lunedì 30 luglio 2018

[VIDEO] L’ARCHIVIO SCONOSCIUTO DI SAN PAOLO – 27 LUGLIO 2018

Da alcuni mesi è cominciata l’attività di riordito ed inventariazione dell’Archivio del Monastero di San Paolo. Si tratta di un’iniziativa che non poteva più essere rimandata e che sta facendo emergere l’eredità storica dell’ultima comunità religiosa, dedita alla vita contemplativa, rimasta nella città di San Miniato: un vero e proprio scrigno di spiritualità e di storia attraverso i secoli, finora rimasto sconosciuto agli studiosi.

Francesco Fiumalbi e Alexander Di Bartolo, nella serata di venerdì 27 luglio 2018, hanno presentato al pubblico i primi risultati di questo lavoro. Quando l’attività di riordino e inventariazione sarà completata l’archivio potrà essere messo a disposizione degli studiosi e costituirà un’importante punto di riferimento per la ricerca storiografica sanminiatese e non solo.

Di seguito il video e alcune immagini della serata:

L’archivio sconosciuto
Video di Francesco Fiumalbi

Un momento dell’introduzione di Don Francesco Ricciarelli
Foto di Fabrizio Mandorlini

Un momento della relazione di Alexander Di Bartolo
Foto di Fabrizio Mandorlini

Un momento della relazione di Francesco Fiumalbi
Foto di Fabrizio Mandorlini

martedì 24 luglio 2018

[VIDEO] MUSEO DELLA MEMORIA DI SAN MINIATO - INAUGURAZIONE 24 LUGLIO 2018

Nel tardo pomeriggio di martedì 24 luglio 2018, nel giorno del 74° Anniversario della Liberazione di San Miniato, è stato inaugurato il nuovo “Museo della Memoria” che raccoglie oggetti e testimonianze del passaggio del fronte della Seconda Guerra Mondiale dal territorio sanminiatese, offerte dalla cittadinanza. Si tratta di un progetto che, da questo punto di vista, si presenta molto innovativo e interessante da un punto di vista metodologico.

Inaugurazione del Museo della Memoria di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

La sede del nuovo museo è un luogo ricco di storia: inizialmente convento dei Domenicani, poi passato al demanio pubblico con le soppressioni del 1865 e ridotto ad uffici e a pubblico passeggio, poi sede della GIL (Gioventù Italiana Littorio), quindi Biblioteca Comunale e infine Museo della Memoria. A segnalare il nuovo spazio le due lapidi relative alla Strage del Duomo, che un tempo si trovavano sul Municipio e ora campeggiano sopra le porte di ingresso. All’interno è collocato l’allestimento, curato dalla dott. Barbara Pasqualetti e dall’arch. Serena Chiarugi del Comune di San Miniato, con la collaborazione della Scuola Normale e il contributo della Fondazione CRSM. Notevole l’apparato multimediale, arricchito di numerosi contributi video fra cui molti realizzati da Giuseppe Chelli e Daniele Benvenuti.

A presenziare all’inaugurazione il Sindaco Vittorio Gabbanini e la Giunta al completo, il Capo di Gabinetto della Prefettura di Pisa Dott. Roberta Monni, l’on. Carla Federica Nespolo Presidente Nazionale dell’ANPI, il prof. Vincenzo Barone Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa ed il Presidente del Consiglio della Regione Toscana Eugenio Giani, oltre ad innumerevoli altre personalità del mondo politico e delle associazioni.

