martedì 1 dicembre 2015

LE SORELLE CEI, FIASCAIE AL SASSO - Racconto di Giancarlo Pertici


Già mamma mi ci aveva abituato a camminare fin da piccino. Avrò avuto forse tre anni, forse anche meno, quella prima volta che mi portò con sé al camposanto. E così era ogni domenica pomeriggio! Liturgia irrinunciabile a far visita ai morti di casa, quelli dell'ultima guerra, partendo da piazza dell'ospedale fino al camposanto, sulla via verso La Catena. Percorso previsto a tappe, a fermarsi quasi ad ogni uscio a salutare, sia all'andata sia al ritorno, che aveva irrobustito le mie gambe, avvezzandole alle lunghe camminate.

Con nonno, il mi' nonno Nuti, a scuole chiuse, con l'inizio dell'estate - la prima forse quella del '53 - a giorni alterni, nel pomeriggio si andava sempre da qualche parte. Una girata, con la scusa di una visita a qualcuno, quasi sempre nei paraggi, in campagna, all'aria aperta. Escluso il giorno di mercato, gli altri giorni, a sorte, andavamo secondo le maggiori richieste che misuravamo col calore dei saluti di congedo che terminavano tutti o quasi con la frase - quasi un motto - "Tornate presto!" - ben scandito e ripetuto, a scanso di equivoci. Qualche volta, ma raramente, anche perché troppo vicino e perché le donne sempre impegnate nei campi, e se il tempo non prometteva nulla di buono, si andava da zio Cesare, appena sotto il sanatorio.

Poi era la volta di Vestro in quel poderetto a confine con quello di Vergella, tutto poggio, che si affacciava sulla valle del Sasso. Immancabile la girata fin quasi a Calenzano, casa Mancini, su quel poggetto, ultima rampa prima del falsopiano che conduceva alla chiesa e al paese. Le donne di casa sempre nei dintorni, tra l'orto e l'aia tra polli e coniglioli, a darci il benvenuto. Un bicchiere d'acqua fresca appena attinta al pozzo e per merenda, due fette di pane di quello fatto in casa, raramente fresco. Ma così saporito! imbottito di spalla o di salame. Per nonno invece un bel gotto di vino, di quello rosso, ultima vendemmia, che il Nuti non disdegnava mai... sembrava quasi lo aspirasse. Giù tutto d'un fiato! Una sorta di sospiro che finiva con un "... Aaahhhhh !!" soddisfatto e prolungato. Non ho mai saputo il nome della padrona di casa, forse nemmeno nonno lo sapeva se, nell'incamminarci mi annunciava ogni volta - " Si va da quella donna che ci dice sempre tornate! "

Infine arrivava il giorno che prendevamo per la via del Sasso. Appena ad inizio pomeriggio, passando da dentro l'ospedale, per quella sorta di scorciatoia che dalle cucine portava alla stanza mortuaria, ma anche alla discesa verso Pian delle Fornaci. Il bivio della via del Sasso a poche decine di metri. A quell'ora, sopratutto il primo tratto che portava fino dal Casalini, scavato a ridosso al ciglione, lo facevamo lentamente, mai a passo svelto, per godere appieno dell'ombra di roghi e ulivi. Mano per la mano con nonno, se eravamo per la via maestra. Ma non per la via del Sasso; pochi i barrocci, raro qualche camioncino che si annunciava sempre a clacson spiegato.

Ogni tanto una sosta, a sedere su un muricciolo, per il giusto riposino di cui nonno aveva bisogno in virtù dell'età e dell'ernia, mentre mi raccontava di sé, della sua infanzia, della sua locanda, oppure di quel fantomatico Tonino che, nella sua Firenzuola, combinava un guaio ogni giorno. Era un camminare piacevole. Neppure me ne accorgevo di salite, di scalini, di fosse da saltare, preso come ero da quelle storie, tutte vere, che mi affascinavano e delle quali mi è rimasto solo l'atmosfera e qualche immagine. Facile arrivare fino in fondo al Sasso, su quell'aia, a poche centinaia di metri dalla via maestra, da dove si sentivano transitare camion, pulman e macchine, o dirette a Empoli o dirette a La Scala. E su quell'aia, in un angolo, tra il fienile e la casa, una sorta di tettoia proprio davanti all'uscio della stalla, quale laboratorio di impagliatura dei fiaschi. Le due sorelle Cei sempre al lavoro, a qualunque ora arrivassimo, anche se quasi sempre si trattava dell'ora adatta alla merenda.

