di Francesco Fiumalbi
INTRODUZIONE
Il primo
anniversario della Strage del Duomo di San Miniato fu uno dei momenti cruciali del Dopoguerra per la
comunità cittadina e per la Curia diocesana. La triste ricorrenza coincise con
la presentazione degli esiti della “Commissione d’Inchiesta”, costituita
all’indomani del passaggio del fronte bellico (21 settembre 1944) dalla nuova
Giunta Comunale nominata dal Governo Alleato su indicazione del CLN di San Miniato.
La commissione – presieduta dal Sindaco Emilio Baglioni – svolse una lunga
istruttoria, raccolse informazioni, testimonianze e perizie sull'esplosione che
provocò la morte di 55 civili all'interno della Cattedrale la mattina del 22
luglio 1944. Nell'ultima seduta, tenutasi il 27 giugno 1945, la commissione
affidò la redazione delle conclusioni ad una persona estranea all'ambiente
cittadino, individuata nel Giudice del Tribunale di Firenze Dott. Carlo
Giannattasio. Quest'ultimo, il giorno 13 luglio 1945, inviò la relazione alla commissione d'inchiesta, poi trasmessa al sindaco il 17 luglio successivo
[cfr. M. Battini e P. Pezzino, Guerra ai
Civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944, Saggi
Marsilio, Venezia, 1997, pp. 107-108].
LA CIRCOLARE DI MONS. ROSATI VICARIO GENERALE
Appresi i risultati
della cosiddetta Relazione Giannattasio, la Curia vescovile prese una posizione ufficiale
attraverso una lettera circolare, a firma del Vicario Generale Mons. Gioacchino
Rosati e inviata a tutti i parroci della Diocesi di San Miniato. Questa lettera,
rimasta finora sconosciuta alla storiografia, è stata rinvenuta all’interno di
un archivio privato e in questo post è riproposta e analizzata in ogni sua
parte.
Il 22 luglio 1945
cadeva di domenica e la relazione fu concepita come un vero e proprio
comunicato diffuso in tutte le parrocchie affinché fosse letta ai fedeli in tutte le Messe e nelle Funzioni serali della
Domenica successiva al ricevimento della stessa. La lettera riporta la data
del 22 luglio 1945, ma si può immaginare che la sua stesura sia avvenuta
qualche giorno prima, visto che la Relazione Giannattasio era nota almeno dal
13 luglio.
Inoltre l’intervento
fu affidato al Vicario Generale, dal momento che sul Vescovo Ugo Giubbi pendeva
la volgata diffamatoria che lo voleva complice degli autori della strage,
all’epoca individuati in ignoti militari
germanici. D’altra parte l’interpretazione della drammatica concatenazione
degli eventi che si susseguirono la mattina del 22 luglio 1944, culminati con
l’eccidio, ha da sempre diviso la comunità sanminiatese. La storiografia più
recente, tuttavia, ha ormai chiarito che la strage fu un drammatico “effetto
collaterale” di un violento cannoneggiamento statunitense.
LA POSIZIONE DELLA DIOCESI RISPETTO ALLA RELAZIONE
GIANNATTASIO
La Diocesi
sottoscrisse in pieno le conclusioni della Relazione Giannattasio, così
sintetizzabili:
- il Vescovo Giubbi
era assolutamente estraneo all’eccidio;
- l’opera che il Clero di S. Miniato svolse, in quei
tristissimi giorni, fu superiore ad ogni elogio.
Tuttavia, quello della difesa del Vescovo appare
centrale e prioritario. D’altra parte lo stesso Mons. Giubbi, sulle pagine del
suo diario in data 25 settembre 1944, ebbe ad annotare: «seppi ancora che è quasi generale l’accusa
che mi si muove circa i fatti del 22 luglio. E persi tempo a discutere… sempre
le solite cose, i soliti argomenti che non levano un ragno da un buco, perché
non si arriverà mai a persuadere che non si vuol persuadere. Mi si dice:
“perché non parla per difendersi”. Ma mi pare di non doverlo fare: primo perché
davanti a Dio sono certamente colpevole, non della cosa, ma di non essere stato
tanto buono da meritare dal Signore la grazia che essa non avvenisse: e poi mi
pare brutto che dopo 16 anni che sono qui e sono conosciuto, mi debba
scagionare di una cosa che sarebbe peggiore di ogni assassinio…». E poi
ancora «Io voglio lasciare tutto nelle
mani di Gesù. Sopportare questa menomazione del mio nomee (oh! La mia fama e il
credere che tutti mi volessero bene!...) per sconto dei miei peccati e non
lasciarmi distrarre da ciò che è il mio dovere: ricercare Gesù, fino a farne
veramente la mia vita, sia di ufficio: curare, meglio che non abbia fatto fin
qui la Diocesi». [estratto da Il
segreto del Vescovo Giubbi pastore della Diocesi di San Miniato dal 1928 al
