sabato 5 dicembre 2015

ADDSM – 892, 3 OTTOBRE – PIEVE DI CORAZZANO, IL PRIMO DOCUMENTO – COMMENTO

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ARCHIVIO DOCUMENTARIO DIGITALE DI SAN MINIATO [ADDSM]
892, 3 OTTOBRE – Pieve di Corazzano, il primo documento.

a cura di Francesco Fiumalbi

In questa pagina è proposto il commento del documento conservato presso l'Archivio Arcivescovile di Lucca, Diplomatico Antico, ††Q.53, e pubblicato in D. Barsocchini, Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, Tomo V, parte II, Lucca, 1837, doc. CMLXXXI, p. 606. CLICCA QUI PER LA TRASCRIZIONE
Questo documento è assai interessante in quanto rappresenta la prima attestazione scritta relativa alla Pieve di Corazzano. Fu redatto a Lucca il 3 ottobre dell'anno 892.

LA PIEVE E IL SUO TITOLO
L'atto rappresenta la prima attestazione documentaria della Pieve di Corazzano alla fine de IX secolo, ma è probabile che la pieve fosse stata fondata già nei secoli V-VI. La prima attestazione della località Quarantiana (da cui il nome di Corazzano) è invece dell'anno 767, come abbiamo visto nel post ADDSM – 767, SETTEMBRE – CORAZZANO IL PRIMO DOCUMENTO – TRASCRIZIONE E COMMENTO.
La Pieve di Corazzano è assai importante in Valdegola, poiché nei pressi di tale chiesa aveva sede una curtis, una sorta di antesignana dell'azienda agricola, che costituiva anche l'unità insediativa minima nelle campagne dell'epoca. Era sotto il controllo diretto del Vescovo di Lucca, e risulta documentata fra l'VIII e il X secolo.
La Pieve inoltre viene indicata col titolo di Santa Maria. Essendo una pieve, era dotata del fonte battesimale, ed aveva certamente una doppia intitolazione, a Santa Maria e a San Giovanni Battista, che però è omessa nel documento. Tuttavia, la dedica a San Giovanni Battista prevarrà nel corso dei secoli, tanto che ancora oggi per indicare la chiesa si dice “Pieve di San Giovanni Battista di Corazzano”.
Un po' come per la prima attestazione della coeva Pieve di San Saturnino di Fabbrica (si veda ADDSM - 867, 14 dicembre - AAL - S. Saturnino TRASCRIZIONE - COMMENTO), anche in questo atto la documentazione della pieve è un fatto secondario rispetto all'oggetto dell'atto, ovvero la cessione a livello di una abitazione.

L'ATTO E I PROTAGONISTI
Con questo atto un tale Adalfredo del fu Benedetto dichiara di aver ricevuto dal Vescovo di Lucca Gherardo I (in carica dall'869 all'895) un'abitazione a livello, situata in località Titulo nei pressi della Pieve di Santa Maria a Quarantiana. Il documento è, dunque, di tipo “passivo”, cioè richiama l'atto “attivo”, andato probabilmente perduto, con cui il Vescovo aveva disposto la cessione della casa ad Adalfredo. Il documento “attivo” citato da Adalfredo nell'atto è una cosiddetta cartula livelli, ovvero una sorta di contratto in un cui veniva ceduto un immobile "a livello", una sorta di antesignano contratto di affitto, simile all'enfiteusi.
La cessione del bene era di tipo oneroso, infatti Adalfredo doveva pagare un canone annuo pari a 36 buoni denari d'argento, da corrispondere direttamente alla Pieve di Corazzano. Non essendo fissato un termine prestabilito, il contratto avrebbe continuato a valere anche per gli eredi di Adalfredo e per i successori del Vescovo Gherardo. Se una delle parti avesse contravvenuto ai termini del contratto, la penale da pagare sarebbe stata di 30 denari d'argento.

L'ABITAZIONE
La casa oggetto dell'atto si trovava in località Titulo, che dalla toponomastica odierna, non è possibile individuare. Certamente era in Valdegola, nel territorio giurisdizionale della Pieve di Corazzano, ma non sono specificati ulteriori elementi per poterla collocare con precisione sul territorio. Era pertinentes alla chiesa, per cui possiamo intuire che facesse parte del patrimonio immobiliare della stessa, che comunque faceva capo al Vescovo.
L'abitazione viene descritta composta di fundamento et edificio suo. Tale precisazione indicava che la casa era "completa", cioè si componeva di una parte di fondazione e una parte in elevazione. Oggi una tale puntualizzazione può far sorridere, ma si trattava di “dettagli” che all'epoca non erano così scontati. Durante i recenti scavi archeologici nei pressi di Balconevisi in Valdegola, è stato appurato che le abitazioni nelle zone rurali, addirittura fino agli inizi del '300 (500 anni dopo la sottoscrizione del documento in oggetto!), avevano ancora una conformazione “arcaica”. Le abitazioni della zona prendevano corpo su di una sorta di perimetro di fondazione sagomato nelle sabbie compatte (comunemente detto "tufo"), su cui appoggiavano gli elementi strutturali in legno, a loro volta "tamponati" con graticci e argilla. Erano case modestissime, appena dei ripari, fatte di legno e terra, che di solito siamo portati ad associare al periodo preistorico. D'altra parte, l'assoluto stato di povertà e l'impossibilità di reperire materiali più duraturi come la pietra, spesso non permettevano condizioni abitative migliori. Nei documenti, quando era presente solamente lo zoccolo di fondazione e non la struttura in elevazione, tale manufatto non poteva essere definito “casa”, ma prendeva il nome di “casalino”.
Tuttavia questa sembra essere un'abitazione “buona” ed aveva anche dei terreni pertinenziali coltivati ad orto e tenuti a oliveta. Infatti il censo annuo, 36 buoni denari d'argento, non è così modesto.

La Pieve di Corazzano
Foto di Francesco Fiumalbi

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