martedì 30 settembre 2014

RESTAURI ALLA PIEVE DI CORAZZANO - Presentazione sabato 4 ottobre 2014 ore 17

Nella giornata di sabato 4 ottobre 2014, alle ore 17, presso la Pieve di San Giovanni Battista di Corazzano si terrà la presentazione della prima parte dei lavori di restauro che sono stati condotti nei mesi scorsi. Lavori che hanno riguardato soprattutto le decorazioni delle superfici interne.

L'iniziativa vedrà la partecipazione di:

S.E. Mons. Fausto Tardelli, Vescovo di San Miniato
Dott. Lidia Cinelli, restauratrice
Vittorio Gabbanini, Sindaco di San Miniato
Antonio Guicciardini Salini, Fondazione CRSM
Don Francesco Ricciarelli, Parroco di Corazzano

La Pieve di Corazzano è indubbiamente uno degli esempi più belli e suggestivi del cosiddetto "Romanico Valdelsano", risultato di una ricostruzione bassomedievale. Essendo documentata fin dal IX secolo, è la chiesa più antica fra quelle ancora officiate, dell'intero territorio sanminiatese.

Quelli che verranno presentati sono solamente una prima parte di un più complessivo piano di restauro che verrà completati nei mesi successivi, grazie anche al contributo della Fondazione CRSM.

La Pieve di San Giovanni Battista di Corazzano
Foto di Francesco Fiumalbi

domenica 28 settembre 2014

I SANTUARI DEL GIOCO - 5 PARTE - Racconto di Giancarlo Pertici


di Giancarlo Pertici

I “Santuari” del gioco……
e noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…

PARTE QUINTA DI CINQUE


Tra i tanti luoghi ogni bambino ne aveva uno in particolare che più di altri lo faceva sognare, lo faceva volare, nel quale si sentiva libero fino ad estraniarsi dal contesto e nel quale rifugiarsi per giochi a volte unici, ….. luogo o ambiente che assumeva valore di sacro fino a diventare il suo “Santuario”.

 Sogni ad occhi aperti –
Come l'onda lunga di una mattina di bonaccia con appena segnata la cresta a rompere la monotonia di quell'immensa distesa... verde intenso il colore a tradire la sua natura, ed il vento a cullare quella marea con gentilezza accompagnandola da una sponda a l'altra, da un ciglione a l'altro là sotto i Cipressi di Scacciapuce… mare, lago, specchio d'acqua riflessi negli occhi avidi di sogni, di cullarsi nel vento, per correre su quella risacca… in gara col vento stesso a toccare l'altra sponda, da un ciglione a l'altro dove quei Cipressi continuano a sorvegliare guardinghi il sogno, a difendere la posizione contro gli intrusi, quei “grandi” che con un qualsiasi pretesto sembrano voler sempre vanificare i tuoi sogni, spazzare via le tue fantasie, intromettersi tra te e quel mare, a turbare quella bonaccia che ti appaga. …“Pertici!!”… “Giancarlo!!”… “Giancarlinoooo!” …è il maestro Catarcioni che invade il mio sogno. L'ho sentito solo al terzo richiamo. Prigioniero in …“classe” (così la chiamano la 1° elementare), dalla mattina presto fino a dopo mezzogiorno. Sì! Prigioniero … privato della libertà, impedito ad inseguire quel sogno …continuazione ideale del mare di fine agosto (non sapevo che fosse agosto)… Quel mare forzatamente lasciato, ma mantenuto come “Santuario”, quasi un'arca dove rifugiarsi… nella mente, negli occhi a rivivere a due passi da Casa: là a Scacciapuce disposta ogni giorno a tramutarsi secondo il mio desiderio in mare, in lago, con l'onda lunga, a volte in burrasca con i suoi cavalloni dove immergersi per farsi trascinare da una sponda a l'altra… A volte arrivo alla sera, quando Nonno Nuti viene a chiamarmi ...sta per arrivare Babbo ed io... dentro il mio mare… Ma in quella prigione non è più possibile sognare…
E' sempre distratto, sembra vivere in un suo mondo, non sta mai attento… gli occhi fissi fuori dalla finestra a guardare la vallata sottostante… Gargozzi e i campi d'erba che ondeggiano al vento” e mia madre ascolta attenta e impotente la puntuale disamina del maestro Carlo Catarcioni. Fa spallucce … mi prende per mano e mi accompagna verso la… libertà!! Come gli voglio bene alla mia mamma!!! Appena a casa, mi tolgo i grembiule e …faccio per scappare via. Mi ferma subito la mamma e mi mette a tavola … “Prima si mangia! .. dopo puoi andare a giocare”. Sì.. là fuori! .. forte il desiderio … che mi aspetta.

– Nel Lettone –
Non devo avere avuto più di 5 anni …. la domenica mattina quando aspetto che si liberi il lettone, io che dormo nella camerina buia accanto in un letto bastardo e mia sorella Maurizia nella sua culla lì di fianco. E' sempre piuttosto presto quando riesco a sgattaiolare dentro il lettone dopo aver aiutato Maurizia ad arrampicarsi fin lassù, sotto quel coltrone di lana semirigido che si modella a nostro piacimento. E noi dentro queste gallerie alla scoperta di mondi sconosciuti, a nasconderci al modo e agli altri ….e farsi improvvisamente silenziosi nel sentire i passi di mamma avvicinarsi, per restare invisibili mentre cerchiamo di trattenere il fiato e il riso. “Dove saranno andati a finire i miei bambini??”. Non riusciamo a resistere oltre e così mamma ci veste per mandarci a Messa.

