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mercoledì 27 febbraio 2013
NULLA PER SEMPRE - INVITO PRESENTAZIONE E MOSTRA Sabato 9 marzo, ore 17.30
Presentazione del libro "NULLA PER SEMPRE", racconti di Giuseppe Chelli e inaugurazione della mostra personale di Rossano Nistri. Interverranno Giovanni Conforti e Fabrizio Mandorlini.
Appuntamento a San Miniato, Palazzo Roffia, via Augusto Conti, sabato 9 marzo, alle ore 17.30 (nel video è indicato alle 16, ma ci fanno sapere che l'orario corretto è 17.30). Al termine sarà offerto un aperitivo!
Per l'occasione è stato realizzato anche un trailer che potete vedere qua sotto!
Per l'occasione è stato realizzato anche un trailer che potete vedere qua sotto!
domenica 24 febbraio 2013
FEBBRAIO - I MESI DI PIETRO BAGNOLI
a cura di Anna Orsi
Idillio tratto da "POESIE VARIE" di Pietro Bagnoli, Can. Samminiatese, Prof. di Lettere Greche e Latine nella R. Università di Pisa, Antonio Canesi, Tomo I, Samminiato, 1833: I PRIMI SEI MESI DELL'ANNO - Idilli, pp. 165-167.
Alba ed alberi di febbraio
Foto di Francesco Fiumalbi
IL
PRIMO
DI
FEBBRAIO
I.
Santa pietà! Tu d'ogni ben nutrice
Piangi gli estinti, e porgi ajta ai vivi,
Gli uomin, gli Dei tu onori, e un infelice
Quasi talor dal sen di morte avvivi:
Se lacrime per te dagli occhi elice
Alla presenza dei funerei Divi
Una turba di meste Pastorelle,
Le ascolta, e vieni oggi a plorar con elle.
II.
Così cantàr del lugubre Febbraro
Nel primo dì le Ninfe, e in lungo stuolo
Tra i taciti sepolcri s'inoltraro,
Tutte compunte, ed atteggiate in duolo.
Prima in mesto silenzio s'arrestaro
Colle man giunte, e gli occhi fissi al suolo,
Poi diverso sentier si tolse ognuna
Là 've polve a lei cara il sasso aduna.
III.
Intenerito avrian chi udito avesse
I flebili sospiri e le parole
In queste e quelle parti uscir sommesse
Dalla pietosa turba, che si duole.
Questa all'amica estinta un serto intesse
Di vergini giacinti e di viole,
E n'incorona l'urna, e a lei ch'anco ama:
Ombra cara, ove sei? Dolente sclama.
IV.
Quella spargea sul cenere paterno
acrime amare, e più co'tristi omei,
Che con parole dir parea: l'eterno
Sonno ah! Tu dormi, autor de' giorni miei
Altra più che col dir, col senso interno
Cara madre! dicea, madre, ove sei?
Dov'è il sen che nutrimmi? e il labbro e il ciglio
Di saviezza maestro e di consiglio?
V.
Ah! se alcun d' tuoi cenni andò perduto,
Mostrati disdegnosa ombra severa,
E fammi ravveder con quel temuto
Sguardo, che ancor dentro a quest'alma impera.
Altra ricerca pur con labbro muto,
Quasi un bel fior giunto sull'alba a sera,
Un diletto german, con cui divise
Gl'infantili trastulli, e pianse e rise.
VI.
Chi l'amico chiedea, che il caro sposo
Ahi! Sul fiorir delle speranze tolto!
E le tombe cingean di doloroso
Cipresso, ove il lor ben giacea, sepolto.
Poi tutte si ritrasser dal pietoso
Ufficio, umide il ciglio e col crin sciolto,
Altamente intuonàr riposo e pace.
VII.
Sia lieve il suolo alle composte salme,
E dolce l'aura e taciturna spiri,
Sì che non turbi la quiete all'alme,
Qualunque sia, che qui nuda s'aggiri.
Sol de' sepolcri le lugubri calme
Rompa l'aura pietosa de'sospiri,
E ben certo è pietà che in questo giorno
Facciam qui ogni anno a sospirar ritorno.
VIII.
