Sommario
del post
LE
RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO
IL
PATTO DI LONDRA
NEUTRALISTI...
...E
INTERVENTISTI
L'USCITA
DALLA TRIPLICE ALLEANZA
LA
MAGGIORANZA NEUTRALISTA E IL CLIMA DI TENSIONE
L'ITALIA
DICHIARA GUERRA ALL'AUSTRIA
IL
CLIMA DI QUEI GIORNI FRA VALDARNO E VALDELSA
LE
RADIOSE GIORNATE DI MAGGIO. I
giorni che vanno dal “Patto di Londra” al 24 maggio 1915, quando
l'esercito italiano oltrepassò il confine austriaco, furono chiamate
retoricamente “le radiose giornate di maggio”. Non sappiamo chi
abbia coniato tale espressione, unitamente a quella di “maggio
radioso”. Tuttavia fu uno slogan di grande successo, specialmente
nel Dopoguerra per indicare il tempo in cui l'Italia, destandosi dal
suo atavico torpore, decise di impugnare le armi contro l'Austria.
Tuttavia la successione di eventi non fu propriamente “radiosa” e
nemmeno così semplicistica. Siamo di fronte alla costruzione di una
narrazione nazionale priva di complessità e ambiguità, prodotta per
affermare valori identitari indiscutibili e obbligatori, rimuovendo
al contempo quei punti di tensione e conflittualità che pure erano
presenti. Nel Dopoguerra, con l'Italia schiacciata tra fortissime
tensioni sociali, c'era di bisogno di evitare rese dei conti e di
ripartire. Ormai la guerra era stata fatta ed era stata vinta, anche
se al prezzo di perdite, sacrifici e sofferenze enormi. I caduti
(600mila) divennero “martiri” ed “eroi”. E così quei giorni
che precedettero l'ingresso in guerra, caratterizzati da tensioni e
tumulti, divennero “radiosi”. Un mese in cui l'Italia passò
dalla neutralità all'interventismo, in cui il Paese si trovò diviso
fra manifestazioni interventiste e scioperi neutralisti, culminate
con il voto della Camera del 20 maggio e la dichiarazione di guerra
all'Austria. Cosa successe in Toscana e più precisamente fra il
Valdarno e la Valdelsa? Quale clima si respirava? Cosa pensava la
gente all'eventualità della guerra? Nel post cercheremo di
rispondere a tutte queste domande. Ma andiamo con ordine.
D'Annunzio
parla al popolo di Roma nel teatro Costanzi.
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
IL
PATTO DI LONDRA. Il 26
aprile 1915 il Governo italiano e i rappresentanti della Triplice
Intesa (Inghilterra, Francia e Russia) stipulano un accordo segreto,
il cosiddetto “Patto
di Londra”.
L'Italia, che fino a quel momento si era mantenuta neutrale, si
impegnava ad entrare in guerra a fianco dell'Intesa entro un mese. In
cambio e in caso di vittoria, avrebbe ottenuto il Trentino, il Tirolo
Meridionale (Alto Adige), la Venezia Giulia, gli altipiani carsici e
isontini, l'Istria
(eccetto Fiume), un terzo della Dalmazia,
parte dell'Albania e la conferma della sovranità sulla Tripolitania,
sulla Cirenaica
e sul Dodecaneso.
Assegnare tutti i “meriti” – o tutte le “colpe”, a seconda
del punto di vista – del Patto di Londra al Presidente del
Consiglio Antonio
Salandra
e al Ministro degli Esteri Sidney
Sonnino
sarebbe troppo semplicistico. Sull'accordo internazionale, che
costrinse alle trincee il Regno d'Italia nei quattro anni successivi,
pesa il ruolo di Vittoria Emanuele III, pur rimasto attentamente in
zona d'ombra. Gli italiani, tuttavia, rimasero all'oscuro di ciò,
divisi fra interventisti e neutralisti, due schieramenti tutt'altro
che compatti, bensì estremamente eterogenei e variegati.
NEUTRALISTI...
L'ex Presidente del
Consiglio Giovanni
Giolitti,
massimo esponente liberale, era fermamente contrario alla guerra: non
per principi pacifisti, ma semplicemente perché riteneva l'Italia
impreparata a sostenere gli sforzi che il conflitto avrebbe
comportato. Era favorevole alle trattative con Austria e Germania al
fine di ottenere alcune concessioni territoriali per mantenere la
neutralità italiana ed evitare di imbarcarsi in una guerra i cui
esiti erano tutt'altro che scontati. Anche la maggior parte dei
Cattolici, aderendo alle posizioni di Benedetto
XV,
erano contrari alla guerra: d'altra parte l'Austria era cattolica e
poteva rappresentare un valido sostegno contro la laicità moderna
incarnata dalla Francia anticlericale e repubblicana. E poi c'erano i
Socialisti, il cui pacifismo era dettato dall'amara consapevolezza
che a morire al fronte sarebbero stati inviati i figli dei contadini
e degli operai. Senza dimenticare che i socialisti non ragionavano in
termini “nazionali”, bensì “internazionali”: i proletari
erano tutti “compagni”, indipendentemente dal loro stato o regno
di appartenenza. E la guerra era solo borghese, imperialista e
dinastica, concepita solamente per creare nuovi mercati, come ebbe a
dire Lenin
nel 1914.
...E
INTERVENTISTI. Il partito
interventista rappresentava, inizialmente, una netta minoranza nel
Paese. Le principali motivazioni di un approccio favorevole alla
guerra risiedevano nel fatto che l'Austria era il nemico storico,
contro cui l'Italia aveva dovuto combattere per la propria
indipendenza. Anche molti socialisti avevano dichiarato la propria
avversione all'Austria: da Cesare
Battisti
a Benito Mussolini, ma anche Leonida
Bissolati
e Gaetano
Salvemini
che si rifacevano alla tradizione mazziniana. Non mancavano i
socialisti rivoluzionari che vedevano nella guerra l'occasione per
emancipare le classi proletarie. Agli ideali risorgimentali si
rifacevano i liberali conservatori, come il Presidente del Consiglio
Antonio
Salandra,
il Ministro degli Esteri Sidney
Sonnino
e il Direttore del Corriere della Sera Luigi
Albertini
esponente della borghesia industriale milanese. E poi c'erano gli
intellettuali avanguardisti, i futuristi e personalità del calibro
di Gabriele
D'Annunzio,
ma anche lo stesso Vittorio Emanuele III: se il nonno Vittorio
Emanuele II aveva fatto l'Italia, il nipote voleva renderla grande.
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
L'USCITA
DALLA TRIPLICE ALLEANZA. La
prima mossa formale dopo il “Patto di Londra” avvenne il 4 maggio
1915, quando l'Italia dichiarò la propria uscita dalla Triplice
Allenza,
l'accordo sottoscritto con la Germania e l'Impero Austro-Ungarico un
trentennio prima. Da quel momento partì la mobilitazione e la
campagna interventista si fece sempre più accesa. Nel frattempo, il
5 maggio, a Quarto
presso Genova,
si inaugurava il monumento
a Garibaldi e ai Mille
che proprio da quel porto avevano dato avvio alla spedizione nel
1860. La memoria dell'impresa garibaldina offrì a D'Annunzio
l'occasione per esortare gli italiani a scegliere la guerra, naturale
seguito ed esito del Risorgimento. «Oggi
sta su la patria un giorno di porpora; e questo è un ritorno per una
nova dipartita, o gente d’Italia. Se mai le pietre gridarono nei
sogni dei profeti, ecco, in verità, nella nostra vigilia questo
bronzo comanda. […]
[Garibaldi] Disse: “Qui
si fa l’Italia o si muore”. A lui che sta nel futuro “Qui si
rinasce e si fa un’Italia più grande” oggi dice la fede
d’Italia. O primavera angosciosa di dubbio e di patimento, di
speranza e di corruccio!