 Santa Sanctorum di Berto –
Se hai la ventura di seguire Berto in casa sua ti accorgi subito del suo diverso atteggiamento lontano dalle sue sicurezze e dalla sua spavalderia quasi a difesa del suo Santuario, custodito gelosamente lontano dalla curiosità, mai propagandato. Io che lo seguo spesso in questo suo mondo in silenzio, in quasi religiosa compunzione noto i suoi gesti “diversi” eseguiti in armonia con l'ambiente. E' uno stanzino buio piccolo piccolo di transito, alcune mensole di lato che noti a malapena al passaggio a luce spenta. Poi a luce accesa noti assisi su quelle mensole diversi Vasi di vetro colmi di palline colorate, tutti in fila, sono tanti …ben più di quelli del Giorgi e di Pietro. E Berto si vuota le tasche e va a colmare l'ultimo Vaso, lo fa con estrema attenzione, ché le palline non si sciupino. Lo ripone sulla mensola quasi si tratti di un tabernacolo.
Se poi vai oltre quella porta… ti pare di sognare, anche se sei nell'antibagno… sempre al buio. Stipato di gabbie di più dimensioni appese al muro in più file tutte piene di passerotti che a luce accesa cominciano a cantare, sembrano quasi chiamare. Sono tutto passerotti che Berto ha cavato a mano sul tetto di casa passando dalla finestra di camera nostra, prima sul comodino, quindi sul canterale... a su quel davanzale di quasi un metro, tanto è il terrapieno, per issarsi sul tetto che scorre parallelo. E' la sera a buio che accudisce a questi uccellini, sue creature allevate e imboccate a mano sera per sera con pazienza quasi religiosa. Un po' invidioso, un po' ammirato ne seguo la gestualità... sembra quasi parlare con i suoi uccellini. A volte ho l'impressione che li conosca ad uno ad uno anche per nome. Non so se definirlo stupore o ammirazione quando apre una gabbia e lascia libero quel passerotto di uscire… è tanto che chiama! È un po' che lo sento cantare, ma l'impressione è proprio di un richiamo, come una parola ripetuta fino alla noia. E l'uccellino esce ma non scappa, non cerca una via di fuga, non cerca la luce, volteggia un po' e poi si va a fermare su una spalla di Berto, poi sulla testa, quindi sul palmo della mano pieno di miglio. Io immobile, col timore di rompere quell'incantesimo che si ripete ogni volta che mi lascia entrare nel suo Santa Sanctorum… senza parole, costernato, addolorato per lui in lacrime quella volta, l'ultima, che il suo uccellino in pieno giorno dopo aver mangiato dal palmo della mano, per una finestra dimenticata aperta se ne vola via lontano dal suo Berto…

 Un bel giorno andando a spasso incontrai Giovan Trabiccola aveva un bel … –
Giancarlone era un bambino che aveva un solo gran difetto, quello di essere un bambino, e spesso doveva scontare, ma non era il solo, colpe non sue. Eravamo sì liberi, ma di questa libertà venivamo spesso privati… con punizioni delle più varie. A Giancarlone toccava sempre la stessa punizione: chiuso in camera sua tutto il pomeriggio fino a l'ora di cena, ora in cui tornava sua mamma dal lavoro verso le 7. E qui entra in ballo la grande fantasia di cui ogni bambino è dotato ed anche la voglia di non arrendersi, la voglia di giocare comunque in qualsiasi condizione. Camera buia la sua, che sarà negli anni anche la mia! Una sola porta, bianco il colore, vecchia e di legno pieno. Con le stecche di ombrelli rotti siamo soliti costruire archi e frecce che non abbiamo mai occasione vera di usare. Ma Giancarlone ha un suo poligono di tiro, la sua camera quando è in punizione e un grande cartone affisso alla porta con disegnato un tirassegno a più colori. Bravo a disegnare e colorare. Anche passando dalla strada capisci che è in punizione dal suono delle frecce che si conficcano nell'uscio e soprattutto da quella filastrocca intonata al momento della chiusura della porta e che cessa solo al ritorno di Irma dal lavoro. “Un bel giorno andando a spasso incontrai Giovan Trabiccola aveva un bel cappello e me lo regalò… e così mi incappellò Giovan Trabiccola e poi se ne andò”. Quando terminava il suo canto aveva abbigliato Giovan Trabiccola di ogni immaginabile accessorio di vestiario e non, anche in tasca, in valigia, a tracolla, in ogni dove riusciva ad immaginare… per voli anche poetici. Ne usciva mai arrabbiato, forse stanco… anche in quelle condizioni riusciva ad immaginare un suo mondo, unico. Siamo tutti cresciuti in questo clima, nei limiti di quel tempo che ci ha consegnato adulti poi in un periodo di grande fermento dopo un rodaggio passato in libertà o quasi, o quasi sempre.

 Rampa di lancio –
Sotto il ponte, appena oltrepassato l'arco… quello grande dove si gioca a cappe, a scendere sulla sinistra lato Migliorati si apre una porticina, allora era un a porticina mentre oggi ha assunto l'aspetto di vano d'accesso ad un magazzino. E un gradino appena, per accedere a quella porta, sul quale da solo mi seggo assorto, quando mi prende la voglia di giocare da solo. E' lo stesso luogo a cui bramo quando ad occhi aperti, prigioniero in classe… prima elementare, sogno l'evasione. E non mi porto dietro giochi particolari o strani… forse anche nulla. Quasi epidermico il ricordo di quel luogo che sembra farsi magico… pronto a realizzarsi come per atto di fede, pronto a trasportarmi ovunque ma dove non ricordo, ma lontano non solo con la fantasia ma con tutti i sensi, così impegnati in quel volo che mi possiede, mi incanta, mi guida. Al solicchio dei brevi pomeriggi di inverno, su quello scalino... moderna rampa di lancio per il mondo della fantasia e dell'impossibile... mi risveglia a l'ora di merenda mamma o nonno Nuti... prima un richiamo, quasi un'eco lontana… per un ritorno nel tempo.

FINE QUINTA PARTE

La Valle di Gargozzi
Foto di Francesco Fiumalbi

sabato 27 settembre 2014

ARTE E AMICIZIA - Inaugurazione della mostra - Venerdì 3 ottobre 2014 ore 18.00

Venerdì 3 ottobre 2014, alle ore 18.00, presso Palazzo Grifoni si terrà l'inaugurazione della Mostra dal titolo:


ARTE & AMICIZIA
Cinque Artisti Toscani dall'Istituto d'Arte di Firenze
Luigi Gheri, Rodolfo Meli, Sauro Mori, Niccolò Niccolai e Silvano Porcinai 

La mostra e il catalogo, edito da Masso delle Fate Edizioni, sono stati curati da Daniela Giaccone, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato.

Interverranno:
Antonio Guicciardini Salini - Presidente della Fond. CRSM
Daniela Giaccone - Curatrice

La mostra resterà aperta dal 4 al 26 ottobre 2014
Orario lunedì-sabato 9.00-13.00 ; domenica 14.30-18.00

Palazzo Grifoni - San Miniato (Pi).


venerdì 26 settembre 2014

FIBBIASTRI [SAN MINIATO] - DIZIONARIO REPETTI


FIBBIASTRI [Comune di San Miniato]

FIBBIASTRI nel Val d’Arno inferiore. Borgata dove fu una chiesa parrocchiale (S. Maria della neve) filiale annessa alla pieve di S. Giovanni alla Fabbrica di Cigoli, Comunità Giurisdizione e Diocesi di Sanminiato, Compartimento di Firenze. E' Fibbiastri una villata esistente nella pendice occidentale della città di Sanminiato, fra il subborgo di S. Chiara e il castello di Cigoli.
Della villa di Fibbiastri fece menzione Giovanni Lelmi nella sua cronica Sanminiatese, all’anno 1316 sotto il dì 27 aprile, quando Uguccione della Faggiuola capitano e signore di Pisa con i suoi Ghibellini si mosse dalla badia di S. Gonda per predare e dare il gusto alle ville di Monte Donico, Bacoli e Scoccolino, arrivando infine a Fibbiastri, presso S. Chiara, e per la via di Felcino (1).
La parrocchia di Fibbiastri trovasi notata nel registro delle chiese della diocesi di Lucca fatto nel 1260 (2). Essa fu soppressa sul declinare del secolo XVIII, poiché nella statistica della diocesi Sanminiatese dell’anno 1745 contava la sua cura 662 abitanti.

