domenica 1 settembre 2013

S. MINIATO NELLA NUOVA CRONICA DI GIOVANNI VILLANI 19/39


La prima parte delle Historie universali de' suoi tempi
di Giovan Villani Cittadino Fiorentino, Venezia, 1559

19 [anno 1312] LIBRO IX. CAPITOLO XLVII.
Come lo 'mperadore Arrigo si puose ad oste alla città di Firenze.

«E così il seguente giorno dì XIX di settembre MCCCXII, lo 'mperadore venne ad oste alla città di Firenze, ardendo la sua gente quanto si trovavano innanzi; e cosi passò il fiume d'Arno allo 'ncontro ov'entra la Mensola, e attendossi alla badia di Santo Salvi forse con mille cavalieri. L'altra sua gente rimase in Valdarno, e parte a Todi, i quali gli vennero poi: e vegnendo per lo contado di Perugia, da' Perugini furono assaliti e quegli si difesono, e con danno e vergogna de' Perugini passarono. E giunse lo 'mperadore sì subito, che i più de' Fiorentini non poteano credere vi fosse in persona; ed erano si smarriti per tema della loro cavalleria, ch'era rimasa all'Ancisa quasi come sconfitta, che se lo 'mperadore o sua gente in su la subita venuta fossono venuti alle porte, le trovavano aperte e male guernite; e per gli più si crede ch' avrebbe presa la città. Tuttora i Fiorentini veggendo l'arsioni delle case che per lo cammino facea, a suono di campana scannarono il popolo, e co' gonfaloni delle compagnie vennero nella piazza de' loro priori, e 'l vescovo di Firenze co' cavalli de' cherìci s'armò, e trasse alla difensione della porta di Santo Ambrogio e de' fossi, e tatto il popolo a piede con lui, e serraro le porte, e ordinarono i gonfalonieri e loro gente su per gli fossi alle poste alla guardia della città di di e di notte. E dentro alla città da quella parte ch'è di sopra a Sant'Ambrogio, puosono uno campo con padiglioni, logge e trabacche, acciocché la guardia fosse più forte, e feciono steccati su pe' fossi d'ogni legname, e bertesche, in assai brieve tempo. E cosi dimoraro in grande paura i Fiorentini due dì, ch'e' loro cavalieri e oste tornarono dall'Ancisa per diverse vie per val di Robbiano e da Santa Maria in Pianeta a Montebuoni di notte tempo. Giunti in Firenze, la città si rassicurò: e' Lucchesi vi mandarono all'aiuto e guardia della città DC. cavalieri e III.m. pedoni, e' Sanesi DC. cavalieri e II.m. pedoni, e' Pistoiesi C. cavalieri e D. pedoni, e' Pratesi L. cavalieri e CD. pedoni, e' Volterrani C. cavalieri e CCC. pedoni, e Colle e Sangimignano e Samminiato ciascuno L. cavalieri e CC. pedoni, i Bolognesi CD. cavalieri e M. pedoni, di Romagna vi vennero tra di Rimini e di Ravenna e di Faenza e Cesena e l'altre terre guelfe CCC. cavalieri e MD. pedoni, e d' Agobbio C. cavalieri, e dalla città di Castello L. cavalieri. Di Perugia non vi venne aiuto per la guerra ch'aveano co' Todini e Spuletini. E così fra VIII dì posto l'assedio per lo 'mperadore, si trovarono i Fiorentini con loro amistà più di IV.m. uomini a cavallo, e gente a pié sanza numero. Lo 'mperadore era con MDCCC cavalieri, gli ottocento oltramontani, e M Italiani, di Roma, della Marca, del Ducato, d'Arezzo, e di Romagna, e de' conti Guidi, e di quegli di Santafiore, e usciti di Firenze, e gente a pie assai; perocch' e' nostri contadini dalla parte ov' e' possedea, tutti seguivano il suo campo. E fu quell'anno il più largo e uberoso di tutte vittuaglie che fosse XXX anni addietro. All'assedio dimorò lo 'mperadore infino all'ultimo dì del mese d'ottobre, guastando il contado tutto dalla parte di Levante, e fece gran danno a' Fiorentini sanza dare battaglia niuna alla città, stando in isperanza d'averla di concordia; e tutto l'avesse combattuta, era sì guemita di gente a cavallo, che due tanti più n'avea alla difensione della città che di fuori, e gente a pie per ognuno quattro; e rassicurarsi sì i Fiorentini, che i più andavano disarmati, e teneano aperte tutte l'altre porte, fuori che da quella parte, e entrava e usciva la mercatanzia, come se non v'avesse guerra. Dell'uscire fuori i Fiorentini a battaglia, o per viltà, o per senno di guerra, o per non avere capo, in nulla guisa si vollono mettere alla fortuna del combattere, che assai aveano l'avvantaggio, s' avessono avuto buono capitano, e tra loro più uniti che non erano. Ben feciono una cavalcata a Cerretello, che v'erano tornati i Pisani a oste, e ancora gli ne levarono a modo di sconfitta del mese d'ottobre. Lo 'mperadore fu malato più giorni a San Salvi, e veggendo non potea avere la città per accordo, né la battaglia voleano i Fiorentini, se ne partì non bene sano. E stando ancora a San Salvi, ragionando il conte di Savoia con l'abate e certi monaci di là entro, come lo 'mperadore avea da' suoi astrolaghi, ovvero per altre revelazioni, che dovea conquistare in fino in capo del mondo, l'abate ridendo disse: Compiuta è la profezia che qui presso dove voi dominate, ha una via santa uscita, che si chiama Capo di mondo: onde il conte e gli altri baroni che udiro questo, rimasero confusi della loro vana speranza: e però per gli uomini savi non si dee dare fede a ogni profezia o detti d'astrolago, che sono mendaci e di doppio intendimento.»

Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani secondo le migliori stampe e corredate di note filologiche e storiche, Vol. I, Trieste, 1857, pp. 231-232.

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