di
Francesco Fiumalbi
Lungo
la strada che dal piccolo borgo di San Dalmazio conduce alla Rocca
Sillana, si trova ciò che rimane dell'antichissima Pieve di San
Giovanni Battista di Sillano: una grande costruzione, ormai
abbandonata da secoli e ridotta allo stato di rudere.
Oltre
al sedime della costruzione, è ancora visibile la suggestiva e
imponente facciata, che dà un'idea dell'originaria monumentalità
dell'edificio.
Una
costruzione decisamente ricca di fascino, probabilmente anche per il
carattere “romantico” che suscitano le rovine della chiesa e, per
questo, è stato pensato il presente post suddiviso in due parti: la
prima dedicata all'edificio da un punto di vista architettonico, la
seconda raccoglie le principali informazione a carattere
storico-documentario.
La
Pieve di San Giovanni Battista di Sillano
Foto
di Francesco Fiumalbi
L'ARCHITETTURA
– COSA RIMANE
L'antica e suggestiva
Pieve di San Giovanni Battista di Sillano oggi si presenta come un
imponente rudere di cui rimane il sedime, quasi integro, e buona
parte della facciata. Appena avvertibile il presbiterio, rialzato di
alcuni gradini, oggi avvolti dalla vegetazione, e quel che rimane
dell'impianto dell'unica abside, di forma semicircolare.
L'edificio doveva
presentarsi a pianta rettangolare, con una lunghezza che arrivava a
sfiorare i 30 metri (ovvero circa 50 braccia, corrispondenti a 10
canne agrimensorie), ed una facciata di circa 15 metri (circa 25
braccia, cioè 5 canne agrimensorie), seguendo l'abituale rapporto di
1:2.
Suddivisa
in tre navate, la chiesa fu concepita secondo un orientamento che
segue il consueto allineamento est-ovest, versus
solem orientem,
con
la facciata rivolta a ponente. Tuttavia occorre rilevare un leggero
disassamento, stimabile in circa 10 gradi in senso antiorario,
probabilmente dovuto all'orografia dell'area.
Estratto
dal Catasto Generale della Toscana
Comune
di Pomarance, Comunità di Castelnuovo di Val di Cecina,
Sezione
K, Rocca
a Silano,
foglio n. 2, anno 1822
Archivio
di Stato di Pisa, Catasto
terreni – Mappe – Pomarance – 100
Regione
Toscana e Archivi di Stato Toscani
L'aspetto più
significativo dell'imponente costruzione è indubbiamente la
facciata, realizzata, così come il resto dell'edificio, in pietra
arenaria estratta localmente. Rovinata nella parte alta, presenta un
goffo tentativo di ricomposizione, che vide l'utilizzo di materiali
diversi, come elementi in laterizio. Oltre a questo, presenta una
fascia basamentaria del tutto particolare, tenuto conto del contesto
architettonico toscano. Non sembra sussistere un esempio lontanamente
avvicinabile.
Incorniciato
da due pilastri alle estremità, il fronte si presenta suddiviso in 5
porzioni: quella centrale, leggermente più ampia, contiene il
portale di ingresso sormontato da un grande archivolto, ai lati del
quale si affiancano 2 “specchiature” per parte. Queste sono
scandite dalla presenza di altrettante colonne e mensole, che
sostengono un motivo di archi ciechi fra loro concatenati. Il
risultato formale è indubbiamente suggestivo e richiama
compositivamente alcune soluzioni lessicali che si trovano diffuse
per lo più nell'Italia meridionale ed in particolare in Sicilia. Per
citare soltanto un paio di esempi conosciutissimi, vale la pena
ricordare il Duomo
di Cefalù (PA)
e la bellissima chiesa
abbaziale dei SS. Pietro e Paolo presso Agrò nel Comune di
Castelvecchio Siculo (ME).
