giovedì 19 marzo 2015

RAGIONAMENTO STORICO DI VANNUCCHI A GUCCI 2/5

SOMMARIO DEL LIBRO:


In questa pagina è proposta la trascrizione del Capitolo I [Introduzione alla patria e alla nobiltà il frontespizio] della pubblicazione curata da Antonio Maria Vannucchi, dal titolo Ragionamento storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia, edito presso la stamperia fiorentina di Gaetano Albizzini, nel 1758.
AVVERTENZA: Il carattere azzurro nelle parentesi quadre segnala il numero della pagina.

[09] RAGIONAMENTO ISTORICO

AL NOBIL GIOVANE
GIO. BATTISTA GUCCI

GENTILUOMO SAMMINIATESE

SOPRA LA NOBILTA' DELLA SUA PATRIA

E DELLA SUA FAMIGLIA

§.I.

I.
Quale, e quanto sia il pregio, in cui tener si debba, o nobil Giovane, la gentilezza del sangue, e la gloria ereditata dai maggiori, egli è soggetto di varia estimazione, nullameno nella opinione del volgo, che nel giudizio di coloro, che vengono riputati saggi. E lasciando stare il volgo, che grossamente pensa, nulla più valuteremo l'arte de' [10] Poeti, o degli Oratori, i quali favellano ad una certa materia popolare, e di affermare anzo una cosa, che l'altra, (h)anno per ragione l'opportunità del tempo, del luogo, della materia, e non sempre la verità. Imperciocché, se costoro ascoltate, ora vi parrà lo splendore del lignaggio un merito quasi divino, e come un partecipare dell'essenza de' celesti corpi degli Dei, e che manchi alla virtù più eccellente il più bello, e pregiato fiore, ov'essa non spunta da vecchio, e grande, e famoso tronco: ed al contrario, se direte alcuna fiata essere un'ombra, un sogno, ed un niente ciocché non è virtù e Che fu chiaro è colui, che per le splende, e come avvedutamente protestò quell'Ulisse, Et genus, & proavos, & qua non fecimus ipsi, Vix ea nostra puto...... ed eglino molte ragioni prendono in prestanza dai Filosofi. Tra i quali voi ben sapete, come la severità di alcuni dispogliò per fino del nome di bene qualunque obietto, trattone la virtù, e come questa sola circondò, ed afforzò di ogni titolo, e di ogni fregio: mentre quegli altri, mostrandosi più umani, tennero, e gli onori, e gli agi, e gli ajuti tutti del vivere in conto di qualche bene, quantunque [11] solamente esterno, e subordinato all'ultimo, e principale. Ed appunto da questo sommo bene, e dallo stabilirne prima la qualità, e la natura, dipende la decisione della presente disputa, rimasa ormai ad esercitar nelle scuole la sottigliezza, e l'ingegno degli studenti.

II.
Ma a sentenziare discretamente sulla nostra fa di mestieri, che più partitamente si ragioni, e si riguardi la nobiltà secondo varie, per così dire, vedute, ed aspetti differenti. E prima, quanto alla natura medesima del corpo, e dello spirito, chi dirà, che per la sola nobiltà del padre si tramandi alcuna cosa nel figlio, che lo distingua dal rimanere dei viventi? Questa prerogativa è manifesto non essere intrinseca, ed inerente al corpo, o all'animo, ma esser solamente nella opinione, nella consuetudine, e nelle leggi. Lande non si può la medesima dirittamente assomigliare alle fattezze degli animali, ed alla forma delle piante, che al principio loro sono rispondenti. Tuttavia concederemo, che la grandezza degli avoli possa divenire quasi continova naturalmente nei posteri, quando essa nacque dalle opere loro, le quali avessero radice, e forza nella naturale disposizione dei corpi. Siccome i Fisici avvertono, che una particolar tessitura delle sottilissime fibre, o del cervello, o del resto di questa macchina, ed un migliore, o disordinato moto dei fluidi, che [12] circolano per la medesima, fa ingegnosi o tardi, ricordevoli o smemorati, magnanimi o meschini, iracondi o pietosi, lieti o malinconici, aperti o cheti, forti o timidi, dolci, ed umani, o austeri, e crudeli. Le quali maniere noi vediamo sovente passar nei figlio dai genitori insieme colla somiglievole tessitura dei corpi: e queste non è da dubitare, che dispongano l'animo, e lo inclinino, o a vizio, o a virtù, sì fattamente però, che lo dispongano, ed inchinino solamente, non lo necessitino.

