di
Alberto Vincenti
Altro personaggio dello Scioa dell'immediato dopoguerra era il TOFANI.
Il Tòfani era un falegname della contrada di Pancole, era un uomo tarchiato con un faccione rossiccio un po’ piatto e l’occhietti furbi di chi la sa lunga. Aveva un piccolo laboratorio vicino alla piazza di Santa Caterina sempre ingombro di trucioli, toppolini di legno e stecche di legno sparse dappertutto, odore di colla, stucco e resina delle tavole di abete, sempre affollato da noi ragazzi che stavamo ad aspettare di poter avere una stecca di legno per fare un fucile a elastici.
Dopo un po’, spazientito dalle richieste di noi ragazzi, lanciava un urlo: “fuori tutti!!!” e stringendo le nocche delle mani emetteva il verso del gatto quando è stretto all’uscio… bghiooo, noi ragazzi eravamo spaventati, le bambine correvano dalle loro mamme piangendo e lui con quel faccione bianco e rosso si metteva a ridere, poi si voltava verso il pentolino della colla che aveva sul fuoco su un fornellino, la rimescolava con pezzetto di legno, si sbottonava i pantaloni e ci pisciava un po’ dentro per allungarla, si riabbottonava e ricominciava a mescolare. Diceva che con il piscio la colla veniva meglio. Alla fine ci regalava qualche avanzo di legno e noi correvamo a preparare il fucile a elastici ritagliando da delle vecchie camere d’aria da biciclette delle rondelle di gomma che annodate assieme formavano gli elastici.
Durante l’ultima guerra, quando ancora i tedeschi si trovavano per San Miniato, il Tòfani aveva trovato rifugio nelle soffitte del Convento delle suore di San Paolo e, ogni tanto, si affacciava con la sola testa da un abbaino della soffitta vestito da suora con la cuffia e il copricapo nero in capo che mettevano ancor più in risalto il suo faccione rosso e ai passanti che lo vedevano diceva: “si va-via” alludendo ai rastrellamenti dei tedeschi. I passanti gli rispondevano: “eh si…come va sorella ?” e lui rispondeva : “si va-via” e rientrava in soffitta.
Il Tòfani era un falegname della contrada di Pancole, era un uomo tarchiato con un faccione rossiccio un po’ piatto e l’occhietti furbi di chi la sa lunga. Aveva un piccolo laboratorio vicino alla piazza di Santa Caterina sempre ingombro di trucioli, toppolini di legno e stecche di legno sparse dappertutto, odore di colla, stucco e resina delle tavole di abete, sempre affollato da noi ragazzi che stavamo ad aspettare di poter avere una stecca di legno per fare un fucile a elastici.
Dopo un po’, spazientito dalle richieste di noi ragazzi, lanciava un urlo: “fuori tutti!!!” e stringendo le nocche delle mani emetteva il verso del gatto quando è stretto all’uscio… bghiooo, noi ragazzi eravamo spaventati, le bambine correvano dalle loro mamme piangendo e lui con quel faccione bianco e rosso si metteva a ridere, poi si voltava verso il pentolino della colla che aveva sul fuoco su un fornellino, la rimescolava con pezzetto di legno, si sbottonava i pantaloni e ci pisciava un po’ dentro per allungarla, si riabbottonava e ricominciava a mescolare. Diceva che con il piscio la colla veniva meglio. Alla fine ci regalava qualche avanzo di legno e noi correvamo a preparare il fucile a elastici ritagliando da delle vecchie camere d’aria da biciclette delle rondelle di gomma che annodate assieme formavano gli elastici.
Durante l’ultima guerra, quando ancora i tedeschi si trovavano per San Miniato, il Tòfani aveva trovato rifugio nelle soffitte del Convento delle suore di San Paolo e, ogni tanto, si affacciava con la sola testa da un abbaino della soffitta vestito da suora con la cuffia e il copricapo nero in capo che mettevano ancor più in risalto il suo faccione rosso e ai passanti che lo vedevano diceva: “si va-via” alludendo ai rastrellamenti dei tedeschi. I passanti gli rispondevano: “eh si…come va sorella ?” e lui rispondeva : “si va-via” e rientrava in soffitta.
San Miniato, via P. Maioli - Sciòa
Foto di Francesco Fiumalbi
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