giovedì 25 dicembre 2014

G. PIOMBANTI – GUIDA DI SAN MINIATO – CHIESA DEL SS. CROCIFISSO



Estratto da G. Piombanti, Guida della Città di San Miniato al Tedesco. Con notizie storiche antiche e moderne, Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, pp. 90-97.

[090] CHIESA DEL SS. CROCIFISSO

L'anno 1249. dopo la resa del castello di Capraia, Federigo II parecchi nobili cavalieri fiorentini in suo potere venuti, fece chiudere nella rocca di S. Miniato, dove poi miseramente perirono. In quel tempo, al dire del proposto Conti, narra una leggenda che in casa di una povera vedova due viandanti, che angioli furon creduti, lasciarono in sua casa una chiusa cassetta, pregandola di custodirla fino al loro ritorno. Ma poiché essi, lungamente aspettati, più non si videro, la donna pregò i preti del luogo che volessero aprirla per vedere che contenesse quel raggiante deposito. Ed oh meraviglia! [091] comparve quella pietosa immagine di Gesù Crocifisso, che con trionfal pompa nella vicina chiesa di S. Giusto e Clemente trasportarono. La qual leggenda, presso altri, varia così: Alcuni parenti di quei miseri prigionieri fecer loro pervenire, come già fu detto, quella immagine veneranda, perché da essa traessero conforto e speranza nei patimenti crudeli in cui si trovavano immersi. In fine son d'opinione alcuni che, a preghiera degli abitanti, a S. Miniato fosse lasciata da una di quelle compagnie di penitenza, onde nel secolo XIII era piena l'Italia. Divisa allora infatti la misera patria nostra dalle arrabbiate fazioni dei guelfi e dei ghibellini, che ogni ordine religioso e sociale sconvolsero, gli uomini di timorata coscienza, da tanti mali atterriti, si dettero a comporre società di penitenza, dette dei battuti e dei bianchi, che, precedute da un crocifisso, digiunando e flagellandosi, le campagne e le città percorrevano, predicando perdono, pace e carità. Anco i samminiatesi questi esempi largamente imitarono. Poiché compagnie di mille ottocento persone, di bianche cappe vestite, questo loro crocifisso, nel 1398, più volte per la Toscana devotamente e con lacrime a processione portarono, operando, come raccontano, mirabili conversioni. Grande si fu dopo ciò la venerazione dei samminiatesi verso il Crocifisso, e sempre più crebbe di poi per le molte grazie e favori ricevuti. Or dovendo gli [092] abitanti di S. Miniato, nella occasione della lega guelfa, fabbricare un nuovo palazzo del popolo, anche vi eressero un oratorio pubblico, dove con molta festa collocarono quella sacra immagine, togliendola dalla chiesa di S. Giusto e Clemente. Presto fu necessario istituir l'Opera del SS. Crocifisso, da tre deputati amministrata, tolti dai tre terzieri della terra. Gli operai, dice il proposto Conti, duravano in uffizio un anno, e dovevano trattare tutti i negozi, che al culto della sacra immagine si riferivano; tener conto delle limosine, e parte impiegarle in fondi che rendessero frutto, parte nelle feste, o in uso di pubblica utilità; quindi la carica di operaio era tenuta in grande onore, e concessa solamente ai più probi e nobili cittadini. L'Opera elesse e mantenne un cappellano per l'oratorio, che doveva fare anche scuola ai figli del popolo; concorse al mantenimento del campanile e dell'organo della Collegiata; costruì in marmo il suo altar maggiore e poi il battistero; per maggior decoro delle funzioni, dette ai canonici, ricompensandoli, l'uffiziatura dell'oratorio; aiutò il municipio per restaurare e migliorare le carceri e le condizioni dei prigionieri, e per riaprire il monastero della SS. Annunziata; fece trasportare a S. Miniato da Lucca, nel 1623, un braccio del beato Ghese; sovvenne del continuo chiese bisognose, corporazioni religiose, ospedali, prese parte alle opere tutte di pubblica beneficenza. [093] Onde si può dire con verità che l’Opera del SS. Crocifisso è stata mai sempre per S. Miniato una vera benedizione. – Nella occasione della pestilenza del 1637 fecer voto i samminiatesi, per esserne liberati, d’inalzargli un più grande e sontuoso oratorio. Attesero, dice il COnti, una metà di secolo a raccogliere i mezzi, e poi elessero tre illustri cittadini a prepararne il disegno. Ma l’impresa incontrava difficoltà, perché lo splendore delle antiche famiglie era andato declinando, e mancava un uomo di grande iniziativa, come dicono, il cui coraggio superasse e vincesse ogni sorta di ostacoli. Ora un tal uomo lo trovò S. Miniato in mons. Giovanni Francesco Poggi, il quale spese diciassett’anni, e la parte migliore della sua vita pel bene della diocesi e per l’oratorio nuovo; quindi la biografica dell’illustre prelato non è che la storia del nuovo oratorio e della diocesi nostra in quel tratto di tempo. SI acquistò a tal fine, nel 1705, il bosco del Mercati, tra la rocca e il palazzo del municipio, e, abbattutolo, si pose mano ai lavori. Atterrarono il muro, che circondava la piazza del Duomo, e quello più alto che attorniava la rocca per preparare il materiale da costruzione. Il vescovo stesso ed il clero, per trarre il popolo ad imitarne l’esempio più volte lavorarono come semplici operai trasportando terra e materiali. Le pietre fondamentali le pose il vescovo solennemente, [094] con molte reliquie, medaglie e monete, il 3 maggio 1706. Il