Care alme, addio. Così tre volte alfine
Disser le Ninfe, e poi l'urne baciaro;
E ricomposto in sulla fronte il crine,
Non giuochi e danze, non piacer cercaro,
Ma con gravi pensier dalle divine
Preci ritolte, ala magion tornaro,
Ove pur tutto pensieroso e mesto
Passaro in prieghi di quel giorno il resto.
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mercoledì 20 febbraio 2013
E SE LA PIAZZA DIVENTASSE IL GIARDINO... DEL POPOLO!
Prendendo
spunto dal titolo del post PIAZZA DEL POPOLO LIBERA! l'architetto Marco Stacchini ha considerato la
questione sotto una luce completamente autonoma e ci propone una
sistemazione di Piazza del Popolo davvero non convenzionale: libera,
appunto, da tutto, da tutte quelle costrizioni mentali dell'uomo
contemporaneo. Uno spazio, in cui il termine libero è inteso in
senso di “naturale”.
Un
grande giardino, un prato verde al posto dell'asfalto e del cemento,
animali che scorrazzano tranquilli laddove ancora oggi girano le auto
in quella che ormai non è più una piazza, ma una grande rotatoria.
E'
un'immagine surreale, un gesto artistico, per dire una cosa semplice
semplice: la piazza per sua natura è uno spazio fatto in un certo
modo, che si presta a svariati usi, ma che non nasce certamente come
parcheggio. E' richiamando alla “natura” del luogo, attraverso
quella natura simbolicamente rappresentata nell'immagine, che l'arch.
Marco Stacchini vuole sottolineare la grande necessità di
riappropriazione di quello spazio, nella forme e nei modi in cui è
stato concepito. Un invito anche ad immaginare qualcosa di diverso,
anche inaspettato o insolito, per lo spazio che ci circonda,
nonostante gli occhi incancreniti dal quotidiano. Un desiderio di
reinventare lo spazio e con esso anche la nostra Città.
E
poi non sarebbe male nemmeno pensare anche seriamente ad un giardino,
così come possiamo ammirare a Pistoia, in Piazza degli Ortaggi,
fotografata dall'arch. Sandro Saccuti in occasione del Festival "Dialoghi sull'Uomo".
Piazza o Giardino del Popolo
Elaborazione dell'arch. Marco Stacchini
Pistoia, Piazza degli Ortaggi
Foto di Sandro Saccuti
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rigenerazione urbana
PIAZZA DEL POPOLO LIBERA!
di
Francesco Fiumalbi
Ogni tanto capita, più
o meno una volta all'anno, che Piazza del Popolo sia completamente
libera. Nemmeno per il Workshop era così libera. E' capitato
domenica 10 febbraio 2013 in occasione del Carnevale: durante la
manifestazione la piazza era bella piena di gente, ma verso le 17,30,
prima che il traffico venisse nuovamente consentito, la piazza è
rimasta vuota, libera.
Fa un certo effetto,
perché non siamo abituati a dominare visivamente tutto lo spazio
della piazza. Sembrerebbe piccolo, invece è molto grande! C'è
sempre qualcosa nel mezzo e 99 volte su 100 ci sono le auto.
Certamente quello è un parcheggio che fa comodo a molti. Una breve
commissione, prendere un caffé, comprare il giornale. Però, quella
sera che la piazza era vuota, ho visto, con i miei occhi, una cosa
impagabile. Impagabile perché non si paga, non si può pagare, la si
può permettere oppure no. Alcuni bambini stavano giocando a pallone
(con una bomboletta del Carnevale) nel bel mezzo di Piazza del
Popolo. Incredibile. Una scena del genere fino a qualche anno fa
sarebbe stata normale. Alcuni bambini che giocano, con una cosa
trovata lì per lì, in un luogo pubblico. Cosa dimostra questo? Che
i bambini sono rimasti sempre uguali, si divertono anche con poco,
basta avere lo spazio giusto per farlo. Ma se li rinchiudiamo in una
stanza 4x4 (quando va bene) dalla mattina alla sera perché fuori è
pericoloso, perché fuori fa caldo, fa freddo, tira vento, gira
brutta gente, ci sono le macchine... poi è normale che per
“intrattenerli” ci vogliono tv, computer, consolle e
cianfrusaglie varie.
