di
Giancarlo Pertici
Il
"mio" PALIO di SAN ROCCO.
Altro spaccato della nostra storia straordinaria che ha lasciato tracce indelebili nella nostra memoria, ma anche nei luoghi, che rischia di perdersi se non diventa memoria condivisa. Solo un piccolo flash con gli occhi di un 17enne alle prese con le difficoltà della vita.
Il
primo Palio da me vissuto, anche se distrattamente, è quello del
'63. Da poco uscito di Seminario ed impegnato sopratutto a studiare
per l'esame di ammissione alla 2° classe di Ragioneria.
Altra storia quella del '64, con una partecipazione attiva, direi quasi rabbiosa, quella mia, a tutti i giochi di quel Palio, proprio lì in Piazza de' Polli, quasi fosse una disfida all'ultimo sangue, iniziando dal primo gioco, senza risparmio. Ben visibile e tangibile, anche il giorno dopo, quel primo risultato. Un dolore lancinante all'osso sacro, dopo aver sbattuto il 'culo' sulle lastre, per aver fallito la mira e lasciato intatto il Cocomero. Questo il primo gioco in ballo. Il perché del risultato ben lo sapevo, e ben lo ricordo anche oggi a distanza di 50 anni: una cocente delusione d'amore, da sbollire e da esorcizzare al più presto.
Altra storia quella del '64, con una partecipazione attiva, direi quasi rabbiosa, quella mia, a tutti i giochi di quel Palio, proprio lì in Piazza de' Polli, quasi fosse una disfida all'ultimo sangue, iniziando dal primo gioco, senza risparmio. Ben visibile e tangibile, anche il giorno dopo, quel primo risultato. Un dolore lancinante all'osso sacro, dopo aver sbattuto il 'culo' sulle lastre, per aver fallito la mira e lasciato intatto il Cocomero. Questo il primo gioco in ballo. Il perché del risultato ben lo sapevo, e ben lo ricordo anche oggi a distanza di 50 anni: una cocente delusione d'amore, da sbollire e da esorcizzare al più presto.
Estate, quella del '64, impegnata sopratutto a riparare un anno scolastico disastroso, dovuto anche al cambio di scuola. Quell'anno, per l'intera estate, al mare ci va mamma che ne ha bisogno urgente, causa gravi problemi di salute, portandosi dietro mia sorella Maurizia. Destinazione Torre del Lago, casetta proprio sulla spiaggia: Bagno Bruri. Vacanza che per me è limitata alla prima settimana di Luglio, forse qualche giorno in più, e che risulta fatale. La causa? La musica di Adamo e l'incontro con Anna, 'ragazza da sogno'. Così almeno a me sembra... per un amore a prima vista, quello mio! Tanto che conservo ancora oggi nella memoria tracce di singoli episodi... sul mare, in passeggiata, in pineta, al bar, ogni dove, ovunque questa Anna, con i suoi 14 anni, avesse il permesso di uscire con me 17enne, mentre conservo memoria delle canzoni di Adamo di quel momento: inconfondibile colonna sonora di quella estate.
Estate
che si allunga, ben oltre quella settimana, nelle ripetute trasferte
da San Miniato fino in Garfagnana, con la complicità interessata di
un amico, che condivide con me quel viaggio nell'avventura, con la
sua 600 Abarth, per un'amica di Anna che ha conosciuto. Tutte le
domeniche, senza tralasciarne una, fino quell'ultima, quando 'lei'
che mai ha realmente risposto alle mie 'avances', mi annuncia di
essersi fidanzata con un certo Giorgio, dopo che lui ha chiesto
ufficialmente la sua mano. - "Si è fidanzata con un
'vecchio'... 21 anni addirittura!!" - il primo rabbioso
pensiero. Con quel tipo che avevo giudicato inoffensivo e che mi
ritrovavo sempre tra i piedi. - "Proprio vecchio... addirittura
di capelli rossi... anche brutto!" - Constatazione che non
riesce a placare la mia delusione in quel tormentato viaggio di
ritorno, a tutta velocità, verso San Miniato, io deciso a dedicarmi
anima e corpo allo studio, mentre l'amico/complice ritorna dalla sua
lei, che mai ha smesso di aspettarlo.