[Repetti Emanuele, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca Garfagnana e Lunigiana, Tofani, Firenze, 1835, Vol. II, p. 79]

San Miniato, vista verso “Poggio di Cecio”, già Loc. Fibbiastri
Foto di Francesco Fiumalbi

NOTE E RIFERIMENTI
(1) Si tratta del Diario del notaio e cronista sanminiatese Giovanni di Lemmo da Comugnori. Al tempo in cui scrive Emanuele Repetti, il suo “Diario” non era ancora stato stampato integralmente, ma Giovanni Lami vi aveva attinto notevolmente. La prima edizione fu inserita nella raccolta curata da Luigi Passerini, Cronache dei secoli XIII e XIV, Documenti di Storia d'Italia, Vol. VI, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1876. Più recentemente è uscita una nuova edizione curata da Vieri Mazzoni: Ser Giovanni di Lemmo Armaleoni da Comugnori, Diario. 1299-1319, Deputazione di Storia Patria per la Toscana, Documenti di Storia Italiana, Serie II – Volume XIV, Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2008.
(2) L'elenco delle chiese della Diocesi di Lucca, conosciuto anche come “Estimo” fu edito per la prima volta in Domenico Bertini, Memorie e documenti per servire all'Istoria del Ducato di Lucca, Tomo IV, parte I, Francesco Bertini Editore, Lucca, 1818, appendice, doc. XXVII, pp. 37-48. Una più recente edizione si deve a Pietro Guidi, Tuscia. Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Vol. I, La decima degli anni 1274-1280, Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma, 1932, Appendice, pp. 243-273.

70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE A CORAZZANO – Domenica 28 settembre 2014 ore 17.00

La Cooperativa "Corazzano", il Circolo Arci "Corazzano", l'Associazione Culturale - Sportiva "Corazzano" invitano le SS.LL. a partecipare al 70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE A CORAZZANO che si terrà domenica 28 settembre 2014, ore 17.00 nei locali del Circolo Arci di Corazzano.

Ore 17.00: Presentazione del libro di Mario Piampiani Memorie di un partigiano

Ore 18.00: Proiezione della video-intervista a Gino Daini

Intervengono:
Vittorio Gabbanini – Sindaco di San Miniato
Rutilio Fioravanti – Presidente Sezione Soci Unicoop Firenze Valdarno Inferiore

Coordina: Marzia Bellini

ore 19.30 Apericena


domenica 21 settembre 2014

IL LORO SACRIFICIO FACCIA GERMINARE LA PACE – CERIMONIA DI DONAZIONE – 21 SETTEMBRE 2014

a cura di Francesco Fiumalbi

Nel pomeriggio di domenica 21 settembre 2014 si è tenuta la cerimonia di donazione all'Arciconfraternita di Misericordia di San Miniato dell'opera IL LORO SACRIFICIO FACCIA GERMINARE LA PACE, realizzata da Luca Macchi.
Nell'atrio di Palazzo Roffia un pubblico gremito e particolarmente attento. Dopo una breve introduzione del Governatore Fabio Nacci, la parola è passata alla Dott.sa Alessandra Scappini che ha ben illustrato l'opera di Luca Macchi, non soltanto da un punto di vista iconografico, ma anche in relazione al percorso artistico del pittore. Lo stesso Luca Macchi che è intervenuto subito dopo ed è stato omaggiato con un riconoscimento da parte dell'Arciconfraternita di Misericordia. Interessante anche l'intervento di Andrea Mancini, il quale, assieme agli altri intervenuti, ha contribuito alla realizzazione del pieghevole della mostra di opere che rimarrà in esposizione nei locali di Palazzo Roffia fino al 5 ottobre 2014, dal titolo “Luca Macchi. Opere recenti”.
L'opera di Luca Macchi IL LORO SACRIFICIO FACCIA GERMINARE LA PACE, invece, potrà essere ammirata quotidianamente perché verrà collocata stabilmente nell'atrio del Palazzo Roffia.
Di seguito il video della serata e alcune immagini.


Il loro sacrificio faccia germogliare la pace – Cerimonia
Video di Francesco Fiumalbi



L'opera di Luca Macchi
Foto di Francesco Fiumalbi



Il loro sacrificio faccia germogliare la pace – Cerimonia
Foto di Francesco Fiumalbi

L'intervento del Governatore Fabio Nacci
Foto di Francesco Fiumalbi

L'intervento della Dott.sa Alessandra Scappini
Foto di Francesco Fiumalbi

L'intervento di Luca Macchi
Foto di Francesco Fiumalbi

L'intervento di Andrea Mancini
Foto di Francesco Fiumalbi

L'omaggio a Luca Macchi
Foto di Francesco Fiumalbi

I SANTUARI DEL GIOCO - 4 PARTE - Racconto di Giancarlo Pertici


di Giancarlo Pertici

I “Santuari” del gioco……
e noi bambini, anni '50 e paraggi, testimoni e ….officianti…

PARTE QUARTA DI CINQUE


Il gioco del pallone –
Non era allora il gioco per eccellenza per mancanza di spazi adatti... solo un sogno l'idea di un campetto vero dove tirare pedale ad un pallone. E allora noi queste pedate, che ci sentivamo maturare nelle gambe, alle caviglie e che esplodevano nei piedi le andavamo a sfogare in piazza… sulle lastre quasi incuranti dei veicoli che potevano arrivare e passare. Gli angoli prescelti due ai due estremi.

Uno davanti al palazzo del Migliorati... a fare da porta quella delle Stalle da un lato, e dall'altro l'unico sporto presente a chiudere quello che era ed è un garage. Partita regolare dunque con un campo diviso in due e due porte distinte… nessuno che vuole giocare in porta (allora siamo costretti a giocare in porta a turno o a giorni alterni). Non c'è una regola precisa… due contro due, tre contro tre, ma anche in dispari e ogni tre calci d'angolo un rigore. Un calcio a modo nostro secondo lo spazio che abbiamo e secondo la nostra fantasia. Unico dilemma rimasto sempre irrisolto gli immancabili vetri rotti. Chi pagava quelli nuovi?

