domenica 21 luglio 2019

SAN MINIATO ATTRAVERSO GLI OCCHI DEI DALTONICI


a cura di Francesco Fiumalbi

Essendo architetto, quotidianamente ho a che fare con i colori. Proporre un gradevole abbinamento cromatico è fondamentale per presentare un progetto ad un committente o per aiutare i clienti a scegliere le finiture in corso d’opera. Non dico spesso, ma qualche volta mi è capitato di incontrare persone che avessero una percezione cromatica completamente diversa dalla mia. Le piccole differenze, invece, sono all’ordine del giorno.

Spesso, quando sono in giro e mi capita di osservare un monumento, un’opera d’arte o un bel panorama, mi chiedo cosa significhi essere daltonici, quale sia la differenza nella percezione cromatica. Penso, ad esempio, a San Miniato: una città ricca di monumenti in laterizio e con molto verde. Come appare la Rocca a chi confonde il rosso col verde? E la Cattedrale? E Piazza del Seminario? I Giardini Bucalossi?

Per chi non lo sapesse, il “daltonismo” prende il nome dal chimico inglese John Dalton, il primo a dare una descrizione del fenomeno alla fine del ‘700. In termini scientifici si parla di discromatopsia, ovvero l’inabilità a distinguere o percepire i colori che dipende dalla capacità di cogliere le diverse lunghezze d’onda della radiazione luminosa, ovvero dalla percezione cromatica degli occhi. Essendo dovuta ad un allele recessivo del cromosoma X, è più frequente negli uomini e meno nelle donne.
La discromatopsia più diffusa è la deuteranopia (4-5% della popolazione) che riguarda la cecità al colore verde. Meno diffusa la protanopia (1% della popolazione) che riguarda la cecità al colore rosso. Molto rara è la tritanopia, ossia la cecità al colore blu. Rarissima la acromatopsia, ovvero la totale incapacità di percepire i colori.

Se non ce l’hai non puoi capire”. Così mi rispose un amico a cui avevo chiesto cosa volesse dire essere daltonici davanti alla facciata del Duomo. Rimasi senza risposta, ma oggi, grazie ad alcuni software o risorse on-line come Coblis, è possibile realizzare immagini che simulano gli effetti discromatoptici, come quelle proposte di seguito: San Miniato, nella versione “normale”, “deuteranopia”, “protanopia” e “tritanopia”.

 I Giardini Bucalossi (tritanopia)

I Giardini Bucalossi (deuteranopia)

I Giardini Bucalossi (protanopia)

I Giardini Bucalossi (normale)

La Cattedrale dei SS. Maria e Genesio (tritanopia)

La Cattedrale dei SS. Maria e Genesio (deuteranopia)

La Cattedrale dei SS. Maria e Genesio (protanopia)

La Cattedrale dei SS. Maria e Genesio (normale)

La Torre di Federico II (tritanopia)

La Torre di Federico II (deuteranopia)

La Torre di Federico II (protanopia)

La Torre di Federico II (normale)

Piazza del Seminario (tritanopia)

Piazza del Seminario (deuteranopia)

Piazza del Seminario (protanopia)

Piazza del Seminario (normale)

Il Santuario del SS. Crocifisso di Castelvecchio (tritanopia)

Il Santuario del SS. Crocifisso di Castelvecchio (deuteranopia)

Il Santuario del SS. Crocifisso di Castelvecchio (protanopia)

Il Santuario del SS. Crocifisso di Castelvecchio (normale)

Panoramica dello Sciòa, la zona orientale di San Miniato (tritanopia)
 
Panoramica dello Sciòa, la zona orientale di San Miniato (deuteranopia)
 
Panoramica dello Sciòa, la zona orientale di San Miniato (protanopia)
 
Panoramica dello Sciòa, la zona orientale di San Miniato (normale)

sabato 20 luglio 2019

IL REGESTO DEI DOCUMENTI DEL MONASTERO DI SANTA CHIARA DI SAN MINIATO CONSERVATI ALL’ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE

