a cura di Francesco Fiumalbi
Il 30 ottobre 1922,
dopo la cosiddetta “marcia su Roma”, il Re Vittorio Emanuele III incaricò
Benito Mussolini di formare il nuovo Esecutivo. Come nel resto d’Italia, anche
a San Miniato fu organizzata la “mobilitazione” e la popolazione seguì le
concitate vicende di quei giorni.
Di tutto questo
abbiamo una straordinaria testimonianza, ovvero il resoconto proposto da Giulio
Giani, che ricopriva la carica di segretario politico del fascio di San Miniato,
pubblicato sul periodico sanminiatese «La
Voce Fascista», Anno I, n. 21 del 4 novembre 1922.
Giulio Giani all’epoca
aveva appena 22 anni. Aveva partecipato alla Prima Guerra Mondiale fra i
Bersaglieri e una volta rientrato a San Miniato aderì al fascio di
combattimento, divenendone il segretario politico. In seguito, abbandonò la
carica di segretario politico anche se rimase una figura di primo piano nel panorama
sanminiatese. Partecipò alla Seconda Guerra Mondiale come Capitano Medico e combatté
con il V Reggimento Bersaglieri in Albania e poi in Tunisia, dove morì nel
campo di aviazione di Aounina il 22 gennaio 1943. In proposito DBDSM –
GIANI GIULIO ↗
Benito
Mussolini a conclusione della marcia su Roma, circondato dai quadriumviri
Il testo di Giulio
Giani rappresenta prima di tutto una testimonianza diretta di quanto avvenne in
quei giorni, ed in particolare a San Miniato. Sebbene si tratti di un brano
celebrativo, carico della retorica del tempo, è estremamente circostanziato e
ricco di dettagli. Dopo la Grande Guerra e i difficili momenti che seguirono la
fine del conflitto, cominciava per l’Italia e per San Miniato un periodo nuovo,
carico di grandi aspettative, ma che si concluse con la tragedia di una nuova
guerra. Negli attimi concitati di quei giorni, con il Municipio commissariato (dopo
che il sindaco e la giunta socialisti erano stati costretti alle dimissioni da
un’azione squadrista operata nel giorno del “Natale di Roma” il 21 aprile 1921
e in conseguenza de i “fatti di Empoli” del 1 marzo 1921), l’unica autorità che
tentò di tenere la situazione sotto controllo furono i Carabinieri che tentarono
di difendere strenuamente l’ufficio del telegrafo. Tuttavia, l’evolversi della
situazione a favore dei fascisti, con l’ufficio del telefono occupato, la sottoprefettura
presa a seguito di accordi con il sottoprefetto e il Commissario Prefettizio
isolato in Municipio, determinò il precipitare degli eventi. Il 30 ottobre San Miniato
festeggiò il nuovo governo formato da Benito Mussolini: un imponente corteo
sfilò per le strade cittadine, con migliaia di persone inneggianti al fascismo.
Che ci piaccia o no, anche quel giorno fa parte della storia di San Miniato.
Di seguito il resoconto
(il testo, la punteggiatura
e il grassetto sono quelli originali)
L’irresistibile
vittoriosa riscossa Fascista
GLI AVVENIMENTI DURANTE
LA MOBILITAZIONE A SAN MINIATO
Prodromi
Mercoledì scorso (24 ottobre 1922, n.d.r.) lo
scrivente riceveva una visita gradita.
Era a trovarlo l’Avv. Lami della Federazione Provinciale,
fascista fiorentina. Niente di strano in quella visita. Erano ancora sul
tappeto delle questioni Sindacali, e già il locale Direttorio aveva chiesto l’aiuto
della Federazione medesima. Evidentemente doveva trattarsi di quello.
Ma la visita assunse un carattere strano allorquando l’Avvocato
Lami licenziando il Ten. Rag. Vannini pure membro del Direttorio che l’accompagnava,
disse voler solo parlare al Segretario Politico.
Ecco il dialogo:
Quanti uomini conta il Fascio di S. Miniato?
Seicento circa.
Quanti squadristi?
Centoottanta circa.
Chi comanda le squadre?
Il Maggiore Amalfitano Arnaldo.
Sono fieri e disciplinati gli uomini?
L’affermo.
Avete armi?
No.
Vincerete coi canti e colle anime tese. Il 4 Novembre si deve
festeggiare la vittoria, nell'Italia fascista. La consegna è di tacere e di
tenersi pronti. Addio.
Tremavo: avevo compreso la grandiosità del momento. Avvisato
la sera stessa il Comando delle Squadre, nella baldoria della vita normale
sentimmo il sangue pulsare più forte: coi capi-squadra al corrente ci guardammo
di faccia: ci stringemmo la mano, pregustammo l’ebbrezza della vittoria o della
morte.