Di seguito il video e alcune foto della serata:

Inaugurazione del Museo della Memoria di San Miniato
Video di Francesco Fiumalbi

Inaugurazione del Museo della Memoria di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Inaugurazione del Museo della Memoria di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi

Inaugurazione del Museo della Memoria di San Miniato
Foto di Francesco Fiumalbi


sabato 21 luglio 2018

LA CHIESA SANMINIATESE E IL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DEL DUOMO

di Francesco Fiumalbi


INTRODUZIONE
Il primo anniversario della Strage del Duomo di San Miniato fu uno dei momenti cruciali del Dopoguerra per la comunità cittadina e per la Curia diocesana. La triste ricorrenza coincise con la presentazione degli esiti della “Commissione d’Inchiesta”, costituita all’indomani del passaggio del fronte bellico (21 settembre 1944) dalla nuova Giunta Comunale nominata dal Governo Alleato su indicazione del CLN di San Miniato. La commissione – presieduta dal Sindaco Emilio Baglioni – svolse una lunga istruttoria, raccolse informazioni, testimonianze e perizie sull'esplosione che provocò la morte di 55 civili all'interno della Cattedrale la mattina del 22 luglio 1944. Nell'ultima seduta, tenutasi il 27 giugno 1945, la commissione affidò la redazione delle conclusioni ad una persona estranea all'ambiente cittadino, individuata nel Giudice del Tribunale di Firenze Dott. Carlo Giannattasio. Quest'ultimo, il giorno 13 luglio 1945, inviò la relazione alla commissione d'inchiesta, poi trasmessa al sindaco il 17 luglio successivo [cfr. M. Battini e P. Pezzino, Guerra ai Civili. Occupazione tedesca e politica del massacro. Toscana 1944, Saggi Marsilio, Venezia, 1997, pp. 107-108].

LA CIRCOLARE DI MONS. ROSATI VICARIO GENERALE
Appresi i risultati della cosiddetta Relazione Giannattasio, la Curia vescovile prese una posizione ufficiale attraverso una lettera circolare, a firma del Vicario Generale Mons. Gioacchino Rosati e inviata a tutti i parroci della Diocesi di San Miniato. Questa lettera, rimasta finora sconosciuta alla storiografia, è stata rinvenuta all’interno di un archivio privato e in questo post è riproposta e analizzata in ogni sua parte.
Il 22 luglio 1945 cadeva di domenica e la relazione fu concepita come un vero e proprio comunicato diffuso in tutte le parrocchie affinché fosse letta ai fedeli in tutte le Messe e nelle Funzioni serali della Domenica successiva al ricevimento della stessa. La lettera riporta la data del 22 luglio 1945, ma si può immaginare che la sua stesura sia avvenuta qualche giorno prima, visto che la Relazione Giannattasio era nota almeno dal 13 luglio.
Inoltre l’intervento fu affidato al Vicario Generale, dal momento che sul Vescovo Ugo Giubbi pendeva la volgata diffamatoria che lo voleva complice degli autori della strage, all’epoca individuati in ignoti militari germanici. D’altra parte l’interpretazione della drammatica concatenazione degli eventi che si susseguirono la mattina del 22 luglio 1944, culminati con l’eccidio, ha da sempre diviso la comunità sanminiatese. La storiografia più recente, tuttavia, ha ormai chiarito che la strage fu un drammatico “effetto collaterale” di un violento cannoneggiamento statunitense.


LA POSIZIONE DELLA DIOCESI RISPETTO ALLA RELAZIONE GIANNATTASIO
La Diocesi sottoscrisse in pieno le conclusioni della Relazione Giannattasio, così sintetizzabili:
  1. il    Vescovo Giubbi era assolutamente estraneo all’eccidio; 
  2. l’opera che il Clero di S. Miniato svolse, in quei tristissimi giorni, fu superiore ad ogni elogio.
Tuttavia, quello della difesa del Vescovo appare centrale e prioritario. D’altra parte lo stesso Mons. Giubbi, sulle pagine del suo diario in data 25 settembre 1944, ebbe ad annotare: «seppi ancora che è quasi generale l’accusa che mi si muove circa i fatti del 22 luglio. E persi tempo a discutere… sempre le solite cose, i soliti argomenti che non levano un ragno da un buco, perché non si arriverà mai a persuadere che non si vuol persuadere. Mi si dice: “perché non parla per difendersi”. Ma mi pare di non doverlo fare: primo perché davanti a Dio sono certamente colpevole, non della cosa, ma di non essere stato tanto buono da meritare dal Signore la grazia che essa non avvenisse: e poi mi pare brutto che dopo 16 anni che sono qui e sono conosciuto, mi debba scagionare di una cosa che sarebbe peggiore di ogni assassinio…». E poi ancora «Io voglio lasciare tutto nelle mani di Gesù. Sopportare questa menomazione del mio nomee (oh! La mia fama e il credere che tutti mi volessero bene!...) per sconto dei miei peccati e non lasciarmi distrarre da ciò che è il mio dovere: ricercare Gesù, fino a farne veramente la mia vita, sia di ufficio: curare, meglio che non abbia fatto fin qui la Diocesi». [estratto da Il segreto del Vescovo Giubbi pastore della Diocesi di San Miniato dal 1928 al 1946, a cura di F. Mandorlini, Ufficio Comunicazione Sociali e Cultura della Diocesi di San Miniato, Supplemento al n. 33 di Toscana Oggi del 24/09/2006]