a cura di Francesco Fiumalbi

INTRODUZIONE
Presso l'Archivio di Stato di Firenze sono conservati numerosi documenti appartenenti ad istituzioni sanminiatesi. Si tratta per la maggior parte di atti molto antichi, che riguardano anche le comunità conventuali e monastiche che un tempo erano presenti a San Miniato e che vennero soppresse o che comunque pervennero alla cessazione. Fra questi troviamo anche gli atti del Monastero di Santa Chiara.
Grazie alla vasta catalogazione e al regesto operato nei primi anni del secolo scorso, abbiamo preziose informazioni circa la consistenza e i contenuti di migliaia e migliaia di documenti medievali conservati presso l'Archivio di Stato di Firenze. E fra questi ci sono anche quelli del Monastero di Santa Chiara. Si tratta di 14 atti sottoscritti in un arco temporale che va dal 1338 al 1540. Va segnalato che molti dei documenti potrebbero sembrare non inerenti alla comunità religiosa. In realtà potrebbero essere stati utilizzati per dimostrare la proprietà di immobili al momento della loro donazione al convento. In questa pagina, più avanti, è proposta la trascrizione integrale dello “spoglio” dei documenti di questa comunità religiosa nata a San Miniato nel medioevo.


Il complesso monumentale dell'ex Monastero di Santa Chiara
Foto di Francesco Fiumalbi

IL MONASTERO DI SANTA CHIARA A SAN MINIATO
Il Monastero di Santa Chiara, secondo la tradizione riportata da vari autori, sarebbe stato fondato nella prima metà del '300, a partire da un lascito testamentario del 1338 e intorno ad un precedente cenobio benedettino [G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 73-75]. Tuttavia la fondazione del Monastero di Santa Chiara va retrodatata al XIII secolo, anche se in circostanze non conosciute.  Infatti, già nel 1298 la comunità beneficiò di un lascito da parte di donna Ciarfa [Archivio di Stato di Firenze, Notarile Antecosimiano, Lascito di donna Ciarfa alle clarisse di S. Miniato, 8 marzo 1298; cfr. G. Giannoni Rocchi, Santa Chiara. Venerabile monastero e regio conservatorio, Accademia degli Euteleti della Città di San Miniato, Tip. Palagini, San Miniato, 1996, p. 28].
Successivamente nel 1315 le religiose si trovarono coinvolte nelle azioni militari operate da Uguccione della Faggiola per sottoporre il territorio sanminiatese alla dominazione pisana [Ser Giovanni di Lemmo Armaleoni da Comugnori, Diario (1299-1319), edizione a cura di V. Mazzoni, Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2008, cc. 44r, 50r e 54v, pp. 55, 60 e 65].
Il Monastero è documentato anche negli Statuti sanminiatesi del 1336, in cui viene concessa da parte del Comune un'oblazione annuale di 100 libbre in denaro, da corrispondere metà nel mese di febbraio e metà in quello di settembre [Statuti del Comune di San Miniato al Tedesco (1337), a cura di F. Salvestrini, Centro Studi sulla Civiltà del Tardo Medioevo, Comune di San Miniato, Edizioni ETS, Pisa, 1994, Libro IV, rubr. 85 <89>, pp. 377-378].
Con le riforme leopoldine, nel 1785 il Monastero divenne Conservatorio e in questo modo, essendo sottoposto all’autorità civile e non a quella religiosa, non fu colpito dalle soppressioni napoleoniche (1810). Con l’Unità d’Italia mantenne il ruolo di centro di educazione femminile, passando al Ministero della Pubblica Istruzione nel 1935, gestito da un ordine religioso fino al 1975. Dal 2006 il patrimonio è gestito dalla Fondazione Conservatorio di Santa Chiara.


IL VERSAMENTO DEI DOCUMENTI ALL'ARCHIVIO DIPLOMATICO
POI CONFLUITO NELL'ARCHIVIO DI STATO
Con motuproprio del 24 dicembre 1778, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo istituì il cosiddetto Archivio Diplomatico. Tale provvedimento prevedeva l'obbligo di consegna dei documenti pergamenacei da parte degli uffici periferici del Granducato, i Comuni, i conventi e i monasteri, nonché le università e le opere pie. Rimase un provvedimento facoltativo per i soggetti privati. Il versamento dei documenti all'Archivio Diplomatico fu effettuato, infatti, dal Monastero di Santa Chiara nel 1779. Questo archivio confluì nel 1852 all'Archivio Centrale dell'allora Granducato di Toscana (istituito da Leopoldo II con decreto del 30 settembre 1852), divenuto Archivio di Stato di Firenze con l'Unità d'Italia.

