lunedì 25 agosto 2014

POMARANCE - LA PIEVE DI SAN GIOVANNI BATTISTA A MORBA

di Francesco Fiumalbi
Quel che rimane dell'antica pieve di San Giovanni Battista di Morba è inglobato in una vecchia casa colonica, ormai disabitata, situata lungo la Strada Regionale n. 439, nel Comune di Pomarance, nei pressi dell'abitato di Larderello. La costruzione si trova ad ovest della strada attuale, in posizione leggermente rialzata, anche se il tracciato antico della direttrice passava più a monte, come si può osservare dalla mappa del Catasto Generale della Toscana, mentre l'attuale sistemazione è avvenuta in epoca moderna.
La chiesa ormai da secoli abbandonata e sconsacrata, probabilmente perché venute meno le esigenze spirituali della zona, fu ridotta ad abitazione e profondamente alterata. Ad oggi rimane visibile solamente la porzione absidale e, dall'alto, è possibile osservare quel che rimane dell'originaria pianta a forma di "Tau".

Estratto dal Catasto Generale della Toscana
Comunità di Pomarance, Sezione E, Motecerboli, foglio n. 3, anno 1823
Archivio di Stato di Pisa, Catasto terreni – Mappe – Pomarance – 44
Immagine tratta dal sito web del “Progetto CASTORE
Regione Toscana e Archivi di Stato Toscani
Per gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright


Da un punto di vista architettonico la pieve doveva presentarsi con la consueta pianta a forma di "Tau". All'unica navata, era accostato il transetto che ne costituiva il presbiterio. Un'unica abside caratterizzava la terminazione. Niente ci è dato sapere a proposito della facciata, in quanto demolita, anche se doveva presentarsi con il classico profilo a “capanna”. L'orientamento della costruzione segue un asse inclinato di circa 25° rispetto alla direzione est-ovest, spiegabile facilmente osservando l'orografia dell'area.
La costruzione, nella sua elevazione, è realizzata prevalentemente in laterizio, e caratterizzata da un solido basamento in pietra. Sembrerebbe, dunque, plausibile che gli avanzi della pieve, ancora oggi visibili, siano il risultato di un'attività edilizia da inquadrare nei secoli basso-medievali (XII-XIV secolo). E' probabile che l'edificio in laterizio costituisca la ricostruzione in forme e materiali diversi, rispetto ad una chiesa precedente, verosimilmente in pietra. I materiali di quest'ultima potrebbero essere stati reimpiegati per la formazione del basamento tergale. D'altra parte, la muratura in pietra deve la propria monoliticità alla ragguardevole massa degli elementi che la compongono e, per questo motivo, necessita di una quantità decisamente inferiore di malta rispetto alla muratura in laterizio. Questa circostanza fa sì che la muratura in pietra fosse considerata particolarmente adatta per la formazione della parte basamentaria di un edificio, ovvero quella parte soggetta anche a fenomeni di frana e dilavamento prodotti dalle acque meteoriche. Numerosi sono gli esempi di questo tipo sparsi un po' per tutta la Toscana.
La muratura in laterizio è costituita da elementi di omogenea dimensione, posizionati secondo una disposizione regolare. Da segnalare, nella porzione tergale alla sinistra dell'abside, la presenza di una finestra arcuata, poi tamponata, contraddistinta da un archivolto in elementi curvi, decorati, nella fascia centrale, da un semplicissimo motivo geometrico a rombi. Si tratta, apparentemente, dell'unica traccia di decorazione superstite.
L'abside, così come il resto della costruzione, è caratterizzata dal basamento in pietra e dall'elevato in laterizio, con la particolarità della presenza di una fascia intermedia, costituita da tre file di mattoni intervallati da una fascia in pietra. Si tratta di un espediente lessicale molto diffuso, anche in forme decisamente più elaborate, in chiese romaniche coeve. Per fare un paio di esempi molto conosciuti, la Cappella di San Galgano a Montesiepi, nel Comune di Chiusdino (SI) e la Pieve dei SS. Ippolito e Cassiano a Còneo, nel Comune di Colle Val d'Elsa (SI).

La Pieve di Morba, Comune di Pomarance, Ortofoto del 2013
Regione Toscana - Sistema Informativo Territoriale ed Ambientale
Per gentile disponibilità Geoscopio maps by Regione Toscana
are licensed under a Creative Commons Attribution - 3.0 Italia License