III.
L'educazione, o questa sì che può assaissimo a condurre dirittamente, o a travolgere il corso della vita, per le prime idee, e continue, anzi sovente uniche, le quali si presentano all'animo, e vi s'imprimono, raffermandosi negli atti replicati, e formando la consuetudine di operare. Quelli che non vederono mai altro, che bassi, ed umili oggetti, che non ascoltarono se non voci fregolate, e crude, che non furono circondati se non da sordidezza, e povertà, e non ebbero avanti, se non azioni vili, e dispregevoli, contraggono una certa ruggine, che si manifesta nell'angustia dei pensieri, nella ruvidezza del tratto, nella stravaganza, e picciolezza delle opere. A quelli poi, che incontrano col guado cose grandi, e gloriose, e di loro (h)anno piene sempre le orecchie, dilatasi per certo modo lo spirito, ed accendesi a confacevole imitazione.

IV.
[13] Lo che è vero nella vita eziandio tutta quanta. Che non era fanciulletto Pirro, quando di lui si disse Pirribus Achillides animosus imagine Patris? Né era giovannetto Fabio Massimo, né Scipione, quando in mirare le immagini dei loro maggiori si sentiro infiammare a prodi, e memorande imprese. E perciò noi sappiamo, come tra i Romani le case grandi avessero adorno l'atrio dell'effigie di antenati illustri a lung' ordine disposti, e come vi pendessero e cocchi, ed armi, ed altre spoglie di mano loro ai nemici tolte: dalla gloria delle quali dovea spiccarsi chiara luce di esempio, e vive fiamme di emulazione, o almeno di vergogna per colui, a cui elleno rinfacciassero ogni giorno la sua bassezza, per la cui ragione si avesse a dire, Heu antiqua Domus, quam dispari dominaris Domino!

V.
Avvegnaché egli è un nobile posto quasi in un grado più eccellente, a cui molti mirano, onde più agevole è l'incontrare il comun biasimo, ed il dispregio, se taluno sel merita; lo che nella umile condizione, e perciò poco riguardata, ed osservata, non succede. E la nobiltà, quale dovrebb'essere a tutti quei, che ne godono, tale è al popol tutto, che le opere dei nobili considera, vale a dire, una pietra di paragone, che dimostra senza [14] fallo a giusto esame delle opere medesime il pregio, ed il valore. Formato che sia una volta il giudicio, e scolpito nella memoria, chi lo cancellerà intieramente giammai? Come un tersissimo specchio, che per fumo, o somigliante bruttezza appannato, non racquista mai pienamente la chiarezza prima. Lande per gli uomini di onore non fa mestieri né di severe leggi, né del Magistrato rigido dei Censori, ma basta il grado loro, e la contemplazione della propria origine, a bene, e degnamente vivere.

