di Francesco Fiumalbi
[2° revisione - 23 marzo 2014]
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Andando dal Convento di San Francesco verso Piazza Bonaparte, attraverso via Angiolo Del Bravo, ci troviamo, giusto a metà del percorso, all'innesto con via Rondoni, nel cosiddetto Canto di Sant'Andrea. Questo piccolo slargo, che prende il nome dall'omonima contrada cittadina, documentata già negli Statuti del 1337, colpisce per la presenza di due elementi molto particolari. Proprio sul muro dell’edificio d’angolo è collocato il crocifisso in ceramica, opera di Dilvo Lotti, posto a sostituirne uno più antico in legno, andato perduto durante l’ultimo conflitto bellico (1). Più in basso, a livello della strada, si trova una grande “blocco” di marmo bianco, ingrigito dalla polvere e dal tempo. Siamo di fronte ad un elemento enigmatico, anche se l’aria che vi si respira davanti stilla solennità.
Il “Canto di Sant’Andrea”
foto di Francesco Fiumalbi
foto di Francesco Fiumalbi
Quasi in religioso silenzio, ci avviciniamo a questo manufatto dalle sembianze, a prima vista, incomprensibili. Dopo una prima analisi sommaria, l’occhio si sofferma su alcuni dettagli sopravvissuti: sebbene consunti, si notano ancora i panneggi finemente decorati della vecchia statua che fu.
Abbandonata in un fosso nella vallata di Pancole (2), raccolta e affidata al deposito del Comune di San Miniato, fu “ritrovata” da Dilvo Lotti (3), e riconosciuta come la statua dedicata a Maria Maddalena d’Austria, Arciduchessa d’Austria, nonché, Granduchessa Reggente di Toscana.
Si trattava della moglie di Cosimo II Granduca di Toscana, col quale si era sposata a Graz nel settembre del 1608. Morto prematuramente nel 1621, lo scettro di Cosimo II, passò alla madre Cristina di Lorena e alla moglie Maria Maddalena, alla quale lasciò anche il governo della terra di San Miniato e il suo Vicariato (4).
Si trattava della moglie di Cosimo II Granduca di Toscana, col quale si era sposata a Graz nel settembre del 1608. Morto prematuramente nel 1621, lo scettro di Cosimo II, passò alla madre Cristina di Lorena e alla moglie Maria Maddalena, alla quale lasciò anche il governo della terra di San Miniato e il suo Vicariato (4).
Statua di Maria Maddalena d’Austria
foto di Francesco Fiumalbi
foto di Francesco Fiumalbi
Alta quasi due metri, la statua di Maria Maddalena d’Austria doveva essere un monumento davvero grandioso, per un piccolo centro quale era San Miniato nei primi anni del '600. Ad eccezione di Leopoldo II “Canapone”, non si hanno notizie di altre opere scultoree di simili proporzioni, sia per dimensione che per fattura. Questa persona doveva, quindi, aver rappresentato molto più di una semplice governante, così come erano stati i suoi predecessori.
Simone Alessandro dei Gatti, nelle sue Annotazioni (5) ci offre la descrizione della prima visita ufficiale di Maria Maddalena d’Austria, avvenuta nel 1622 (6), la quale era accompagnata dai figli Ferdinando, Giovanni Carlo, Francesco e Leopoldo. Fu accolta dai nobili e dal popolo, mentre il Gonfaloniere Anchise Seragoni proruppe in un commosso pianto, tradito dall’emozione, e non riuscì a pronunciare una parola del discorso che si era preparato per l’occasione. La regnante dimorò nel Palazzo Grifoni, dove si trattenne per due giorni, concedendo udienze, erogando sussidi in opere di beneficienza, e liberando carcerati (7).
Al di là di questo episodio, Maria Maddalena d’Austria è stata una figura chiave per le vicende sanminiatesi del XVII secolo, i cui effetti si protraggono fino ai giorni nostri.
Statua di Maria Maddalena d’Austria
foto di Francesco Fiumalbi
foto di Francesco Fiumalbi
Maria Maddalena d’Austria contribuì in modo decisivo ad attribuire a San Miniato il titolo di Città, necessario per l’erezione della Diocesi. Il Papa Gregorio XV, in data 5 dicembre 1622, firmò il decreto che attribuiva l’ambita qualifica (8). Seguì, in data 11 marzo 1624 la nomina del primo vescovo.
