domenica 17 marzo 2019

[01/18] SAN MINIATO NELL’ISTORIA FIORENTINA DI LEONARDO BRUNI ARETINO



01 [1281] Ridolfo Vicario Imperiale da San Miniato muove guerra contro Lucca e Firenze

Fu adunque creato nuovo pontefice Martino quarto, di nazione francese: il quale fu tanto congiunto al re Carlo, che gli pareva si convenisse fare verso di lui ogni cosa per dovuto. Da questa intima congiunzione e dalla presenza del re , il quale subitamente dopo la creazione del papa era venuto a rallegrarsi con lui, presero animo le città di Toscana che avevano tenuto le parti regali , di ritornare di nuovo alla divozione sua. I primi furono i Fiorentini e i Lucchesi, che si scopersero contro al luogotenente dello imperadore Ridolfo , il quale di consentimento del papa era stato mandato in Toscana, come cosa renduta allo imperio, poi che il re Carlo era suto privato del vicariato. Essendosi levati i Fiorentini e Lucchesi, com' è detto, il luogotenente dello imperadore cominciò a protestare e dinunziare gravissime pene. Di poi, veduto che de' suoi minacci poca stima n' era fatta , mise insieme le sue genti tedesche: e da Santo Miniato, il quale luogo nella prima giunta aveva eletto per sua residenza, mosse guerra ai Fiorentini e Lucchesi. Questo movimento eccitò di nuovo le parzialità, le quali parevano già sopite. E pertanto non molto poi i Fiorentini e Lucchesi, messe le loro genti insieme, andarono a campo a Pescia in quel di Lucca, perché gli uomini di quella terra pareva inclinassero alla parte ghibellina; e durante la ossidione, quegli di dentro cominciarono a praticare accordo. I Fiorentini inclinavano alla parte più dolce, e davano udienza alle petizioni loro : ma ripresi da' Lucchesi, i quali dicevano loro, che egli erano mescolati dell'una parte e l'altra, e non erano partigiani guelfi come solevano essere, posero silenzio a ogni pratica d' accordo. Donde segui, che, levato ogni speranza d'averla a patti, finalmente la vinsero, e presa la disfecero.

L. Bruni, Istoria fiorentina di Leonardo Aretino tradotta in volgare da Donato Acciajuoli, Felice Le Monnier, Firenze, 1861, pp. 139-140.



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