» Seguirono poi “le beatitudini” riscritte dal “vate”.
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
LA
MAGGIORANZA NEUTRALISTA E IL CLIMA DI TENSIONE. Dopo
lo scioglimento della Triplice Alleanza e il discorso di Quarto, la
situazione che andava profilandosi era ormai chiara. Giolitti,
tuttavia, dalla sua casa in Piemonte raggiunse la Capitale per
sollecitare il Governo a riprendere le trattative con l'Austria e la
Germania. Dopo essere stato a colloquio con il Re e con Salandra,
capì che il Governo si era impegnato con le potenze dell'Intesa, e
solo il Parlamento poteva sciogliere gli accordi e rinnovare
l'indirizzo neutrale. 300 deputati e 100 senatori lasciano il proprio
biglietto da visita nella cassetta della posta dell'appartamento
romano di Giolitti, in segno di solidarietà e concordanza di vedute.
La maggioranza parlamentare era ancora “neutralista” e ciò
indusse Salandra a presentare le dimissioni nelle mani di Vittorio
Emanuele III, il quale le respinse. A questo punto a Roma scoppiarono
molteplici disordini, specialmente contro Giolitti e la maggioranza
dei parlamentari. Alcuni gruppi, diventati sempre più violenti,
diedero l'assalto al Palazzo
di Montecitorio.
Salandra
e Sonnino fermi nel loro programma
«Corriere
della Sera», anno 40, n. 130, 12 maggio 1915
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
Il
Governo non muta linea di condotta e si presenterà al Parlamento
«Corriere
della Sera», anno 40, n. 131, 13 maggio 1915
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
Intanto
Mussolini, dalle colonne de Il
Popolo d'Italia
tuonava contro i neutralisti e contro lo stesso Parlamento, ritenuto
corrotto e da estirpare. Nel clima rovente di quei giorni, in fervida
attesa per le decisioni che sarebbero state prese dalla Camera
convocata per il 20 maggio 1915, fece nuovamente il suo ingresso
sulla scena Gabriele D'Annunzio. Il poeta, in diverse occasioni,
incitò la folla ad usare anche la violenza, se necessario, per
punire i traditori della Patria: «Compagni,
non è più tempo di parlare ma di fare; non è più tempo di
concioni ma di azioni, e di azioni romane. Se considerato è come
crimine l'incitare alla violenza i cittadini, io mi vanterò di
questo crimine, io lo prenderò sopra me solo. Se invece di allarmi
io potessi armi gettare ai risoluti, non esiterei: né mi parrebbe di
averne rimordimento. Ogni eccesso della forza è lecito, se vale ad
impedire che la Patria si perda. Voi dovete impedire che un pugno di
ruffiani e di frodatori riesca ad imbrattare e a perdere l'Italia».
Non mancarono tensioni in tutta Italia: gli interventisti si
scagliarono contro Giolitti, mentre i neutralisti manifestavano
contro il governo, attraverso scioperi e tumulti.
Tutta
una giornata di dimostrazioni a Roma
Montecitorio
invaso – Un impressionante discorso di Gabriele d'Annunzio
«Corriere
della Sera», anno 40, n. 133, 15 maggio 1915
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
L'ITALIA
DICHIARA GUERRA ALL'AUSTRIA. Nella
seduta della Camera del 20 maggio 1915 Salandra, dopo la crisi dei
giorni precedenti, chiese i “pieni poteri”, ovvero i poteri di
dichiarare guerra, come si evince dal resoconto
stenografico consultabile on-line:
«Mi onoro di presentare
alla Camera un disegno di legge per il conferimento al Governo del Re
di poteri straordinari in caso di guerra. (Approvazioni). E poiché
chiedo che esso sia dichiarato di massima urgenza, darò lettura alla
Camera della relazione nella quale sono comprese le comunicazioni del
Governo. Onorevoli colleghi! […]
In questo stato di cose,
considerata la gravità della situazione internazionale, il Governo
deve essere anche politicamente preparato ad affrontare ogni maggiore
cimento e col presente disegno di legge vi chiede i poteri
straordinari, che gli occorrono. Tale provvedimento non solo è, in
sé, del tutto giustificato da precedenti nostri e di altri Stati,
quale che sia la forma di Governo onde son retti; ma rappresenta una
migliore coordinazione, se non pure una attenuazione, di quelle
facoltà che lo stesso nostro diritto vigente conferisce d'altronde
al Governo, allorché preme quella suprema legge che è la salute
dello Stato. (Vivissimi generali applausi)».
Come
osservato acutamente da Indro Montanelli: «solo
Turati
si alzò a fare opposizione. I 300 giolittiani tacquero, e al momento
del voto si schierarono col governo dandogli una maggioranza di 407
contro 74. Era l'abdicazione alla volontà della piazza, che a sua
volta aveva abdicato alla volontà di una minoranza, come del resto
in Italia era sempre successo»
[I. Montanelli, L'Italia
di Giolitti, Rizzoli
Editore, Milano, 1974, p. 238].
Due
memorabili sedute del Parlamento – Le dichiarazioni di Salandra
I
deputati cantano l'inno di Mameli – Tutto il Senato inneggia
alla
più grande Italia – La presentazione del “Libro Verde”
«Corriere
della Sera», anno 40, n. 139, 21 maggio 1915
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
Il
24 maggio l'Italia varcò i confini austriaci. Era iniziata la
guerra. «A voi la gloria
di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura
pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere,
finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri».
Con queste parole Vittorio Emanuele III concluse il proclama
all'esercito e salutò l'inizio delle operazioni belliche.
IL
CLIMA DI QUEI GIORNI FRA VALDARNO E VALDELSA
Fra
la fine di aprile e la fine di maggio 1915, quando l'ingresso
dell'Italia in guerra si faceva ogni giorno più imminente, la
situazione fra Valdelsa e Valdarno era particolarmente tesa. Di
questo abbiamo notizie grazie a quotidiani nazionali come il Corriere
della Sera, La Stampa e L'Avanti. Dal
24 maggio entrarono in vigore le disposizioni urgenti in materia di
pubblica sicurezza, emanate dal re Vittorio Emanuele III. Da quel
momento non si ha più notizia di proteste, tumulti e dimostrazioni
contro la guerra. Finalmente il clima si era tranquillizzato?
Tutt'altro... ma quelle furono le “radiose giornate di maggio”,
dove, tuttavia, le ombre furono ben più lunghe dei raggi luminosi.