L'altro davanti alla Chiesa e più precisamente davanti all'unica porta costituita dall'arco di accesso alla canonica. Spazio ideale per un gioco di palleggio e di tiro in porta, quando c'è un portiere vero come lo è Giancarlo il Turini. Spazio che non risente mai del passaggio di ambulanze o di altri veicoli… ma dipende dall'umore del prete e compagnia bella. Va tutto bene se è assente…. ma se è nei paraggi, puoi star certo che arriva a mandarti via e lo stesso fa Lida, la perpetua che non sopporta niente di quanto noi bambini facciamo, sia davanti al suo uscio sia in piazza. La nostra presenza la infastidisce comunque. Antipatia che esplode in tutta la sua recrudescenza quella volta che ad un gol realizzato, sfuggito alla presa di Turini… non si gonfia la rete (come avviene nei rettangoli di gioco e come usa commentare il cronista radiofonico) ma bensì l'orecchio destro di Lida, colpito da quel gol quasi una cannonata, colpevole, l'orecchio, di indossare degli orecchini appesi per il foro innaturale praticato nel lobo, che non regge il colpo e si strappa (il lobo si intende). E' fine dei giochi allora e non ricordo che siano più ripresi almeno davanti a siffatta porta!
Non c'è mai in piazza o per strada un gioco solo, spesso più gruppetti riuniti per giochi diversi nei quattro spicchi. Chi davanti al palazzo Migliorati o addirittura sotto lo stesso arco della canonica di Santa Caterina.

Davanti a Casa Nardini, al riparo dell'abete, quello più vecchio un gruppetto di ragazzi gioca spesso con le Trottole di legno; gioco d'abilità che noi più piccoli ammiriamo incantati mentre proviamo autentici brividi nella cruenta punizione inflitta al perdente. Non sempre ne capiamo la ragione… il perdente (ma la trottola non il giocatore) sottoposto alla punizione della “fustigazione” – non saprei come meglio definire, il colpo inferto con la punta metallica da parte di tutti i giocatori sulla testa di legno del perdente. Il più delle volte è la morte della trottola.
Chi canta quei canti imparati in colonia al mare, chi gioca a carte, chi fa il gioco della bottiglia per… “dire,fare,baciare,lettera o testamento” per penitenza. Qualcuno gioca a ruba bandiera, chi “Al Lupo e Alle pecore” …accompagnati da un brusio sommesso, quasi per rispetto dell'Ospedale, intercalato da improvvise risate, gridolini eccitati, scroscio di applausi fino al silenzio che scoppia improvviso, …quasi in apnea.. dopo il richiamo “tutti a letto!!”.

- Scacciapuce –
Quando arrivi alla casa di Marianna, in fondo al Pian delle Fornaci, appena riprincipia la salita, là sulla destra si staglia un viottolo che passando sotto il boschetto, va a rifinire sull'aia di Gazzino. Ci sei! Se vai oltre finisci nei Broti insieme alla spazzatura, ma se tu prendi a destra per quella strada sterrata tutta polvere, nascosta dai ciglioni e fra gli ulivi, scopri di essere a Scacciapuce… quel pezzo di strada segnata dai Cipressi... forse 10… forse 12 che la rinserrano tra il ciglione che tiene in alto la carciofaia. E degradanti in basso verso la valle di Gargozzi campetti a terrazza coltivati a volte a grano a volte a erba medica per i conigli… visti da casa col sole che li fa brillare nei movimenti suggeriti dal vento, paiono a volte mare in tempesta, a volte oceano in fiamme, a volte ammaliante bonaccia dell'incerta luce di un'alba di inizio estate. Quando si arriva là, dopo la salita, tra la polvere, sotto il sole… alla timida ombra di quei cipressi, ti ci siedi sotto… a bordo ciglione… le gambe penzoloni a dondolare piacevolmente, mentre ammiri lo spettacolo di casa tua illuminata dal sole del pomeriggio. Mamma Eda è là sulla terrazza, in attesa di vederci sbucare sulla strada… forse ci conta, ...poi mi vede, mi riconosce... forse riconosce la maglietta. Sembra quasi chiamarmi mentre agita le mani in segno di saluto. Altre braccia si tendono a segnare un “Ciao”, un “Evviva”, un saluto di benvisti, di benvenuti… quasi a contrassegnare l'obiettivo raggiunto, il pericolo scampato, la scommessa vinta. E' il là per l'inizio dei giochi che parlano all'unisono di Merenda … non si parla di altro, come se tutto quel camminare, tutto quel darsi da fare, tutto quel correre e rincorrersi fosse servito, fosse stato pensato soltanto per “fare merenda”. Ma è proprio così, anche se nei ricordi ci scappa qualche gioco, …sembra il posto fatto apposta per compagni di merende.

- Il Parterre –
A noi bambini degli anni '50 appare un po' “fuori mano” , quasi un posto esclusivo... non nostro ..che andiamo ad invadere ogni tanto... i suoi padroni lontani. Facile da raggiungere perché tutto in discesa partendo dalla piazzetta del Ricovero attraverso quel cancello centrale sempre aperto, passaggio contrassegnato da un cancello che sta comunque per “chiusura”. Da lì si arriva... anche oggi… ad una casa di contadini che per un periodo è stata abitata dalla famiglia Poli, conosciuto come Baggiacco, già casigliano del marchese Migliorati nel suo palazzo di Piazza Santa Caterina. E dietro la colonica, sospesa tra cielo e terra perché costruita sopra una sorta di promontorio quasi innaturale, forse una collinetta spianata nel tempo, in un ampio rettangolo regolarmente disegnato, ci appare il Parterre. Nome il cui vero significato ci sfugge ma che ci suggerisce la regolarità della sua forma, …il suo arredamento signorile… le siepi regolari create e mantenute… quelle querce datate… quei vialetti ad ornare e suddividere gli spazi… tutti quei tavolini e panche in pietra che in quattro diversi settori invitano a sedere e a fermarsi… e quella siepe che ai lati esterni proprio sul ciglione preserva dal dirupo sottostante, mentre ne agevola la discesa tramite alcuni scalini scavati nel tufo del ciglione. La prima volta che ci si arriva senti solo l'esigenza di scoprire e conoscere gli spazi, i sui limiti. Quasi con rispetto e timore ti soffermi ai tavoli… il dubbio di usurpare il posto di qualcuno… che poi non arriva. Poi la prima volta, e c'è sempre una prima volta, che anche il figlio del marchese Migliorati si aggrega al gruppo, anche se solo per un saluto o per fare merenda, allora ti senti libero… ospite gradito, ma anche responsabile di un posto che sei tenuto e sei chiamato a rispettare. Non semplicemente un posto per la merenda, ma un mondo nuovo dove tanti giochi, vecchi e nuovi, sono possibili. Sui tavoli possiamo giocare a dama, a filetto, agli shanghai quando abbiamo sparecchiato dalla merenda. Tutto il boschetto sembra un teatro ricreato apposta per giocare a rimpiattino, ma anche per una guerra con fionde e cerbottane con proiettili fatti di carta masticata… moderni Robin Hood… tutti che vogliono fare il Robin Hood. Ma anche la tentazione di uscire da quel quadrato magico per calarti all'esterno… e tutto intorno, arredato naturalmente da rovi, in luglio e in agosto, a raccogliere more che generose, limpide, crescono e si moltiplicano abbarbicate anche sulle siepi esterne a fare mostra di sé. Quando la sera torniamo a casa ce n'è da fare marmellata per tutti. E all'ora della merenda, quasi sempre, arriva qualche mamma… con la sporta piena di pane a fette, spesso pomodori, olio e sale per una merenda per tutti… e acqua della Fonte, quella lì a portata di mano, della Fonte di Pancole. Un pomeriggio diverso che ti rimane dentro, come il ristoro della sua ombra e del suo “frescolino” sempre presente anche in piena estate… Oasi unica durante i solleoni di quelle estati mai avare di caldo e di sole almeno fino a ferragosto, quando i primi temporali segnalano l'arrivo imminente dell'autunno.