In Toscana, lo stesso motivo compositivo si trova spesso utilizzato
non in forma architettonica, cioè come vero e proprio soggetto
lessicale, bensì in forma decorativa, specialmente al coronamento
dell'edificio. Ne sono esempio la Pieve
di San Giovanni Evangelista a Monterappoli
nel Comune di Empoli (FI) e il piccolo oratorio quattrocentesco di
Santa
Maria al Fortino a San Miniato (PI). Di questa seconda categoria, non mancano neppure alcuni esempi in lombardia, opportunamente segnalatici da Francesco Viti (Pievi Romaniche della Toscana e oltre) come la chiese pavesi di Santa Maria in Betlem, San Lanfranco e la Basilica di San Pietro in Ciel d'Oro. Certamente è un motivo che, a livello decorativo, ha conosciuto una diffusione significativa, specialmente nelle realizzazioni in laterizio, grazie anche alla facilità di modellazione proprie del materiale.
La facciata della Pieve
di San Giovanni Battista di Sillano
Foto di Francesco
Fiumalbi
In ogni caso, è bene
precisare, che da un punto di vista dell'intenzionalità progettuale
della parte basamentaria della facciata, la Pieve di Sillano è molto
più vicina ai due esempi siciliani piuttosto che a quelli toscani.
E, per questo motivo, capita che in alcuni libri o in siti internet
sia utilizzata la definizione di architettura “romanico-normanna”.
Da un punto di vista “scientifico” non c'è niente di più
sbagliato. Non è corretto attribuire una definizione utilizzando
quale unico parametro l'impiego di una determinata soluzione formale
che, per altro, riguarda solo una porzione, seppur significativa, ma
comunque limitata, dell'edificio. E, tutto questo, prescindendo dal
contesto storico-architettonico in cui si inserisce, dal resto della
costruzione, dalle tecniche costruttive con cui fu innalzato,
dall'apparato formale e decorativo generale. Insomma, non è
certamente precisa una definizione che tiene conto solamente di
parziali dati stilistici.
Pieve di Monterappoli,
particolare del coronamento
Foto di Francesco
Fiumalbi
L'oratorio di Santa
Maria al Fortino a San Miniato
Foto di Francesco
Fiumalbi
Di per sé la
definizione di architettura “romanica” presenta diversi problemi
storiografici, ma viene comunque largamente utilizzata perché è
entrata nell'uso comune per definire edifici costruiti a cavallo fra
i secoli X e XIV. Se, invece, si volesse dare una definizione priva
di ambiguità, bisognerebbe parlare genericamente di architettura
medievale. Un edificio, dunque, ascrivibile ai secoli centrali del
medioevo, e che in facciata presenta alcune caratteristiche formali
che ritroviamo in luoghi lontani come la Sicilia.
E'
praticamente impossibile individuare una spiegazione certa su tale
circostanza. Procedendo per logica, si potrebbe avanzare l'ipotesi
circa la presenza di un magister
proveniente da lontano, il quale doveva la propria formazione ad un
contesto culturale estraneo all'ambito toscano, maturato secondo un
diverso gusto estetico. Un maestro costruttore che tuttavia non
dovette trattenersi molto nella zona, dal momento che la pieve di
Sillano rappresenta un unicum; oppure si può supporre che altre
eventuali realizzazioni non abbiamo avuto grande fortuna, ovvero che
siano state distrutte o profondamente alterate nei secoli. Nessuno
può dirlo con certezza. Qualcuno potrebbe pensare anche che si
tratti di un episodio del tutto casuale, sviluppatosi in maniera
completamente autonoma e circoscritta, che ebbe come risultato una
soluzione formale già prodotta in altri luoghi e in altri contesti.
Premesso che, per quel
poco che ci è dato di sapere, non si può escludere niente,
concludendo la questione, l'evoluzione dell'architettura, in
generale, non è nient'altro che la manifestazione dell'evoluzione
socio-culturale dell'uomo che l'ha prodotta. E in una evoluzione
continua, complessa e multiforme, così come la conosciamo attraverso
la storia, la variabile “casualità”, di solito, è ridotta al
lumicino.