La premura del Vicario Rosati, oltre a voler ribadire i fatti per come erano stati ricostruiti dalla Relazione Giannattasio – Oggi però che la luce è fatta  sembra anche voler ricucire quelle posizioni critiche assunte da alcuni sacerdoti rispetto all’operato del Vescovo. Infatti Mons. Giubbi nel suo diario, il 1 novembre 1944, ebbe a scrivere: «Stasera ho saputo che un sacerdote va sparlando di me in pubblico (affare del Duomo, lettera del Gennaio…) tanto che è stato ripreso dai secolari… Capisco che non ha buon sangue con me, perché ho dovuto richiamarlo più volte al dovere per cose assai gravi… Ed ora… si vendica. Mi è dispiaciuto e in un primo momento di risentimento interno avrei voluto punirlo di quello che va dicendo… ma voglio pregare prima perché se anche sarà bene far questo non lo voglio fare per difendere me, ma Gesù… e per il suo bene. Voglio pensare bene come agire. Se mai gli scriverò una lettera e tenterò di parlargli di cuore. Ma se esso è così, non può dipendere che io non ho saputo prenderlo e perché io non ho pregato molto per la sua conversione? C sarà in lui della cattiveria, a c’è anche molta poca luce… e se fosse per causa mia? Gesù perdonami e perdonalo! Abbi pietà di me». [Relazione della commissione di studio sula figura del Vescovo Ugo Giubbi, a cura di P. Morelli, Tip. Palagini, San Miniato, 2002, pp. 78-79]

E proprio su questo punto si sofferma Mons. Rosati, tanto da chiudere la Circolare con questa citazione che ha il sapore di un’ammonizione rispetto alla posizione e al comportamento da tenere: «Iddio non dovrà ripetere quanto dettò al Salmista: “Non toccate le persone a me consacrate e non malignate contro di esse” (Salmo CIV, v. 15) né la Chiesa, a riguardo del Vescovo dovrà suscitare l’eco delle gravi parole che a Lui disse nel consacrarlo: “Chi lo avrà maledetto, sia egli maledetto e chi lo avrà benedetto sia ricolmo di benedizioni” (Pont. Rom.): ma userà misericordia il Signore a chi non fu cauto nel prestare orecchio alle voci calunniose; e benedirà a chi, col Vescovo, pianse e pregò e perdonò». Sono parole che sembrano davvero essere scritte per far presa sul “lettore” – verosimilmente il sacerdote – e non sul “popolo” che difficilmente avrebbe compreso le colte citazioni.

Infine, è da notare l’assoluto silenzio a proposito delle responsabilità sulla strage. Alcuni sacerdoti – come il Can. Enrico Giannoni – sostennero fin da subito la “tesi americana”, ma nella Circolare il Vicario Rosati non fece cenno né ai tedeschi né agli Alleati. Il 22 luglio 1945 la Cattedrale era ancora chiusa, la comunità cittadina era ancora impegnata ad affrontare il difficile dopoguerra e la Curia era lacerata dalla diffamazione al Vescovo. È comprensibile, dunque, che una volta rese note le conclusioni della relazione Giannattasio, la Diocesi non potesse far altro che stemperare le tensioni e sollevare il macigno che pesava su Mons. Giubbi, accogliendo in toto le affermazioni del Giudice del Tribunale di Firenze. E tutto questo senza preoccuparsi delle responsabilità militari, avendo acclarato che il Vescovo era stato dichiarato assolutamente estraneo all’eccidio. In quel momento, la Chiesa sanminiatese aveva altre priorità, rispetto a lanciarsi in una polemica fra tedeschi e americani che non avrebbe fatto altro che alimentare tensioni, divisioni e lacerazioni.