FINE QUARTA PARTE

San Miniato, vista panoramica da Scacciapuce
Foto di Francesco Fiumalbi

POMARANCE – LA PIEVE DI SAN GIOVANNI BATTISTA A SILLANO

di Francesco Fiumalbi

Lungo la strada che dal piccolo borgo di San Dalmazio conduce alla Rocca Sillana, si trova ciò che rimane dell'antichissima Pieve di San Giovanni Battista di Sillano: una grande costruzione, ormai abbandonata da secoli e ridotta allo stato di rudere. Oltre al sedime della costruzione, è ancora visibile la suggestiva e imponente facciata, che dà un'idea dell'originaria monumentalità dell'edificio.
Una costruzione decisamente ricca di fascino, probabilmente anche per il carattere “romantico” che suscitano le rovine della chiesa e, per questo, è stato pensato il presente post suddiviso in due parti: la prima dedicata all'edificio da un punto di vista architettonico, la seconda raccoglie le principali informazione a carattere storico-documentario.

La Pieve di San Giovanni Battista di Sillano
Foto di Francesco Fiumalbi

L'ARCHITETTURA – COSA RIMANE
L'antica e suggestiva Pieve di San Giovanni Battista di Sillano oggi si presenta come un imponente rudere di cui rimane il sedime, quasi integro, e buona parte della facciata. Appena avvertibile il presbiterio, rialzato di alcuni gradini, oggi avvolti dalla vegetazione, e quel che rimane dell'impianto dell'unica abside, di forma semicircolare.
L'edificio doveva presentarsi a pianta rettangolare, con una lunghezza che arrivava a sfiorare i 30 metri (ovvero circa 50 braccia, corrispondenti a 10 canne agrimensorie), ed una facciata di circa 15 metri (circa 25 braccia, cioè 5 canne agrimensorie), seguendo l'abituale rapporto di 1:2.
Suddivisa in tre navate, la chiesa fu concepita secondo un orientamento che segue il consueto allineamento est-ovest, versus solem orientem, con la facciata rivolta a ponente. Tuttavia occorre rilevare un leggero disassamento, stimabile in circa 10 gradi in senso antiorario, probabilmente dovuto all'orografia dell'area.

Estratto dal Catasto Generale della Toscana
Comune di Pomarance, Comunità di Castelnuovo di Val di Cecina,
Sezione K, Rocca a Silano, foglio n. 2, anno 1822
Archivio di Stato di Pisa, Catasto terreni – Mappe – Pomarance – 100
Immagine tratta dal sito web del “Progetto CASTORE”
Regione Toscana e Archivi di Stato Toscani
Per gentile disponibilità. Info Crediti e Copyright

L'aspetto più significativo dell'imponente costruzione è indubbiamente la facciata, realizzata, così come il resto dell'edificio, in pietra arenaria estratta localmente. Rovinata nella parte alta, presenta un goffo tentativo di ricomposizione, che vide l'utilizzo di materiali diversi, come elementi in laterizio. Oltre a questo, presenta una fascia basamentaria del tutto particolare, tenuto conto del contesto architettonico toscano. Non sembra sussistere un esempio lontanamente avvicinabile.
Incorniciato da due pilastri alle estremità, il fronte si presenta suddiviso in 5 porzioni: quella centrale, leggermente più ampia, contiene il portale di ingresso sormontato da un grande archivolto, ai lati del quale si affiancano 2 “specchiature” per parte. Queste sono scandite dalla presenza di altrettante colonne e mensole, che sostengono un motivo di archi ciechi fra loro concatenati. Il risultato formale è indubbiamente suggestivo e richiama compositivamente alcune soluzioni lessicali che si trovano diffuse per lo più nell'Italia meridionale ed in particolare in Sicilia. Per citare soltanto un paio di esempi conosciutissimi, vale la pena ricordare il Duomo di Cefalù (PA) e la bellissima chiesa abbaziale dei SS. Pietro e Paolo presso Agrò nel Comune di Castelvecchio Siculo (ME). In Toscana, lo stesso motivo compositivo si trova spesso utilizzato non in forma architettonica, cioè come vero e proprio soggetto lessicale, bensì in forma decorativa, specialmente al coronamento dell'edificio. Ne sono esempio la Pieve di San Giovanni Evangelista a Monterappoli nel Comune di Empoli (FI) e il piccolo oratorio quattrocentesco di Santa Maria al Fortino a San Miniato (PI). Di questa seconda categoria, non mancano neppure alcuni esempi in lombardia, opportunamente segnalatici da Francesco Viti (Pievi Romaniche della Toscana e oltre) come la chiese pavesi di Santa Maria in Betlem, San Lanfranco e la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. Certamente è un motivo che, a livello decorativo, ha conosciuto una diffusione significativa, specialmente nelle realizzazioni in laterizio, grazie anche alla facilità di modellazione proprie del materiale.

La facciata della Pieve di San Giovanni Battista di Sillano
Foto di Francesco Fiumalbi

In ogni caso, è bene precisare, che da un punto di vista dell'intenzionalità progettuale della parte basamentaria della facciata, la Pieve di Sillano è molto più vicina ai due esempi siciliani piuttosto che a quelli toscani. E, per questo motivo, capita che in alcuni libri o in siti internet sia utilizzata la definizione di architettura “romanico-normanna”. Da un punto di vista “scientifico” non c'è niente di più sbagliato. Non è corretto attribuire una definizione utilizzando quale unico parametro l'impiego di una determinata soluzione formale che, per altro, riguarda solo una porzione, seppur significativa, ma comunque limitata, dell'edificio. E, tutto questo, prescindendo dal contesto storico-architettonico in cui si inserisce, dal resto della costruzione, dalle tecniche costruttive con cui fu innalzato, dall'apparato formale e decorativo generale. Insomma, non è certamente precisa una definizione che tiene conto solamente di parziali dati stilistici.

