martedì 1 dicembre 2015

SAN MINIATO IN “THE ROAD OF TUSCANY” DI M. H. HEWLETT

a cura di Francesco Fiumalbi

In questa pagina è proposto il testo dedicato a San Miniato, contenuto all'interno del libro di M. H. Hewlett dal titolo The Road in Tuscany e pubblicato a New York e Londra nel 1904. Si ringrazia l'amico Carlo Pagliai, autore e curatore del sito Della Storia d'Empoli, per la segnalazione.

Maurice Hanry Hewlett è stato un poeta e romanziere inglese, nato a Weibridge nella contea di Surrey, nel 1861. Morì a Broadchalke, nei pressi di Salisbury, nel sud dell'Inghilterra, nel 1923. Fu autore di romanzi “storici”, molti dei quali ambientati nel medioevo inglese, ma anche in Italia, di cui era ottimo conoscitore, grazie anche alla sua attività di saggista e traduttore.
Fra le sue opere narrative, compare anche una vera e propria “guida” della Toscana, The Road in Tuscany. Una guida un po' speciale, una vera e propria esplorazione, alla scoperta della storia toscana, offerta dal punto di vista di un erudito viaggiatore inglese della fine del XIX secolo, animato dal più puro spirito romantico. Si tratta di un “commentario”, come tiene a precisare l'autore, ovvero di una serie di dissertazioni sulla storia, sulle bellezze artistiche e sulla letteratura toscana. Il tutto organizzato secondo la logica del viaggio e, dunque, anche della strada, intesa sia come infrastruttura per garantire gli spostamenti, ma anche come luogo di incontro con la popolazione locale e punto di vista privilegiato per osservare i centri raggiunti. Da qui il titolo The Road in Tuscany. Insomma, si tratta di un vero e proprio odeporico.

L'opera di Hewlett si compone di due volumi. Il primo è incentrato sulla città di Firenze e i suoi dintorni, oltre a Lucca, alla Garfagnana, alla Lunigiana e alla costa fra La Spezia e la Versilia. Nel secondo volume l'attenzione si sposta su Pisa, e poi sulla Valdelsa, prima di passare a descrivere Siena, Volterra, e poi Grosseto, la Val di Chiana e Arezzo. Ed è proprio in questa “seconda parte” del viaggio, nella “tappa” da Pisa a Certaldo, che Hewlett dedica circa quattro pagine anche a San Miniato, che egli menziona come “San Miniato–of–the–Germans”, tradotto nel testo in San Miniato dei Tedeschi, più o meno l'equivalente del nostro “San Miniato al Tedesco”.

M. H. Hewlett, The Road in Tuscany,
The Mac Millian Company, Londra - New York, 1904
Frontespizio

A San Miniato, Hewlett, giunge da Pisa, percorrendo quella che oggi è la Strada Statale n. 67 Tosco-Romagnola Est. Nota immediatamente il paesaggio collinare della zona, punteggiato da case, chiese (Cigoli?), monasteri (la Badia di Santa Gonda?) e ville circondate da cipressi (Villa Sonnino?). Sale probabilmente da La Catena e osserva una piccola chiesa di forma ottagonale (a little octagonal church), da riconoscere, evidentemente, nella chiesa della SS. Annunziata comunemente detta “La Nunziatina”.

L'attenzione di Hewlett è poi concentrata sull'apice della collina sanminiatese e sulla “minacciosa” Rocca (on the summit of its final rock, higher than the highest belfry, the great shaft, cleft in the midst, which is the terrific menace of all the valleys about). L'erudito viaggiatore si sofferma molto sull'antica fortezza militare, in quanto luogo sede dell'amministrazione imperiale, e tradizionalmente legato alla prigionia di Pier delle Vigne, a cui dedica un'ampia digressione citando Dante Alighieri (That was where the Suabian Emperors had their high seat and bed of justice. There judged, there sonnetteered, and there pined Pier delle Vigne, from whom Dante, brushing by him in the hell-wood of suicides, tore a gnarly limb).