Di seguito il testo della Circolare:



CURIA VESCOVILE DI S. MINIATO
PRIM ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO NELLA CATTEDRALE
Circolare di Mons. Vicario Generale
     M. R. Signore,
in seguito all’eccidio avvenuto il 22 luglio 1944, nella nostra Cattedrale, la Giunta Municipale di S. Miniato nominava una Commissione allo scopo che “nell’Archivio cittadino rimanesse un Documento che fissasse nel tempo come era avvenuto il luttuoso fatto ed eventualmente ne stabilisse la responsabilità”.
Al termine dell’inchiesta “fu deciso, molto saggiamente, di affidarne la relazione a persona competente, ma estranea all’ambiente Samminiatese, onde assicurare alle conclusioni finali la massima serenità e obbiettività”.
Il Dott. Carlo Giannattasio, Giudice del Tribunale di Firenze, è stata la persona competente ed estranea cui fu affidato l’incarico.
Egli, il 13 luglio corr. Mese ha rimesso la relazione la quale, ormai, è in dominio del pubblico. Questa relazione, per la parte delle eventuali responsabilità del tragico avvenimento, così conclude: “Le Autorità religiose, che si sostituirono alle Autorità civili mancanti, dettero alla popolazione ogni assistenza spirituale e materiale, comunicando ai cittadini gli ordini che il comando germanico trasmetteva verbalmente. Mons. Vescovo non si trovò presente nella Cattedrale nel momento più doloroso, perché si era recato a celebrare la Messa nella Cappella del rifugio, ma era stato fino a poco tempo prima fra i fedeli a pronunciare parole di incoraggiamento, ad incitare alla preghiera e, appena possibile, ritornò nella Cattedrale, ove altri Sacerdoti impartivano l’assoluzione ai morenti e davano soccorso ai feriti. L’opera che il Clero di S. Miniato svolse, in quei tristissimi giorni, è superiore ad ogni elogio…”
Stando così le cose, a me, quale Vicario Generale della Diocesi, non resterebbe che prendere atto, con compiacenza, di tale conclusione, e limitarmi ad esortare gli amati e venerabili Parroci di curare la più ampia diffusione della relazione stessa.
Ma poiché, nei primi tempi dell’eccidio, si osò, con inqualificabile calunnia, coinvolgere nelle responsabilità del tragico fatto, il ven.mo ed amat.mo Nostro Vescovo, credo mio dovere il dichiarare oggi quanto segue:
1. Addolorò al sommo anche l’animo mio, tale calunnia; ma non intervenni a rivelarla ed a sfatarla, perché mi sembrava di fare offesa alla cittadinanza ed alla Diocesi, col solo pensare che, in S. Miniato e tra i nostri popoli, vi fosse chi potesse prestar la minima fede a tale voce calunniosa,
2. Quando però dovetti, purtroppo, constatare, che sfruttandosi semplici apparenze, tale voce calunniosa si diffondeva, io voleva allora intervenire e controbatterla, ma fui trattenuto dal farlo dalle seguenti ragioni:
I.  S. Ecc. Mons. Vescovo non volle la difesa della sua innocenza dagli uomini; ma la rilasciò a Dio, l’unico infallibile giudice delle azioni umane e difensore della innocenza. In ciò l’amato Pastore imitava il Santo Vescovo Francesco di Sales, il quale, a chi lo eccitava a difendersi da ignominiose calunnie, rispondeva: “Lo so che a Parigi mi si stracciano le vesti; ma Iddio penserà a rassettarle”.
II. Non mi sembrò, e non lo era prudente, che io intervenissi, con un atto ufficiale, quando la inchiesta, voluta lodevolmente dalla Giunta Comunale, ormai era in corso. Un mio intervento poteva giustamente essere interpretato nocivo al tranquillo e sereno svolgimento della istruttoria.
3. Oggi però che la luce è fatta, ed è fatta in modo il più oggettivo, debbo a ragione sperare che la fosca nube “che si osò stendere ad ombra sinistra” sull’operato del degno Presule, sia ormai dissipata; e si ricordino invece e si valorizzino i gesti nobili del nostro Vescovo nel triste periodo della emergenza e cioè:
I. gli sforzi fatti, purtroppo senza meritato effetto, “per far dichiarare, dalle Autorità militari tedesche, città aperta, S. Miniato”.
II. L’opera prestata, e questa con pieno effetto, “per liberare DODICI ostaggi della Catena (frazione di S. Miniato) presi dalle Autorità tedesche per vendicare la uccisione di un loro Ufficiale in quella località, compiuta da un civile”.
4. Voglio pur credere che l’opera del Clero non solo di Samminiato, ma di tutta la Diocesi spiegata per il popolo durante l’emergenza di Guerra, sarà oggettivamente riconosciuta e meritamente apprezzata.
Se così sarà, Iddio non dovrà ripetere quanto dettò al Salmista: “Non toccate le persone a me consacrate e non malignate contro di esse” (Salmo CIV, v. 15) né la Chiesa, a riguardo del Vescovo dovrà suscitare l’eco delle gravi parole che a Lui disse nel consacrarlo: “Chi lo avrà maledetto, sia egli maledetto e chi lo avrà benedetto sia ricolmo di benedizioni” (Pont. Rom.): ma userà misericordia il Signore a chi non fu cauto nel prestare orecchio alle voci calunniose; e benedirà a chi, col Vescovo, pianse e pregò e perdonò.
Questa mia circolare sia letta ai fedeli in tutte le Messe e nelle Funzioni serali della Domenica successiva al ricevimento della stessa.