Pieve di Monterappoli, particolare del coronamento
Foto di Francesco Fiumalbi

L'oratorio di Santa Maria al Fortino a San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Di per sé la definizione di architettura “romanica” presenta diversi problemi storiografici, ma viene comunque largamente utilizzata perché è entrata nell'uso comune per definire edifici costruiti a cavallo fra i secoli X e XIV. Se, invece, si volesse dare una definizione priva di ambiguità, bisognerebbe parlare genericamente di architettura medievale. Un edificio, dunque, ascrivibile ai secoli centrali del medioevo, e che in facciata presenta alcune caratteristiche formali che ritroviamo in luoghi lontani come la Sicilia.
E' praticamente impossibile individuare una spiegazione certa su tale circostanza. Procedendo per logica, si potrebbe avanzare l'ipotesi circa la presenza di un magister proveniente da lontano, il quale doveva la propria formazione ad un contesto culturale estraneo all'ambito toscano, maturato secondo un diverso gusto estetico. Un maestro costruttore che tuttavia non dovette trattenersi molto nella zona, dal momento che la pieve di Sillano rappresenta un unicum; oppure si può supporre che altre eventuali realizzazioni non abbiamo avuto grande fortuna, ovvero che siano state distrutte o profondamente alterate nei secoli. Nessuno può dirlo con certezza. Qualcuno potrebbe pensare anche che si tratti di un episodio del tutto casuale, sviluppatosi in maniera completamente autonoma e circoscritta, che ebbe come risultato una soluzione formale già prodotta in altri luoghi e in altri contesti.
Premesso che, per quel poco che ci è dato di sapere, non si può escludere niente, concludendo la questione, l'evoluzione dell'architettura, in generale, non è nient'altro che la manifestazione dell'evoluzione socio-culturale dell'uomo che l'ha prodotta. E in una evoluzione continua, complessa e multiforme, così come la conosciamo attraverso la storia, la variabile “casualità”, di solito, è ridotta al lumicino.

La parte sinistra della facciata
Foto di Francesco Fiumalbi

La parte destra della facciata
Foto di Francesco Fiumalbi

Da un punto di vista stilistico, i capitelli delle colonne, realizzati in marmo bianco, sembrano appartenere ai secoli centrali del medioevo, a cavallo fra X e XI. Non sembrano elementi di reimpiego, anche se finemente realizzati. In ogni caso non si può fare a meno di notare che, seppure siano uguali a due a due, sono di tre tipologie: quelli a sinistra presentano due registri di acanto e risultano più compatti di quelli che sostengono l'architrave del portale, anch'essi con gli elementi disposti su due ordini, mentre quelli a destra presentano un unico registro, ma sormontato da una spessa fascia decorata con motivi geometrici. Ai pilastri collocati alle estremità, una semplice cornice separa la parte basamentaria da quella più alta.
Le mensole, che si alternano ai capitelli, sono in pietra arenaria. Dovevano in qualche modo presentarsi completamente modanate e decorate, anche se la valenza estetica di tali elementi è andata completamente perduta a causa del forte degrado che hanno subito, a causa, soprattutto, delle scarse caratteristiche fisico-materiche della pietra utilizzata.

Il primo capitello a sinistra
Foto di Francesco Fiumalbi

Il secondo capitello a sinistra
Foto di Francesco Fiumalbi

Il capitello sinistro del portale
Foto di Francesco Fiumalbi

Il capitello destro del portale
Foto di Francesco Fiumalbi

Il primo capitello a destra
Foto di Francesco Fiumalbi

Il secondo capitello a destra
Foto di Francesco Fiumalbi

Particolare assai interessante da notare è il cosiddetto attacco a terra, il solido basamento che dalla fondazione determina la prima fascia su cui poi si eleva la facciata. Ed in particolare la modalità compositiva con cui vi si innestano i basamenti delle colonne. Non si tratta certamente di un'opera assoluta, tuttavia dimostra la grande maturità compositiva raggiunta attraverso un l'applicazione di precisi modelli estetici. E questo, seppur possa sembrare un dettaglio di poco conto, rappresenta in un certo senso la prova delle qualità del magister. D'altra parte la maestria di un progettista la si può misurare sia a livello generale e complessivo della costruzione, sia al livello dei singoli dettagli. Anzi, spesso sono proprio quest'ultimi a segnare le differenze.

Il particolare della porzione basamentaria
Foto di Francesco Fiumalbi

Altrettanta dovizia è rilevabile anche al coronamento della facciata, nella parte destra, laddove rimane visibile una piccola porzione quasi integra. Una sorta di specchiatura caratterizzata dalla presenza di un'apertura circolare e dall'inserimento di piccole mensole atte a sostenere la copertura, forse solamente da un punto di vista estetico, risolvendo con semplicità il difficile nodo fra copertura, fronte laterale e facciata.

Il particolare della specchiatura in alto a destra
Foto di Francesco Fiumalbi

Praticamente impossibile, invece, parlare dell'interno dell'edificio. La vegetazione ha avvolto completamente ciò che poteva essere ancora visibile, come ad esempio le basi delle colonne che scandivano le navate. Non è possibile determinare se siano ancora presenti. L'unica porzione visibile è rappresentata da ciò che rimane della controfacciata. Nessuna decorazione pittorica o scultorea sembra essere sopravvissuta all'azione del tempo.