L’ordine di
mobilitazione
Giovedì 25 Ott. un’altra visita gradita. Il bravo squadrista
Quirini Vanni; dialogo più breve, recava i manifesti di mobilitazione. «Alea jacta
erat». Ecco il testo del proclama:
Fascisti italiani!
L’ora della battaglia decisiva è suonata. Quattro anni fa,
l'esercito nazionale scatenò di questi giorni la suprema offensiva che lo
condusse alla vittoria: oggi, l'esercito delle camicie nere riafferma la
vittoria mutilata e puntando disperatamente su Roma la riconduce alla gloria
del Campidoglio. Da oggi principe e triari sono mobilitati. La legge marziale
del Fascismo entra in pieno vigore. Dietro ordine del Duce i poteri militari,
politici e amministrativi della direzione del partito vengono riassunti da un
quadrumvirato segreto d'azione, con mandato dittatoriale.
L'esercito, riserva e salvaguardia suprema della nazione, non
deve partecipare alla lotta. Il Fascismo rinnova la sua altissima ammirazione
all'esercito di Vittorio Veneto. Né
contro gli agenti della forza pubblica marcia il Fascismo, ma contro una classe
politica di imbelli e di deficienti che da quattro anni non ha saputo dare un
governo alla Nazione. Le classi che compongono la borghesia produttrice
sappiano che il fascismo vuole imporre una disciplina sola
alla Nazione e aiutare tutte le forze che ne aumentino l'espansione economica
ed il benessere. Le genti del lavoro, quelle dei campi e delle officine, quelle
dei trasporti e dell'impiego, nulla hanno da temere dal potere Fascista. Saremo
generosi con gli avversari inermi; saremo inesorabili con gli altri.
Il Fascismo snuda la sua spada lucente per tagliare i troppi
nodi di Gordio che irretiscono e intristiscono la vita italiana. Chiamiamo
Iddio sommo e lo spirito dei nostri cinquecentomila morti a testimoni che un
solo impulso ci spinge, una sola volontà ci accoglie, una passione sola
c'infiamma: contribuire alla salvezza ed alla grandezza della Patria.
Fascisti di tutta
Italia!
Tendete romanamente gli spiriti e le forze. Bisogna vincere.
Vinceremo!
Viva l'Italia! Viva il
fascismo!
IL QUADRIUMVIRATO
Mobilitati a mezzanotte, al mattino di venerdì (26 ottobre 1922) entrava nella sede primo fra tutti il
gagliardo 1 manipolo agli ordini del tenente Bongi. Poche parole; le coronarono
gli applausi e gli alalà dei fascisti.
Alle 11, in ordine perfetto agli ordini del tenente Altini
giungeva alla sede il 2 manipolo, ed alle 14 circa giungeva dopo due ore di
marcia il 3 manipolo, magnifico per disciplina e spirito di sacrificio, agli
ordini del Sergente Sig. Banti Gino.
L’intera Centuria era alla sede. Di nuovo poche parole: di
nuovo alalà ed entusiasmo. Eravamo pronti a scattare.
Arrivavano continuamente i triari che abbandonavano famiglia
ed interessi con uno spirito di abnegazione che ci faceva pensare: tanta fede, tanto
entusiasmo non possono che essere ricompensati da Dio e dagli uomini.
Episodi
Alla vetreria Rigatti di Casenuove (a San Miniato Basso, zona Fontevivo,
tra via del Piano e via De Sanctis)
lavoravano parecchi nostri squadristi. Per non paralizzare quel servizio e quell'industria era stato convenuto che solo i disponibili si sarebbero
presentati alla mobilitazione; ma gli squadristi non vivevano; nella loro
inerzia, fascisti, ardevano di febbre.
Ma 4 triari, vecchi e stanchi giunsero al Comando. = Abbiamo
or ora finito il nostro turno di lavoro, ma là ci sono i giovani. Essi devono
esser qui dove ogni giovane ha posto: noi li rimpiazzeremo nel turno = e
ritornarono al lavoro.
L’organizzazione
Frattanto al Comando non si dormiva. Cinquecento e più uomini
convenuti in S. Miniato dovevano essere alloggiati, provvisti di
vettovagliamento.
Fu chiesto ed ottenuto il Teatro, indi ottenuto l’Asilo,
provveduto al rancio dei singoli fascisti.
S. Miniato prese l’aspetto di una città di retrovia. Gli squilli
di tromba si udivano a brevi intervalli ed i fascisti rispondevano con puntualità
degna di un esercito ben organizzato e disciplinato.