Con riverente affetto
S. Miniato, dalla Curia Vescovile
Il 22 luglio 1945
IL VICARIO GENERALE
Mons. G. Rosati

giovedì 19 luglio 2018

ERO FORESTIERO E MI AVETE ACCOLTO - MONASTERO DI SAN PAOLO - 17 LUGLIO 2018

Dal Monastero di San Paolo a San Miniato torna il messaggio di accoglienza che portò nell'estate del 1944 le Clarisse in prima linea a sostenere più di 200 sfollati dentro le mura della comunità.
"Ero forestiero e mi avete accolto", il titolo della serata introdotta da Don Francesco Ricciarelli, con l’intervento di Fabrizio Mandorlini (UCAI San Miniato) coautore del volume "Abbiamo fatto quello che dovevamo" dove sono pubblicati alcuni brani del diario delle Clarisse. A distanza di più di settant'anni la parola del diario di quei giorni, scritto da suor Anna, è tornata a raccontarci quei momenti. La voce di Claudio Caioli ha sottolineato, nella foresteria del monastero, i brani più significativi del diario e ci ha riproposto quei fatti e quei gesti nei luoghi dove si svolsero nel 1944.

Di seguito il video e alcune immagini della serata:





LA STRAGE DELLA CROCETTA – 19 LUGLIO 1944

di Francesco Fiumalbi

PREMESSA
La Strage del Duomo di San Miniato (22 luglio 1944) – in cui persero la vita 55 civili – ha monopolizzato l’attenzione non solo degli studiosi e della storiografia, ma anche della memoria cittadina. Durante i giorni del passaggio del fronte, tuttavia, i momenti drammatici furono numerosi, basti ricordare che il numero complessivo delle vittime civili sanminiatesi ascese a 247 unità.
In questo blog abbiamo già visto episodi come il bombardamento della Stazione di San Miniato (7 aprile 1944), l’incursione aerea a Ponte a Egola (30 giugnno 1944) e la strage di Valicandoli (20 luglio 1944). In questa pagina è proposto un altro tragico episodio: la “Strage della Crocetta”, avvenuta il 19 luglio 1944, in cui persero la vita cinque persone.

