sabato 19 novembre 2016

IN PILLOLE [042] UN ATTO DI SQUADRISMO FASCISTA A ROFFIA NEL 1922

a cura di Francesco Fiumalbi
IL CONTESTO STORICO: I FASCI DI COMBATTIMENTO
Il periodo immediatamente successivo alla fine della Prima Guerra Mondiale fu caratterizzato da grandissime tensioni sociali: l'Italia era uscita stremata dalla guerra e il tessuto socio-economico, declinato completamente allo sforzo bellico, faticava a riconvertirsi. A ciò va aggiunta la moltitudine di reduci che, dalle trincee e dai vari campi di combattimento, aveva grandissime difficoltà a reinserirsi nel circuito produttivo post-bellico, già ai minimi termini.
Sono gli anni del cosiddetto “Biennio Rosso”, con aspre lotte operaie e contadine, specialmente nelle regioni centro-settentrionali. La radicalizzazione delle posizioni socialiste e comuniste, non fece altro che corroborare le controparti nazionaliste che tendevano a presentarsi come “difensori della Vittoria” e custodi dell'ordine costituito. Ed è in questo periodo che prese campo il fenomeno dello “squadrismo”, ben presto inquadrato da Benito Mussolini nei cosiddetti “Fasci di Combattimento” (23 marzo 1919), ove confluirono tutti quei gruppi nati autonomamente in tutto il territorio italiano. Le squadracce rivolsero la propria azione nella repressione degli avversari politici e prevalentemente contro il movimento operaio. Anche nel territorio sanminiatese si costituirono formazioni di questo tipo.

L'IRRUZIONE A ROFFIA NEL 1922
La sera del 20 settembre 1922, presso l'abitato di Roffia, si verificò un grave episodio dovuto ad un'azione squadrista. Cinque uomini, armati di bastoni e con il volto celato, irruppero nella frazione sanminiatese e indirizzarono il proprio intervento sul titolare dell'appalto, ovvero la bottega di generi alimentari che faceva anche da emporio. L'uomo fu fatto uscire dal negozio e, condotto in strada, fu aggredito dagli uomini che gli procurarono una grave ferita alla testa. Successivamente l'attenzione dei cinque squadristi si rivolse ai membri di una modesta famiglia che abitava nelle vicinanze.

Di questo episodio ne dette notizia «La Vedetta», il quindicinale sanminiatese di ispirazione cattolico-popolare, stampato dal 1919 al 1923. Dal testo traspare tutta la rabbia e il clima di paura del tempo. Nell'articolo del giornale, diffuso la domenica 24 settembre 1922, non vennero fatti nomi, neppure quelli delle persone aggredite. Tuttavia, dai dettagli forniti, all'epoca dovevano essere comunque riconoscibili le vittime dell'aggressione. Giuseppe Chelli, nipote di Don Lionello Benvenuti, ricorda che l'appalto era gestito negli anni '30 da Paolo Maltinti. Fu a lui, probabilmente che fu indirizzato l'atto di violenza. La colpa? Probabilmente l'aver manifestato contrarietà alle posizioni del fascismo, o anche solo essere vicino al movimento operaio e contadino.
L'autore dell'articolo, che non risulta firmato, è attento a non pronunciare il nome del fascismo, trattando l'episodio come un generico atto criminale con l'unico scopo, evidentemente, di evitare possibili azioni vendicative. Tuttavia occorre rilevare anche una punta di sarcasmo: gli autori dell'atto di violenza vengono più volte chiamati “eroi”, nel chiaro intento di indicare precisamente il contesto di provenienza degli aggressori.

L'autore dell'articolo, oltre a  condannare con fermezza l'episodio di violenza, lamentò un generale immobilismo delle istituzioni ed in particolare da parte dei corpi dediti alla pubblica sicurezza. D'altra parte si può immaginare che anche a San Miniato si respirasse un clima ormai orientato favorevolmente al fascismo. Non va dimenticato, infatti, che il mese successivo (27-28 ottobre 1922) si verificò la cosiddetta “Marcia su Roma” a cui presero parte anche diversi sanminiatesi, come abbiamo visto nel post IN PILLOLE [038] I SANMINIATESI CHE “MARCIARONO” SU ROMA. Va detto, infine, che il giornale «La Vedetta», che come in questo caso non aveva esitato a denunciare l'aggressività e i pericoli del fascismo, a partire dalla fine del 1923 cessò le pubblicazioni.

Chi fu l'autore dell'articolo? All'epoca, in un abitato come quello di Roffia, non dovevano essere molte le persone in grado di scrivere un articolo così preciso e circostanziato, attento alle parole utilizzate. Poteva trattarsi del parroco Don Augusto Mannelli (parroco a Roffia fino al 1925) o di Don Lionello Benvenuti (sacerdote coadiutore ed economo a Roffia dal 1921, poi rettore dal 1925 al 1944) che era stato Cappellano Militare durante la Prima Guerra Mondiale e che, dunque, conosceva bene i veri "eroi"? Oppure un'altra persona, comunque vicina alla Parrocchia di Roffia, dal momento che l'articolo fu pubblicato su un giornale di ispirazione cattolica? Non ci è dato sapere.

Di seguito il testo, estratto da «La Vedetta», anno IV, n. 32, del 24 settembre 1922, p. 3.

ROFFIA
21-9-1922
Ieri sera, circa le nove e mezzo, cinque individui bendati irruppero nell'appalto di questa frazione trascinando fuori a viva forza un giovinotto appartenente ad una famiglia per tradizioni e per unanime consenso di popolo rispettabilissima. Il giovinotto, che non smentisce le ottime tradizioni familiari, venne sulla via bastonato in malo modo e ridotto a letto per una ferita non lieve al cuoio cappelluto. Il medico chiamato d'urgenza fece il suo regolare referto.
Quindi gli eroi, imposto al proprietario di serrare l'unico pubblico esercizio di questa frazione, sfondaron la porta d'una povera casa abitata da altrettanto povera famiglia, salirono sull'unica camera e sul misero letto ove riposavano inflissero nerbate e legnate ad una povera madre ad un padre altrettanto infelicissimo che combatte da lungo tempo con la miseria e con le malattie che gli hanno ridotto una delle sue piccole figlie in uno stato da far pietà.
Ma non ebbero pietà della piccina gli eroi della serata.
Noi non domandiamo che si assuma ciascuno la responsabilità di queste gesta criminali: sappiamo che non ci può essere partito né individuo che possa in coscienza prendersi la paternità di certi atti barbarici. Anche i cinque eroi della serata del venti settembre si vergognavano di quello che compirono e vennero a Roffia bendati.
Domandiamo soltanto se in questa nostra disgraziatissima Italia esista ancora un'autorità che sappia tutelare la vita e la libertà dei singoli cittadini.
Ai bei tempi dell'ante guerra chi sa quante visite di carabinieri e di delegati e quanti sopralluoghi a quest'ora si sarebbero fatti.

Si ringrazia Giuseppe Chelli per le preziose informazioni fornite nella stesura di questo post.

Un dettaglio con due squadristi,
tratto dal manifesto realizzato in occasione dell'adunanza
degli squadristi che si tenne a Roma il 23 marzo 1939,
per celebrare il ventennale della costituzione
dei Fasci di Combattimento.


2 commenti:

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    1. Spicchio Comune di Vinci?
      Ce ne sono stati molti di episodi del genere, anche nella nostra zona. Purtroppo, in molti casi, non ne è rimasta notizia.

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