Il
ritorno coincide proprio con l'inizio del Palio di San Rocco, in una
Piazza de' Polli tutta attrezzata. Immenso il Palco allestito
nell'ultimo tratto della discesa di Santo Stefano, all'altezza della
latteria del Branzi, a sfruttare pendenza e altezza, per renderlo ben
visibile da ogni punto della piazza, da San Rocco al bar Micheletti e
nei dintorni di Canapone. Palco da dove si annunciano i giochi, si
proclamano i vincitori, e da dove si allieta la serata con espedienti
di ogni tipo, orchestra compresa, il QUINTETTO GIAIO, e sotto la
sapiente regia del maestro Buggiani, presentatore d'eccezione.
La sede pratica e organizzativa al Circolino, in via Paolo Maioli, davanti a casa Lotti e al Vicolo del Bellorino... per chi non fosse pratico di San Miniato anni '50 e '60. Da lì tutto parte e tutto prende forma e corpo per mano di un gruppo di volontari che riportano in vita il Palio dopo anni di oblio, dovuto non solo al passaggio della guerra. Tra questi il maestro Dilvo Lotti a riportare in vita e a suggerire usanze e tradizioni. Rino Gazzarrini, il barbiere, e Giuliano Marmugi, conosciuto da tutti per "Fischio d'Oro", instancabili promotori ed organizzatori che catalizzano anche lo sforzo e l'aiuto da tanti e tante volontarie, e la partecipazione entusiasta e attiva di giovani e ragazzi nei giochi a loro dedicati.
La sede pratica e organizzativa al Circolino, in via Paolo Maioli, davanti a casa Lotti e al Vicolo del Bellorino... per chi non fosse pratico di San Miniato anni '50 e '60. Da lì tutto parte e tutto prende forma e corpo per mano di un gruppo di volontari che riportano in vita il Palio dopo anni di oblio, dovuto non solo al passaggio della guerra. Tra questi il maestro Dilvo Lotti a riportare in vita e a suggerire usanze e tradizioni. Rino Gazzarrini, il barbiere, e Giuliano Marmugi, conosciuto da tutti per "Fischio d'Oro", instancabili promotori ed organizzatori che catalizzano anche lo sforzo e l'aiuto da tanti e tante volontarie, e la partecipazione entusiasta e attiva di giovani e ragazzi nei giochi a loro dedicati.
Ed
è proprio partendo dal Circolino che la prima sera mi ritrovo tra il
gruppetto che, salendo sul palco, deve affrontare una Padella nera di
pece e fuliggine, appesa per un filo, con sul fondo appiccicata una
moneta da 500 lire, in argento. Mani dietro la schiena ad inseguire
una padella ballerina ed una moneta impossibile, almeno per me, da
addentare, tra le risate, gli sghignazzi e gli sberleffi lanciati
senza freni da quel gruppetto di amici, quelli che, lavorando, ora
sono in ferie, ma che non se ne sono andati da qualche parte, come
l'anno avanti e quello avanti ancora. Tutti insieme e, anche a turno,
a tentare la sorte, con distinzione netta fra 'delusi' e 'vogliosi'.
Questi ultimi certi della strategia giusta per arrivare ad arraffare
le 500 lire d'argento. L'unica vera differenza tra i primi e i
secondi è nel colore, variabile dal 'fuliggine' al 'cenere', quali
diverse tonalità di nero, ad imbrattare in assoluta fantasia i musi
di quelli 'delusi' ma sorridenti nonostante tutto. E a chiusura della
serata quella rincorsa rabbiosa, quasi a voler spaccare il mondo,
avventandomi convinto su quel cocomero che non fa nulla per
scansarmi, ma sul quale non atterro, come sperato, troppo preso come
sono a prendere velocità... troppa, tanto da andare direttamente
oltre.