In precedenza erano già stati fatti ben due tentativi non andati a buon fine: nella prima metà del ‘400 durante il pontificato di Alessandro V e nel 1587, sotto la spinta del Granduca Ferdinando I che aveva promosso un’iniziativa in questo senso presso il Papa Clemente VIII. Quest’ultimo episodio riguardava non solo San Miniato, ma anche Colle Val d’Elsa. Il Pontefice, messo alle strette, irrigidì la sua apertura iniziale e costrinse il Granduca a preferire uno dei due centri abitati. La scelta, è noto, cadde sulla città di Colle Val d’Elsa (9).
foto di Francesco Fiumalbi
Le città di Colle Val d’Elsa e di San Miniato rappresentavano due nodi strategici all'interno della politica di rafforzamento del Granducato di Toscana, volto a far coincidere la giurisdizione politica con quella ecclesiastica.
San Miniato, pur essendo controllata direttamente dai Fiorentini a partire dal 1370, era ancora sotto la giurisdizione ecclesiastica lucchese (10). Frequenti erano le visite di dignitari lucchesi, e altrettanto assidui erano i viaggi da parte di canonici nella “Città delle 99 chiese”. Lo scambio culturale era, tanto per necessità quanto per opportunità, decisamente florido, sebbene affievolito a partire dalla dominazione fiorentina, e questo costituiva un fattore di indebolimento dell’autorità granducale.
San Miniato, pur essendo controllata direttamente dai Fiorentini a partire dal 1370, era ancora sotto la giurisdizione ecclesiastica lucchese (10). Frequenti erano le visite di dignitari lucchesi, e altrettanto assidui erano i viaggi da parte di canonici nella “Città delle 99 chiese”. Lo scambio culturale era, tanto per necessità quanto per opportunità, decisamente florido, sebbene affievolito a partire dalla dominazione fiorentina, e questo costituiva un fattore di indebolimento dell’autorità granducale.
Diversa era la situazione di Colle Val d’Elsa. Il vicino Ducato di Siena era stato assegnato nel 1555, per volontà dell’Imperatore Carlo V, al vicino Duca di Firenze, divenuto, con tanto di investitura papale, Granduca di Toscana. La città senese nutriva insoddisfazione per questo nuovo ruolo subalterno e maturava sentimenti di rivendicazione. Per questo motivo, la Città di Colle Val d’Elsa, avrebbe costituito un importante caposaldo per un maggiore controllo dei vicini territori annessi. A questo va aggiunto il riconoscimento per la fedeltà dimostrata a Firenze, fra il 1478 e il 1479, in occasione della cosiddetta “Guerra dei Pazzi” (11).
Il nuovo tentativo, promosso dalle reggenti Cristina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria nel 1622, ebbe buon esito presso il Pontefice Gregorio XV, al termine di una copiosa attività diplomatica tra l’ambasciatore toscano Francesco Niccolini, il segretario per il Consiglio di Reggenza Andrea Cioli, il segretario del Consiglio Carlo Picchena, la stessa Arciduchessa e i cardinali Medici e Barberini (12). Di seguito è riportato un piccolo brano tratto dalla corrispondenza fra l’Arcivescovo di Firenze Alessandro Manzi Medici a Carlo Picchena (13):
“Oggi con l’occasione dell’Audienza Ordinaria ho ringraziato il signor Cardinale Ludovisi della grazia ottenuta per San Miniato. Sua Signorìa Illustrissima mi ha partecipato come l’agente di Lucca et un nipote del vescovo (Alessandro Guidiccioni, n.d.r.) gridono e sclamono e sono stati da N.S. e SS.Ill.ma quale mi dice haver risposto loro che comportino in patientia questo negozio, poiché egli medesimo s’è fatto ministro del Granduca in questa parte e come mezzano ha impetrata da N.S. la gratia per l’A.S. e che avendo ridotto il negozio a questi termini non può hora far di meno di non lo proseguire sino all’ultimo. Ho di nuovo ringraziato il Signor Cardinale della costanza sua in proteggere l’interesse di codesta Serenissima casa […]”
Cosa poteva aver indotto il Cardinale Ludovisi a sposare la causa Sanminiatese, contribuendo al buon esito della stessa?
E’ evidente, come già detto, che dietro a questo negoziato fossero celati importanti equilibri politici, tuttavia la “carta” decisiva che Maria Maddalena d’Austria pose sul tavolo delle trattative non fu di natura economica, come nel precedente tentativo del 1587, bensì squisitamente religiosa.