L'origine e l'anno di fondazione della pieve non sono conosciuti, anche se è ragionevole ipotizzarne la costituzione, come la gran parte delle pievi, già in epoca tardoantica (V-VI secolo). La prima attestazione documentaria viene fatta risalire ad un atto, conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, datato al 22 giugno dell'anno 971, in cui viene registrata una permuta di beni fra il Vescovo di Volterra
Petrus e un tale di nome Winihildi chiamato Winitio, figlio del fu Kamarini. Fra i beni di cui si privò il presule, figurano anche due case masserizie (cioè date in gestione a coloni o massari dietro il pagamento di un censo annuale) che vengono descritte infra iuditiaria de Plebe S. Johannis et S. Alexandri isto Morberti (1).
L'indicazione toponomastica è stata associata all'odierno nome di Morbo e, da qui, il riconoscimento della pieve in questione. Da rilevare la doppia intitolazione a San Giovanni Sant'Alessandro, tipica delle pievi battesimali fin dall'alto medioevo, con la prima che prevarrà sulla seconda. Interessante, infine, l'utilizzo del termine iuditiaria (ovvero la “iudicaria”) per individuare, evidentemente, non soltanto la giurisdizione pastorale, ma anche quella politica e amministrativa facente capo alla pieve. D'altra parte, fin dall'epoca altomedievale, il territorio volterrano costituiva un dominio temporale del Vescovo. Ed erano proprio le pievi che costituivano i cardini del sistema di controllo e di gestione del territorio, non solo da un punto di vista spirituale, ma anche politico e amministrativo.

L'edificio che ha inglobato la Pieve di San Giovanni di Morba
Foto di Francesco Fiumalbi

Il secondo documento in cui si fa menzione della Pieve di San Giovanni Battista di Morba è la Bolla pontificia, inviata da Alessandro III al Vescovo di Volterra Ugone, e datata 29 dicembre 1171. Nella lettera papale, richiamando altri provvedimenti sanciti dai predecessori Anastasio IV (in carica dal 1153 al 1154) e Adriano IV (dal 1154 al 1159), venivano confermati alla diocesi volterrana i possedimenti e la giurisdizione pastorale. Nell'elenco delle pievi, compare anche la plebem de Morba cum parochialibus ecclesiis (2).
La plebem de Morba compare anche nell'analogo privilegium comfermationis del Pontefice Alessandro III, datato 23 aprile 1179, e che di fatto confermava i contenuti del precedente (3).

L'edificio che ha inglobato la Pieve di San Giovanni di Morba
Foto di Francesco Fiumalbi

Nelle decime del biennio 1275-76 è disponibile il primo elenco, con le chiese suffraganee afferenti alla Plebes de S. Iohannis de Morba (di cui non è indicata l'entità della decima) (4):
Ecclesia S. Salvatoris de Castronovo (2 Lire, 18 Soldi, 6 Denari), ovvero la chiesa di S. Salvatore di Castelnuovo Val di Cecina;
Ecclesia S. Michaelis de Seracçano (1 L., 8 S., – D.), ovvero la chiesa di San Michele Arcangelo di Serrazzano, antico castello, nel territorio del Comune di Pomarance;
Ecclesia S. Bartholomei de Leccia (1 L., 19 S., – D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo in Loc. Leccia, nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina che, a causa della decadenza della Pieve di San Giovanni Battista di Morba, otterrà il fonte battesimale nel XV secolo, divenendo “pieve” anch'essa;
Ecclesia S. Cerbonis de Montecerboli (1 L., 19 S., – D.), ovvero la chiesa di San Cerbone di Montecerboli in cui, a partire dal 1460, furono trasferiti i privilegi e i benefici ecclesiastici della decaduta Pieve di San Giovanni Battista di Morba.

Per il biennio 1276-77 alla Plebes de S. Iohannis de Morba è attribuita una decima pari a 10 Lire. Invariato l'elenco delle suffraganee, ma non l'entità dell'imposizione fiscale (5):
Ecclesia S. Salvatoris de Castronovo (3 L., – S., – D.);
Ecclesia S. Micchaelis de Seracçano (2 L., 3 S., – D.);
Ecclesia S. Bartholomei de Leccia (2 L., 8 S., – D.);
– Ecclesia S. Cerbonis de Montecerboli (4 L., 4 S., – D.).

Più dettagliato l'elenco relativo al biennio 1302-03, in cui alla Pieve di Morba è attribuita una decima di 5 lire (6):
Ecclesia [S. Salvatoris] de Castronovo (1 L., 10 S., – D.);
Ecclesia [S. Michaelis] de Seracçano (1 L., – S., – D.);
– Ecclesia de Cappiano (– L., – S., – D.), non identificata;
– Ecclesia S. Donati de Fosini (– L., – S., – D.), ovvero la chiesa di San Donato del castello di Fosini, oggi nel Comune di Radicondoli (SI), che verrà unita in un'unica chiesa parrocchiale assieme alle altre dedicate a San Pietro e a San Niccolò.
– Ecclesia S. Petri (– L., – S., – D.), ovvero la chiesa di San Pietro situata presso del castello di Fosini, poi unita alle altre dedicate a San Donato e a San Niccolò.
– Ecclesia S. Niccholai de Fosini (– L., – S., – D.), ovvero la chiesa di San Niccolò situata presso del castello di Fosini, poi unita alle altre dedicate a San Donato e a San Pietro.
Ecclesia [S. Bartholomei] de Leccia (1 L., 5 S., – D.);
– Ecclesia [S. Cerbonis] de Montecerboli (– L., 19 S., – D.).
– Ecclesia de Castro Vulterrano (– L., – S., – D.), ovvero la chiesa situata in Loc. Castello Volterrano nel territorio del Comune di Castelnuovo Val di Cecina.