Lo spirito dei fascisti era magnifico; non un lamento, non
una parola di sdegno contro il tempo piovigginoso. Ravvolti nelle loro
mantelline accorrevano degli accantonamenti alla Sede per prendere ordini e
nelle ore di libertà si riunivano in piccoli gruppetti cantando allegramente le
canzoni fasciste, inneggiando alla marcia per Roma, al Fascismo e ripetendo
incessantemente il seguente ritornello:
E se ci manca un uomo fiero
Sarà Benito il condottier.
E così sempre per tutta la mobilitazione.
Gli ordini
Frattanto giungono ordini precisi:
«Partenza per Roma di una squadra, occupazione di pubblici uffici». E’ notte, la squadra è pronta per la partenza, i fascisti salutano
entusiasticamente i partenti gridando «Arrivederci a Roma!» poiché tutti
volevano partire per il grande cimento ed in tutti era il desiderio di porre
piede nell'Eterna città per consacrarla all'Italia con un Governo Fascista.
Dopo la partenza della squadra è la volta dell’occupazione
degli uffici pubblici. Il primo è l’ufficio telegrafico presidiato da 4
Carabinieri. La prima quadra del 1 manipolo si getta contro la porta: avviene
una colluttazione coi Carabinieri, il Comandante del manipolo in testa entra nell'Ufficio, ma vi resta solo, gli altri sono respinti. Il momento diviene
tragico. I Carabinieri non cedono ed il Comandante del manipolo era isolato dai
suoi uomini. Un nuovo attacco era necessario. Si sferra l’attacco con estrema
veemenza e l’ufficio viene occupato.
La mattina spunta piovigginosa come le altre. Nuove squadre
della campagna si presentano al Comando Militare Fascista che già aveva
disposto per l’occupazione del Telefono, Municipio e Sottoprefettura. Il 3
manipolo occupa senza trovare resistenza il telefono. Sono le 2 e si deve agire
per l’occupazione della Sottoprefettura. Giungono in questo momento due
automobili recanti il Comandante di Coorte Sig. Dal Canto ed il Membro della
Federazione Avv. Lami Torquato che unitamente al Comando Fascista Samminiatese
si recano alla Sottoprefettura mentre di corsa il 1 e il 2 manipolo ne occupano
i locali. Si prendono accordi col Sottoprefetto e resta negli Uffici un buon
nerbo di fascisti di guardia. La consegna data alle varie guardie era unica:
isolare le autorità. Infatti al telegrafo si requisivano i telegrammi dell’autorità
in arrivo ed in partenza, al telefono non si davano comunicazioni che di
carattere amministrativo togliendo la spina in caso diverso.
Già tutti gli uffici Samminiatesi erano occupati quando sotto
un acquolina penetrante arrivarono 7 camions di Fascisti. Sono gli squadristi
dei Fasci vincitori. E’ la Coorte al completo che prende posto sotto il
porticato di S. Domenico e che riparte in perfetto ordine dopo un quarto d’ora
non senza aver inneggiato all'Italia, al Re, all'Esercito, a Mussolini.
Sotto il regime
fascista
S. Miniato è in mano dei Fascisti. Anche il Municipio viene
occupato da una squadra del 1 manipolo e viene posto a fianco del Commissario
un fiduciario dei Fasci nella persona del Prof. Antonio Braschi con l’incarico
di collaborare e controllare l’operato del Commissario e di far pressioni per
la sollecita convocazione dei comizi elettorali amministrativi. Tutto procede
in massimo ordine e disciplina. Dovunque si lavora i cittadini non si accorgono
neanche che la rivoluzione Fascista è in atto.
Le guardie Fasciste continuano il loro servizio con ammirabile
zelo. Degno di nota e di pubblico encomio è il manipolo di Corazzano e
Balconevisi che al comando del Sig. Gino Banti disimpegna il servizio affidato
con scrupolosa disciplina ed esattezza stando per ben 2 notti senza riposare.
La cittadinanza entusiasta per la disciplina che regna fa a gara per aiutare l’organizzazione
ed il vettovagliamento. Si invia paglia per gli accantonamenti, vino ed altri
generi di conforto. Si compone poi un comitato di Signorine che offre all'ufficio di vettovagliamento, salame, prosciutto, uova, tabacco in abbondante quantità.
I Fascisti che si vedono aiutati e sorretti raddoppiano il loro zelo. Sempre e
dovunque l’entusiasmo regna superbo.
Siamo alla mattina del 30 ottobre. La data è degna del
ricordo. Quattro hanni fa il nostro Esercito sfondava le linee del Piave e
sconfiggeva l’Esercito austriaco, oggi è l’Esercito Fascista che sconfigge i rammolliti
uomini di governo ed instaura un nuovo governo, con nuove direttive, con nuovi
e più degni uomini.