Osserva poi la “nudità” della facciata della chiesa di San Domenico, situata in una piazza “vuota”, prima di accedere al chiostro dove può ammirare il tondo robbiano in terracotta invetriata (The church, which must have heard those rascal sing “O Salutaris Hostia”, is bare of any sign that so it did. It stands in a little empty piazza, which it graces with a tondo of the Della Robbia, no more out of place and no less fragrant than a flower in a wall). Il bassorilievo, su cui Hewlett si sofferma, all'epoca si trovava al di sopra della porta della Biblioteca ed è descritto anche da Giuseppe Piombanti nella sua Guida della Città di San Miniato al Tedesco (Tipografia M. Ristori, San Miniato, 1894, p. 64) e da Guido Carocci ne Il Valdarno. Da Firenze al mare (edito a cura dell'Istituto Italiano d'Arti Grafiche di Bergamo, nel 1906, p. 94). Attualmente, invece, è collocato sulla parete sinistra all'interno della chiesa. L'inglese entra poi in San Domenico, osservando l'apparato pittorico medievale, costituito da affreschi e da pale d'altare, da cui rimane piacevolmente colpito (the church reveals frescoes and mild Tuscan altar-pieces – this, happy things).

Infine un accenno al “bianco intonaco” degli edifici, in inglese whitewash, con il quale a San Miniato si sarebbe coperto il sangue dei Malpigli e dei Mangiadori (Whitewash covers all the blood-stains made by Mangiadori rending Malpigli, or Malpigli stabbing Mangiadori in the dark). Si tratta di una nota di “estetica urbana”, inserita nel citare la storica rivalità fra le due consorterie, di cui Hewlett poté avere notizia consultando il Viaggio Pittorico della Toscana di Francesco Fontani, oppure il Dizionario di Emanuele Repetti, due opere fondamentali per conoscere e apprezzare la storia dei luoghi e dei centri abitati della Toscana. Hewlett doveva avere con sé una copia di questi testi, oltre alla Divina Commedia di Dante Alighieri.

Nessuna altra descrizione di edifici, luoghi o opere d'arte. Non una parola sulla Cattedrale, sul Seminario, o su altre chiese. Si intuisce, dal testo, che San Miniato sia stata per Hewlett una tappa “fugace”, di brevissima durata, giustificata in funzione del “mito” di Pier delle Vigne. Probabilmente l'ora tarda della sera costrinse l'inglese a muoversi velocemente verso Empoli. Alcune note di colore, invece, sugli abitanti del luogo.

C'è il “vecchio sacerdote” che fa catechismo ai bambini (a wise old priest teaching the Catechism to a score of children, doing the best he could of the reputation of San Giuseppe). C'è il canto, simile al cinguettio degli uccelli sugli alberi al tramonto, delle donne che vanno a lavorare nei campi (the women singing like wood-birds at dusk). E poi c'è quel “grasso sanminiatese” che lo sorpassa col calesse in discesa (probabilmente la discesa di La Scala, di cui cita i tornanti), in modo pericoloso. Egli infatti stava guidando il cavallo con una briglia sola, con gli occhiali sul naso, intento a leggere il Corriere della Sera (che, appunto, veniva distribuito nel pomeriggio) e fregandosene sia della strada, sia del bellissimo panorama collinare al tramonto che si parava di fronte ai loro occhi. Hewlett prova quasi rammarico, commiserazione, nel vedere che l'uomo, a cui non riusciremo mai ad associare un nome, è completamente indifferente al paesaggio. Quello stesso paesaggio, fatto di tratti grigi e violacei, di contorni sfumati al tramonto, che invece, colpisce ed affascina il narratore inglese (A fat Samminiatese passed me on this declevity, swaying in his tax-cart as his horse galloped down with a loose rein. Good, easy man, he had this spectacles on his nose and read the “Corriere della Sera”. Neither the terrors of the steep nor the purple and grey stretches of the great valley, half revealed in the gathering dusk, had any interest for him).

J. Pennell, San Miniato, illustrazione contenuta
in M. H. Hewlett, The Road in Tuscany,
The Mac Millian Company, Londra - New York, 1904, p. 33

Tuttavia il libro offre anche un secondo livello di interesse, rappresentato dalle illustrazioni di Joseph Pennell, disegnatore e critico d'arte americano, nato a Philadelphia nel 1857 e morto a New York nel 1926. Anche Pennell, nella sua attività di illustratore, fu mosso da profondo spirito romantico, tanto da ergersi a strenuo difensore della validità dell'immagine disegnata, rispetto al diffondersi della tecnica fotografica, che proprio fra la fine dell'800 e gli inizi del '900 muoveva i primi passi. I disegni “toscani” di Pennell, utilizzati sia in The Road of Tuscany di Hewlett che nell'opera Italian Hours di Henry James, sono stati recentemente ripubblicati in La Toscana di Joseph Pannel tra Otto e Novecento a curata di L. Monaci Moran, Leo S. Olschki Editore, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze, 2004.