La
politica si era piegata alla “piazza”, la cui risonanza era stata
debitamente amplificata dagli organi di stampa e da personalità
intellettuali di rilievo. C'è chi dice che questo “maggio radioso”
non sia stato altro che un'anticipazione della marcia su Roma. Lo
stesso Benito Mussolini, qualche anno più tardi, ebbe a sostenere
che il fascismo non fosse nato nel 1919, bensì proprio il 24 maggio
1915. E tutti i torti, forse, non ce l'aveva.
Utilizzo
ai sensi dell'art. 70 c. 1-bis della Legge 22 aprile 1942 n. 633
Di
seguito l'articolo del «Corriere della Sera» del 14 febbraio 1915,
p. 6:
Tumulti
ad un comizio a Pisa. Un infortunio, vari ferimenti e cinque arresti
Da
questo Fascio interventista era stato indetto al Politeama Pisano un
comizio privato a favore della guerra, oratore l'on. Eugenio Chiesa.
I gruppi anarchici hanno pubblicato allora un vivace manifesto contro
la guerra e contro i propagandisti per l'intervento. Oggi alle 16,
circa 1500 persone si trovavano nel teatro, allorché sono sorte
discussioni fra interventisti e neutralisti, questi in maggioranza
anarchici e socialisti ufficiali, seguite da vive colluttazioni. Si
sono emesse grida di abbasso e viva la guerra e si sono lanciati
manifestini inneggianti l'intervento. Nella seconda galleria intanto
avveniva un vero tumulto. Un operaio per una spinta troppo forte
contro la ringhiera cui era appoggiato, ha perduto l'equilibri ed è
caduto sopra la sottostante scalinata di legno della platea, che si è
spezzata. Dopo un momento di ansia nel pubblico l'infelice è stato
trasportato all'Ospedale in gravi, sebbene non disperate, condizioni.
L'on. Chiesa, presentatosi al proscenio accolto dagli applausi degli
interventisti e da grida e fischi e invettive dei neutralisti, non è
riuscito a parlare. Si è svolta, un'altra mischia nella platea con
scambio di pugni e legnate. Molti operai hanno riportato ferite di
provenienza sconosciuta: uno è ferito gravemente di coltello alla
regione renale e un altro di bastone alla fronte. Allora, chiamata, è
entrata in platea la forza pubblica, mentre una compagnia con
baionetta in canna occupava il giardino del Politeama. Questo si è
in breve sfollato. Si sono operati cinque arresti, tra i più accesi
tumultuanti, ma gli arrestati dopo interrogati sono stati posti in
libertà.
Lunedì
19 aprile 1915 a Santa Croce sull'Arno si svolse il primo sciopero
generale della zona, organizzato dai Socialisti, anche se avversato
dalla “censura” che tentava di ostacolare le agitazioni e i moti
di protesta che andavano diffondendosi in quei giorni. Di seguito
l'articolo pubblicato su «L'Avanti» del 21 aprile 1915:
Sciopero
generale a S. Croce. S.
CROCE SULL'ARNO, 19. La Sezione socialista, udito il parere delle
Organizzazioni locali, d'accordo con esse ha proclamato lo sciopero
per tutta la giornata: nessuna defezione è avvenuta e la massa
operaia ancora una volta ha dimostrato la sua avversione all'infame
guerra. Nel pomeriggio tutti gli esercizi pubblici sono stati chiusi
con la scritta: «Chiuso per protesta contro la guerra!». Il comizio
che doveva essere tenuto alla Casa del socialisti, è stato sospeso
per mancanza d'oratore, avendo la censura fermato il telegramma
diretto all'avv. Salvatori.Le associazioni locali, Sezione
Socialista, Cooperativa consumo, Cooperativa operaia, Lega
pellettieri, Lega raffinatori, hanno inviato telegrammi al deputato
del collegio on. Guicciardini perché informi il suo voto alla
volontà del proletariato santacrocese, che non vuole la guerra.
Il
giorno seguente, martedì 20 aprile 1915 le proteste più
significative avvennero nella zona empolese. Centinaia di donne,
provenienti dal Montalbano, da Vinci e da Cerreto Guidi mossero verso
Empoli per manifestare contro la guerra. Qui la folla, ingrossata da
uomini e donne provenienti dai paesi vicini e dalla stessa Empoli,
invasero la stazione ferroviaria che era occupata dall'8° Compagnia
dell'87° Reggimento Fanteria, da numerosi Carabinieri e autorità di
pubblica sicurezza. Scoppiò un grave parapiglia, la linea
ferroviaria fu interrotta e vi furono diversi feriti. Di seguito
l'articolo de «L'Avanti» del 21 aprile 1915:
Contro
la guerra. Violente dimostrazioni a Empoli. FIRENZE,
20 notte. Da Empoli si hanno le seguenti notizie: Stamane sono scesi
da Montalbano, da Vinci e da Cerreto Guidi circa 300 donne. A queste
si sono aggiunti parecchi uomini ed altre donne dei villaggi vicini.
I dimostranti hanno transitato per le vie principali della città
gridando: abbasso la guerra! Una imponente dimostrazione è stata
fatta a mezzogiorno in vicinanza del municipio. E' stata ottenuta
anche la chiusura dei negozi. La folla si è poi riversata in piazza
e si è recata alla stazione ferroviaria, che era occupata
militarmente da soldati e da numerose guardie di P.S. E carabinieri.
Il delegato [il delegato
alla Pubblica Sicurezza sig. Adorni, n.d.r.] del
paese ha arringato la folla cercando di persuaderla a non andare alla
stazione, ma la folla non ha dato ascolto alle parole del delegato e
si è recata in massa alla stazione ove si sono date a tumultuare.
Sono avvenute gravi colluttazioni, durante le quali sono state rotte
le cancellate della stazione. L'ira popolare si è scatenata su un
carabiniere aggiunto il quale aveva dato una piattenata [un
colpo di spada dato di piatto, n.d.r.]
ad una donna. Il carabiniere si è potuto salvare a tempo sorretto
dai suoi compagni. Sono avvenute altre colluttazioni con la forza
pubblica e finalmente la folla numerosissima invase la stazione
impedendo la partenza del treno merci 1650 proveniente da Firenze
alle ore 1,31. La macchina venne staccata ed è stata messa
attraverso al binario per ostacolare il procedimento del treno 1649
che da Livorno si reca a Firenze. I dimostranti hanno continuato per
molto tempo a tumultuare. Durante un tafferuglio assai serio sono
stati feriti mediante colpi di pietra il tenente dei Carabinieri.
Alcuni monarchici si sono adoperati per invitare la folla a
sciogliersi, ma sono stati percossi.
Sul
medesimo episodio l'articolo del «Corriere della Sera» del 21
aprile 1915, p. 4:
La
stazione di Empoli invasa dalla folla. Colluttazioni e feriti.
Firenze, 20
aprile, notte. Il Nuovo Giornale di stasera pubblica il seguente
fonogramma da Empoli: Stamane sono scese da Montalbano, da Vinci, da
Cerreto Guidi circa 300 donne. Alle donne si sono aggiunti parecchi
uomini e altre donne dei villaggi vicini. I dimostranti hanno
transitato per le vie principali della città gridando «abbasso la
guerra”». Una dimostrazione è stata fatta alle ore 12 dinanzi al
Municipio ed è stata imposta la chiusura dei negozi. La folla si è
riversata in piazza e si è recata poi alla stazione ferroviaria, che
era occupata dall'ottava compagnia dell'87° fanteria qui in
distaccamento e da numerose guardie di P.S. e carabinieri. Il
delegato Adorni ha arringato la folla esortandola a non eccedere.