Palazzo Vescovile di San Miniato,
Foto di Francesco Fiumalbi
Foto di Francesco Fiumalbi
Gregorio XV, durante il suo pontificato, era assai impegnato nella riforma della Chiesa cattolica, secondo i risultati del Concilio di Trento. Le dame reggenti, fecero notare al Pontefice l’“infezione” luterana che affliggeva Lucca e la sua resistenza alla costituzione in città di una sede del Tribunale dell’Inquisizione, e della formazione della Compagnia di Gesù. Infine, l’elemento decisivo: la possibilità di sanare l’anomalia della cosiddetta “Episcopessa di Fucecchio”. Si trattava della badessa del Monastero delle Clarisse di Santa Maria della Selva, altrimenti noto come della Gattaiola, che, in virtù dei molti privilegi elargiti negli anni, era solita tenere un comportamento prossimo a quello proprio di un vescovo: usava il pastorale, il baldacchino, poteva concedere assoluzioni, stabiliva i confessori, esaminava i postulanti, poteva benedire chiese, altari e cimiteri (14). La situazione venutasi a creare nei secoli, dopo il Concilio di Trento, era divenuta decisamente inconciliabile con l’opera riformatrice pontificia.
Il Papa innalzò San Miniato al rango di Città e vi costituì l’ambita sede vescovile, che molto contribuì ad evitare lo scadere verso una posizione marginale e periferica della Città nei secoli XVII e XVIII.
I sanminiatesi dimostrarono la propria riconoscenza verso Maria Maddalena d’Austria erigendo in suo onore una statua in Piazza della Cittadella (l’attuale Piazza della Repubblica, meglio nota come Piazza del Seminario). Sappiamo che fu scolpita dal Susina (15), al secolo Antonio Susini, conosciuto anche come Antonio del Susina, morto a Firenze nel 1624 e collaboratore del Giambologna. La statua potrebbe essere scolpita fra il 1622 e il 1624. Il condizionale è d’obbligo in quanto non è da escludere l’intervento sull’opera da parte del nipote Giovanni Francesco Susini (Firenze, 1585-1646) e quindi la lavorazione potrebbe essersi protratta negli anni successivi. Così dice Filippo Baldinucci a proposito di Giovanni Francesco:
"Finalmente ha la Città di S. Miniato al Tedesco la statua di marmo dell'Arciduchessa Maria Maddalena d'Austria madre del Gran Duca Ferdinando Secondo, erettagli da quella terra in segno di gratitudine per aver essa Serenissima operato circa l'anno 1620 ch'ella fusse fatta Città; questa statua, però, per vero dire, riuscì cosa difettosa, e ordinarissima; e tanto basti di Francesco Susini" (16).
Non siamo a conoscenza di cerimonie inaugurali; sappiamo dal Vensi che la statua era stata effigiata con lo scettro nella mano destra e con la sinistra posata su un leone, emblema della città, sostenente con la zampa lo stemma mediceo (17). Dall'Ughelli, invece, conosciamo il testo dell'epigrafe collocata sul piedistallo (18):
"Finalmente ha la Città di S. Miniato al Tedesco la statua di marmo dell'Arciduchessa Maria Maddalena d'Austria madre del Gran Duca Ferdinando Secondo, erettagli da quella terra in segno di gratitudine per aver essa Serenissima operato circa l'anno 1620 ch'ella fusse fatta Città; questa statua, però, per vero dire, riuscì cosa difettosa, e ordinarissima; e tanto basti di Francesco Susini" (16).
Non siamo a conoscenza di cerimonie inaugurali; sappiamo dal Vensi che la statua era stata effigiata con lo scettro nella mano destra e con la sinistra posata su un leone, emblema della città, sostenente con la zampa lo stemma mediceo (17). Dall'Ughelli, invece, conosciamo il testo dell'epigrafe collocata sul piedistallo (18):
Mariae Magdalenae Austriacae Magnae
Etruscorum Duci, quod augustae muni-
ficientiae instinctu hanc Jamdiu Minia-
tensem Rempublicam, & Regum Lon-
gobardorum, Praetorumque Imperia-
lium sedem conspicuam, etiam urbanae
nobilitatis honore illustrare voluerit,
grati cives cum nec melium, nec majus
redonare potuerint, ipsam ipsi sua in ef-
figie donaverunt. Anno Rep. Salutis
MDCXXIV
Statua di Maria Maddalena d’Austria, ipotesi ricostruttiva,
Disegno di Ilaria Cioni
La statua rimase al suo posto fino al 1799. In quell’anno nel giorno 3 aprile giunsero a San Miniato cinque ufficiali francesi, dopo che il 25 marzo ottomila soldati d’Oltralpe erano entrati a Firenze e il giorno seguente avevano detronizzato il Granduca Federico III. Nel giorno 4 aprile fu disposto dai suddetti ufficiali che venissero rimossi e distrutti tutte le effigi, stemmi e simili, sia quelli nei palazzi che quelli nelle chiese. “Inoltre nel suddetto giorno fu da Michele Vannini ed altri Giacobini sotto la Presidenza del cittadino Simone Cardi e Dario Mercati, atterrata e messa in pezzi la statua di marmo che stava in mezzo alla Piazza del Seminario, la quale la legarono per il collo con una grossa fune e la tirarono a terra con gran forza” (19).