A San Miniato, Pennell dedica una illustrazione che coglie il caratteristico profilo del “colle”, con la Rocca che sovrasta l'abitato. Si tratta di un disegno realizzato a carboncino, da un punto di vista difficilmente collocabile, forse in una delle vallate fra Cerreto e Vinci. L'immagine, dai contorni sfumati e poco definiti, contiene tutto il sapore romantico percepito dall'autore statunitense, immerso nella campagna toscana.

Estratto da M. H. Hewlett, The Road in Tuscany, The Mac Millian Company, Londra - New York, 1904, pp. 32-36:

[32] San Miniato de' Tedeschi. As the land closes in upon the river the country grows fantastically fair. An amphitheatre of abrupt monticules reveals itself, on each a towered town, a castle, a heap of monastery building, or a gleaming while villa, cypress-haunded; but the highest in alwaus that which carriers San Miniato-of-the-Germans, a city impossible to be hid. I [33] turned aside from the Empoli road to see it for the sake of Pier delle Vigne, a pleasant poet and much-injured statesman. Nor did I repent, though I suppose my horses did, for it stands upon a rock, the highest of a series of three, round each of which we had to creep afoot. Cypresses led us the way, and heavy-booted peasants, trudging home from the fields in companies, the women singing like wood-birds at dusk, the men apart. The town has a castellated keep and gatehouse, a little octagonal church, and on the summit of its final rock, higher than the highest belfry, the great shaft, cleft in the midst, which is the terrific menace of all the valleys about. That was where [34] the Suabian Emperors had their high seat and bed of justice. There judged, there sonnetteered, and there pined Pier delle Vigne, from whom Dante, brushing by him in the hell-wood of suicides, tore a gnarly limb. According to his own account, he was a faithful servant of Caesar's, but he used a privilege for which a man must pay dear:

I am that one who hel both keys
Of Frederick's heart, which I dispended,
Opening and shutting with such case,
There was no man but found in fenced.

Envy, he says:

Envy the whore, who from gates
Of Caesar never takes her eyes –

envy, the disease in the bones of princes, undid him. The story says that in this tower they blinded him by means of the red-hot basin (This torment has a verb of its own: bacinare, to wit. The atrocity must have been ad common ad boycotting), and that from this very rock, as he was being led to his death at Pisa, he dashed himself headlong:

My spirit, driven by scornful gust
To case in death the sting of scorn,
To my just self made me unjust.

Milton never wrung stronger juices from common word. But if we fail to undestand why Caro was to be at large in Purgatory while Pier grew writhen in Hell – seeing each had preferred death [35] to his dishonour – it may be because great Rome seem to us greates without such accommodations. Let Cato stand with his own, say we. But Dante thought not.
Pier is a ghost for whom the great tower stand spokesman; other there were who now have no witness in this little old town.

Pleasant things in San Miniato. Whitewash covers all the blood-stains made by Mangiadori rending Malpigli, or Malpigli stabbing Mangiadori in the dark. They have looked to see one to the “Stupur Mundi”. The church, which must have heard those rascal sing “O Salutaris Hostia”, is bare of any sign that so it did. It stands in a little empty piazza, which it graces with a tondo of the Della Robbia, no more out of place and no less fragrant than a flower in a wall – being, indeed, the same sort of artless accident of the sun's to all appearance, and as different from its brethren as one flower differs from another. A stooping Madonna, deeply curtseying with crossed arms, an angel frizzed like a “signorino”, God the Father with His meinie of cherubim approving from the sky. Good title deeds for a “marchese” the like of these. Beyond that, the church reveals frescoes and mild Tuscan altar-pieces – this, happy things – and a wise old priest teaching the Catechism to [36] a score of children, doing the best he could of the reputation of San Giuseppe. There is a scouring drive to be done – circle after circle of road at an angle of forty-five – before you recover the plain of Empoli. A fat Samminiatese passed me on this declevity, swaying in his tax-cart as his horse galloped down with a loose rein. Good, easy man, he had this spectacles on his nose and read the “Corriere della Sera”. Neither the terrors of the steep nor the purple and grey stretches of the great valley, half revealed in the gathering dusk, had any interest for him.

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