Che
mal di culo anche il giorno dopo! Quando il gruppo si ricompatta
verso sera, la Musica padrona del campo sul Palco allestito proprio
sotto il terrazzino delle sorelle Giampieri, bidelle dell'Avviamento,
che non si perdono una serata dalla loro postazione privilegiata. E
sul palco a suonare, sotto la direzione del maestro Buggiani, il
"Quintetto Gaio", giovani di sicuro avvenire, a fare da
colonna sonora ai giochi abilmente presentati dal 'duo delle
meraviglie': Rino il barbiere e 'Fischio d'Oro'. Successo assicurato
anche quando 'Smeriglio' sale a proporre la sua versione francese
dell'ultimo successo di Francoise Hardy : "Tous les garcons et
les filles de mon age". Sotto lo sguardo vigile e compiaciuto di
Zefferi padre, la cui presenza consiglia risate e pernacchie
contenute e anche sommesse, che il gruppetto, di amici dispettosi,
non lesina. Pernacchie e sberleffi, in parte coperte dalla musica del
Quintetto Gaio costretto, quando a 'rincorrere', quando ad aspettare,
l'esibizione di Smeriglio, conosciuto, già a quel tempo, anche come
Squalo, che annuncia, a fine esibizione, addirittura il suo prossimo
viaggio a Milano per un'audizione, presso una importante casa
discografica. Della quale mai si saprà nulla di ufficiale e di
preciso, anche se arriverà, agli orecchi di amici ben informati, che
siano stati congedati, a quanto pare, con modi poco gentili.
La serata finale, intensa in tutte le sue manifestazioni, che inizia già nel pomeriggio per finire a serata inoltrata e noi ragazzi, madidi di sudore e imbrattati di tutto, a scherzare e ridere, seduti per terra, oramai 'fatti' senza possibilità di recupero, a riprendere fiato, sul muretto di cinta di Canapone, raccontandosi e rivivendo l'intera giornata, ma anche quella avanti. Non seguendo un ordine cronologico, ma a seconda di chi principia a parlare.
- "Io mi sono arreso al secondo tentativo! Se c'avessi avuto i pantaloni lunghi, forse!" - fa Franceschino di Gnoppa, uno dei più piccini. Ha tentato la sorte il pomeriggio che è stato innalzato l'Albero della Cuccagna, proprio davanti al Palco, con in cima una ruota di carro tutta addobbata di salami, salsicce, finocchione, una spalla e un prosciutto, e sacchetti a sorpresa. Anche Cione! come poteva mancare! Ha tentato la sorte, unendosi ai ragazzotti di turno e non solo quelli dello Scioa.
Vincitore
assoluto un moretto di Shangai, visibilmente attratto dal prosciutto,
il premio più ambito, di cui, mentre ce ne stiamo lì a
bischereggiare, si sta gustando l'ennesimo panino, anche se è tardi.
- "Oh che non ti aspettano a casa?" - la mia istintiva
domanda a questo rabacchiotto, dall'età apparente di 12/13 anni, non
di più. - "Mam..ma e babbo ssono ancora al Circolo per la
chio.chio..ccio..lata!" - la risposta farfugliata tra un boccone
e l'altro. È al Circolino che si gioca in bellezza la chiusura di
quella giornata e dell'intero Palio di San Rocco, con una
chiocciolata organizzata dalle donne. Mani abili e sapienti, quelle
della Lotti, dispensiera del circolo, e di Elsa, la moglie di
Gallina, non certo sole, ma aiutate da figli e amici. Solo io sono
solo. Mamma al mare. Babbo che ha sempre timore di perdersi un giorno
di lavoro e che non se ne prende mai uno di riposo, se non per il
calcio. E tra i festeggiati anche le squadre, quasi tutti i
componenti del "tiro alla fune", dei Dilaisti e dei
Diquaisti. Tutto apparecchiato in giardino e sulla pista da ballo
dalle mattonelle di graniglia: tavoloni su caprette, rivestiti con
tovaglie d'incerato colorate. A servire anche Zia Pia, assieme a
Giovanna la Moncalvini, Isola la moglie di Boghe, la Zucchelli, la
moglie di Rino e Irene.