Infine ha dichiarato che a nessun costo avrebbe permesso che la
stazione fosse invasa. Ma le sue esortazioni sono state vane, poiché
in vicinanza della stazione erano oltre duemila persone che si sono
date a tumultuare e a commettere disordini. Sono avvenute gravi
colluttazioni, durante le quali fu rotta la cancellata della
stazione. L'ira popolare allora si è scatenata su un carabiniere che
aveva dato una piattonata a una donna. Il povero carabiniere è stato
salvato a stento dai commilitoni. Sono avvenute altre collutazioni
colla forza pubblica e finalmente la folla numerosissima ha invaso la
stazione impedendo la partenza del treno merci 1650 proveniente da
Firenze alle ore 13,40. La macchina è stata staccata e è stata
messa attraverso i binari per ostacolare il proseguimento del treno
1649, che da Livorno si reca a Firenze. I dimostranti continuarono a
tumultuare. Durante un tafferuglio assai serio sono rimasti feriti da
colpi di pietra il tenente dei carabinieri di S. Miniato e un milite.
Alcuni cittadini si sono adoperati affinché ritornasse la calma. Ma
ebbero la peggio perché due di costo e cioè Ilio Panzani e
Ferdinando Liserani sono stati percossi e feriti.
E
l'articolo de «La Stampa» del 21 aprile 1915, p. 6:
Gravi
disordini ad Empoli. La stazione ferroviaria invasa dai dimostranti.
Un tenente, un carabiniere e due cittadini feriti. Firenze,
20, notte. Il «Nuovo Giornale» ha da Empoli: Stamane, sono scese da
Monte Albano, da Vinci, da Cerreto circa trecento donne alle quali si
sono uniti parecchi uomini e altre donne dei villaggi vicini. I
dimostranti hanno transitato per le vie principali della città
gridando «Abbasso la guerra». Una dimostrazione è stata fatta alle
ore 12 dinanzi al municipio. E' stata imposta la chiusura dei negozi.
La folla si è riversata in piazza e poi si è raccolta alla stazione
ferroviaria che era stata occupata militarmente da una compagnia di
fanteria, da numerose guardie di pubblica sicurezza e da carabinieri.
Il delegato ha arringato la folla esortandola a non eccedere ed ha
dichiarato infine che a nessun costo avrebbe permesso che la stazione
fosse invasa. Ma le sue esortazioni sono state inutili, poiché le
vicinanze della stazione erano vigilate da oltre duemila persone, che
si sono date a tumultuare e a commettere disordini. Sono avvenute
gravi colluttazioni durante le quali è stata rotta la cancellata
della stazione. L'ira popolare si rovesciò su di un carabiniere
aggiunto, il quale aveva dato una piattonata a una donna. Il povero
carabiniere è stato salvato a stento dai commilitoni. Sono avvenute
altre colluttazioni con la forza pubblica e finalmente la folla ha
invaso la stazione impedendo la partenza del treno merci 1650
proveniente da Firenze alle ore 15,4. La macchina è stata staccata e
messa attraverso i binari per ostacolare il proseguimento del treno
1649, che da Livorno va a Firenze. I dimostranti, che erano oltremodo
inferociti, hanno continuato a tumultuare per tutta la serata.
Durante i tafferugli sono rimasti feriti da colpi di pietra il
tenente dei carabinieri di San Miniato e un milite. Alcuni monarchici
si sono adoprati per far ritornare la calma, ma hanno avuto la
peggio, perché due di essi sono stati percossi e feriti.
Ancora
sul tumulto empolese l'articolo de «La Stampa» del 22 aprile 1915,
p. 4:
I
disordini di Empoli. Firenze,
21, sera. Da Empoli si hanno le seguenti notizie: E' giunto il
sotto-prefetto di San Miniato, che si è subito adoperato per
pacificare gli animi. E' pure arrivato l'on. Modigliani, il quale ha
cercato di persuadere la folla, ed ha ottenuto la liberazione di un
arrestato reclamato dalla folla. Un nucleo considerevole di cittadini
ha stazionato per tutta la notte fuori della stazione. La pioggia ha
però riportata la calma e non sono avvenuti altri incidenti. Nella
notte sono stati fatti vari arresti. Temendosi tumulti, sono stati
inviati rinforzi di truppa da Siena e da Pisa. Stamane Empoli ha
ripreso il suo aspetto normale e la calma è ritornata negli animi.
Intanto pattuglie di carabinieri e di militari transitano per le vie
principali della città, che pare quasi in stato d'assedio. I
carabinieri ed altre persone che avevano riportato ferite sono stati
medicati all'ospedale.
Interessanti
alcune sfumature dei due articoli apparentemente identici. «L'Avanti»
era l'organo di informazione del Partito Socialista e dunque era
apertamente schierato contro la guerra, mentre il «Corriere della
Sera» era diretto dall'interventista Luigi Albertini. L'episodio del
carabiniere che colpisce la donna con la spada e la successiva
reazione della folla è descritto in modi sottilmente diversi. Mentre
su «L'Avanti» le parole riportano i fatti senza aggiungere
alcunché, sulle colonne del «Corriere della Sera» viene aggiunto
l'aggettivo “povero” al Carabiniere, “salvato” dai suoi
commilitoni, sottintendendo il fatto che quella donna si fosse resa
colpevole di qualcosa di riprovevole e che il carabiniere avesse
fatto solamente il proprio dovere.
Di
seguito l'articolo de «La Stampa» del 23 aprile 1915, p. 4:
Un
centinaio di dimostranti arrestati ad Empoli. Empoli,
22, notte. La giornata è passata tranquilla. Il mercato di oggi si è
svolto normalmente. Sono stati operati un centinaio di arresti, che
sono stati condotti parte a San Miniato e parte a Firenze. E' stato
arrestato il consigliere comunale socialista Ferruccio Paci. L'on.
Masini, deputato del collegio, si è interessato per il rilascio, ma
inutilmente. L'on. Masini si è recato a San Miniato per le relative
pratiche presso quelle autorità giudiziarie, perché gli arrestati
vengano giudicati per direttissima. La stazione ferroviaria è sempre
occupata militarmente. Sulla piazza della stazione la cavalleria fa
sempre le sue evoluzioni.
Ai
fatti di Empoli seguirono condanne e assoluzioni, come riportato
nell'articolo de «La Stampa» del 9 maggio 1915, p. 7:
23
condannati ed 11 assolti per i fatti di Empoli. Firenze,
8, notte. Questa sera al Tribunale di San Miniato è terminato il
processo contro i 34 dimostranti arrestati pei fatti di Empoli. Solo
11 vennero assolti: gli altri vennero condannati a pene varianti da
17 mesi a 8 mesi di reclusione.