1946, a cura di F. Mandorlini, Ufficio Comunicazione Sociali e Cultura
della Diocesi di San Miniato, Supplemento al n. 33 di Toscana Oggi del 24/09/2006]
La premura del Vicario Rosati, oltre a
voler ribadire i fatti per come erano stati ricostruiti dalla Relazione
Giannattasio – Oggi però che la luce è fatta – sembra anche voler ricucire quelle posizioni
critiche assunte da alcuni sacerdoti rispetto all’operato del Vescovo. Infatti
Mons. Giubbi nel suo diario, il 1 novembre 1944, ebbe a scrivere: «Stasera ho saputo che un sacerdote va
sparlando di me in pubblico (affare del Duomo, lettera del Gennaio…) tanto che
è stato ripreso dai secolari… Capisco che non ha buon sangue con me, perché ho
dovuto richiamarlo più volte al dovere per cose assai gravi… Ed ora… si
vendica. Mi è dispiaciuto e in un primo momento di risentimento interno avrei
voluto punirlo di quello che va dicendo… ma voglio pregare prima perché se
anche sarà bene far questo non lo voglio fare per difendere me, ma Gesù… e per
il suo bene. Voglio pensare bene come agire. Se mai gli scriverò una lettera e
tenterò di parlargli di cuore. Ma se esso è così, non può dipendere che io non
ho saputo prenderlo e perché io non ho pregato molto per la sua conversione? C
sarà in lui della cattiveria, a c’è anche molta poca luce… e se fosse per causa
mia? Gesù perdonami e perdonalo! Abbi pietà di me». [Relazione della commissione di studio sula figura del Vescovo Ugo
Giubbi, a cura di P. Morelli, Tip. Palagini, San Miniato, 2002, pp. 78-79]
E proprio su questo punto si sofferma
Mons. Rosati, tanto da chiudere la Circolare con questa citazione che ha il
sapore di un’ammonizione rispetto alla posizione e al comportamento da tenere: «Iddio non
dovrà ripetere quanto dettò al Salmista: “Non toccate le persone a me
consacrate e non malignate contro di esse” (Salmo CIV, v. 15) né la Chiesa, a
riguardo del Vescovo dovrà suscitare l’eco delle gravi parole che a Lui disse
nel consacrarlo: “Chi lo avrà maledetto, sia egli maledetto e chi lo avrà
benedetto sia ricolmo di benedizioni” (Pont. Rom.): ma userà misericordia il Signore
a chi non fu cauto nel prestare orecchio alle voci calunniose; e benedirà a
chi, col Vescovo, pianse e pregò e perdonò». Sono
parole che sembrano davvero essere scritte per far presa sul “lettore” –
verosimilmente il sacerdote – e non sul “popolo” che difficilmente avrebbe
compreso le colte citazioni.
Infine, è da notare l’assoluto
silenzio a proposito delle responsabilità sulla strage. Alcuni sacerdoti – come
il Can. Enrico Giannoni – sostennero fin da subito la “tesi americana”, ma nella
Circolare il Vicario Rosati non fece cenno né ai tedeschi né agli Alleati. Il
22 luglio 1945 la Cattedrale era ancora chiusa, la comunità cittadina era
ancora impegnata ad affrontare il difficile dopoguerra e la Curia era lacerata
dalla diffamazione al Vescovo. È comprensibile, dunque, che una volta rese note
le conclusioni della relazione Giannattasio, la Diocesi non potesse far altro
che stemperare le tensioni e sollevare il macigno che pesava su Mons. Giubbi, accogliendo
in toto le affermazioni del Giudice del Tribunale di Firenze. E tutto questo
senza preoccuparsi delle responsabilità militari, avendo acclarato che il
Vescovo era stato dichiarato assolutamente estraneo all’eccidio. In quel momento,
la Chiesa sanminiatese aveva altre priorità, rispetto a lanciarsi in una
polemica fra tedeschi e americani che non avrebbe fatto altro che alimentare
tensioni, divisioni e lacerazioni.
Di seguito il testo della Circolare:
CURIA
VESCOVILE DI S. MINIATO
PRIM
ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO NELLA CATTEDRALE
Circolare
di Mons. Vicario Generale
M.
R. Signore,
in seguito all’eccidio avvenuto il 22 luglio 1944,
nella nostra Cattedrale, la Giunta Municipale di S. Miniato nominava una
Commissione allo scopo che “nell’Archivio cittadino rimanesse un Documento che
fissasse nel tempo come era avvenuto il luttuoso fatto ed eventualmente ne
stabilisse la responsabilità”.
Al termine dell’inchiesta “fu deciso, molto
saggiamente, di affidarne la relazione a persona competente, ma estranea all’ambiente
Samminiatese, onde assicurare alle conclusioni finali la massima serenità e
obbiettività”.
Il Dott. Carlo
Giannattasio, Giudice del Tribunale di Firenze, è stata la persona
competente ed estranea cui fu affidato l’incarico.