IL REGESTO DEI DOCUMENTI PROVENIENTI
DAL MONASTERO DI SANTA CHIARA
Di seguito è proposta la trascrizione integrale dello spoglio dei documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Firenze, fondo Diplomatico, inerenti il Monastero di Santa Chiara di San Miniato, estratta dal Tomo di spoglio n. 25 – Monasteri Regolari (anno 1913), consultabile anche on-line sul sito dell'Archivio di Stato di Firenze.
I documenti oggetto del regesto, antecedenti l'anno 1400, sono stati digitalizzati e sono oggi disponibili per la consultazione via web. Per ciascuno di questi è proposto anche il link alla pagina specifica.

AVVERTENZA: per facilitare la lettura ad un pubblico più vasto possibile, le abbreviazioni sono state tutte esplicitate. In azzurro le indicazioni del numero di carta.

[054r]
Monastero di S. Chiara
di S. Miniato

[054v] [055r]
1
3 maggio 1338
Sentenza data dal Dottore Pollio di Trento nelle cause vertenti fra le Monache di San Paolo di San Miniato del Comune di Firenze, e quelle di San Jacopo e San Filippo di Castelfranco del Val d’Arno. Rogato per Ser Piero del fu Michele di Rainaldo Portigiani di San Miniato.

2
28 gennaio 1371 Indizione X
Naparello del fu Nepi di Cojano del Comune di San Miniato vende, per il prezzo di 15 fiorini d’oro del conio fiorentino, a Michele di Ser Niccolò di Carmignano del Comune di Firenze, abitante nella Cura di S. Frediano, un pezzo di terra, posto nei confini di Cojano, luogo detto Cerreta, dentro i suoi confini, facendo al medesimo donazione fra i vivi del di più che esso pezzo di terra valeva. E donna Tessa del fu Corsi di Cojano cede al suo compratore le ragioni che per sicurtà delle sue doti in esso pezzo ritiene. [055v] Il compratore poi affitta il pezzo di terra al venditore sotto l’obbligo di [?]ivi. Fatto nel pezzo di terra medesimo, e rogato per Ser Ferdinando del fu Coverino di Collepatti del Comune di San Miniato di Firenze.

3
16 novembre 1371 Indizione X
Gino del fu Tommaccio di Cojano del Distretto di San Miniato di Firenze per Guido Gnolfi del distretto medesimo, indicato a procuratore, vende per il prezzo di 14 fiorini d’oro ad Antonio del Provinciale del Comune di Santo Stefano di San Miniato suddetto, tre pezzi di terra lavorati, vitati, dei quali il primo situato nel detto Comune di Santo Stefano luogo detto Ponte, il secondo luogo detto Fontanelle del Comune medesimo, ed il terzo Camporsi del suddetto Comune, dentro i loro propri confini. Dei quali 14 fiorini fa la dovuta ricevuta al detto compratore solvente. Fatto nel Castello di Santo Stefano di San Miniato, e rogato per Ser Niccolò del fu Michele di Carmignano Giudice Ordinario Notaro pubblico.

4
29 Giugno 1384 Indizione VII
Michele del fu Martino Cecchi di San Miniato vende per il prezzo di 30 fiorini d’oro, donando fra vivi la maggior valuta, a Antonio del Provinciale una casa posta nella Contrada di Pancoli di San Miniato descritta nei suoi confini. Fatto nella Contrada Pancoli di San Miniato e rogato per Ser Orlandino di Jacopo del fu Drea del detto luogo Giudice ordinario e Notaio pubblico.

[056r]
5
8 settembre 1388 Indizione XII
Michele del fu Gherardo Ceuli del Comune di Firenze confessa aver ricevuto da Jacopo figlio di Buccio di Ser Giovanni di San Miniato, fiorini d’oro 16 in prestito, quali s’obbliga restituire dentro il termine di mesi tre, al pagamento dei quali fu mallevadore Miniato del fu Jacopo Ceuli del luogo suddetto. Fatto in San Miniato, nel Contrafforte e nella bottega di Marchionne del fu Bartolommeo.
Nel 15 settembre 1392 Indizione I, Iacopo suddetto, col consenso di detto suo padre ivi presente, costituisce procuratore a risquotere il detto credito da Michele debitore a Miniato mallevadore Nerio del fu Redi di San Miniato. Fatto in San Miniato avanti la bottega di Giovanni di Jacopo Franchini e rogato per Ser Giovanni di Ser Pietro Gucci di San Miniato Giudice Ordinario e Notaio pubblico.

