martedì 24 giugno 2014

LA CHIESA DI SAN DOMENICO SALVATA DA UN POLACCO - Racconto di Stefano Bartoli


di Stefano Bartoli

La chiesa di S. Domenico salvata da un polacco – Luglio 1944

Del Luglio 1944 e della strage del Duomo si è detto e scritto molto. Una ferita dolorosa che non si cicatrizza mai in pieno. Mia madre si è salvata ed ha salvato tutta la Sua famiglia rifiutandosi di andare in Duomo, ha convinto suo padre Amedeo a nascondersi in un rifugio scavato nel tufo del poggio della Rocca, ma ciò non le ha impedito di perdere uno zio ed un cugino in quella tragica esplosione. Del dopo evento ho un sintetico racconto di mio padre che, arrivato poco dopo l’esplosione dalle scale che salgono dal lato della valle di Cencione rimase stordito dall'odore di polvere, sangue, sudore e dalle grida, dai lamenti, dal pianto della gente. Una scena apocalittica, infernale.

Nella prima metà degli anni ’60 ho avuto modo di ascoltare una narrazione fatta dalla mia Maestra, la Signora Paola Neri, che volle partecipare a tutti i Suoi alunni fatti accaduti in S. Miniato nel Luglio 1944, negli stessi giorni. Paola ci narrò dei rapporti amichevoli nati fra Lei e Sua sorella con un soldato dell’esercito tedesco. Il ragazzo era stato forzatamente arruolato nelle file dell’esercito dei vincitori, invasori del Suo paese, e con una divisa ed un fucile era costretto a combattere una guerra che non sentiva propria. Le lunghe sere d’estate di S. Miniato avevano favorito il dialogo e la reciproca conoscenza.
Quella sera, all’ultimo incontro, il giovane si presentò agitato ed impaurito. Narra Paola che iniziò a scongiurarla di non andare alla chiesa grande, il Duomo, ma di andare, insieme ai Suoi familiari, nella chiesa della piazza, S. Domenico. Lui affermò: Lì sarete tutti al sicuro, al momento giusto io taglierò i fili e non succederà niente. Il giorno successivo la chiesa di S. Domenico si riempì, come il Duomo, ma lì non successe proprio niente. Paola e Sua sorella capirono poi il senso pieno delle parole del giovane soldato polacco.
In guerra si compiono azioni atroci ma anche grandi gesti e questo giovane merita di essere ricordato per la Sua generosità, il Suo altruismo e per la nobiltà della Sua azione. Non ci è dato sapere che fine abbia fatto, salvato o perito, individuato come responsabile del gesto salatore che non a consentito l’innesco delle mine oppure scaltro ragazzo che è riuscito a farla franca. La differenza è il confine fra la vita ed una punizione mortale. Questo racconto di Paola mi ha molto colpito, è una testimonianza di amicizia e speranza in momenti di grande sofferenza.

Non posso affermare che sia storia, ma non è nemmeno leggenda, è solo il ricordo di uno scolaro che stava sempre molto attento a tutto ciò che la Sua magnifica Maestra cercava d’insegnargli. Confido nell'intelligenza dei pochi lettori e mi auguro che questo mia modesta narrazione non alimenti polemiche.

I morti in situazioni violente sono deceduti e rimangono tali, bisogna lasciarli riposare in pace. Chi ha il dono di restare in vita ancora per un po’, d’invecchiare, ha la possibilità di pregare ed alimentare la memoria. Io sarei contento se, alla fine della lettura, qualcuno sentisse il bisogno di recitare una preghiera per la mia Maestra Paola e per il Suo amico polacco, arruolato con forza nell'esercito tedesco, che ha saputo comportarsi da giusto.

La chiesa dei SS. Jacopo e Lucia,
comunemente detta di San Domenico
Cartolina segnalataci da Rossano Nistri
Utilizzo ai sensi art. 70 comma 1-bis della
Legge 22 aprile 1941, n. 633


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