Egli, il 13 luglio corr. Mese ha rimesso la relazione
la quale, ormai, è in dominio del pubblico. Questa relazione, per la parte
delle eventuali responsabilità del tragico avvenimento, così conclude: “Le
Autorità religiose, che si sostituirono alle Autorità civili mancanti, dettero
alla popolazione ogni assistenza spirituale e materiale, comunicando ai
cittadini gli ordini che il comando germanico trasmetteva verbalmente. Mons.
Vescovo non si trovò presente nella Cattedrale nel momento più doloroso, perché
si era recato a celebrare la Messa nella Cappella del rifugio, ma era stato
fino a poco tempo prima fra i fedeli a pronunciare parole di incoraggiamento,
ad incitare alla preghiera e, appena possibile, ritornò nella Cattedrale, ove
altri Sacerdoti impartivano l’assoluzione ai morenti e davano soccorso ai
feriti. L’opera che il Clero di S. Miniato svolse, in quei tristissimi giorni,
è superiore ad ogni elogio…”
Stando così le cose, a me, quale Vicario Generale
della Diocesi, non resterebbe che prendere atto, con compiacenza, di tale
conclusione, e limitarmi ad esortare gli amati e venerabili Parroci di curare
la più ampia diffusione della relazione stessa.
Ma poiché, nei primi tempi dell’eccidio, si osò, con
inqualificabile calunnia, coinvolgere nelle responsabilità del tragico fatto,
il ven.mo ed amat.mo Nostro Vescovo, credo mio dovere il dichiarare oggi quanto
segue:
1. Addolorò al sommo anche l’animo mio, tale calunnia;
ma non intervenni a rivelarla ed a sfatarla, perché mi sembrava di fare offesa
alla cittadinanza ed alla Diocesi, col solo pensare che, in S. Miniato e tra i
nostri popoli, vi fosse chi potesse prestar la minima fede a tale voce
calunniosa,
2. Quando però dovetti, purtroppo, constatare, che
sfruttandosi semplici apparenze, tale voce calunniosa si diffondeva, io voleva
allora intervenire e controbatterla, ma fui trattenuto dal farlo dalle seguenti
ragioni:
I. S. Ecc.
Mons. Vescovo non volle la difesa della sua innocenza dagli uomini; ma la
rilasciò a Dio, l’unico infallibile giudice delle azioni umane e difensore
della innocenza. In ciò l’amato Pastore imitava il Santo Vescovo Francesco di
Sales, il quale, a chi lo eccitava a difendersi da ignominiose calunnie,
rispondeva: “Lo so che a Parigi mi si stracciano le vesti; ma Iddio penserà a
rassettarle”.
II. Non mi sembrò, e non lo era prudente, che io intervenissi,
con un atto ufficiale, quando la inchiesta, voluta lodevolmente dalla Giunta
Comunale, ormai era in corso. Un mio intervento poteva giustamente essere
interpretato nocivo al tranquillo e sereno svolgimento della istruttoria.
3. Oggi però che
la luce è fatta, ed è fatta in modo il più oggettivo, debbo a ragione
sperare che la fosca nube “che si osò stendere ad ombra sinistra” sull’operato
del degno Presule, sia ormai dissipata; e si ricordino invece e si valorizzino
i gesti nobili del nostro Vescovo nel triste periodo della emergenza e cioè:
I. gli sforzi fatti, purtroppo senza meritato effetto,
“per far dichiarare, dalle Autorità militari tedesche, città aperta, S.
Miniato”.
II. L’opera prestata, e questa con pieno effetto, “per
liberare DODICI ostaggi della Catena (frazione di S. Miniato) presi dalle
Autorità tedesche per vendicare la uccisione di un loro Ufficiale in quella
località, compiuta da un civile”.
4. Voglio pur credere che l’opera del Clero non solo
di Samminiato, ma di tutta la Diocesi spiegata per il popolo durante
l’emergenza di Guerra, sarà oggettivamente riconosciuta e meritamente
apprezzata.
Se così sarà, Iddio non dovrà ripetere quanto dettò al
Salmista: “Non toccate le persone a me consacrate e non malignate contro di
esse” (Salmo CIV, v. 15) né la Chiesa, a riguardo del Vescovo dovrà suscitare
l’eco delle gravi parole che a Lui disse nel consacrarlo: “Chi lo avrà
maledetto, sia egli maledetto e chi lo avrà benedetto sia ricolmo di
benedizioni” (Pont. Rom.): ma userà misericordia il Signore a chi non fu cauto
nel prestare orecchio alle voci calunniose; e benedirà a chi, col Vescovo,
pianse e pregò e perdonò.
Questa mia circolare sia letta ai fedeli in tutte le
Messe e nelle Funzioni serali della Domenica successiva al ricevimento della
stessa.
Con riverente affetto
S. Miniato, dalla Curia Vescovile
Il 22 luglio 1945
IL VICARIO GENERALE
Mons. G. Rosati