In
quella serata finale più prove del TIRO ALLA FUNE, a squadre
contrapposte a contendersi il primato, giusto in piazza tra Canapone
e il palco, tra strattoni, capitomboli, puntate di piedi, tra il riso
e il sorriso, nessun tipo di arrabbiatura, neppure a sconfitta
decretata e a mani sanguinanti, col culo per terra. C'erano tutti i
più grossi, qualcuno anche 'forestiero' ossia del 'suburbio' come un
Taddei del Nocicchio, poi i due Bighero sia Gianfranco che suo
cugino, Fiore, il Marchetti samminiatese acquisito, Edo e Paolo dei
Bulleri, Cione anche se leggerino, Vittorio il Matteucci, il
Bertucci, Francone, Acciuga, Gasparri il figliolo di Cionce, Giuseppe
Cai, Remo, Giancarlo il figliolo del Morino. Non tutti abituati ad
usare la forza, ma ugualmente vogliosi di mettersi in gioco giusto
per divertirsi e far divertire. Niente di più. Divertimento
garantito, neppure ricordo, e non è mai stato importante, chi abbia
vinto quell'anno, anche perché il Palio si assegna con la "CORSA
DEI SACCHI", quella appena conclusa, noi a riposarsi, culo per
terra. Io, ginocchia sbucciate e mani e noccole spellate, a ripensare
all'ultima fatica appena conclusa, in maniera ingloriosa fra gli
ultimi.
Partenza da Piazzetta di Pancole appena dopo cena, alla luce fioca dei lampioni che indicano appena la direzione, ma non le buche e le zannelle, anche se aiutati dal riverbero delle luci accese in casa. I più, affacciati alle finestre o ai pochi balconi presenti per non perdersi l'ultima fatica di quel palio. Io con la mente ben altrove, quando, imprevista e improvvisa irrompe nell'aria una musica, per me ben conosciuta, a riportarmi proprio ad appena alla domenica avanti. È l'ultima canzone di Adamo, "Non voglio nascondermi", a riportarmi con prepotenza in Garfagnana. Pare sia la 'Pippotta' col suo giradischi ad aver dato il via alla serata, nel momento in cui il 'mossiere', Rino il barbiere, lancia la sfida con l'ordine: - " Uno due pronti VIAAA". - Ed io, a saltelli corti, tento d'avanzare, le caviglie bloccate in fondo al sacco, le ginocchia sollecitate ad ogni zannella, ad ogni buca o irregolarità del percorso di lastre in pietra, nella speranza di trovare il giusto ritmo, mentre mentalmente sono a ripetere melodia e ritornello... - " dei tuoi capricci sono stanco.." - quando i piedi inciampano nel sacco impigliato tra due lastre. Una ginocchiata senza il tempo di un gesto a difesa, appena davanti al palazzo del Cecchi.
È
un attimo! Mi ritrovo ultimo. Senza dare ascolto al dolore, mi
rituffo nella corsa.. la rabbia aiuta a tirar fuori la forza e ad
inventare un precario equilibrio, quando davanti al palazzo della
Briccola, dopo aver raggiunto il gruppo, le ginocchia cedono
all'improvviso. Pronto dò lando al sacco e, mani avanti, atterro.
Peggio di prima, con le mani sanguinanti a sorreggere il sacco per un
lembo, ad inseguire il gruppetto di testa già davanti al
Circolino... - "come ladri nella notte" - Dilvo non
risparmia incoraggiamenti a nessuno, mentre il gruppone degli amici
sono lì pronti a sfottere, anche se pronti ad aiutare in caso di
bisogno, appoggiati al muro, a fare strada, ora rischiarata dalle
luci della festa, che addobbano davanzali e balconi, da lì fino in
Piazza de' Polli. Davanti a casa Braschi, l'ultimo atterraggio, il
più inglorioso. A terra come un sacco di patate, mentre sto
biascicando tra me e me .. - "come un amante rubare i baci tuoi
che sono suoi" - Non ho mai ben distinto quale fosse il dolore
più acuto in quel momento.
Che
ci fai costì imbambolato? - È Ginina, mia cugina, che arriva in
soccorso sempre al momento giusto, quello dei ricordi che stanno per
sopraffarmi. Non una domanda la sua, un invito, quasi un ordine a
riportarmi alla semplice quotidianità. - Hai cenato? - Una vicinanza
la sua, mentre mi prende sottobraccio, a trasmettere, con un leggero
e gradevole tepore epidermico, anche sicurezza. - Ora ci facciamo una
bella chiocciolata! Preferisci vino o birra? - Quella sera, complice
il caldo di metà agosto, sperimento una gradevole sbronza da birra,
leggera, ma terapeutica.
Il gioco con il cocomero da schiacciare
Foto di Francesco Fiumalbi
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