Non sappiamo come furono fatte sparire le tracce del monumento. E’ probabile il tentativo di condurne i pezzi fuori città e abbandonati, alla stregua di un cadavere da occultare, in un fosso. Da qui il ritrovamento nel secondo dopoguerra. Sappiamo che al posto della statua fu collocato il cosiddetto “albero della Libertà” dai rivoluzionari, poi sostituito nel 1800, con solenne cerimonia, da una croce “adornata”. La memoria della regnante, impersonificata dalla statua, fu così commemorata (20).
Di Maria Maddalena d'Austria, rimane anche un quadro collocato all'ingresso del Palazzo Vescovile di San Miniato.
Di Maria Maddalena d'Austria, rimane anche un quadro collocato all'ingresso del Palazzo Vescovile di San Miniato.
Si ringrazia Rita Costagli e Ilaria Cioni per aver il contributo nella realizzazione di questo articolo.
NOTE BIBLIOGRAFICHE:
NOTE BIBLIOGRAFICHE:
(1) F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(2) Questa notizia è emersa durante un colloquio col Sig. Del Bubba.
(3) F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(4) Il brano è trascritto nel 3° volume delle memorie di Antonio Venzi e riportato in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
“Per ragioni di legati lasciamo alla medesima Arciduchessa perdurante sua vita naturale come sopra e stanti ferme le altre soprascritte condizioni di eredità, nelli abitare nelli Stati con li figli, e di non ripetere le sue doti, l’Amministrazione e governo della nostra città di Colle e sua Podesteria, e la terra di San Miniato al Tedesco e suo Vicariato, con l’esercizio di ogni giurisdizione, civile, criminale e mista e mero imperio, con facoltà di deputare ministri, et uffiziali di giustizia, e di guerra come presente noi medesimi facciamo, potendo ridurre et eleggere a mano quelli dei predetti andassero tratti, e che a Lei si spetti l’elezione dei Capitani delle Bande di Poggibonsi, di Empoli, e tutto il comando, e cura dei quali Capitani sieno descritti di Colle e sua Podesteria e di Samminiato e suo Vicariato.”
(5) V. A. Gamucci, Simone Alessandro dei Gatti. Serenissime Annotazioni dell’antichissima città di San Miniato al Tedesco, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 35, San Miniato, 1962.
(6) In realtà vi sono notizie contrastanti, pare vi sia stata una visita nel 1623, per cui non è dato da sapersi se si tratta della medesima, oppure se Maria Maddalena d’Austria sia venuta due volte a San Miniato. La questione è stata sollevata in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(7) Notizia fornita da un altro cronista, G. Rondoni, Memorie storiche di San Miniato al Tedesco, pag. 192; 3° volume delle memorie di Antonio Venzi; riportato in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(8) Simoncini, San Miniato e la sua Diocesi, I vescovi, le istituzioni e la sua gente, Cassa di Risparmio di San Miniato, 1989, pag. 31
(9) Ibidem, pag. 15
(10) Regoli Ivo, La fine del libero comune di San Miniato, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 58
(11) Cardini Franco, Storia Illustrata di San Miniato, Pacini Editore, Pisa, 2006, pag. 175-176.
(12) Ibidem, pag. 178. Il carteggio intercorso durante l’attività diplomatica è stato trascritto integralmente da Paolo Morelli, nella sua tesi di laurea “Chiesa, stato e società a San Miniato fra Cinque e Seicento”, relatore prof. E. Fasano Guarini, a.a. 1975-76.
(13) Gagliardi Isabella, Vescovi e Curia a San Miniato nel periodo granducale, in La Cattedrale di San Miniato, Cassa di Risparmio di San Miniato, 2004. Per il carteggio si veda la nota n. 15.
(14) P. Morelli Il territorio separato, in L’abbazia di San Salvatore di Fucecchio, Fucecchio, 1987, e citato in Cardini Franco, Op. Cit.
(15) Venzi Antonio, Memorie, notizia riportata in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(16) F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua, Decennale I della parte III del secolo IV, dal MDLXXX al MDLXC, Milano, 1812, p. 477.
(17) Venzi Antonio, Memorie, notizia riportata in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(18) F. Ughelli, Italia Sacra sive de Episcopis Italiae, (2° Edizione) Venezia, 1718, Tomo III, col. 274.
(19) Venzi Antonio, Memorie, notizia riportata in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.
(20) Venzi Antonio, Memorie, notizia riportata in F. P. Il “pezzo di marmo” in Sant’Andrea, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 36, San Miniato, 1963.