La zona dove avvenne la strage
Foto di Francesco Fiumalbi

LA STRAGE: LA TESTIMONIANZA DEL CAN. GALLI ANGELINI
Il Canonico Francesco Maria Galli Angelini nel suo diario annotò:
«19 luglio. Celebro in Seminario. Alle ore 8 di mattina i tedeschi hanno fatto saltae il campanile nuovo di San Pierino. Esso nel cadere ha abbattuto il soffitto e la parete destra della chiesa stessa. Muoiono nel Popolo della Crocetta, perché usciti dal proprio rifugio: Toni Luigi e Cino, Taddei Luigi ed altra persona. Nella notte grande panico in Seminario, perché si temeva che i tedeschi facessero saltare l’arco della vecchia Cappella. Sotto le logge molte casse di esplosivi»
[Archivio dell'Accademia degli Euteleti, Note di diario de Francesco Maria Galli Angelini, ed. F. Mandorlini, Diaristica religiosa nella diocesi di San Miniato. La guerra vista in parrocchia, in convento, in monastero, in Abbiamo fatto quello che dovevamo. Vescovi e clero nella provincia di Pisa durante la Seconda guerra mondiale, a cura di S. Sodi e G. Fulvetti, Edizioni ETS, Pisa, 2009, p. 176].

LA STRAGE: LE VITTIME
Rispetto al racconto del Canonico Galli Angelini, in realtà le vittime della strage furono cinque: quattro uomini e una donna. La vittima più giovane si chiamava Giovanni Taddei, figlio di Guido e Giulia Gazzarrini, aveva 19 anni e viveva nel “Popolo della Crocetta”. Assieme a Giovanni Taddei morirono due suoi cugini, Luigi e Natalina.
Natalina Taddei era figlia di Angiolo e Ortimina Mandorlini, viveva a San Miniato, aveva 25 anni ed era sposata con Gino Vedovi.
Luigi Taddei era figlio di Taddei e Maria Ragionieri, abitante a San Miniato, di 36 anni d’età e coniugato con Adele Toni.
Assieme a Luigi Taddei morì il suocero Gino Toni di Luigi e Pia Giorgi, che abitava a San Miniato ed aveva 45 anni. Rimase ucciso anche suo padre Luigi Toni, figlio di Gaspero e Luisa Taddei, di 74 anni d’età e coniugato con Enrichetta Doni.
Purtroppo non è noto il luogo esatto dove avvenne il drammatico episodio, ma dovrebbe trovarsi nella porzione occidentale di San Miniato (nel “Popolo della Crocetta”), sul versante sud che guarda verso la valle di Gargozzi.

Il gruppo di familiari, probabilmente molto numeroso, fu colto da un cannoneggiamento fuori dal rifugio: per quale motivo si trovavano all’aperto? Furono richiamati fuori da qualcosa? Erano già fuori e non fecero in tempo ad entrare tutti nel rifugio non appena ebbe inizio il cannoneggiamento? Al momento non è possibile rispondere a queste domande. Rimane il fatto che si trovavano in uno dei fronti più caldi della Seconda Guerra Mondiale, con i tedeschi impegnati a rallentare l’avanzata degli Alleati, i quali, forti di un’aviazione e un’artiglieria nettamente superiori a quella germanica, compensavano l’imprecisione delle armi con la quantità di colpi sparati. Ancora una volta emerge tutta l’assurdità della guerra: molto probabilmente le vittime ebbero la sola colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, nel mezzo fra due eserciti che, fra mille preoccupazioni, di certo non avevano come priorità la sicurezza dei civili inermi.

La zona dove avvenne la strage con l’individuazione
della possibile traiettoria del cannoneggiamento
Foto di Francesco Fiumalbi