Giunge la notizia che il Governo è composto da Mussolini con
la maggioranza Fascista e giunge la notizia che le Legioni Fasciste sono entrate
in Roma vittoriose e l’entusiasmo è al colmo. I Fascisti cantano, la
popolazione gioisce, le case si adornano di tricolori ed il sole spunta a
tratti dalle nubi che prima formavano un tetro velo nel cielo.
Il Comando Militare Fascista alle ore 12 dispone che gli
squadristi mandati su 3 camions, debbano portare la lieta novella alle
popolazioni di campagna e fa affiggere un manifesto invitando per le ore 16
tutta la popolazione e le Associazioni ad un corteo per glorificare l’avvento
del potere Fascista, per festeggiare la vittoria Fascista.
L’Imponente corteo
Alle ore 16 già S. Miniato rigurgita di persone venute dalle
più lontane frazioni appena avuto sentore della meravigliosa vittoria fascista.
Nei volti dei convenuti si legge l’ansia di apprendere ufficialmente la notizia
strabiliante e la gioia intima, la grande soddisfazione di sapere l’Italia
libera finalmente dalle pastoie dei vecchi uomini di governo. Benché il cielo
sia sempre grigio ed il tempo minacci di piovere purtuttavia la gente accorre
ancora in Piazza G. Taddei (l’attuale Piazza del Popolo, già Piazza San Domenico) ove la 1 Centuria del Fascio sta ordinandosi
per il corteo unitamente a tutti i Triari. La musica cittadina e quella della
Scala rallegrano gli animi facendo vibrare nell’aria le note fatidiche dell’Inno
di Mameli e di “Giovinezza”. D’un tratto si ode squillare altre trombe. E’ la
fanfara di Cigoli che entra in Città seguita da circa 300 donne di Balconevisi
e Vald’Egola che sfilando per tre, alla Fascista, seguono colle loro voci argentine
le note delle trombe. L’animazione si fa più intensa. Sono le 16.30 e tutto è
pronto per lo sfilamento. Tre squilli di tromba annunziano l’arrivo dei
Gagliardetti e delle fiamme scortate da due squadre di fascisti. Il Silenzio è
massimo; i fascisti irrigiditi nella posizione d’attenti salutano romanamente.
Ormai è tempo di sfilare, il sole verso l’orizzonte manda i
suoi raggi rossastri sulla Città in festa, il cielo è diventato come d’incanto
di un bel colore azzurro e l’imponente corteo al suono della Marcia Reale
incomincia a snodarsi per le vie di S. Miniato. Si calcola che circa 7000
persone formino l’imponente corteo. Apre il corteo il Gagliardetto nero del
Fascio circondato dai membri del Direttorio e Segretario Politico, indi vengono
le 9 squadre della 1 centuria, poi i Triari, il Fascio Femminile e l’Avanguardia
Fascista. Sfilano inoltre i Mutilati, i Combattenti, il Gonfalone del Municipio
con il Commissario Cav. Masiani ed Impiegati e quindi le Associazioni cittadine
cui fa seguito la popolazione tutta ordinata per tre come se fosse sottoposte
alla rigida disciplina Fascista.
In Piazza XX Settembre al Monumento dei caduti il Fascio, i
Mutilati ed i Combattenti salutano romanamente.
Gli inni della Patria, alternandosi a quelli fascisti,
vengono suonati dalle tre musiche del Corteo, mentre in perfetta disciplina
7000 persone festanti innanzano potenti alalà all'Italia, al Re, all’Esercito,
a Mussolini.
In Piazza G. Taddei il corteo forma tre cerchi concentrici.
Al centro stanno le musiche.
Parla il Segret. Politico
del Fascio
Squilla un attenti si fa un silenzio di tomba. Il Segretario
Politico del Fascio Sig. Giani Giulio da un balcone prende la parola e con
breve ma vibrato discorso annunzia ufficialmente alla cittadinanza acclamante
freneticamente che l’Italia finalmente è fascista dalle Alpi alla Sicilia, ed
invia al Re, all'Esercito, a Mussolini un potente Alalà cui fa coro la massa
dei convenuti.
L’oratore, terminato il breve discorso d’occasione, con
nobili parole inaugura il Gagliardetto del Fascio Femminile e lo consegna alla
Signorina Enrica Rigatti che l’agita vivamente nell'aria. Al suono degl’inni
fascisti il Corteo si scioglie e mentre la popolazione si sbanda per ritornare
a casa, i fascisti sempre mobilitati, dopo aver scortato fino alla Sede i
Gagliardetti e le Fiamme, inquadrati si recano a consumare il rancio per poi
attendere ai servizi di guardia agli Uffici e di ronda per la Città.
[Segue la descrizione
della smobilitazione]