La parte sinistra della
facciata
Foto di Francesco
Fiumalbi
La parte destra della
facciata
Foto di Francesco
Fiumalbi
Da un punto di vista
stilistico, i capitelli delle colonne, realizzati in marmo bianco,
sembrano appartenere ai secoli centrali del medioevo, a cavallo fra X
e XI. Non sembrano elementi di reimpiego, anche se finemente
realizzati. In ogni caso non si può fare a meno di notare che,
seppure siano uguali a due a due, sono di tre tipologie: quelli a
sinistra presentano due registri di acanto e risultano più compatti
di quelli che sostengono l'architrave del portale, anch'essi con gli
elementi disposti su due ordini, mentre quelli a destra presentano un
unico registro, ma sormontato da una spessa fascia decorata con
motivi geometrici. Ai pilastri collocati alle estremità, una
semplice cornice separa la parte basamentaria da quella più alta.
Le mensole, che si
alternano ai capitelli, sono in pietra arenaria. Dovevano in qualche
modo presentarsi completamente modanate e decorate, anche se la
valenza estetica di tali elementi è andata completamente perduta a
causa del forte degrado che hanno subito, a causa, soprattutto, delle
scarse caratteristiche fisico-materiche della pietra utilizzata.
Il primo capitello a
sinistra
Foto di Francesco
Fiumalbi
Il secondo capitello a
sinistra
Foto di Francesco
Fiumalbi
Il capitello sinistro
del portale
Foto di Francesco
Fiumalbi
Il capitello destro del
portale
Foto di Francesco
Fiumalbi
Il primo capitello a
destra
Foto di Francesco
Fiumalbi
Il secondo capitello a
destra
Foto di Francesco
Fiumalbi
Particolare
assai interessante da notare è il cosiddetto attacco a terra, il
solido basamento che dalla fondazione determina la prima fascia su
cui poi si eleva la facciata. Ed in particolare la modalità
compositiva con cui vi si innestano i basamenti delle colonne. Non si
tratta certamente di un'opera assoluta, tuttavia dimostra la grande
maturità compositiva raggiunta attraverso un l'applicazione di
precisi modelli estetici. E questo, seppur possa sembrare un
dettaglio di poco conto, rappresenta in un certo senso la prova delle
qualità del magister.
D'altra parte la maestria di un progettista la si può misurare sia a
livello generale e complessivo della costruzione, sia al livello dei
singoli dettagli. Anzi, spesso sono proprio quest'ultimi a segnare le
differenze.
Il particolare della
porzione basamentaria
Foto di Francesco
Fiumalbi
Altrettanta dovizia è
rilevabile anche al coronamento della facciata, nella parte destra,
laddove rimane visibile una piccola porzione quasi integra. Una sorta
di specchiatura caratterizzata dalla presenza di un'apertura
circolare e dall'inserimento di piccole mensole atte a sostenere la
copertura, forse solamente da un punto di vista estetico, risolvendo
con semplicità il difficile nodo fra copertura, fronte laterale e
facciata.
Il particolare della
specchiatura in alto a destra
Foto di Francesco
Fiumalbi
Praticamente
impossibile, invece, parlare dell'interno dell'edificio. La
vegetazione ha avvolto completamente ciò che poteva essere ancora
visibile, come ad esempio le basi delle colonne che scandivano le
navate. Non è possibile determinare se siano ancora presenti.
L'unica porzione visibile è rappresentata da ciò che rimane della
controfacciata. Nessuna decorazione pittorica o scultorea sembra
essere sopravvissuta all'azione del tempo.
INFORMAZIONI
STORICHE SULLA PIEVE
L'origine
e l'anno di fondazione della pieve non sono conosciuti, anche se è
ragionevole ipotizzarne la costituzione, come la gran parte delle
pievi, già in epoca tardoantica (V-VI secolo). Il
primo documento che la attesta con certezza è un atto, registrato
nel marzo dell'anno 945, attraverso il quale il Vescovo di Volterra
Boso
confermava al presbitero Andrea
del
fu Cuntrude,
il controllo della ecclesia
Sancti Quirici et Sancti Iohannis Batiste qui est plebe batismalis
sito Silano,
con una rendita annua pari a 12 denari d'argento (1).