Io mi auguro che
liberando Piazza del Popolo dalle auto, si possa liberare anche
qualche bambino. Aggiungete qualche panchina, nuove attività che si
affacciano sulla piazza, un tavolino dove si gioca una briscola, un
ragazzo che legge un libro, qualche turista che si mangia un bel
gelato o si gusta un buon bicchiere di vino... ed abbiamo un grande
spazio vivo! Vivo, cioè con degli esseri viventi, che si muovono,
che fanno la propria vita! Le auto stanno ferme, sono fredde, di
metallo, e sputano gas di scarico... mettiamole in Piazza San Pio da
Pietralcina (ex Teatro) per una sosta veloce, ma se ci dobbiamo stare
un po' di più mettiamole al Piazzale o al Cencione e facciamoci una
bella passeggiata. Riprendiamoci anche il panorama, che è sempre lì,
per farsi ammirare. Per essere ammirato bisogna andare lentamente, a
piedi è perfetto!
lunedì 18 febbraio 2013
F. SACCHETTI: LE NOVELLE "SANMINIATESI" - 3/4
a cura di Anna Orsi
Questa
proposta di seguito è la terza delle quattro novelle di Franco Sacchetti,
ambientate a San Miniato o nei suoi dintorni. Fu redatta probabilmente intorno
al 1392, quando Sacchetti era Podestà a San Miniato e presenta alcuni elementi
interessanti anche da un punto di vista storico. Stavolta i protagonisti sono tre ciechi fiorentini, Lazzaro, Salvatore e Grazia, che campano di elemosine. I tre avevano stipulato una sorta di società, in modo da distribuire equamente i proventi della loro attività di questuanti. Muovendosi verso Pisa per la festa di Santa Maria, arrivarono ai piedi della collina sanminiatese, e più precisamente a Santa Gonda. Qui, stando in una camera d'albergo, decisero di effettuare la conta dei soldi e di fare una ridistribuzione. Ad un certo punto della conta, Grazia viene accusato dagli altri due di volerli imbrogliare. Ne esce una violenta colluttazione, che vide anche l'intervento dell'oste e di sua moglie. Alla fine i tre rimangono senza un soldo. Anche in questo caso, la storia non è altro che è un pretesto per sostenere un insegnamento "morale", così come
nelle altre novelle del Sacchetti, il quale non fa altro che proporre, seppur
in forma di racconti, le meditazioni di carattere morale e religioso, che egli
stesso aveva elaborato negli anni '80 del '300.
Immagine tratta dal libro Novelle di Franco Sacchetti,
Giovanni Silvestri, Milano, 1815
NOVELLA
CENTESIMAQUARANTESIMA
Tre ciechi fanno
compagnia insieme, e veggendo la loro ragione a santa Gonda, vengono
a tanto, che si mazzicano molto bene insieme, e dividendo l'oste e la
moglie, sono da loro anco mazzicati.
Nel
popolo di santo Lorenzo, presso a santa Orsa nella città di Firenze,
tornavano certi ciechi, di quelli che andavano per limosina, e la
mattina si levavano molto pertempo, e chi andava alla Nunziata, e chi
in Orto san Michele, e chi andava a cantar per le borgora, e spesse
volte deliberavano, che quando avessono fatta la mattinata, si
trovasseno al campanile di santo Lorenzo a desinare, dove era uno
oste che sempre dava mangiare e bere a' loro pari. Una mattina
essendovene due a tavola, e avendo desinato, dice l'uno, ragionando
del loro avere, o della loro povertà: lo accecai, forse dodici anni
è, ho guadagnato forse mille lire. Dice l'altro: Ohi tristo a me
sventurato, ch'egli è sì poco, che io accecai, che io non ho
guadagnato dugento lire! Dice il compagno: Oh quant'è che tu
accecasti? Dice costui: E' forse tre anni. Giugne uno terzo cieco,
che avea nome Lazzero da Corneto, e dice: Dio vi salvi, fratelli
miei. E quelli dicono: Qul se'tu? E quelli risponde: Sono al buio,
come voi, e segue: E che ragionate? E quelli contarono il tempo de'
loro guadagni. Disse Lazzaro: Io nacqui cieco, e ho
quarantasett'anni; s'io avessi i danari che io ho guadagnati, io
sarei il più ricco cieco di Maremma. Bene sta, dice il cieco di tre
anni, che io non trovo niuno che non abbia fatto meglio di me. E
facendo così tutti e tre insieme, dice questo cieco: Di grazia
lasciamo andare gli anni passati, vogliam noi fare una compagnia
tutti e tre, e ciò che noi guadagnamo, sia a comune; e quando
andremo fuori tutti tre, noi andremo insieme, pigliandocil'uno con
l'altro, se bene bisognerà chi ci meni; il piglieremo? Tutti
s'accordarono, e alla mensa s'impalmarono, e giurarono insieme. E
fatta questa loro compagnia alquanto in Firenze, uno che gli avea
uditi fermare questo loro traffico, trovandogli uno mercoledì alla
porta di santo Lorenzo, dà all'uno di loro un quattrino, e dice:
Togliete questo grosso tra tutti tre voi; e continuando, dove costoro
si fermavano insieme a certe feste, costui facea sempre limosina
d'uno quattrino, dicendo: Togliete questo grosso tra tutti e tre.