6
26 novembre 1390 Indizione XI
Frammento d’imbreviature di Meo di Jacopo di Ser Matteo del fu Zanni pubblico notaio di Pistoia, scritto e rogato per Ser Luca del fu Beghino del fu Nello di Pistoia Giudice ordinario e notaio pubblico.

7
20 gennaio 1393 e 1394 Indizione II
Commissioni, Atti e Sentenze del Dottor Giovanni Ciacchi dall’Alto Giudice Assessore, e Potestà del Comune di San Miniato, nel tempo della Potesteria in Firenze del nobilissimo e potente milite Michele de’ Medici. Scritta da Tommaso del fu Gherardo di San Miniato notaio pubblico e scrivano del detto Comune.

[056v]
8
13??
Piero confessa d’aver ricevuto dalla signora Mea di Benedetto Grifoni 200 fiorini d’oro in dote, e si obbliga alla restituzione di quella in tutti i casi di ragione, alla qual restituzione pure si obbligano due suoi fratelli e la di lei madre. Rogato per Ser Giovanni del fu Piero d’Andrea Ciarri di San Miniato. La medesima è tagliata in principio.

9
1 luglio 1420 Indizione XIII
Testamento noncupativo di Aldo [?] del fu Gherardo Landucci di San Miniato di Firenze, mediante il quale dopo varj legati instituisce sua erede universale la fanciulla Margherita sua figlia legittima, e naturale, alla quale morendo senza marito, o maritata senza figli, sostituisca in generale tutti i poveri ad elezione dei curatori testamentari. Fatto in San Miniato nella casa di Marco di Bartolommeo Corri e rogato per Ser Bartolomeo del fu Ser Niccolò di San Miniato Giudice ordinario e Notaio pubblico.

10
19 gennaio 1434 Indizione XIII
Donna Mea del fu Giovanni Bottari di San Miniato di Firenze e moglie del fu Antonio di Giovanni per Ser Davino pure di San Miniato elegge per suo mondualdo Antonio di [??]gno Melchiorre di Firenze ivi abitante, col consenso e licenza del quale nomina, ed elegge, suo [057r] speciale e generale procuratore in tutte le sue liti, negozj, Ser Nanni di Niccolò Bottari di detto luogo. Fatto in San Miniato nella Contrada chiamata Lonferno [vicolo dell’Inferno? L’Ontraino?] e rogato per Ser Niccolò di Ser Lodovico di Ser Duccio di Giovannastra di detto luogo notaio fiorentino e giudice ordinario.

11
4 luglio 1444 Indizione XII
Sentenza data dai cinque ufficiali conservativi della comunità e distretto di Firenze, deputati sopra i contratti illeciti, ed usurarj, i nomi dei quali sono: Castello di Pietro Quaratesi; Piero di Simon Mariotto Orlandini; Dino di Matteo Azzi; Gentile di Ghino Cortigiani; Paolo di Niccolò Paolo Benci; onorati cittadini fiorentini, mediante la quale fu dichiarato come illecito, usurario e fatto con frode il contratto di cessione di una casa posta sulla piazza di San Miniato. Qual casa [che era di] Leonardo di Agnolo da San Miniato, essendo in prigione per non aver con che soddisfare a fiorini 31 dei quali andava creditore Lando di Andrea del Lando per aver pagati detti fiorini nell’anno 1432 a Niccolajo del Maestro Cristofano pagatore di fiorini 70 a Piero Baroncelli di Firenze, che ne aveva prestati 130 al detto Leonardo sulla fede e mallevadoria dei due suddetti, aveva ceduta al detto Lando d’Andrea per anni 8 con patto che pagando esso Leonardo al medesimo [057v] fiorini 36, egli dovesse a lui restituire il libero dominio della casa medesima, e nel tempo dell’inscritto debito permetta al cessionario e sua famiglia abitare una parte della casa medesima; quali patti di detto Lando non essendo stati osservati, [fu] anzi detto Leonardo discacciato dalla casa, né per molte istanze avendone potuto mallevare il dominio non ostante l’offerta di soddisfare ai detti fiorini 36; onde fu esso Leonardo costretto presentare la supplica ai suddetti 5 ufficiali incaricati sopra ai contratti illeciti ed usurarj, dai quali ventilata la causa fu dichiarato come sopra, e condannato il detto Lando a restituire la causa di cessione fattali da Leonardo, con obbligo al medesimo di pagare a detto Lando lire 92 quali trovando potesse detto creditore ritornare il dominio della casa senza alcuna pensione, od obbligo. Pronunziata nel luogo della solita residenza dei detti ufficiali. Scritta da Ser Pietro di Niccolò [058r] di Jacopo Giudice ordinario e Notaio fiorentino, per rogato da Ser Naldo di Giovanni Di Dio Giudice ordinario e Notaio pubblico fiorentino, e rogato dai detti 5 uffiziali, occupato allora in altrui affari, che si rogò dalla medesima.