Alcuni
anni dopo, nel giugno del 969, Iohannes
et Uuillerado
figli del fu Evveradi,
davanti a Donatus
giudice imperiale, promisero al Vescovo di Volterra Petrus
di non arrecare alcun pregiudizio alle rendite, legate alle decime e
ai diritti sulla sepoltura dei morti, della Plebe
S. Iohanni Batiste et S. Quiliqui sito Silano,
che evidentemente erano minacciate dalle attività della chiesa di
loro proprietà, dedicata ai SS. Regolo e Silvestro, situata in
loco Kampo Roifreduli prope villa de Cugnano
(2).
Incerta l'appartenenza dei due laici, anche se probabilmente aderenti
ad un ramo collaterale della casata comitale degli Aldobrandeschi,
mentre la chiesa dei SS. Regolo e Silvestro, scomparsa precocemente,
doveva essere situata alcuni chilometri a sud-ovest rispetto alla
pieve, nell'attuale Comune di Radicondoli (SI) (3).
Ad
un paio di secoli di distanza, la Pieve di SS. Giovanni Battista e
Quirico di Silano compare nella Bolla pontificia, inviata da
Alessandro III al Vescovo di Volterra Ugone, e datata 29 dicembre
1171. Nella lettera papale, richiamando altri provvedimenti sanciti
dai predecessori Anastasio IV (in carica dal 1153 al 1154) e Adriano
IV (dal 1154 al 1159), venivano confermati alla diocesi volterrana i
possedimenti e la giurisdizione pastorale. Nell'elenco delle pievi,
compare anche la plebem
de Silano cum parochialibus ecclesiis (4).
La
plebem
de Silano
compare anche nell'analogo privilegium
comfermationis
del Pontefice Alessandro III, datato 23 aprile 1179, volto a
confermare i contenuti del precedente provvedimento (5).
Il
20 febbraio 1187 il Vescovo di Volterra Ildebrandus
cedette tutti i possedimenti della Ecclesia
de Rantia,
indicati come situati all'interno del plebano
Silanensi,
ad un tale maistro
Berardo
(6).
La chiesa doveva trovarsi nei pressi dell'attuale Podere
Rantia,
nel Comune di Castelnuovo in Val di Cecina, tre km a sud-est rispetto
all'abitato di Montecastelli Pisano.
La Pieve di Sillano
vista dall'alto. Ortofoto
del 2013
Regione
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Nelle
decime del biennio 1275-76 è disponibile il primo elenco, con le
chiese suffraganee afferenti alla Plebes
de S. Iohannis de Silano
(6 Lire, 6 Soldi , 8 Denari) (7):
–
Ecclesia
S. Iacobi de Montecastello (2
L., 19 S., 9 D.) ovvero la chiesa di San Jacopo presso Montecastelli
Pisano (Fraz. Castelnuovo Val di Cecina), matrice della chiesa,
ancora oggi attiva, dedicata ai SS. Jacopo e Filippo, e dotata di
fonte battesimale e dunque “pieve”;
–
Ecclesia
S. Bartholomei de Silano (1
L., 9 S., 6 D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo presso il centro
fortificato di Rocca Sillana, a cui verranno trasferiti gli obblighi
e i benefici della pieve a seguito della sua decadenza;
–
Ecclesia S.
