domenica 9 aprile 2017

GF1843-5/20_NECROLOGIO DI AVERARDO GENOVESI PROF. DEL LICEO DI S. MINIATO

GF1843-5/20_NECROLOGIO DI AVERARDO GENOVESI PROF. DEL LICEO DI S. MINIATO


Questa pagina fa parte del regesto inerente le notizie sanminiatesi contenute nella Gazzetta di Firenze dell'anno 1843.

Estratto dalla Gazzetta di Firenze n. 26 del 2 marzo 1843, p. 4:

San Miniato – NECROLOGIA

Averardo Genovesi, professore di belle lettere nel Regio Liceo di questa Città, mancò ai viventi la mattina del 15 Gennajo decorso, nel suo 64° anno. L'annunzio della sua morte fu cordoglio universale; così era egli tenuto in pregio per il suo sapere, ed amato per le sue virtù private e pubbliche. Un numeroso Clero, ed una Schiera de' suoi Discepoli ne accompagnarono dolentissimi il Cadavere alla Cattedra e, poi all'Oratorio della Misericordia. Accrebbero la mesta solennità dei Funerali i Professori del Liceo, ed i Cittadini più ragguardevoli; accorsi a pregare per l'illustre e diletto defunto, e ad ascoltarne l'elogio che il D. Enrico Buonfanti, vincendo l'angustia del tempo, seppe trovare nell'affetto verso l'estinto amico una ricca vena di pensieri per rilevarne i pregj, e per farne deplorare la perdita. Ci varremmo di questo eloquente e veridico lavoro per appresentare la bella immagine della mente e del cuore del Genovesi, e dar conto delle sue produzioni letterarie, se ciò non fosse materia più vasta che non comporti un'annunzio necrologico, e se non dovesse essere pubblicata la vita dell'Esimio letterato, e del vero cittadino insieme con molte sue composizioni inedite; lasciate da Esso ad un suo dilettissimo Nipote, perché le ponga in luce a vantaggio dei poveri della sua terra Natale. La scelta di questi eredi nel retaggio della preziosa proprietà dell'intelletto, mostra sola di per sé come il Genovesi intendesse, ed esercitasse l'altissimo ufficio di letterato. Fino dalla primissima gioventù non iscompagnò mai le azioni più generose dalla libera professione delle più utili verità; e la sua nobile poesia, e la sua prosa elegante furono mai né vane ciance, né vil merce, né omaggio servile. Fermo ne suoi propositi, volle canuto quel che imberbe desiderava: e la malignità della fortuna, e la infelicità dei tempi non gli fecero mai disperare del trionfo della civiltà. Così visse e morì nella medesima fede. (A. C.)


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