12
11 giugno 1460 Indizione VIII
Piero del fu Bindo Peri di San Miniato del Contado di Firenze, in suo nome ed in nome di donna Betta del fu Lorenzo di Giovanni Pierucci sua moglie da una parte, e Giovanni Pierucci del fu Lazzaro di Lorenzo di Giovanni Pierucci di San Miniato dall’altra parte, fanno compromesso in Lodovico del fu Antonio di Ser Donato, cittadino fiorentino, e in Ser Andrea di Ser Cristofano di Benedetto notaio di San Miniato presenti, ed accettanti, di tutte le controversie e questioni fra di esse parti vertenti, i quali giudici compromissarj insieme uniti terminano amichevolmente; la medesima come sul lodo dei detti in essa cartapecora contenuto ritrovasi. Fatto in Firenze, nel Popolo di Santo Stefano Abbazia [presso l’Abbazia di Santa Maria, o Badia Fiorentina, presso cui esisteva una più antica chiesa dedicata a Santo Stefano detta “del Popolo”, n.d.r.] e rogato per Ser Jacopuccio figlio di Ser Marco di Ser Domenico di Matteo da Sofferroni.

13
18 novembre 1474 Indizione VIII
Antonio del fu Pietro Andrea di Santa Croce del Val d’Arno di Sotto, Distretto di Firenze, non revocando né annullando alcuno dei procuratori avuti da esso per il passato, anzi confermandoli, costituisce suoi irrevocabili procuratori da succedere ancora dopo la di lui morte ai suoi eredi [058v] gli illustri uomini Sig. Francesco di Ser Jacopo Donalotti di San Miniato, Ser Andrea di Ser Cristofano di detto luogo, Ser Donato di Antonio di San Miniato, Ser Lorenzo di Ser Niccolò di detto luogo, Ser Piero di Pietro dal Monte San Savino, e Ser Andrea di Cristofano Nacchianti notaio fiorentino assenti, ma come presenti, dando ad essi speciale e generale autorità di agire in tutti i suoi affari, liti, etc. Fatto nel Castello di Santa Croce del Val d’Arno di Sotto, in Casa del Comune di detto Ccastello, e rogato per Ser Giovanni del fu Michele di Michele di Bibbiena Giudice ordinario e Notaio pubblico fiorentino.

14
19 ottobre 1540 Indizione XI
Andrea del fu Marco di San Miniato in suo nome ed in nome di Benedetto suo figlio, vende per il prezzo di 40 fiorini d’oro di Lire 7 l’uno alla Reverenda Madre Aurelia del fu Antonio Rossi di Firenze, Monaca del Monastero di Santa Chiara di San Miniato, e a tutte l’altre Monache presenti, e future di detto Monastero, un pezzo di terra lavorativa, vitata e posta nell’appendici di San Miniato, luogo detto alle Calle, ed un altro pezzo di terra con la casa per il lavoratore, dei quali 40 fiorini fa alla detta monaca la ricevuta. [59r] Fatto fuori dalle mura di San Miniato e rogato per Ser Pietro del fu Ser Bartolommeo di Pietro di San Miniato del Contado di Firenze Giudice ordinario e Notaio pubblico.

sabato 13 luglio 2019

NON REVOCATE LA CITTADINANZA A MUSSOLINI

di Francesco Fiumalbi

Non revocate la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Si, avete capito bene e non mi sono bevuto il cervello. Sono stato io a creare questo “imbarazzo”, andando a rispolverare una vecchia delibera del 1924 con la quale il Comune di San Miniato concesse l’onorificenza al capo del fascismo. Adesso, con questo post desidero togliere i miei concittadini da un sì grave turbamento, proponendo un’argomentazione che spero possa essere facilmente e largamente condivisa. Ma andiamo con ordine.