VI.
Appresso alle quali massime vien quel principio del profondo Politico dei nostri tempi, che l'onore pose qual vincolo, sostegno, ed anima delle Monarchie. E ciò in vero a gran commendazione della nobiltà, senza la quale non pareva ad esso, che star potesse la reggia, e 'l trono, e l'ordine presente della società, e conseguentemente la tranquillità, e la felicità dei più ben colti popoli della terra. E ancor di noi, che in tale stato viviamo: benché io non segua del tutto le vestigia di sì gran'uomo, cui non pertanto vennero, ed ammiro. Poiché l'essere il più sovente la ragione interna del mantenimento, ed aggrandimento di uno stato Monarchico, e del moto, che ne agita, ed aggira tutte le parti, l'onore, ben lo concedo; ma non avervi luogo, e più volte non produrre ottime, e segnalate imprese ed utilissime, ancor la virtù, [15] l'amor del retto, e quel della patria, parmi doversi negare. Né io voglio, che se pochi esempli, e rari fanno temer talvolta somiglianti motivi al Monarca, perciò questi s'abbiano a sbandire da molti altri esempli, e frequenti, che debbono essere ad esso cari, e vantaggiosi. E per contraria guisa io penso, che nelle Repubbliche non sia sola la virtù, e l'amor della patria, e della vita frugale, e della egualità comune, che ne governi la sicurezza, e gli andamenti; ma quale, e quanta forza vi abbia la gloria, tutti ne parlano le Greche, e le Romane Storie. Oltrediché nel governo degli ottimati, o temperato da qualche autorità di popolo, o sovra di lui signoreggiante compiutamente, non è nocevole la brama di superare i compagni, ed eguali fuori nel valore, e grandezza delle opere, quando questa è oramai sparsa, ed accesa in tutti, ed ha ciascuno confacenti mezzi a render pago il desio, o a ciò tentare con pari forte che gli altri. Poiché voi ben vedete, o nobil Giovane, che dal contrasto vicendevole delle forze, sempre tendenti a vincere, e sempre rispinte, e rintuzzate per le contrarie, convien che nasca quell'equilibrio di azioni che di desidera a fare operare insieme tutti gli ottimati con egualità per la patria comune. Del rimanente dal nome stesso di ottimati, che suol essere ereditario nelle famiglie, si fa manifesto, come la nobiltà vantaggiosamente [16] possa formare un ordine primario nella Repubblica, e come sia stato giudicato, che la virtù de' padri si abbia a propagare intiera nella descendenza.

VII.
Alla qual cosa giovano le moderate ricchezze, che le più siate trovansi congiunte alla nobiltà. Poiché queste allontanano dalla bassezza, e sollevano a magnificenza, danno i comodi della vita onesta, e quelli di giovane altrui, e liberando dalla necessità, fanno luogo agli esercizj, ed alla coltura dell'animo.

VIII.
Adesso raccogliendo il mio lungo favellare, dico, che dee la nobiltà tanto aversi in pregio, quanto ella porge di soccorso a virtuosamente vivere, o recandone la maniera, o l'opportunità, o l'incitamento, o gli altri ajuti, o discostandone, siccome ella fa, gl'impedimenti. Onde meno tollerabile addiviene la stupidità, e follìa di coloro, che per essa levansi alto, e montano in superbia, quando e' dovrebbero anzi cagione avere di temer molto pel loro buon nome. Imperciocché eglino fanno, come colui, che si vantasse gran viaggiatore, perché soltanto ha i piedi agili, spediti, e gagliardi; o come quell'altro che si spacciasse un terribile lottatore, perché si sentisse robuste, e vigorose le braccia, benché il primo non mai si fosse mosso di casa sua, ed il secondo non avesse pur veduto di lontano il campo del cimento. [17] Così costoro si pavoneggiano de' soli mezzi, che ottennero senza studio loro, e senz'arte dalla natura, per addivenire lodevoli, e di ciò contenti, d'adoperargli, e di pervenire al disegnato fine, cioè, di esser lodevoli veracemente, mostrano di non curarsi. Quindi ciocché fu dato loro a proprio, ed altri vantaggio, eglino, o ristandosi oziosi dall'impegarlo, in biasimo fel volgono, ed in singolare discapito proprio, ed altri.

IX.
Ciò non accaderà (certo che io lo spero) a voi, che intendete sanamente nullameno le voci di chi vi ama tanto, che quelle dello stato vostro, della Patria, e de' maggiori. Conciosiaché, se congiuntamente le riceverete nell'animo, ne ritrarrete maraviglioso conforto a provacciarvi quella, che aver si può, onesta felicità: che mentre vi si pongono innanzi illustri esempli, verrete stimolato meglio a seguitarli per diritta via, lasciando da un de' lati l'inutile alterezza, che dispregia, ed è dispregiata, e dall'altro pusillanimità , che fa indegno rifiuto degli ornamenti, e dei presidj, cui natura diede. Per la qual cosa ho voluto io con questo Ragionamento quasi raccogliere tutte queste voci in un suono solo, acciocché sia più pieno, ed efficace. Ed egli dee valere eziandio ad opprimere il confuso rimbombo, e svantaggioso, che troppo si ode venir talvolta dai male [18] avvisati, o dai malevoli, e giungerla per avventura un qualche giorno fino alle menti degli uomini di miglior senno.

