest'ultimo impartì una condanna a dir poco raccapricciante, che, evidentemente, doveva servire da deterrente contro gli altri ribelli. Il Podestà ordinò che Nuccio di Guadardo venisse trascinato per le strade di San Miniato e, infine, segato a metà. Una scena terribile, inimmaginabile; una fine raccapricciante riservata ad un ribelle, ad un traditore. D'altra parte San Miniato era da mesi stretta sotto l'attacco pisano e solo la cacciata di Uguccione nel 1316 segnò il vero punto di svolta verso la riappropriazione delle terre ribelli.


La condanna fu eseguita il giorno 21 novembre 1314 e queste furono le parole di Giovanni di Lemmo da Comugnori per descrivere l'episodio:

[...] Item, soprascriptus Nuccius Guadardi venit in fortiam Comunis, et dominus Donatus de Donatis de Florentia, potestas Comunis, fecit eum trascinare per terram Sancti Miniatis et secare per medium die mercurii XXI novembris. […]” (5).


RIFERIMENTI
(1) Giovanni di Lemmo da Comugnori, Diario (1299-1319), edizione a cura di Vieri Mazzoni, Deputazione di Storia Patria per la Toscana, Documenti di Storia Italiana, Serie II, Volume XIV, Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2008, c. 11v, p. 14.
(2) Ivi, c. 18r, p. 22.
(3) Ivi, c. 30v, p. 41.
(4) Ivi, c. 31v, p. 42.
(5) Ivi, c. 36v, pp. 47-48.

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