INFORMAZIONI STORICHE SULLA PIEVE
L'origine e l'anno di fondazione della pieve non sono conosciuti, anche se è ragionevole ipotizzarne la costituzione, come la gran parte delle pievi, già in epoca tardoantica (V-VI secolo). Il primo documento che la attesta con certezza è un atto, registrato nel marzo dell'anno 945, attraverso il quale il Vescovo di Volterra Boso confermava al presbitero Andrea del fu Cuntrude, il controllo della ecclesia Sancti Quirici et Sancti Iohannis Batiste qui est plebe batismalis sito Silano, con una rendita annua pari a 12 denari d'argento (1).
Alcuni anni dopo, nel giugno del 969, Iohannes et Uuillerado figli del fu Evveradi, davanti a Donatus giudice imperiale, promisero al Vescovo di Volterra Petrus di non arrecare alcun pregiudizio alle rendite, legate alle decime e ai diritti sulla sepoltura dei morti, della Plebe S. Iohanni Batiste et S. Quiliqui sito Silano, che evidentemente erano minacciate dalle attività della chiesa di loro proprietà, dedicata ai SS. Regolo e Silvestro, situata in loco Kampo Roifreduli prope villa de Cugnano (2). Incerta l'appartenenza dei due laici, anche se probabilmente aderenti ad un ramo collaterale della casata comitale degli Aldobrandeschi, mentre la chiesa dei SS. Regolo e Silvestro, scomparsa precocemente, doveva essere situata alcuni chilometri a sud-ovest rispetto alla pieve, nell'attuale Comune di Radicondoli (SI) (3).
Ad un paio di secoli di distanza, la Pieve di SS. Giovanni Battista e Quirico di Silano compare nella Bolla pontificia, inviata da Alessandro III al Vescovo di Volterra Ugone, e datata 29 dicembre 1171. Nella lettera papale, richiamando altri provvedimenti sanciti dai predecessori Anastasio IV (in carica dal 1153 al 1154) e Adriano IV (dal 1154 al 1159), venivano confermati alla diocesi volterrana i possedimenti e la giurisdizione pastorale. Nell'elenco delle pievi, compare anche la plebem de Silano cum parochialibus ecclesiis (4). La plebem de Silano compare anche nell'analogo privilegium comfermationis del Pontefice Alessandro III, datato 23 aprile 1179, volto a confermare i contenuti del precedente provvedimento (5).
Il 20 febbraio 1187 il Vescovo di Volterra Ildebrandus cedette tutti i possedimenti della Ecclesia de Rantia, indicati come situati all'interno del plebano Silanensi, ad un tale maistro Berardo (6). La chiesa doveva trovarsi nei pressi dell'attuale Podere Rantia, nel Comune di Castelnuovo in Val di Cecina, tre km a sud-est rispetto all'abitato di Montecastelli Pisano.

La Pieve di Sillano vista dall'alto. Ortofoto del 2013
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Nelle decime del biennio 1275-76 è disponibile il primo elenco, con le chiese suffraganee afferenti alla Plebes de S. Iohannis de Silano (6 Lire, 6 Soldi , 8 Denari) (7):
Ecclesia S. Iacobi de Montecastello (2 L., 19 S., 9 D.) ovvero la chiesa di San Jacopo presso Montecastelli Pisano (Fraz. Castelnuovo Val di Cecina), matrice della chiesa, ancora oggi attiva, dedicata ai SS. Jacopo e Filippo, e dotata di fonte battesimale e dunque “pieve”;
Ecclesia S. Bartholomei de Silano (1 L., 9 S., 6 D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo presso il centro fortificato di Rocca Sillana, a cui verranno trasferiti gli obblighi e i benefici della pieve a seguito della sua decadenza;
Ecclesia S. Bartholomei de Anqua (3 L., 9 S., – D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo, precocemente scomparsa, che si trovava nei pressi di Loc. Anqua nel Comune di Radicondoli (SI), a circa 5 km a sud-est rispetto alla pieve;
Monasterium dominarum S. Dalmatii (1 L., 12 S., 5 D.), ovvero l'Abbazia di San Dalmazio, che dette il nome all'omonima frazione del Comune di Pomarance. Generalmente i monasteri erano esenti dal pagamento delle decime, tuttavia è probabile che l'abbazia in questione svolgesse anche il compito di chiesa parrocchiale. Non sarebbe un caso così tanto isolato, non mancano esempi in proposito, anche se avrebbe comunque costituito un'eccezione alla regola. E' plausibile, infatti, che all'abate del monastero spettasse anche la cura delle anime della piccola comunità di San Dalmazio. Da qui l'inserimento del monastero nell'elenco dei “non esenti”, dove sarebbe stata computata l'entità del tributo in funzione della sola parte afferente alle attività parrocchiali, lasciando comunque esente la parte strettamente legata all'abbazia e alla vita della sua comunità monastica. Questo poteva succedere quando ad una comunità monastica veniva concessa, da parte del vescovo, la facoltà di potersi insediare presso una chiesa già esistente. In questo caso gli obblighi parrocchiali, generalmente, venivano assolti dai religiosi.

Per il biennio 1276-77 alla Plebes de S. Iohannis de Silano è attribuita una decima pari a 6 Lire e 12 Soldi. L'elenco delle suffraganee si arricchisce di una sola chiesa (8):
Ecclesia S. Salvatoris de Aquaviva (2 L., 4 S., – D.), ovvero la chiesa di San Salvatore, situata presso l'odierna Loc. Acquaviva, a circa 3 km in direzione nord-ovest rispetto alla pieve; precocemente distrutta, il popolo fu staccato dalla pieve di Sillano e unito alla pieve di Pomarance;
Ecclesia S. Iacobi de Montecastello (4 L., – S., – D.);
Ecclesia S. Bartholomei de Silano (2 L., 9 S., – D.);
Ecclesia S. Bartholomei de Anqua (2 L., 6 S., – D.);
Monasterium dominarum S. Dalmatii (11 L., 10 S., – D.).

Più dettagliato l'elenco relativo al biennio 1302-03, in cui alla Plebes de Sylano è attribuita una decima di 2 lire (9):
Ecclesia [S. Salvatoris] de Aquaviva (1 L., 2 S., – D.);
Ecclesia de Mastrugnano (– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile;
Ecclesia de Lucciano (– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile;
Ecclesia [S. Iacobi] de Montecastello (1 L., 10 S., – D.);
Ecclesia de Valiano (– L., – S., – D.), dedicata a San Lorenzo, precocemente distrutta e non localizzabile, fu accorpata alla parrocchia di Montecastelli Pisano;
Ecclesia de Tegone (– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile; forse si trovava nei pressi dell'attuale Loc. Tégoni, nel Comune di Radicondoli, a circa 3-4 km a sud-est rispetto alla pieve;
Ecclesia [S. Bartholomei] de Silano (1 L., 4 S., – D.);
Ecclesia [S. Bartholomei] de Anqua (1 L., 10 S., – D.);
Monasterium dominarum de Sancto Dalmaçio (5 L., – S., – D.).