Dice colui che lo riceve alcuna volta: Gnaffe! E' c'è dato un
grosso, che a me par piccolo com'un quattrino. Dicono gli altri:
dov'è? O non ci cominciare già a voler ingannare. Questi rispose:
che inganno vi poss'io fare? Quello che mi fia dato, io metterò
nella tasca, e così fate voi. Disse Lazzaro: Fratelli, la lealtà è
bella cosa. E così sì rimase; e ciascuno ragunava, e deliberarono
tra loro ogni capo di otto dì mescolare il guadagno, e partire per
terzo. Avvenne, che ivi a tre dì che questo fu, era mezzo agosto; di
che si disposono, come è la loro usanza, d'andare alla festa della
Nostra Donna a Pisa; e movendosi ciascuno con un suo cane a mano
ammaestrato, come fanno con la scodella, si misono in cammino,
cantando la intemerata per ogni borgo; e giunsono a santa Gonda un
sabato, che era il dì di vedere la ragione, e partire la moneta: e a
uno oste, dove albergarono, chiesono una camera per tutti e tre loro,
per fare i fatti loro quella notte; e così l'oste la diede loro.
Entrati questi ciechi con li cani e co' guinzagli a mano, quando fu
il tempo d'andare a dormire nella detta camera, disse uno di loro che
avea nome Salvadore: A che ora vogliam noi fare la nostra faccenda?
Accordaronsi, quando l'oste e la sua famiglia fosse a dormire; e così
feciono. Venuta l'ora, dice il terzo cieco, che avea nome Grazia, ed
era quello che era stato men cieco: Ciascuno di noi segga, e nel
grembo noveri li denari, ch'egli ha, e poi faremo la ragione; e
colui, che n'avrà più, ristorerà colui che n'avrà meno. E così
furono d'accordo cominciando ciascuno a noverare. Quando ebbono
annoverato, dice Lazzero: lo trovo, secondo ho annoverato, lire tre,
soldi cinque, danari quattro. Dice Salvadore: Ed io ho annoverato
lire tre, danari due. Dice Grazia: Buono buono, io ho appunto
quaranzette soldi. Dicono gli altri: Oh che diavolo vuol dir questo?
Dice Grazia: Io non so. Come non sai? Che dei avere parecchi grossi
in ariento più di noi, e tu ce la cali a questo modo; è la
compagnia del lupo la tua. Tu hai nome Grazia, ma a noi se'tu
disgrazia. Dice costui: Io non so che disgrazia; quando colui dicea
che ci dava un grosso, a me parea egli uno quattrino, e che che si
fosse, come io vi dissi, io il mettea nella tasca, io non so; io
sarei leale come voi in ogni luogo, che mi fate già traditore e
ladro. Dice Salvadore: E tu se', poiché tu ci rubi il nostro. Tu
menti per la gola, dice Grazia. Anzi menti tu; anzi tu, e cominciansi
a pigliare e dare delle pugna; e' danari caggiono per lo spazzo.