Ed
ancora su «L'Avanti» del 10 maggio 1915:
Il
processone per i fatti di Empoli. Empoli,
9. Dopo due giorni di faticoso lavoro, ebbe termine al Tribunale di
S. Miniato il grande processo dei 34 arrestati per la protesta contro
la guerra del 20 aprile. Impossibile descrivere la grande montatura
che portava, per i suoi vari capi di accusa, la condanna da un minimo
di anni due ad un massimo di sette anni. L'accusa fu sostenuta
barbaramente da una ventina di poliziotti con a capo il delegato
Adorni. Oltre 40 furono i testimoni a difesa valendo poco o niente
l'opera loro. Dopo una lunga e mordace requisitoria, il P.M. ritirava
l'accusa per soli sette, e per gli altri 27 chiedeva una pena che
saliva a quattro anni, quattro mesi e 600 lire di multa. Difesero gli
imputati disinteressatamente i bravi compagni Salvadori di Empoli,
Pacchi di Fucecchio, Salvatori di Viareggio e l'on. Pescetti, ai
quali vada a nome di tutti il nostro sentito ringraziamento.
Terminate le splendide quanto emozionanti difese, il Tribunale si
ritira in Camera di consiglio, e dopo tre lunghe ore rientra
pronunziando sentenza di assoluzione per 12 e condannando altri 22 da
un minimo di due mesi a un massimo di 10. E così con questo il
grande pallone ci sembra in parte sgonfiato, e finirà di sgonfiarsi
in Corte d'appello.
Nei
medesimi giorni gli studenti universitari di Pisa si mossero verso
l'interventismo. Di seguito l'articolo del «Corriere della Sera»
del 24 aprile 1915, p. 5:
Lo
sciopero anche a Pisa (Per
telefono al Corriere della Sera)
Patriottiche
parole d'un senatore. Pisa,
23 aprile, notte. Anche a Pisa è stato accolto l'appello degli
studenti del Politecnico di Milano. Un centinaio di nostri goliardi
deliberava ieri sera l'astensione dalle lezioni, ma le prime lezioni
ebbero principio stamane ugualmente. Verso le ore 10 però, le aule
sono state invase dalla studentesca tumultuante che ha ottenuta la
solidarietà dei colleghi per la cessazione delle lezioni. Dopo
qualche incidente fra professori e studenti, il rettore ha deciso di
chiudere l'Università fino a lunedì. La studentesca, prima della
chiusura, teneva però un comizio in un'aula dell'Ateneo votando un
ordine del giorno, riaffermante la solidarietà con gli studenti
milanesi e invitando il Governo a prendere seri provvedimenti contro
i propagandisti stranieri. Usciti dall'Università, al grido di «Viva
l'Italia! Fuori i nemici d'Italia!» gli studenti si sono imbattuti
nel venerando prof. sen. Buonamici, il quale, acclamato e invitato a
parlare, ha detto con voce commossa: «Gioventù italiana! Ormai è
passata l'ora delle discussioni per da luogo a quella dei fatti. E'
l'ora di agire ed io, con sicura coscienza, vi dico che l'Italia sta
per ridestarsi ed affermarsi».
Le
parole del venerando senatore suscitarono un applauso caloroso, cui
rispose il grido di «Viva l'Italia!». Quindi gli studenti seguirono
il professore al canto dell'Inno di Mameli, pure intonato dal prof.
Bonamici, a capo scoperto. Giunto presso la segreteria
dell'Università egli fu nuovamente acclamato, al grido di: «Guerra
al nemico eterno!». Il prof. Buonamici a questo punto, commosso,
abbracciò e baciò gli studenti vicini. Gli studenti in corteo si
sono poi recati ai vari Istituti secondari ottenendo la cessazione
delle lezioni. Si è verificato un lieve incidente: un gruppo di
studenti ha rotto i vetri delle finestre del seminario in piazza
Santa Caterina. E' intervenuta una compagnia di fanteria a tutelare
il seminario e la folla si è dispersa.
Sulle
agitazioni pisane, di seguito anche l'articolo de «La Stampa» del
24 aprile 1915, p. 7:
A
Pisa. Una sassaiola contro un Seminario. Pisa,
23, notte. Ieri ed oggi gli studenti dell'Università hanno
proseguito nell'agitazione. Al palazzo Universitario comparve un
manifestino, a firma di alcuni studenti, col quale si invitano tutti
i compagni indistintamente a cessare le lezioni. Stamane il cortile
maggiore della Sapienza era popolato di studenti, la maggior parte di
Ingegneria, e così hanno avuto luogo i primi tumulti. La
studentesca, gridando, invase alcune aule, in cui si faceva lezione,
e si ottenne che cessassero. In qualche aula nacquero contestazioni
tra studenti, dei vetri vennero frantumati e volarono dei pugni.
Finalmente gli scioperanti hanno avuto il sopravvento. Giunse intanto
la notizia che il rettore dell'Università ha dichiarato di
sospendere le lezioni fino al prossimo lunedì. A questa notizia gli
studenti si riuniscono in un'aula, dove tengono un breve comizio.
Hanno parlato due goliardi, che hanno concluso invocando la
solidarietà coi colleghi di Milano. Dopo ciò, venne approvato un
ordine del giorno, col quale, mentre si afferma la solidarietà ai
colleghi di Milano, si protesta contro i tedeschi d'Italia, e si
invita il Governo a prendere i provvedimenti del caso. Terminato il
comizio, gli studenti si sono quindi recati a varii istituti
secondari, chiedendone la chiusura. Un increscioso incidente è
avvenuto al Seminario di Santa Caterina, Qui circa un centinaio di
studenti delle secondarie inferiori ha fatto contro l'Istituto una
fatta sassaiola frantumando tutti i vetri. E' rimasto ferito un
servente dell'Istituto. Nessun altro incidente.
Dopo
il 1 maggio le proteste anti-interventiste ripresero vigore in tutto
il Valdarno Inferiore. Così su «L'Avanti» del 3 maggio 1915, pp.
1-2:
CASTELFIORENTINO
Manifestazione
imponente. Corteo interminabile, con donne e bimbi: le Associazioni
coi vessilli, musiche. Davanti al marmo che ricorda Andrea Costa, il
compagno Innocenti ha parlato fra vivo entusiasmo.
EMPOLI
Astensione dal
lavoro completa. All'Arena Nuova ha parlato il compagno on. Giulio
Masini, davanti ad oltre duemila persone. Non si è verificato nessun
incidente, malgrado l'enorme e provocatore sfoggio di forza pubblica.
S.
CROCE SULL'ARNO Astensione
generale dal lavoro. Nel comizio pubblico, oratore il candidato
politico avvocato Luigi Salvadori, si è votato un ordine del giorno
contro la guerra. Numeroso uditorio.
CERTALDO
Il
popolo certaldese si è affermato solennemente contro la guerra. Il
deputato Masini e l'avv. Pacchi hanno parlato applauditissimi davanti
ad un uditorio imponente.
«L'Avanti»
del 4 maggio 1915, p. 2:
PISA
Astensione
sul lavoro. Nella mattinata si è tenuto un comizio ben riuscito
nella pastra di S. Giovannino, per iniziativa dei socialisti, degli
anarchici e della Camera del Lavoro. Non è intervenuto l'on.
Merloni, delegato dalla Direzione del Partito. Hanno parlato
Montanari pei socialisti e Castrucci per gli anarchici. Nessun
incidente.