In occasione del Sinodo promosso nel 1356 dal Vescovo Philippum de Belfortibus de Vulterra, fu redatto anche l'elenco delle chiese della Diocesi, con il relativo censo. La Pieve di Sillano venne registrata all'interno del Sextus Vallis Strove (10):
Plebes de Sillano – Libbre 67
Eccl. [S. Bartholomei] de Sillano – Libr. 24 e Soldi 10
Eccl. [S. Salvatoris] de Aquaviva – Libr. 15
Eccl. [S. Iacobi] de Monte Castello – Libr. 31
Eccl. de Ripapoggioli – Libr. 4 – Ovvero la chiesa nei pressi dell'omonima località nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina.
Eccl. de Monstrugnano – Libr. 6
Eccl. de Vinazzano – Libr. 7 – Precocemente distrutta, non localizzabile.
Eccl. de Tegoni et Eccl. de Valliano – Libr. 12
Eccl. de Lucciano – Libr. 5
Eccl. de Montalbano – Libr. 4 – Dedicata a San Lorenzo, rimaneggiata e ridotta ad abitazione, si trova in Loc. San Lorenzo a Montalbano, nel comune di Radicondoli (SI), lungo la Strada Provinciale n. 35, nei pressi di Loc. Tegoni, a circa 3-4 km a sud-est rispetto alla pieve; la chiesa fu poi assegnata alla pieve di Elci.
Eccl. [S. Bartholomei] de Anqua – Libr. 22
Capp. SS. Apost. Philip. et Iacobi constructa in Eccl. de Montecastello predicto – Libr. 10 – Si tratta della chiesa, poi anch'essa pieve, dei SS. Iacopo e Filippo di Montecastelli Pisano.
La somma del piviere ammontava a 207 Libbre e 10 soldi.

Da un punto di vista della consistenza economica, con le sue 67 libbre, la Pieve di Sillano si pone un poco al di sopra rispetto alla media delle altre pievi. Per dare un'idea, facendo il confronto con due chiese abbastanza conosciute, l'allora Pieve di San Gimignano poteva vantare un censo di 99 libbre, mentre quella di Cellole solamente su 25 libbre.

Questa del Sinodo diocesano del 1356 sembra essere l'ultima notizia antica relativa alla Pieve di San Giovanni Battista di Sillano. Successivamente si verificò un vero e proprio processo di decadenza della Pieve, difficilmente da inquadrare temporalmente, almeno allo stato attuale degli studi. Ciò avvenne, probabilmente, a causa delle mutate esigenze spirituali della zona, determinate in primo luogo dalla concentrazione della popolazione negli abitati di Rocca Sillana, Montecastelli Pisano e nel borgo di San Dalmazio. Posizioni, evidentemente, militarmente strategiche, più difendibili. Non ci dobbiamo dimenticare, infatti, che il territorio volterrano entrò a far parte dell'orbita fiorentina a partire proprio dalla seconda metà del XIV secolo, e la vicinanza del confine con il contado senese, faceva della zona un'area marginale da rafforzare. D'altra parte, nell'alta Val di Cecina non mancarono scontri bellici di un certo rilievo, come l'azione di Niccolò Piccinino del 1431 o quella delle truppe di Alfonso d'Aragona Re di Napoli nel 1447-48. Il primo passo fu certamente quello di concentrare la popolazione in luoghi facilmente difendibili e, successivamente, la realizzazione di vere e proprie fortezze, come la Rocca Sillana, la cui costruzione, o ri-costruzione, quattrocentesca è stata attribuita all'intervento di Giuliano da Sangallo.
Dunque, fra la seconda metà del '300 e la prima metà del '400, una serie di circostanze politico-militari provocò un riassetto insediativo nella zona, e di conseguenza una ridefinizione nell'organizzazione ecclesiastica. E' in questo contesto che si verificò la decadenza della Pieve di Sillano, il cui titolo plebano, unitamente al fonte battesimale, ai benefici e agli obblighi ecclesiastici, fu trasferito alla chiesa di San Bartolomeo che si trovava nell'abitato ai piedi della Rocca Sillana. Un nuovo fonte battesimale fu assegnato anche alla chiesa dei SS. Iacopo e Filippo di Montecastelli che poté anch'essa vantare il titolo di pieve. Stessa concessione del fonte fu fatta anche alla chiesa di Anqua. Come se non bastasse, si verificò anche una parziale scissione del territorio plebano, con le chiese suffraganee di Montalbano, Tegoni e Valliano, oggi nel Comune di Radicondoli, che furono assegnate alla pieve di Elci. Mentre la chiesa di Aquaviva fu assegnata alla Pieve di Pomarance (11).
Probabilmente non è questa, bensì la chiesa di San Bartolomeo presso la Rocca Sillana, divenuta anch'essa pieve, quella a cui si riferisce Emanuele Repetti quando, senza citare le fonti documentarie, afferma:
«Il padronato della pieve di Rocca Sillana per asserto dell'abbate Puccinelli pervenne nella Badia Fiorentina, che ne propose la permuta nel 1541 con il Monastero di S. Baronto sul Mont'Albano; lo che venne effettuato nel 1577 previa l'approvazione del Pontefice Gregorio XIII.» (12).


NOTE E RIFERIMENTI
(1) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 25, p. 8. Una citazione dello stesso è presente anche in F. Ughelli, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae et Insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestiis deducta serie ad nostram usque aetatem, Tomo I, Venezia, 1717, col. 1430.
(2) Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi di Volterra, n. 204; edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 45, p. 14.
(3) Sull'argomento si rimanda a C. Ghilardini, La chiesa di S. Regolo e S. Silvestro in «loco Kampo Roifreduli». Contributo all’identificazione di una chiesa della diocesi volterrana antica, in «Science and Technology for Cultural Heritage», Istituti Editoriali Poligrafici Internazionali, Pisa – Roma, anno n. 15, nn. 1-2, 2006, pp. 85-100.
(4) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e edito in P. Kehr, Papsturkunden in westlichen Toscana, in «Nachrichten von der Konigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gottingen», Gottingen, 1904, doc. n. 9, pp. 616-618.
(5) Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi di Volterra, n. 151; edito in J. von Pflugk-Harttung, Acta Pontificum Romanorum Inedita, vol. III, Stuttgart, 1886, doc. n. 286, pp. 271-272.
(6) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, Liber Iurium n. 14; edito in F. Schneider, Regestum Volaterranum, in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907, doc. n. 219, p. 76.
(7) P. Guidi, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Tuscia, Vol. 1, La decima degli anni 1274-1280, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1932, p. 158.
(8) Ivi, p. 167.
(9) P. Guidi, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Tuscia, Vol. 2, La decima degli anni 1295-1304, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1942, p. 213.
(10) Il documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra; edito in A. F. Giachi, Saggio di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra, Parte II, Prima Edizione Siena, 1796, rist. Arnaldo Forni, Firenze 1979, anast. dell'edizione del 1887, ovvero la Seconda edizione corredata dei molti Documenti che rimasero inediti nella prima, pp. 583-594: 589.
(11) E. Repetti, Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana contenente tutti i luoghi del Granducato, Ducato, Garfaganana e Lunigiana, A. Tofani, Firenze, Vol. IV, 1841, v. Rocca Sillana, p. 796.
(12) Ibidem.