A partire dal ritrovamento di quella delibera del 1924 si è aperto un vivace dibattito sull'opportunità di revocare il riconoscimento, un po' come avvenuto negli ultimi due anni nei comuni circonvicini: Empoli, Castelfiorentino, Vinci, Fucecchio, Montopoli e Santa Croce sull’Arno. Come era prevedibile si sono formate due “fazioni” contrapposte: da una parte i fautori della revoca, motivata dal fatto che l'Italia è una Repubblica democratica che annovera l’antifascismo fra i suoi valori fondanti (si veda la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, e la cosiddetta “Legge Scelba”, la n. 645/1952); di opinione opposta chi ritiene che un simile provvedimento sia un'inutile perdita di tempo, un'operazione nostalgia, buona a distogliere l'attenzione da problemi contingenti più gravi e imminenti, appellandosi anche alla “storicizzazione” del provvedimento.


L’aspetto che ha destato maggiore curiosità è stato proprio quello della storicizzazione dell’onorificenza. Per quale motivo la questione della cittadinanza onoraria a Mussolini è venuta fuori solamente nel 2019 – attraverso un post pubblicato su questo blog – e nessuno, in passato, si è mai sognato di toglierla? Come mai non nel 1945, non nel 1960, non nel 1985? Dobbiamo chiedercelo davvero, poiché il Comune di San Miniato è stato amministrato da sindaci che sono stati partigiani, cioè che hanno partecipato attivamente alla lotta contro il fascismo. Senza dimenticare che nel secondo dopoguerra i partiti che hanno governato il municipio – su tutti il Partito Comunista d’Italia – hanno goduto di un consenso larghissimo, con percentuali schiaccianti. Ed è proprio la risposta a tale domanda che ci fornisce la chiave per “leggere” la delibera del 1924 e proporre una convincente argomentazione sul perché oggi, nel 2019, non vada tolta la cittadinanza onoraria al duce del fascismo.

L’interrogativo è serio, ma non dobbiamo fermarci alle prime impressioni. Qualcuno ha parlato di “ignoranza”: nessuno avrebbe pensato a revocare l’onorificenza a Mussolini, semplicemente perché nessuno ne era conoscenza. L’ipotesi è suggestiva, ma non sta in piedi: figurarsi se nel 1945 non c’era possibilità di memoria per una delibera del 1924! È un po’ come se oggi, nel 2019, nessuno si ricordasse di una cosa accaduta nel 1998. Alcuni avranno dimenticato, ma non certo tutti. Va poi ricordato che il Comune di San Miniato ha una lunghissima tradizione archivistica e i documenti storici sono stati visionati, analizzati e studiati da centinaia e centinaia di studiosi dal 1945 ad oggi. Per favore, non raccontiamoci balle.

Altri hanno avanzato l’ipotesi che la mancata revoca sia il frutto di una scelta ben ponderata, al fine di condannare all'oblio la figura del capo del fascismo, considerando le polemiche che avrebbe suscitato l’annullamento della cittadinanza. Figuriamoci se chi aveva impugnato le armi contro il fascismo poteva farsi scrupolo di una eventuale polemica su una cosa del genere: chiunque avesse mosso anche una piccola obiezione ad una tale decisione, sarebbe stato subito bollato come fascista, con le inevitabili conseguenze del caso.

Insomma, affermare che sia stata una dimenticanza o una precisa strategia di gestione della memoria si fa offesa all'intelligenza dei nostri nonni e dei nostri padri, che hanno costruito l’Italia democratica in cui viviamo oggi. A nessuno è venuto il dubbio che una cosa del genere sia semplicemente inspiegabile con i soli nostri criteri contemporanei?

Viviamo in un tempo in cui in Italia, ma anche in Europa e in buona parte del mondo, in molti gridano ad un possibile ritorno del fascismo. Nel recente saggio Chi è fascista oggi [Laterza, 2019], Emilio Gentile – uno dei maggiori storici del fascismo italiano – sostiene che si stia assistendo alla formulazione di una teoria che propugna l’esistenza di un “fascismo eterno”, basata sull'uso di analogie che spesso tendono a produrre falsificazioni della conoscenza storica, in un processo che tende a sostituire la storiografia con una sorta di astoriologia, dove il passato storico viene continuamente adattato ai desideri, alle speranze, alle paure attuali.
Emilio Gentile mette in guardia sulle conseguenze di un tale fenomeno: penso che la tesi dell’eterno ritorno del fascismo possa favorire la fascinazione del fascismo sui giovani, che poco o nulla sanno del fascismo storico, ma si lasciano suggestionare da una visione mitica, che verrebbe ulteriormente ingigantita  dalla presunta eternità del fascismo. Lo storico va oltre e spiega che se oggi siamo di fronte al ritorno del fascismo, dobbiamo allora riconoscere che l’antifascismo non ha veramente debellato il fascismo nel 1945. Se così fosse, la celebrazione della Festa della Liberazione sarebbe la celebrazione di un falso storico, o comunque un abuso celebrativo, perché nel 1945 l’antifascismo avrebbe vinto una battaglia contro il fascismo e non la guerra.