nuovo tempio, che meno di trentamila scudi non può costare, fu eretto dall’unanime concorso, dalla operosità e dalla carità dei cittadini e dei diocesani in tutto preceduti e animati dal vescovo. Ai 26 luglio del 1718, il Crocifisso, portato prima da mons. Poggi con esultanza generale a processione per la città, venne da lui con grande solennità nel tabernacolo della nuova chiesa riposto, e l’oratorio, dove più di tre secoli era stato, collocatavi l’immagine della Madonna di Loreto, prese il nome popolare di loretino. Negli anni 1759 e 1760, bisognosa di molti lavori, anco per l’umidità del soprastante colle, venne tutta restaurata e rafforzata. Ai 4 novembre 1786, il novatore Pietro Leopoldo, che dava non raramente bastonate a chi avrebbe meritato il premio, soppresse l’Opera veramente benemerita del Crocifisso, ordinando la consegna della chiesa e di tutto ciò che a lei apparteneva al Capitolo, coll’obbligo a questo di passare all’amministrazione dello spedale di S. Miniato tutte le argenterie, che all’uso dell’oratorio avevan servito, più la somma di scudi cento l’anno. Ma il Capitolo, soddisfatti gli obblighi, che rimasero, poco o nulla ritraeva epr sé da questa amministrazione, e spesso rimetteva del proprio. Onde il vescovo Brunone Fazzi, nell’aprile del 1803, erigeva la Congregazione del SS. Crocifisso dandole un regolamento, dal [095] governo approvato, e sotto la dipendenza dello stesso Capitolo la poneva, perché, secondo sue forze, l’antica Opera sostituisse nel provvedere ed uffiziare il celebre oratorio. I soci effettivi di questa utile congregazione furono dapprima ventiquattro, ed oggi possono essere trentatre. Erigeva essa, nel 1824, il nuovo altar maggiore di marmo. Nel 1844 anco il pavimento di marmo si fece, e poi la scala a due branche di fuori coi suoi ornamenti. – La chiesa è a croce greca, di non vaste proporzioni, svelta, illuminata e bella, sormontata da cupola, che a metri trentadue s’inalza. Sorge ardita sulla costa declive del poggio, sotto la rocca di Federigo II, rimpetto al palazzo comunale, dal cui piano si eleva per metri dieci. Ha tre altari: alla Concezione di Maria e a S. Francesco di Paola uno è sacro, eretto da Sabatino Dani; l’altro al transito di S. Giuseppe, fatto da Giovacchino Ansaldi. Antonio DOmenico Bamberini samminiatese tutta la dipinse, i tre periodi svolgendo della storia del Redentore. Cioè, di aspettazione: e tu vedi a buon fresco, nella parte più alta, i profeti coi loro vaticini,e altri simboli e avvenimenti relativi alla venuta del Salvatore; di dimora fra gli uomini: e osservi, a chiaro scuro rappresentati, i fatti principali della sua vita; della sua gloria: ed ecco la discesa al limbo, la sua risurrezione ed ascensione, e, nella cupola, il suo glorioso e trionfante ingresso nel cielo, in un [096] torrente di luce, tra folte schiere di angioli. Sopra l'altar maggiore, in un'urna del muro, tra le immagini della Vergine addolorata e di S. Giovanni, sta chiuso il Crocifisso di ricchi voti adorno. Sulla tavola che chiude l'urna Angelo Lanfranchi dipinse Gesù Cristo risorto. Raramente si scopre questa sacra immagine, e le sei chiavi, che ne chiudono i due sportelli, son custodite in parte dal vescovo, dal capitolo, dal capo della confraternita. Essa fu tenuta in grande venerazione anco nel resto della Toscana; e frequentemente era prima visitata da divoti pellegrini, da malati bisognosi di soccorso, da personaggi illustri. Molte furono le grazie da Dio in ogni tempo concedute a tutti coloro, che con viva fede e calda preghiera a questa taumaturga immagine si rivolsero; e le votive tavolette che ancora rimangono ne fanno fede, con quelle moltissime sventuratamente non conservate, di cui le pareti eran piene dell'antico oratorio. – «La venerata immagine di questo prodigioso Crocifisso, dice il proposto Conti, è una scultura in legno assai bella e proporzionata in ogni sua parte, ma palesa tosto la sua antichità da che in essa non trovi l'arte e la notomia del nudo, i nervi e le vene; bensì l'effigie del volto è piena di quella divota maestà, che gli artisti del XII secolo sapevano con poche linee dare alle loro figure. L'altezza del simulacro dalla sommità del capo alla pianta dei piedi [097] è di circa settantasei centimetri; l'allungamento delle braccia, ricurve e confitte sulla croce, è di circa cinquantasei centimetri. Gli occhi appaiono rannuvolati tra le nebbie della morte; le labbra livide e nere, ma eloquenti, perché sembrano ancora agitate dal tremito dell'agonìa; il capo lievemente inclinato, come di colui, che volontariamente e per amore lo chinò sotto lo strale di morte; le membra tutte livide e coperte di acerbi squarci e di sangue, in guisa che qualunque volta questa sacra immagine è tratta fuori dall'urna, si son viste numerose turbe, accorse per venerarla, commuoversi e sospirare, e anco cadere le lacrime dagli occhi di tanti, che stimati erano indifferenti o freddi...... Questa è l'immagine di Gesù Cristo paziente e crocifisso, qual venne descritto nei quattro evangeli, e cammina alla testa dell'umanità nel pellegrinaggio di questa terra» (22). [VAI ALLE NOTE ]

Il Santuario del SS. Crocifisso di Castelvecchio
Foto di Francesco Fiumalbi

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