venerdì 23 maggio 2014

GALLINA - Racconto di Alberto Vincenti


di Alberto Vincenti

Proprio davanti alla casa dove sono cresciuto abitava un ometto che non mancava di attirare la mia attenzione, questi era soprannominato GALLINA. 
Gallina era un ometto bassotto e zoppetto che camminava aiutandosi con un bastone col manico ricurvo tutto consumato perché con questo ci faceva di tutto e di più. Ci schiacciava i pinoli sul davanzale di pietra della sua finestra a piano terra dove trascorreva quasi tutto il pomeriggio a uccellare la gente che passava fra un pinolo e un altro, spostava i sassi e le cartacce davanti al suo ingresso di casa, acchiappava il nipote per la collottola quando tentava di scappare saltando dalla finestra per non fare i compiti di scuola, ma l’uso di quel manico di bastone diventava eroico durante il periodo elettorale. Va detto che Gallina era un comunista sfegatato, un mangia-preti il cui ideale di uomo era Baffone tant’è che in cucina sopra la madia teneva appeso al muro un ritratto di Stalin dallo sguardo fiero in divisa militare e le stellette rosse appuntate sul bavero. Questo sentimento lo aveva trasmesso a tutta la famiglia ma in particolare al figlio che oltre a portare i baffi come Stalin aveva lo sguardo torvo e il portamento severo del grande Russo. Si dice che durante l’epoca fascista avesse preso parte ad una missione con le camice nere in quel di Stibbio che è meglio non ricordare. Poi, con la caduta del fascismo, aveva cambiato camicia. Nel 1953 ci furono le elezioni politiche e quando gli operai del Comune, armati di colla fatta con acqua e farina e pennelli, vennero ad imbrattare i muri per affiggere i manifesti elettorali, Gallina li osservava dalla finestra e mano a mano che i manifesti venivano srotolati e appiccicati al muro li leggeva sottovoce e guardava le foto dei capi politici… PSI…Nenni, MSI…Almirante, DC…De Gasperi, infine fece un sussulto e gli si illuminarono gli occhi: PCI… Togliatti ! Aspettò che gli operai se ne fossero andati, si guardò intorno con aria circospetta e poi, sicuro che nessuno lo vedesse, allungò il manico ricurvo del bastone verso il manifesto della DC e mentre lo scollava e lo grattava dal muro, lo faceva a pezzetti e ne faceva una palla dicendo sottovoce, riferendosi a De Gasperi: “vieni vieni Gasperino…te e tutti que’ pretacci…vu avete a passa’ di qui”. Il bastone di Gallina aveva colpito ancora e compiuto la sua missione.



San Miniato, via P. Maioli - Sciòa
Foto di Francesco Fiumalbi


1 commento:

  1. Caro Alberto, ti posso assicurare che in casa di mio nonno non ci sono mai state madie e tanto meno foto di Stalin anche se in casa mia si mangiava pane e bandiera rossa. Mio nonno non stava mai alla finestra, due sono i motivi, lui lavorava mattina e sera e la finestra dall'interno era un pò alta e lui era, come hai detto tu, piccoletto. Caro Alberto racconta su San Miniato tutte le storie che ti pare ma non inventare cose su persone che non stanno né in celo né in terra. Scusami se il mio scritto non è perfetto come il tuo ma sai io sono bravo a fare il caffè non sono uno scrittore come te.
    Ti saluto vivamente Moreno.

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