Lazzero, sentendo cominciata la mischia, piglia la sua mazza, e dà
tra costoro per dividergli; e quando costoro sentono la mazza,
pigliano le loro, e cominciansi a batacchiare, e tutti li denari
erano caduti per lo spazzo. La battaglia cresce, gridando, e giucando
del bastone, li loro cani abbaiavano forte, e tale pigliava per lo
lembo co' denti or l'uno or l'altro, e' chiechi, menando le masse,
spesso davano a' cani, e quelli urlavano; e così parea questo uno
torniamento. L'oste, che dormia di sotto con la moglie, dice alla
donna: Abbiam noi demoni di sopra? Levasi l'uno e l'altro, e tolgono
il lume e vanno su, e dicono: Aprite qua. I ciechi, che erano
innebbriati su la battaglia, udivano come vedeano. Di che l'oste
chiuse l'uscio per forza, e aprendolo intrò dentro, e volendo
dividere i ciechi, ebbe d'una mazza nel viso; di che piglia uno di
loro, e gittalo in terra. Che vermocane è questo, che siate mort' a
ghiadi? E pigliando la massa sua, dando a tutti di punta, dicea:
Uscitemi di casa. La donna dell'oste accostandosi, e schiamazzando,
come le femmine fanno, uno cane la piglia pel lembo della gonnella; e
quanto ne prese, tanto ne tirò. Alla per fine perdendo costoro la
lena, ed essendosi molto bene mazzicati, e chi era caduto qua e chi
di là, dice Lazzaro: Oimè, oste, che io son morto! Dice l'oste: Dio
gli ti mandi, uscitemi testè di casa. E quelli tutti si dolgono, e
dicono: Oimè, oste, vedi come noi stiamo! Che aveano li visi lividi
e sanguinosi; e peggio che tutti li nostri denari ci sono caduti.
Allora l'oste dice: Che denari, che siate mort' a ghiandi, che
m'avete presso che cavato l'occhio? Dice Lazzero: Perdonaci, che noi
non vegghiamo, più che Dio si voglia. Io vi dico: Uscitemi di casa.
E quelli dicono: Ricoci li danari nostri, e faremo ciò che tu
vorrai. L'oste fa ricogliere i denari, i quali non assegnò mezzi, e
disse: Qui ha forse cinque lire, voi m'avete a dare delli scotti lira
dua, restassene lire tre: io voglio andare al vicario quassù, e
voglio che mi faccia ragione, che m'avete fedito, e alla donna mia
da' vostri cani è stata stracciata la gonnella.
Quando
costoro odono questo, tutti ad una voce dicono: Amico, per l'amor di
Dio, non ci voler disfare; togli da noi quello che possiamo,
anderemci con Dio. L'oste disse: poiché così è, io non so, se mi
perderò l'occhio, datemi tanto che io mi possa far medicare,
emendate la cotardita della donna mia, che pur l'altro dì mi costò
lire sette. Brievemente, li ciechi dierono all'albergatore li denari
caduti, che erano nove lire e soldi due, ed altrettanti che n'aveano
addosso; e così di notte pregarono l'oste che perdonasse loro, e
andaronsene così vergheggiati, chi sciancato, e chi col vino
enfiato, e chi col braccio guasto, per bella paura tanto oltre, che
furono sul contado di Pisa la mattina. Quando furono a una taverna
appiè di Marti, cominciarono a rimbrottare l'uno l'altro; e l'oste,
veggendoli sanguinosi e accanneggiati, si maragliava, dicendo: Chi
v'ha così conci? E quelli dicono: Non te ne caglia. E ciascuno
addomanda uno quartuccio di vino, più per lavarsi le busse, e le
percosse del viso, che per bere. E fatto questo, dice Grazia: Sapete
che vi dico? Io farea in fede i fatti vostri, come i miei, e non fu'
mai né ladro né traditore; voi m'avete dato di ciò un buon merito,
che io ne sono quasi disfatto in avere e in persona. Egli è meglio
corta follia che lunga, e farò come colui che dice: Uno, due e tre,
io mi scompagno da te; e con voi non ho più a fare nulla, e l'oste
ne sia testimone; e vassi con Dio. Dicono questi altri: Tu hai nome
Grazia, ma tale la dia Dio a te, chente tu l'hai data a noi, e
andossene solo a Pisa; e Lazzero e Salvadore se n'andarono anche alla
festa con questa loro tempesta.