MONTECALVOLI
Le
organizzazioni politiche ed economiche riunite in solenne comizio nel
giorno del Primo Maggio nei locali della Società Cooperativa hanno
votato un ordine del giorno riaffermando la propria avversione alla
guerra.
«L'Avanti»
del 5 maggio 1915, p. 2:
CASTELFIORENTINO
Corteo
di Associazioni. Interminabile. Comizio nell'Arena del Circolo
operaio. Oratore l'avv. Gaetano Pacchi, davanti ad una folla enorme,
imprecante alla guerra.
MONTESPERTOLI
Nei
locali sociali hanno parlato Bini e Verdiani. Sono state fatte
manifestazioni per le vie al grido di abbasso la guerra e viva il
socialismo.
Il
processone pei fatti d'Empoli EMPOLI,
4. Domani s'inizia il processone per i fatti d'Empoli. Il collegio di
difesa è composto dagli onorevoli Pescetti e Modigliani, e degli
avv. Salvadori e Pacchi.
«L'Avanti»
del 6 maggio 1915, p. 2:
Poggibonsi.
Comizio
contro la guerra alla Casa del Popolo; oratore il compagno avv. G.
Sbaraglini.
«L'Avanti»
dell'8 maggio 1915, p. 2:
Montaione.
Comizio.
Oratori Chiti e Orfato, e corteo con musiche.
«L'Avanti»
del 12 maggio 1915, p. 2:
Gli
arrestati di Castelfiorentino Castelfiorentino,
11. Gli arrestati sono stati trasportati al carcere di S. Miniato a
disposizione dell'autorità giudiziaria. Si è recato a S. Miniato
l'on. Masini, per ottenere la scarcerazione della ragazza Lombardi
Pierina e degli altri due. Non sono valse le esortazioni di nessuno a
persuadere la locale autorità di P.S. a venire a più miti
riflessioni e rilasciare gli arrestati, ma tenta invece di
impressionare maggiormente la nostra popolazione col far venire
continuamente truppe e carabinieri. L'autorità di P.S. vuol far
passare queste dimostrazioni per la partenza dei richiamati
(dimostrazioni calme e pacifiche, che non hanno dato luogo neppure ad
un minimo incidente) per dimostrazioni di malviventi e di teppisti!
Il Primo Maggio migliaia e migliaia di persone convennero alla nostra
manifestazione, e, poiché truppa e carabinieri erano consegnati, non
successe nulla e la giornata passò tranquilla. Continuando di questo
passo, col perseguitare e tenere il nostro paese in un continuo stato
d'assedio, si avrà che la popolazione perderà la calma, e se non si
prenderanno, da chi sta in alto seri provvedimenti per levare le
cause si avranno le naturali conseguenze! Intanto si sta montando un
processo per il 20 maggio contro gli innocenti arrestati, ed il
processo è montato da quell'autorità di P.S. che è l'unica sola
responsabile!
La
censura sulla stampa in azione! Pisa,
10. La legge marziale non è ancora proclamata. Ma c'è odore di
stato d'assedio in Italia! L'Unione socialista pisana ha voluto
pubblicare un altro «numero unico» dedicato agli avvenimenti di
questa vigilia; e l'aveva intitolato: “Abbasso la guerra!”. Il
titolo ha dato noia al questore, che ha vietato l'uscita del
giornale. Si è dovuto correre alle trattative, e il giornaletto è
potuto uscire col titolo di “Scintilla”. Ma Scintilla ha dovuto
subire la usa brava castrazione, ed ha veduto la luce col suo “pezzo
in bianco” censurato come ai tempi che sembravano ormai superati.
Eccovi il trafiletto incriminato: “Sono morti in Libia nell'ultima
carneficina più di 1500 uomini (pensate che le nostre scuole
superiori non ne contano tanti) e nessuno, né il Governo, né
D'Annunzio presente, né il re... assente, ha avuto una parola per
ricordare l'inutile sacrificio. C'è una bestiale noncuranza nel
paese per gli italiani mandati a morire in Tripolitania e in
Cirenaica. Indifferenza che rivela tutta la criminosità degli
incoscienti e dei degenerati che vogliono una più grande guerra.
Delinquenti!”.
«L'Avanti»
del 14 maggio 1915, p. 2:
Ai
lavoratori fiorentini. FIRENZE,
23. Da qualche giorno, nella nostra neutralissima città, un
gruppetto di sfaccendati e di “viveurs” cerca di inscenare
dimostrazioni a favore dell'intervento. E' doveroso che il
proletariato socialista e tutti i compagni si trovino dopo le 21 in
piazza Vittorio Emanuele, per impedire che quei gruppetti di
mentecatti possano dire che rappresentano la volontà di Firenze. Il
Consiglio della Sezione urbana avverte dunque i compagni affinché
lavorino a questo scopo, e gli interventisti abbiano la lezione che
meritano.
COLLE
VAL D'ELSA Il
Primo Maggio si tenne un riuscitissimo comizio, oratore l'avv.
Giuseppe Sbaraglini.
«L'Avanti»
del 15 maggio 1915, p. 2:
Rivolta
socialista a Firenze contro la commedia interventista. FIRENZE,
14. L'altra sera i nazionalisti fiorentini, uniti ai “rivoluzionari”
della guerra fascinatrice, essendo certi che i lavoratori a quell'ora
erano completamente assenti causa la stanchezza del lavoro
quotidiano, inscenarono la solita pagliacciata al grido di Viva la
guerra! I nostri compagni hanno risposto all'invito del nostro
giornale, di contrapporre dimostrazione a dimostrazione, recandosi in
numero rilevante in piazza Vittorio Emanuele, che è diventata il
covo della masnada patriottico-criminale. I bollenti guerrieri sono
stati incontrati nelle adiacenze di via Montebello. Ne è nata una
furiosa colluttazione, la quale ha trascinato dalla parte nostra i
soldati, donne e ragazzi che con una fitta sassaiola hanno fugato e
disperso i figli di papà. Cinque interventisti piangenti e invocanti
la madre sono stati condotti all'ospedale Amerigo Vespucci, feriti.
La gazzarra di pochi sfaccendati che vogliono imporre la guerra al
popolo d'Italia deve assolutamente finire. Socialisti fiorentini, i
nostri principi ci impongono di scendere tutti in piazza, dimostrando
anche la violenza, quando occorra, la nostra avversione alla guerra!
I
socialisti di Empoli per lo sciopero generale. EMPOLI,
14. Veduta la gravità della situazione politica odierna, la Sezione
socialista ha dato incarico al rappresentante provinciale al convegno
di Bologna (16 corr.) di proporre lo sciopero generale in caso di
mobilitazione.
«L'Avanti»
del 16 maggio 1915, pp. 1-2:
Sciopero
contro la guerra. PONTE
A EGOLA, 14. In seguito alla deliberazione presa nella riunione
popolare d'ieri sera, oggi gli operai di tutte le concerie di pelli,
non hanno ripreso il lavoro del pomeriggio. Tutti i negozi sono stati
spontaneamente chiusi, e alle ore 15,30 sono state fatte chiudere
pure le scuole comunali. Alle 17 è stata fatta riunione alla lega
fra pellettieri ed è stata organizzata la dimostrazione. Nel
contempo, ad unanimità è stato votato un ordine del giorno di
protesta contro la guerra. Il numeroso corteo di dimostranti in
colonna serrata ha percorso tutto il paese col grido di abbasso la
guerra.