Bartholomei de Anqua (3
L., 9 S., – D.), ovvero la chiesa di San Bartolomeo, precocemente
scomparsa, che si trovava nei pressi di Loc. Anqua nel Comune di
Radicondoli (SI), a circa 5 km a sud-est rispetto alla pieve;
–
Monasterium
dominarum S. Dalmatii (1
L., 12 S., 5 D.), ovvero l'Abbazia di San Dalmazio, che dette il nome
all'omonima frazione del Comune di Pomarance. Generalmente i
monasteri erano esenti dal pagamento delle decime, tuttavia è
probabile che l'abbazia in questione svolgesse anche il compito di
chiesa parrocchiale. Non sarebbe un caso così tanto isolato, non
mancano esempi in proposito, anche se avrebbe comunque costituito
un'eccezione alla regola. E' plausibile, infatti, che all'abate del
monastero spettasse anche la cura delle anime della piccola comunità
di San Dalmazio. Da qui l'inserimento del monastero nell'elenco dei
“non esenti”, dove sarebbe stata computata l'entità del tributo
in funzione della sola parte afferente alle attività parrocchiali,
lasciando comunque esente la parte strettamente legata all'abbazia e
alla vita della sua comunità monastica. Questo poteva succedere
quando ad una comunità monastica veniva concessa, da parte del
vescovo, la facoltà di potersi insediare presso una chiesa già
esistente. In questo caso gli obblighi parrocchiali, generalmente,
venivano assolti dai religiosi.
Per
il biennio 1276-77 alla Plebes
de S. Iohannis de Silano è
attribuita una decima pari a 6 Lire e 12 Soldi. L'elenco delle
suffraganee si arricchisce di una sola chiesa (8):
–
Ecclesia S.
Salvatoris de Aquaviva (2
L., 4 S., – D.), ovvero la
chiesa di San Salvatore, situata presso l'odierna Loc. Acquaviva, a
circa 3 km in direzione nord-ovest rispetto alla pieve; precocemente
distrutta, il popolo fu staccato dalla pieve di Sillano e unito alla
pieve di Pomarance;
–
Ecclesia
S. Iacobi de Montecastello (4
L., – S., – D.);
–
Ecclesia
S. Bartholomei de Silano (2
L., 9 S., – D.);
–
Ecclesia
S. Bartholomei de Anqua (2
L., 6 S., – D.);
–
Monasterium
dominarum S. Dalmatii (11
L., 10 S., – D.).
Più
dettagliato l'elenco relativo al biennio 1302-03, in cui alla Plebes
de Sylano
è attribuita una decima di 2 lire (9):
–
Ecclesia [S.
Salvatoris] de
Aquaviva (1
L., 2 S., – D.);
–
Ecclesia de
Mastrugnano (–
L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile;
–
Ecclesia
de Lucciano
(– L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile;
–
Ecclesia
[S. Iacobi] de
Montecastello (1
L., 10 S., – D.);
–
Ecclesia de Valiano
(–
L., – S., – D.), dedicata a San Lorenzo, precocemente distrutta e
non localizzabile, fu accorpata alla parrocchia di Montecastelli
Pisano;
–
Ecclesia de Tegone
(–
L., – S., – D.), precocemente distrutta, non localizzabile; forse
si trovava nei pressi dell'attuale Loc. Tégoni, nel Comune di
Radicondoli, a circa 3-4 km a sud-est rispetto alla pieve;
–
Ecclesia
[S.
Bartholomei]
de Silano (1
L., 4 S., – D.);
–
Ecclesia
[S.
Bartholomei]
de Anqua (1
L., 10 S., – D.);
–
Monasterium
dominarum de Sancto Dalmaçio (5
L., – S., – D.).
In
occasione del Sinodo promosso nel 1356 dal Vescovo Philippum
de Belfortibus de Vulterra,
fu redatto anche l'elenco delle chiese della Diocesi, con il relativo
censo. La Pieve di Sillano venne registrata all'interno del Sextus
Vallis Strove (10):
Plebes
de Sillano
– Libbre 67
–
Eccl. [S.
Bartholomei] de
Sillano –
Libr. 24 e Soldi 10
–
Eccl. [S.
Salvatoris] de
Aquaviva
– Libr. 15
–
Eccl.
