a
cura di Francesco Fiumalbi
Nella
serata di venerdì 5 dicembre 2014 si è tenuta, a Santa Croce
sull’Arno, la presentazione del libro di Pilade Cantini “Piazza
Rossa”, con sottotitolo
La provincia toscana ai
tempi dell'URSS, edito
per la casa editrice Eclettica.
L'atmosfera
in cui si è svolta la serata è stata certamente ricca di ironia,
anche se non sono mancati tantissimi spunti di riflessione, offerti
dall'autore, da Andrea Pannocchia e Guido Carpi, oltre che dagli
altri presenti. Per dare un'idea, Pilade Cantini esordisce così:
“Perché ho scritto
questo libro? Perché volevo mettere Stalin in copertina! Scusate,
che fa la Fiorentina?”
(in contemporanea si gioca la partita Fiorentina - Juventus).
Foto
di Francesco Fiumalbi
Venendo
alle cose serie, in estrema sintesi il libro propone uno spaccato
inedito, anzi inesplorato, della vita politica di un piccolo, ma
industrioso, centro della provincia di Pisa, Ponte a Egola, in un
periodo che si colloca fra il Secondo Dopoguerra e i giorni nostri.
E'
proprio il caso di dire uno spaccato “inedito” ed “inesplorato”.
D'altra parte gli studiosi di storia contemporanea, che si sono
occupati dei grandi avvenimenti della seconda metà del secolo
scorso, li hanno collocati geograficamente nei vari centri di potere,
o in luoghi simbolo, come New York, Washington, Roma, Berlino, Mosca,
Pechino, tralasciando completamente lo scenario più minuto, anche se
talvolta più autentico, cioè quello dei piccoli paesi, a metà
strada tra la campagna e la città. Questo è forse il contributo più
significativo del libro.
Quello
che emerge è un quadro che vede una popolazione operosa,
industriosa, intenta ad elevare la propria condizione sociale ed
economica, ma al tempo stesso attenta, anzi attentissima, al panorama
internazionale in cui essa si andava svolgendo. E, in particolare,
l'autore sottolinea come questa attenzione sia rivolta ai fatti
dell'Est europeo: alla vicinanza ideale, per non dire propriamente
ideologica, ancor prima che materiale, alla Russia sovietica. E come
le dinamiche interne al “Partito Comunista dell'Unione Sovietica”
si ripercuotessero inevitabilmente sulle dinamiche paesane ed in
particolare su quelle interne alla “sezione” pontaegolese del
PCI.
Si
tratta, dunque, di un libro che parla di storia, di “grande”
storia collocata in un “piccolo” contesto, dal generale al
particolare, ma anche viceversa. Un contesto fatto anche di piccoli e
insipidi campanilismi, di controversi scontri ideologici, ma che
spesso si riduce ad identificarsi con l'animo e le esperienze di vita
dello stesso Pilade Cantini. L’autore dà conto di tantissimi
episodi, alcuni seri, altri divertenti, certamente taciuti dalla
storiografia accademica, ma che chiariscono davvero lo spirito di
un'epoca e del particolare contesto geografico della provincia
toscana, paragonabile, forse, solamente a quella emiliano-romagnola.
Episodi, comunque, che lasciano continuamente incerto il confine fra
realtà storica e trasfigurazione letteraria, anche se l’autenticità
e la genuinità degli stessi non sono mai messe in dubbio.
Il
testo è scritto come se fosse un “collage” di tanti “stati”
di Facebook. Una continua selezione, fatta di brevi argomentazioni e
riflessioni, infarciti di collegamenti, talvolta divertenti o
arzigogolati, a tal punto da sfociare spesso nel paradossale o nel
surreale. In tutto questo emerge certamente il carattere ironico di
Pilade Cantini che, però, deve confrontarsi con il suo cuore, ancor
prima che con la sua mente: è un cuore “comunista” a tutto
tondo. Cantini non è certo un nostalgico, anzi, esprime la propria
fiducia in una storia che prima o poi darà ragione, come ha modo di
spiegare durante la presentazione: “Esiste
il Comunismo e l'Anticomunismo. Per ora la “reazione” ha vinto!
Ma il Comunismo in fondo è giovane, ha solo 150 anni. Nello stesso
periodo il Cristianesimo era ancora nelle catacombe. Noi, invece,
abbiamo già governato su mezzo mondo! Il Comunismo è la soluzione,
è scientifico!”.
Il
passaggio più significativo e rivelatore di tutto il libro, compreso
del titolo, che esprime tutta l'ironia, ma che chiarisce, forse
meglio degli altri, cosa è stato il dibattito politico, e quindi
anche lo scontro ideologico, in una piccola comunità come quella di
Ponte a Egola è, forse contenuto in questo breve estratto di pagina numero 9:
«Ponte
a Egola è un'importante frazione del Comune di San Miniato, e i
gruppi consiliari di quel Municipio furono tutti d'accordo
nell'intitolare a Guido Rossa la nuova piazza. I socialisti perché
Guido Rossa era un operaio e un sindacalista, i democristiani perché
Guido Rossa era stato ucciso dalle Brigate Rosse e i comunisti per le
ragioni già dette e perché, ma questo se lo dissero tra loro con un
filo di malizia, quella nuova piazza l'avrebbero chiamata Piazza
Rossa, come quella di Mosca. Il torrente Egola non era mica la
Moscova e la nuova Casa del Popolo, da poco costruita lì vicino, non
la potevano mica paragonare al Cremlino; però la sezione del Pci era
grande ed aveva un grande terrazzo».
La
narrazione giunge alla conclusione, che coincide con l'agognato
arrivo a Mosca nell'anno 2010, dove, su quella Piazza Rossa, quella
vera, all’autore-protagonista pare davvero di essere in Piazza G.
Rossa, quella di Ponte a Egola, dove il sabato mattina si tiene il
mercato settimanale. E allora tutto torna e ritorna. E il cerchio si
chiude.
In
conclusione è un libro di quelli da leggere, indipendentemente dalle
opinioni di ciascuno. Non è un accademico trattato di antropologia
socio-ideologica, ma idealmente si propone di diventare un testo di
riferimento. Lo si può leggere per ridere, ma anche per riflettere o
per ricordare i personaggi caratteristici, protagonisti di questa
stagione pontaegolese.
E'
un libro che va letto oggi, nel 2014, ma da tenere sullo scaffale,
nel ripiano dei “libri buoni”, e da rileggere fra qualche anno,
in maniera cadenzata, per poterne apprezzare, davvero, ogni sua
sfumatura.
di
Pilade Cantini, Eclettica Edizioni, 2014
Nessun commento:
Posta un commento