Dimostrazioni
di interventisti abortite a Pisa. PISA,
13. Gli interventisti – pochi in verità – hanno voluto dar prova
di loro vita per reclamar, anche da Pisa, la guerra. All'Università,
sono state disertate in mattinata le lezioni, e un forte gruppo di
studenti, ai quali si erano uniti molti altri delle scuole
secondarie, si sono recati a dimostrare sotto la Prefettura,
acclamando al ministero dimissionario e gridando: Abbasso Giolitti!
Naturalmente, ai giovinetti si è liberamente concesso di dimostrare.
Ma all'avvicinarsi di un forte gruppo di popolani neutralisti, che si
erano riuniti nei pressi di Piazza Garibaldi, la polizia ha tirato
fuori i cordoni attraverso il ponte di mezzo, volendo dare aiuto
paterno agli scolari interventisti. Cionondimento, sono avvenuti
violenti tafferugli, finiti con la peggio degli interventisti, che
sono stati picchiati e volti in fuga. Qualche interventista ha dovuto
rifugiarsi nelle botteghe, e le saracinesche sono state in fretta
calate in Ponte e in Borgo. Fra i dimostranti più violenti, si
mostravano le donne dei richiamati anziani, che tiravano giù pugni
tremendi. A sera, il centro della città è stato continuamente
occupato dai neutralisti, pronti a far tacere ogni intervento di
dimostrazione in favore della guerra: ma dei neutralisti, nessuno si
è fatto vivo.
«L'Avanti»
del 17 maggio 1915, p. 2:
POGGIBONSI
In
questi giorni sono avvenute delle sintomatiche dimostrazioni di
richiamati.
Passando
da questa stazione treni carichi di questi giovani lavoratori,
strappati al lavoro proficuo dei campi e delle officine, hanno
ripetutamente gridato: Abbasso la guerra, al quale grido ha risposto
la massa di popolo che si trovava presente.
L’appello
ai socialisti della provincia di Firenze. Firenze,
16. Il Comitato provinciale socialista fiorentino ha lanciato un
appello a tutte le sezioni ed a tutti i compagni della provincia per
invitarli a controdimostrazioni alle chiassate interventiste. Se noi
– conclude il manifesto – lasceremo libere le piazze alla
violenza teppista del variopinto interventismo italiano, la nostra
astensione potrebbe significare implicito assentimento, viltà e
rassegnazione dinanzi al manifestarsi di questo tragico evento.
Facciamo quindi viva preghiera a tutte le sezioni della provincia di
rendere largamente consapevoli dei doveri che in questo momento
incombono sul nostro Partito e le invitiamo a convocare pubbliche
riunioni, perché il giorno in cui verrà riaperto il Parlamento, si
sappia, in questo altro consesso, qual è la ferma volontà del
proletariato italiano. Compagni! Il popolo è ancora in tempo a
scongiurare il pericolo. Smuovete, agitate quel sentimento
d’opposizione alla guerra, che è latente nell’anima della classe
proletaria e fate sì che alle grida inconsulte dei guerraioli ad
ogni costo, faccia eco la vibrante protesta del popolo, al grido
ammonitore di “Abbasso la guerra!”.
CASTELFRANCO
DI SOTTO, 16 Sono
partiti altri giovani richiamati sotto le armi, insieme coi
richiamati di S. Croce sull’Arno, onde unirsi a quelli di
Castelfranco. “Abbasso gli assassini del popolo! Abbasso la
guerra!” sono stati i gridi emessi da essi. Molte botteghe hanno
chiuso le saracinesche in segno di protesta, mentre i partenti
salutavano le madri e i figli al grido di “Viva la rivoluzione!
Viva l’Internazionale!”
«L'Avanti»
del 18 maggio 1915, p. 2, 5:
Esasperazione
di popolo nel Fiorentino. Firenze,
16. Il solito gruppetto di facinorosi guerraioli, sapendosi alleato e
protetto dalla polizia, continua la solita indecente gazzarra in
piazza Vittorio. Da parte nostra, continua ininterrotta la propaganda
fra il popolo, che è unanimemente contrario alla guerra, e che ormai
è esasperato. Ieri parecchi interventisti sono stati bastonati
sonoramente; è stato ferito pure un delegato di polizia. La
popolazione si vendica delle continue sopraffazioni che le vengono
fatte da pochi sconsigliati protetti dalla polizia, o comincia a
mettere in pratica la teoria dell’“occhio per occhio, dente per
dente!”. Anche nei paesi vicini è intensa l’agitazione contro la
guerra. La partenza dei richiamati ha dato origine a fatti gravi al
Galluzzo, a Sesto Fiorentino e a Signa, dove si è perfino staccata
la locomotiva che doveva partire coi richiamati.
MONTELUPO
FIORENTINO Alla
partenza dei richiamati, che il giorno prima si rifiutarono di
partire, per iniziativa della Sezione socialista e del Gruppo
anarchico, è stata fatta una imponente dimostrazione contro la
guerra. Una numerosa colonna di dimostranti ha percorso le vie del
paese al canto degli inni rivoluzionari fra le imprecazioni delle
madri e delle spose colpite dal militarismo furibondo di sangue nei
loro affetti più cari.
Tutte
le botteghe erano chiuse e portavano un cartello colla scritta:
“Chiuso per protesta contro la guerra”. Alla stazione, durante la
dimostrazione è stato arrestato l'anarchico Rovai Vincenzo, ma la
folla enorme ha imposto la sua scarcerazione. Ha parlato il compagno
Scotti imprecando alla follia che le classi dirigenti stan per
commettere e di cui un giorno dovran render conto al popolo che è
decisamente contro la guerra.
La
folla a Signa stacca la locomotiva di un treno. FIRENZE,
17. Si ha notizia che a Signa sono avvenuti gravissimi disordini, ma
i giornali tacciono, perché si tratta di dimostrazioni
interventiste. Anche la popolazione di Signa è esasperata per la
situazione attuale e per il periodo che si presenta in Italia. Tale
esasperazione ha esploso in una tumultuosa manifestazione. Una folla
di circa due mila persone, in gran parte donne, si è raccolta in
Piazza ed in colonna serrata si è diretta verso la stazione,
invadendola ed occupando tutto il piazzale interno. Le donne si sono
sdraiate sui binari allo scopo di fare fermare i treni. Così infatti
è avvenuto quando è sopraggiunto un treno militare, che è stato
fermato alcune centinaia di metri prima della stazione. Sono stati
fatti discendere il macchinista, il fuochista e tutti i soldati, poi
la locomotiva è stata staccata dal treno. Sono sopraggiunti i sei
carabinieri, che si trovavano nel paese, ma hanno dovuto ritirarsi
per non essere sopraffatti. Il milite Angelini ha sparato alcuni
colpi di rivoltella, che fortunatamente sono andati a vuoto; ma
costui è stato fatto poi bersaglio di una fitta sassaiola ed è
rimasto ferito. La folla è rimasta padrona della stazione fino a
quando non sono arrivati da Firenze rinforzi di truppa e carabinieri,
che dopo numerose cariche sono riusciti ad allontanare il popolo, che
è tuttora eccitato.