Ciò che rimane dell'abside della Pieve di San Giovanni di Morba
Foto di Francesco Fiumalbi

Riguardo ai pievani, in un atto datato 2 dicembre 1225 compare, in qualità di testimone, Matteo plebano de Morba (7). Si tratta del primo pievano di cui si conosca il nome.
A distanza di alcuni decenni, nel novembre del 1296, Oppizino plebano de Morba, compare come testimone in un atto riguardante l'Abbazia camaldolese situata a Badia Elmi, nell'odierno Comune di San Gimignano (8).
Nell'anno 1321, il pievano di Morba, Rinuccio di Barone, fu eletto Vescovo di Volterra dal Capitolo dei Canonici. L'elezione, in un primo momento fu dichiarata nulla, anche se poi fu confermata dal Papa Giovanni XXII (9).

Particolare della muratura dell'abside della Pieve di San Giovanni di Morba
Foto di Francesco Fiumalbi

Certamente ancora attiva alla metà del XIV secolo, la Pieve di San Giovanni di Morba figura nell'elenco delle chiese della Diocesi di Volterra, redatto in occasione del Sinodo dell'anno 1356, promosso dal Vescovo Filippo Belforti. La chiesa risulta essere una delle 11 plebane del cosiddetto Sesto di Montagna (10).
Tuttavia, questa sembra essere la sua ultima attestazione certa. Negli anni successivi, comunque entro il XV secolo, probabilmente a seguito di mutate esigenze spirituali, la Pieve di Morba venne sconsacrata e alienata, fino alla sua riduzione ad abitazione.
I privilegi e i benefici ecclesiastici furono trasferiti presso quella che, fino a quel momento, era la chiesa suffraganea di San Cerbone di Montecerboli. Fra le altre suffraganee, anche le chiese di San Salvatore di Castelnuovo, di San Bartolomeo di Leccia e dei SS. Donato, Pietro e Niccolò di Fosini ottennero un proprio fonte battesimale fra il XV e il XVI secolo e poterono, dunque, vantare il titolo di “pieve”.

Pieve di Morba, particolare della finestra in laterizio
Foto di Francesco Fiumalbi
NOTE E RIFERIMENTI:
(1) Il documento è edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 48, pp. 15-16.
(2) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e edito in P. Kehr, Papsturkunden in westlichen Toscana, in «Nachrichten von der Konigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen», Gottingen, 1904, doc. n. 9, pp. 616-618.
(3) Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi di Volterra, n. 151; edito in J. von Pflugk-Harttung, Acta Pontificum Romanorum Inedita, vol. III, Stuttgart, 1886, doc. n. 286, pp. 271-272.
(4) P. Guidi, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Tuscia, Vol. 1, La decima degli anni 1274-1280, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1932, p. 158.
(5) Ivi, p. 168.
(6) P. Guidi, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Tuscia, Vol. 2, La decima degli anni 1295-1304, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1942, pp. 217-218.
(7) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e parzialmente edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum... cit., doc. n. 420, p. 148.
(8) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e parzialmente edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum... cit., doc. n. 970, pp. 329-330.
(9) S. Ammirato, Vescovi di Fiesole, di Volterra e d'Arezzo, Firenze, 1637, pp. 139-146. I documenti relativi alla conferma di Rainuccio di Barone alla carica di Vescovo di Volterra sono pubblicati in A. F. Giachi, Appendice all'opera dell'Abate Anton Filippo Giachi intitolata Saggio di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra: dalla sua origine fino al tempi nostri, Siena, 1798, docc. LVII-LVIII, pp. 189-192.
(10) Il manoscritto originale si trova conservato presso la Biblioteca Guarnacci. Una prima sintetica edizione dell'elenco delle chiese volterrane del 1356, si trova in G. Lami, Sanctae Ecclesiae Florentinae Monumenta, Firenze, 1758, vol. III, Appendice, p. IV; poi, in forma completa, anche in A. F. Giachi, Saggio di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra: dalla sua origine fino al tempi nostri, Firenze, 1876, Appendice, doc. LXXXII, pp. 583-594.


1 commento:

  1. Complimenti!!!!!l'ho conosciuta per caso qualche giorno fa e volevo documentarmi. Ma vedo, con immenso piacere che c'è già chi ci ha pensato!
    complimenti!
    Edificio stupendo!

    RispondiElimina