Partendo da questo assunto, ricordiamo che il 25 aprile 1945 il fascismo è stato sconfitto storicamente e definitivamente. Dalle macerie del ventennio, è nata una nuova Italia: il 2 giugno 1946 il popolo italiano scelse l’istituzione repubblicana e dall’Assemblea Costituente nacque una nuova Costituzione, basata su valori democratici e, perciò, antifascisti.
Checché se ne dica la Repubblica Italiana è un nuovo Stato. Tuttavia, è anche vero che giuridicamente le leggi e i contratti in vigore precedentemente hanno continuato a valere, ma solo perché la nuova Italia non piombasse in un nuovo caos. Non hanno continuato a valere le determinazioni politico-ideologiche e anticostituzionali, cioè in contrasto con la nuova Costituzione, che sono decadute. E quindi sono decadute anche tutte le determinazioni, tutte le onorificenze e tutto ciò che poteva essere legato alla sfera propriamente fascista. E’ questo il motivo per cui nessuno ha mai pensato di togliere la cittadinanza a Mussolini. Perché è decaduta, in automatico, con la nascita della nuova Italia democratica.

I nostri nonni, i nostri padri, coloro che hanno costruito l'Italia democratica, non erano né ignoranti, né sprovveduti, né avevano la memoria corta. Il fascismo è stato sconfitto e il 25 aprile è un giorno di festa, indiscutibile e irrevocabile. Associandomi al ragionamento proposto da Emilio Gentile, trovo pericoloso pensare che quella delibera abbia un valore oggi. Sarebbe come voler affermare che il fascismo, in realtà, non sia stato sconfitto storicamente e definitivamente. Nessuno oggi si sognerebbe di revocare una deliberazione ideologica del Granducato di Toscana o del Regno delle due Sicilie. Sono due stati che, storicamente, sono stati aboliti, così come storicamente è stato sconfitto e abolito il fascismo, il suo apparato istituzionale e il suo corpo ideologico.

Per dimostrare la fondatezza di questa tesi, porterò un esempio sanminiatese. Durante il ventennio i nomi di alcune strade e piazze cittadine subirono una ridenominazione in senso fascista: piazza Giovacchino Taddei (già Piazza San Domenico) divenne piazza dell’Impero, la piazzetta di fianco al Municipio nel 1933 fu dedicata ad Arnaldo Mussolini, l’antica via di Sant’Andrea venne denominata viale Umberto Pontanari (un “martire” della rivoluzione fascista), la via di San Francesco fu ribattezzata viale 9 maggio, a memoria della data dell’annessione dell’Etiopia e della costituzione dell’impero. Queste denominazioni furono cambiate nel dopoguerra con due provvedimenti che presentano modalità diverse. Per capire bisogna fare attenzione alle date.

Il 2 agosto 1945 il Sindaco Concilio Salvadori comunicò all'Ufficio di Stato Civile che con la Deliberazione dell’11 ottobre 1944, n. 18, venne provveduto alla modifica delle seguenti denominazioni di alcune Vie e Piazze del Comune fra cui via 9 Maggio posta in Parrocchia di S. Stefano prenderà il nome di via Don Minzoni, [...] Viale Umberto Pontanari posto in Parrocchia di S. Stefano, prenderà il nome di Viale Giacomo Matteotti, Piazza dell'Impero posta in Parrocchia di S. Iacopo e Lucia prenderà il nome di Piazza del Popolo, […] Piazza A. Mussolini posta in Parrocchia della Cattedrale, prenderà il nome di Piazza Beccaria [il documento è pubblicato in San Miniato durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945). Documenti e cronache, Amministrazione Comunale San Miniato, Biblioteca Comunale San Miniato, Giardini Editori, Pisa, 1986, p. 259]

Occorre notare che la prima delibera è dell’11 ottobre 1944, quando l’Italia era ancora divisa in due dalla guerra. La comunicazione del Sindaco all’Ufficio di Stato Civile è del 2 agosto 1945, a guerra conclusa, ma con il medesimo apparato istituzionale: l’Italia era ancora un regno, sul trono sedeva ancora Vittorio Emanuele III e il Governo era di unità nazionale, sotto la guida di Ferruccio Parri. Lo Stato di diritto era il medesimo, pertanto alle deliberazioni fasciste si oppone una nuova deliberazione antifascista.