sabato 16 febbraio 2013
INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “W”
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AGLI INDICI DEL BOLLETTINO DELL'ACCADEMIA DEGLI EUTELETI
Wolfram
Deva,
Clauser Marina,
Ferli
Sergio
e Lombardini
Carolina
– Erborando
a Balconevisi
BAE
73/2006
INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “V”
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AGLI INDICI DEL BOLLETTINO DELL'ACCADEMIA DEGLI EUTELETI
Valori
Rita
– Lo
«Statuto
delle gabelle di San Miniato al Tedesco» del 1364. Trascrizione e
commento della fonte
BAE
73/2006
Vanni
Desideri Andrea
– Il
contributo dell'archeologia alla storia del lavoro. Aspetti tecnici e
organizzativi del cantiere barocco di San Gaetano a Firenze
BAE
74/2007
Vanni
Desideri Andrea e
Montevecchi
Nadia
– Da
chiesa battesimale a cappella devozionale. Archeologia della Pieve di
Sant'Antimo di Monterchi (Arezzo)
BAE
75/2008
Vanni
Desideri
Andrea
–
Il
Medioevo fiorentino di Palazzo Davanzati e Elia Volpi. Un approccio
archeologico
BAE
76/2009
Vanni
Desideri Andrea,
Braschi
Anna e
Parentini
Manuela
– Un
elemento perduto della topografia medievale di San Miniato. Note
storiche e archeologiche sulla chiesa di San Biagio
BAE
79/2012
Vanni Desideri Andrea - La Compagnia dei vasai di Fucecchio tra sviluppo e declino di un'attività produttiva valdarnese d'età moderna BAE 80/2013
Vanni Desideri Andrea – Pratolino e i coralli del Granduca. Appunti tra archeologia e economia nella Toscana d'età moderna 84/2017
Vanni Desideri Andrea - La Compagnia dei vasai di Fucecchio tra sviluppo e declino di un'attività produttiva valdarnese d'età moderna BAE 80/2013
Vanni Desideri Andrea – Pratolino e i coralli del Granduca. Appunti tra archeologia e economia nella Toscana d'età moderna 84/2017
Vanni Desideri Andrea,
Fortunio Desideri, il Granduca e il “gran pesce”. Un curioso episodio di storia
familiare, p. 301 BAE 90 - 2023
Viaro
Patrizio e
Todaro
Antonio
–
Vedere
con la pelle, un'esperienza didattica con i non vedenti
BAE
78/2011
Vigneri
Emanuela,
Bimbi
Dalia
e Boldrini
Roberto
–
La
Piazza del Duomo e la Rocca: episodi di un percorso storico e
urbanistico
BAE
76/2009
INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “U”
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AGLI INDICI DEL BOLLETTINO DELL'ACCADEMIA DEGLI EUTELETI
Ugolini Andrea e Matteini Tessa – Strutture vegetali e conservazione attiva dei paesaggi archeologici. Note per una ricerca BAE 84/2017
Ulivieri
Denise
– Dalle
pietre alle regole: la cultura sismica locale nell'architettura
vernacolare
BAE
75/2008
INDICE BOLLETTINO EUTELETI – LETTERA “T”
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AGLI INDICI DEL BOLLETTINO DELL'ACCADEMIA DEGLI EUTELETI
Tiboni
Sarah
e Parentini
Manuela
– Speziali
e spezierie a San Miniato: prime note di studio da un ricettario di
fine Quattrocento
BAE
72/2005
Todaro
Antonio
e Viaro
Patrizio
–
Vedere
con la pelle, un'esperienza didattica con i non vedenti
BAE
78/2011
Tognetti
Livio
– Cent'anni
di Sinodi (1627-1726)
BAE
62/1995
Toni Cristina e Lorusso Flaviano Maria - Un progetto per il nuovo Liceo Marconi a San Miniato BAE 80/2013
Toni Cristina e Lorusso Flaviano Maria - Un progetto per il nuovo Liceo Marconi a San Miniato BAE 80/2013
Traversi
Gino
– Nuovi
studi sull'architettura romanica in Toscana. San Gervasio di Palaia
BAE
40/1968
Traversi Francesco - Sul Maestro dei Crocifissi Scapigliati e un suo epigono attivo in San Miniato al Tedesco BAE 80/2013
Traversi Francesco - Sul Maestro dei Crocifissi Scapigliati e un suo epigono attivo in San Miniato al Tedesco BAE 80/2013
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