[S. Iacobi] de
Monte Castello
– Libr. 31
–
Eccl.
de Ripapoggioli
– Libr. 4 – Ovvero la chiesa nei pressi dell'omonima località
nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina.
–
Eccl. de
Monstrugnano
– Libr. 6
–
Eccl. de Vinazzano
– Libr. 7 – Precocemente distrutta, non localizzabile.
–
Eccl. de Tegoni et
Eccl. de Valliano –
Libr. 12
–
Eccl. de Lucciano –
Libr. 5
–
Eccl. de Montalbano
– Libr. 4 – Dedicata a San Lorenzo, rimaneggiata e ridotta ad
abitazione, si trova in Loc. San Lorenzo a Montalbano, nel comune di
Radicondoli (SI), lungo la Strada Provinciale n. 35, nei pressi di
Loc. Tegoni, a circa 3-4
km a sud-est rispetto alla pieve; la chiesa fu poi assegnata alla
pieve di Elci.
–
Eccl. [S.
Bartholomei]
de Anqua
– Libr. 22
–
Capp. SS. Apost.
Philip. et Iacobi constructa in Eccl. de Montecastello predicto
– Libr. 10 – Si tratta della chiesa, poi anch'essa pieve, dei SS.
Iacopo e Filippo di Montecastelli Pisano.
La
somma del piviere ammontava a 207 Libbre e 10 soldi.
Da
un punto di vista della consistenza economica, con le sue 67 libbre,
la Pieve di Sillano si pone un poco al di sopra rispetto alla media
delle altre pievi. Per dare un'idea, facendo il confronto con due
chiese abbastanza conosciute, l'allora Pieve
di San Gimignano
poteva vantare un censo di 99 libbre, mentre quella
di Cellole
solamente su 25 libbre.
Questa
del Sinodo diocesano del 1356 sembra essere l'ultima notizia antica
relativa alla Pieve di San Giovanni Battista di Sillano.
Successivamente si verificò un vero e proprio processo di decadenza
della Pieve, difficilmente da inquadrare temporalmente, almeno allo
stato attuale degli studi. Ciò avvenne, probabilmente, a causa delle
mutate esigenze spirituali della zona, determinate in primo luogo
dalla concentrazione della popolazione negli abitati di Rocca
Sillana, Montecastelli Pisano e nel borgo di San Dalmazio. Posizioni,
evidentemente, militarmente strategiche, più difendibili. Non ci
dobbiamo dimenticare, infatti, che il territorio volterrano entrò a
far parte dell'orbita fiorentina a partire proprio dalla seconda metà
del XIV secolo, e la vicinanza del confine con il contado senese,
faceva della zona un'area marginale da rafforzare. D'altra parte,
nell'alta Val di Cecina non mancarono scontri bellici di un certo
rilievo, come l'azione di Niccolò Piccinino del 1431 o quella delle
truppe di Alfonso d'Aragona Re di Napoli nel 1447-48. Il primo passo
fu certamente quello di concentrare la popolazione in luoghi
facilmente difendibili e, successivamente, la realizzazione di vere e
proprie fortezze, come la Rocca Sillana, la cui costruzione, o
ri-costruzione, quattrocentesca è stata attribuita all'intervento di
Giuliano da Sangallo.
Dunque,
fra la seconda metà del '300 e la prima metà del '400, una serie di
circostanze politico-militari provocò un riassetto insediativo nella
zona, e di conseguenza una ridefinizione nell'organizzazione
ecclesiastica. E' in questo contesto che si verificò la decadenza
della Pieve di Sillano, il cui titolo plebano, unitamente al fonte
battesimale, ai benefici e agli obblighi ecclesiastici, fu trasferito
alla chiesa di San Bartolomeo che si trovava nell'abitato ai piedi
della Rocca Sillana. Un nuovo fonte battesimale fu assegnato anche
alla chiesa dei SS. Iacopo e Filippo di Montecastelli che poté
anch'essa vantare il titolo di pieve. Stessa concessione del fonte fu
fatta anche alla chiesa di Anqua. Come se non bastasse, si verificò
anche una parziale scissione del territorio plebano, con le chiese
suffraganee di Montalbano, Tegoni e Valliano, oggi nel Comune di
Radicondoli, che furono assegnate alla pieve di Elci. Mentre la
chiesa di Aquaviva fu assegnata alla Pieve di Pomarance (11).