Invece, nella seduta del Consiglio Comunale del 22 giugno 1946, l'Assessore Giulio Mario Conforti spiegò che la Piazza Vittorio Emanuele, la piazzetta adiacente al Municipio e la via che va dall'Arco del Seminario alla via Mangiadori, erano attualmente prive di targa e di nome, per avvenuto abbattimento delle targhe indicative. Pertanto propose al Consiglio:
(1) che la Piazza Vittorio Emanuele venga denominata Piazza della Repubblica;
(2) che la piazza adiacente al Municipio venga denominata Piazza Giuseppe Mazzini;
(3) che il tratto di via del Capoluogo, dall'arco del Seminario alla via Mangiadori venga denominata Via Martiri del Duomo, in omaggio alle Vittime innocenti che ignare della sorte che le attendeva, furono spinte in chiesa dai tedeschi e quindi massacrate nel modo che tutti sanno. Il Consiglio approvò la proposta all'unanimità, anche se la Prefettura di Pisa impose una variazione: da via Martiri del Duomo a via Vittime del Duomo, visto che la vicenda, già all'epoca, presentava contorni poco chiari e che solo dopo molti anni è stato possibile far luce sul drammatico episodio che vide la morte di 55 civili la mattina del 22 luglio 1944 all'interno della Cattedrale [ASCSM, Archivio Postunitario, Deliberazioni del Consiglio Comunale, F200 S010 UF19, Delibera n. 21 del 22 giugno 1946].

In questo caso osserviamo che la delibera del 22 giugno 1946 fu approvata a pochissimi giorni dal Referendum Istituzionale e dalla proclamazione della nascente Repubblica Italiana. Lo Stato istituzionale era cambiato e per cambiare il nome alle vie e alle piazze non venne cancellata alcuna deliberazione precedente. Semplicemente erano rimaste prive di denominazione, per avvenuto abbattimento delle targhe indicative ed erano spazi lasciati “vuoti”, dalla definitiva sconfitta della vecchia Italia fascista e monarchica, che furono riempiti dalla nuova Italia democratica e repubblicana. Non c’era più il bisogno di negare il passato, poiché il passato aveva già perso il proprio valore. L’Assessore Conforti non nomina nemmeno due delle tre vecchie denominazioni (piazza Arnaldo Mussolini e via Umberto I) poiché, essendo cambiato lo Stato, non avevano più ragione d’esistere. L’unico citato è Vittorio Emanuele, considerato un padre del Risorgimento, ma è stato un monarca e l’Italia era ormai diventata una repubblica democratica, distante dal vecchio modello di Stato monarchico e liberale.

In conclusione, la deliberazione del 1924 non ha più alcun valore dal 1946, poiché le forze antifasciste hanno vinto la guerra e il fascismo è stato sconfitto storicamente e definitivamente. Dalla guerra è nato un nuovo Stato: repubblicano, democratico e antifascista. Revocare la cittadinanza a Benito Mussolini, ovvero annullare la delibera del 1924, significa affermare che quella determinazione ha conservato la propria validità fino oggi, in aperta contraddizione con quanto affermato fin qui.

A chi sostiene che il Comune di San Miniato non possa sottrarsi, dal momento che gli altri comuni della zona hanno revocato le rispettive cittadinanze onorarie, rispondo che gli “errori” altrui non devono giustificarne altri. E per errore mi riferisco a quel fenomeno, descritto da Emilio Gentile, che vede la sostituzione della storiografia con l’astoriologia. E’ corretto usare la storia per aggiornare i nostri criteri e cercare di comprendere il presente attraverso le esperienze del passato, ma lasciamo il passato dov’è.

Sono consapevole che probabilmente queste mie parole cadranno nel vuoto. Mi piacerebbe sapere cosa penseranno gli storici se fra cent’anni troveranno una deliberazione sanminiatese del 2019 che revoca un provvedimento del 1924. Se va bene ci si faranno una grassa risata, ma se va male esprimeranno un giudizio molto severo. Fate vobis, ma non dite che non ve l’aveva detto nessuno.

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