- "Benvenuto Nuti, ciao nini!" - Quasi sempre questo il saluto di benvenuto delle sorelle, caloroso, sincero, senza mai staccare gli occhi dal fiasco tenuto stretto in grembo. Tutte intente nel lavoro, mani ed occhi esperti ad intrecciare e a tessere le solite trame, ma orecchi e lingua in funzione, mai sole. Sotto quella tettoia, sia in estate che in inverno, tante seggioline disposte a semicerchio. Seggiole vecchie, le zampe segate a metà, per renderle adatte al lavoro. Ce ne sono sempre per tutti, ad ospitare amici, passanti, i vecchi di casa. Tutti lì a ingannare il tempo, due chiacchiere, e a strappare l'ultima notizia. E le sorelle, un fiasco per volta, a svuotare il carretto dei fiaschi nudi e a riempirli di quelli con la veste nuova. - " Siediti accanto a me nini!" - Sempre tra le due sorelle. Posto d'onore. Mi pare di essere accanto a nonno mentre lavora al deschetto, stessa seggiolina, una scarpa in grembo a cucire di lesina; le sorelle Cei, il fiasco in grembo e l'ago lungo da 'sala' in mano.

Liturgie simili. Ogni volta lo stesso rituale, imparato quasi a memoria, da un fiasco nudo, come dal sarto, tutto su misura. Ogni fiasco diverso dall'altro. Intanto la radio in sottofondo trasmette le ultime canzoni. Finché il frinire del 'Grillo', che annuncia l'ultima edizione del Gazzettino Toscano, zittisce tutti, per le ultime notizie, quelle vere. Gli occhi, i miei, ipnotizzati da quei gesti, quasi non avverto il chiacchiericcio in sottofondo ... stasera gli uomini a dare di nuovo il rame alle viti... Occhi presi da quel lavoro che inizia dalla base, una specie di cipolla, un intreccio di sala, di quella scadente. Base di appoggio del fiasco, a protezione del vetro e a garantirne l'equilibrio. -"...ma l'ha trovato il lavoro la tu' figliola? l'hanno presa alla Saiat? "- ...Poi una fasciatura interna di 'sala' partendo dal 'nocciolo', si chiama così la cipolla, a proteggere tutta la pancia del fiasco. Quindi il lavoro più affascinante a creare, trillando 'salicchio' e 'sala', trecce sottili e resistenti. -"...l'hai saputa l'ultima, quella della figliola di..." - solo un cenno senza pronunciare quel nome, per non compromettersi - "oh che non gli andavano bene i nostri giovanotti? È andata a cercarsene uno forestiero. Sembra sia di Lontraino..."

- Una treccia a formare una specie di colletto all'altezza delle 'spalle' del fiasco. Un'altra fissata al colletto per formare un manico, come si trattasse di una borsa della spesa. Nel mezzo il rivestimento esterno, dal 'nocciolo' al 'colletto', un filo di sala per volta. Movimenti precisi, studiati, a scegliere il filo giusto, a rasare testa e coda per una lunghezza uniforme. Un doppio passaggio con l'ago nel nocciolo. La tensione uniforme fino al colletto... -" ti va bene pane e spalla per merenda?..."- Addento quel panino ad occhi socchiusi, ma attenti alla ripiegatura, al fissaggio sul nocciolo. Un filo alla volta. Senza lasciare luce tra un filo e l'altro. Usando fili di sala, uniformi per colore. Un fiasco per volta, dal carretto nudi, che ritornano nel carretto vestiti. -"...in questo fiasco c'è l'acqua fresca appena attinta al pozzo." - A volte li conto, tutti a castello... -"..quando parte il tu' Cecco per il militare?..." - è un brusio, quasi indistinto, per me che sono preso da ogni mossa e da ogni commento, nel quale le sorelle accompagnano ogni gesto e rispondono a ogni mia domanda.

Quando riprendiamo il cammino, diretti verso casa, il gruppetto sotto la tettoia è sempre al completo anche se, via via sono cambiati gli attori. Chi va e chi viene sopratutto fra i vecchi di casa, mai dispensati da compiti vari nell'orto o nella stalla. Il percorso di ritorno verso casa, tutto in salita, ha due varianti che improvvisiamo di volta in volta. Uno passando da San Lorenzo e dal Poggio, l'altro prendendo sotto San Pietro alle Fonti per quel vicolo che porta fino a Pancole. Percorso in salita con soste quasi ad ogni curva, mentre nonno racconta, e commenta le ultime novità appena sentite dalle sorelle Cei. E io a porre i miei perché su tutto o quasi, quando si riprende il cammino fino al muricciolo successivo, o alla pietra miliare a bordo strada. Buono quel vinello! Ci torniamo presto. E su fino a casa, che mamma è in attesa per lavarmi e mettermi a tavola. È quasi l'ora di cena.



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