X.
Il quale allora massime si fe sentire, quando piacque all'Augustissimo nostro Sovrano di dare una giusta forma universale a tutto quanto l'ordine nobile della Toscana. Voi vi rammenterete, come la Legge del dì 1 Ottobre 1750 assegna primieramente il nome, e le prerogative di Città a quei soli luoghi, che degnamente portar ne possono ai giorni nostri il peso, e lo splendore. Quindi ne distingue come due generi, tolti da due rispondenti generi di nobiltà, che l'adornano. Questa in alcuna di tali Cittadi sovrastando, e per altissima dignità, e per antichità remota, venne inalzata, e distinta col titolo di Patriziato, rimanendosi gli altri semplicemente Nobili. Il qual ordine posteriore essendo solo infra molte altre concesso alla Città vostra; non è agevole a dirsi, come a chi non seppe troppo ben ragionare, o male era conoscitore delle cause delle leggi, parve cotesta Patria illustrata quasi di volgar fregio, e precario, e pieno di apparenti segni di novità: come se molti non fossero i fonti, da cui derivasi l'opinione della eccellenza, e le Leggi fossero la storia del passato, e non la norma dello avvenire; e come fe la Legge. Che non fece menzione alcuna di Fiesole, e di Chiusi, avesse perciò cancellato il nome di [19] esse dai vecchi monumenti, e tolti alla prima i tanti secoli, di cui fa pompa, e la potenza, che tenne avanti dei Romani, e con i medesimi; ed alla seconda il pregio (che già passò) di real fede, e di Capitale di uno dei dodici Popolo dell'Etruria: e finalmente come se ponendo, e Volterra, ed Arezzo, e Pisa, e Siena appresso a Firenze, abbia negato che quelle già fiorissero, e per grandezza, e maestà di mura, e per valore, e merito dei Cittadini, quando questa ancor non era un campo arato, o una ripa di fiume, od un villaggio. L'antico stato, non da quello de' giorni nostri, né dai moderni provvedimenti delle Leggi, ma degli Scrittori delle trapassate cose, dalle cartapecore, ed altrettali memorie, vuolsi ricavare. Le quali ricercando accuratamente ardisco dire della vostra Patria, che nei tempi, che di mezzo si appellano, e dentro gli ultimi settecento anni, o per ampiezza, e per potenza, o per alleanze, e per affari con remoti popoli, o pel giudicio fattone da gran Sovrani, o per lo splendore delle famiglie, o per tanti fatti ragguardevoli, e degni di ricordanza, ella niente cede alle più onorate, e più distinte.

XI.
Alla forte nostra Patria comune fu quella della Famiglia. Una vostra sorella era omai prender l'abito religioso in un cospicuo Monastero di Firenze. Eccoti un'incerta voce senz'autore gettata, e senza [20] veruna considerazione accolta in animi mobili, e sospettosi, non esser ella Nobile. Perloché, siccome conviene in sì fatte cose, la savia Giovane cedé alla fortuna, e provvide volentieri alla sua quiete, che pel decoro suo, ed onoranza, ne fu assai riparata dal giudicio di altro Monastero di egual condizione, appresso il quale fu ella meglio conosciuta, ed estimata. Tuttavia fa d'uopo disingannare il Mondo, e palesare la verità, ove brutto è il tacere, ed esposto a suspizione d'infamia. E questo hammi accresciuto stimolo a dovere sotto gli occhi porvi alcune brevi memorie, che appartengono alle cose della vostra Patria, e del vostro lignaggio. Nel che io non intesi di tessere una storia, né di delinearne una compiuta immagine, ma solo di preseverarne in compendio alcuni tratti; i quali mentre servono ad ismentire chi giudica senza troppo considerar di che, serviranno a Voi per dimostrarvi quale vi conviene d'essere appresso i vostri, che furono nei tempi andati Nobili per virtù, e per laudevoli azioni.


Antonio Maria Vannucchi, Ragionamento storico al nobil giovane Gio. Battista Gucci gentiluomo samminiatese sopra la nobiltà della sua patria e della sua famiglia, Stamperia Gaetano Albizzini, Firenze 1758, frontespizio.

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