«L'Avanti»
del 20 maggio 1915, p. 2, 5:
CASTELFIORENTINO,
18. È bastato che la Sez. socialista indicesse nell’Arena del
Circolo operaio una riunione perché accorressero da ogni parte del
nostro comune ogni ceto di persone, dove non mancava l’elemento
femminile e giovanile. Hanno parlato i compagni Innocenti e
Ricciardi, fra il più entusiastico consenso. Dopo la riunione si è
formato un grandioso e interminabile corteo di oltre tremila persone,
con alla testa un cartello dove era scritto: “Abbasso la guerra!”.
La massa ordinata, calma e compatta al canto di “Bandiera rossa”
ha girato le principali vie del paese emettendo grida di Abbasso la
guerra. Così imponente manifestazione di popolo Castelfiorentino non
aveva mai vista! Nel comizio si è votato un ordine del giorno
analogo.
PISA,
19 notte. Per il pomeriggio di oggi la cittadinanza pisana era stata
invitata ad una manifestazione pubblica in piazza dei Cavalieri,
contro la guerra... (interrotto dalla censura).
«L'Avanti»
del 21 maggio 1915, p. 2:
Sciopero
generale a S. Croce. S.
Croce sull’Arno, 19. La Sezione socialista, udito il parere delle
Organizzazioni locali, d’accordo con esse ha proclamato lo sciopero
generale per tutta la giornata; nessuna defezione è avvenuta e la
massa operaia ancora una volta ha dimostrato la sua avversione
all’infame guerra. Nel pomeriggio tutti gli esercizi pubblici sono
stati chiusi con la scritta: “Chiuso per protesta contro la
guerra!”. Il comizio che doveva essere tenuto alla Casa dei
socialisti, è stato sospeso per mancanza dell’oratore, avendo la
censura fermato il telegramma diretto all’avv. Salvatori. Le
associazioni locali, Sezione Socialista, Cooperativa di consumo,
Cooperativa operaia, Lega pellettieri, Lega raffinatori, hanno
inviato telegrammi al deputato del collegio on. Guicciardini, perché
informi il suo voto alla volontà del proletariato santacrocese, che
non vuole la guerra.
«L'Avanti»
del 22 maggio 1915, p. 2:
MONTELUPO
FIORENTINO Si è
rinnovata una dimostrazione contro la guerra e contro i suoi fautori;
domenica furono gli uomini a gridare tutto il loro odio
antiguerresco, ora sono state le nostre donne. Sono convenuti dai
paesi vicini, dalla Torre, da S. Quirico, da Pulica, le madri, le
spose, le sorelle di coloro che col loro sangue dovranno fare domani
per il re e per la borghesia, non per sé, la più grande Italia. Ad
esse si sono aggiunte le donne del paese e tutte insieme hanno
percorso le vie, dopo che i negozi erano stati chiusi. Il manifesto
del prefetto minacciante lo stato d’assedio… è stato letto come
un programma cinematografico, e neppure le baionette dei soldati
hanno intimidito le nostre donne. Esse hanno fatto intendere che non
disarmeranno contro coloro che le straziano nei loro affetti più
sacri.
BUTI
Buti si è unito
al proletariato italiano nella protesta contro la guerra con una
solenne dimostrazione. Le botteghe sono state chiuse per solidarietà
coi dimostranti, ed il sindaco Pardini, richiesto dal popolo, ha
spedito i seguenti telegrammi: “Prefetto Pisa. – Popolo butese
odierna imponente manifestazione protesta guerra incaricandomi
esprimere vossignoria tali sentimenti – Sindaco Pardini.”
“Deputato Sighieri, Roma. – Popolo butese odierna imponente
dimostrazione protesta contro guerra. – Sindaco Pardini.
PONTE
A EGOLA Fu
ripetuto lo sciopero di protesta contro la guerra. Dovevano aver
luogo comizio, corteo e dimostrazione, ma furono impediti dall’ordine
ministeriale come in altri posti. Fu telegrafato all’on.
Guicciardini, deputato del collegio, in senso contrario alla guerra.
Il
comizio di Pisa impedito dalla Questura. Pisa,
20. Impedito di trasmettere telefonicamente dalla censura, vi mando
le seguenti notizie. La cittadinanza pisana era stata invitata ad una
manifestazione pubblica in piazza dei Cavalieri contro la guerra
imminente. L’annunzio di tale manifestazione aveva messo la febbre
addosso all’autorità politica locale. Il prefetto aveva fatto
affiggere ieri un manifesto con cui si minacciava l’immediato
passaggio del servizio di ordine pubblico all’autorità militare.
Il questore aveva ieri stesso voluto diffidare personalmente
socialisti ed anarchici, promotori della radunata. All’ora
indicata, la piazza dei Cavalieri è stata bloccata dalla truppa.
Pattuglioni armati erano in giro per la città, che era stata posta
addirittura in istato d’assedio. I neutralisti, dinanzi alla
violenza dell’autorità politica, avevano protestato con un
manifesto dell’ultima ora, declinando ogni responsabilità. La
forza pubblica, senza che vi fosse segno di comizio o dimostrazione,
si è data a fare arresti a casaccio. Chiunque si attardasse per via,
era afferrato e tradotto nelle guardine. Si è perfino proceduto
all’arresto di una Commissione di socialisti e anarchici, che si
stava portando dal prefetto per chiedere il rilascio di molti
arrestati. In complesso, sono stati incarcerati 25 persone. Gli atti
di inconsulta reazione hanno prodotto, naturalmente, un fermento
vivissimo nella classe lavoratrice. Sono state fatte pratiche attive
per il rilascio degli arrestati; il rilascio verrà ad impedire
deliberazioni assai gravi, che potrebbero essere prese dalle
organizzazioni operaie.
«L'Avanti»
del 24 maggio 1915, p. 2:
Improvvisa
dimostrazione a S. Croce sull’Arno. Abbiamo
avuto un’altra dimostrazione contro la guerra, determinata dal
fatto che maestri e maestre avevano detto ai propri alunni di fare
firmare un foglio in favore della guerra. I piccoli bimbi hanno
narrato il fatto ai genitori, e questi – specialmente le donne –
alla ripresa della lezione del pomeriggio di sono recate all’edificio
scolastico per protestare contro tale abuso. In pochi minuti
l’edificio scolastico è stato circondato da tutta la popolazione
imprecante; tutti i vetri sono stati rotti. Sono state sospese le
lezioni e rimandati gli alunni, ma, poiché il popolo non pensava ad
allontanarsi, sono intervenuti truppa e carabinieri col delegato, il
quale, cinta la sciarpa, ha fatto suonare oltre dieci squilli, ma il
popolo non si è mosso ed ha continuato a gridare: “Abbasso la
guerra!”. Sono stati operati due arresti, che più tardi furono
rilasciati. E’ lodevole il contegno dei militari richiamati, e
ancor degno l’atto delle nostre donne che hanno dimostrato di
essere vere e proprie madri. Mi consta che molti padri stanno
iniziando un’agitazione contro il personale insegnante, perché non
vogliono che si serva della scuola per sfogare le proprie passioni
politiche e… qualcos’altro!