Probabilmente
non è questa, bensì la chiesa di San Bartolomeo presso la Rocca
Sillana, divenuta anch'essa pieve, quella a cui si riferisce Emanuele
Repetti quando, senza citare le fonti documentarie, afferma:
«Il
padronato della pieve di Rocca Sillana per asserto dell'abbate
Puccinelli pervenne nella Badia Fiorentina, che ne propose la permuta
nel 1541 con il Monastero di S. Baronto sul Mont'Albano; lo che venne
effettuato nel 1577 previa l'approvazione del Pontefice Gregorio
XIII.»
(12).
NOTE E RIFERIMENTI
(1)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra,
edito in F.
Schneider, Regestum
Volaterranum,
in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches
Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907,
doc. n. 25, p. 8. Una citazione dello stesso è presente anche in F.
Ughelli, Italia
Sacra sive de Episcopis Italiae et Insularum adjacentium, rebusque ab
iis praeclare gestiis deducta serie ad nostram usque aetatem,
Tomo I, Venezia, 1717, col. 1430.
(2)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi di
Volterra, n. 204; edito in F. Schneider, Regestum
Volaterranum,
in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches
Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907,
doc. n. 45, p. 14.
(3)
Sull'argomento
si rimanda a C. Ghilardini, La
chiesa di S. Regolo e S. Silvestro in «loco
Kampo Roifreduli». Contributo all’identificazione di una chiesa
della diocesi volterrana antica,
in «Science
and Technology for Cultural Heritage», Istituti Editoriali
Poligrafici Internazionali, Pisa – Roma, anno n. 15, nn. 1-2, 2006,
pp. 85-100.
(4)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra, e
edito in P. Kehr,
Papsturkunden in westlichen Toscana,
in «Nachrichten von der Konigl. Gesellschaft der Wissenschaften zu
Gottingen», Gottingen, 1904, doc. n. 9, pp. 616-618.
(5)
Il documento è conservato presso l'Archivio Capitolare della Diocesi
di Volterra, n. 151; edito in J. von Pflugk-Harttung,
Acta Pontificum Romanorum Inedita,
vol. III, Stuttgart, 1886, doc. n. 286, pp. 271-272.
(6)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra,
Liber
Iurium n.
14; edito in F.
Schneider, Regestum
Volaterranum,
in «Regesta Chartarum Italiae», KGL Preussisches Historisches
Institut, Istituto Storico Italiano, Ermanno Loescher, Roma, 1907,
doc. n. 219, p. 76.
(7)
P.
Guidi, Rationes
decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Tuscia,
Vol. 1, La
decima degli anni 1274-1280,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1932, p. 158.
(8)
Ivi,
p. 167.
(9)
P.
Guidi,
Rationes
Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV,
Tuscia, Vol. 2, La
decima degli anni 1295-1304,
Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1942, p. 213.
(10)
Il
documento è conservato presso l'Archivio Vescovile di Volterra;
edito in A. F. Giachi, Saggio
di ricerche storiche sopra lo stato antico e moderno di Volterra,
Parte II, Prima Edizione Siena, 1796, rist. Arnaldo Forni, Firenze
1979, anast. dell'edizione del 1887, ovvero la Seconda
edizione corredata dei molti Documenti che rimasero inediti nella
prima,
pp. 583-594: 589.
(11)
E.
Repetti, Dizionario
Geografico Fisico Storico della Toscana contenente tutti i luoghi
del Granducato, Ducato, Garfaganana e Lunigiana, A.
Tofani, Firenze, Vol. IV, 1841, v. Rocca Sillana, p. 796.
(12) Ibidem.