domenica 17 marzo 2019

[17/18] SAN MINIATO NELL’ISTORIA FIORENTINA DI LEONARDO BRUNI ARETINO



17 [1391] San Miniato nella guerra fra Milano e Firenze

Giovan Galeazzo, uscito d’uno grande pericolo, per rendere a’ Fiorentini un pari e simile danno, e liberare i Sanesi dalla oppressione de’ nimici deliberò di mandare in Toscana il suo esercito vincitore. Il perché, messo prestamente a ordine gli apparati necessarj, messer Jacopo dal Vermo veronese capitano delle sua genti per suo comandamento condusse l'esercito per quello di Piacenza verso l'Appennino, e passato i gioghi del monte, discese in sul fiume della Magra: di poi, per il contado di Lucca venne in quello di Pisa. In questo mezzo messer Giovanni Aguto condotto a Bologna, e avuto notizia del cammino de’ nimici, passò ancora lui il giogo dell'Appennino; e venne prima in quel di Pistoja, di poi sanza alcuna dilazione in quello di Samminiato, e in quelli luoghi si fermò contro a’ nimici. Il capitano della parte avversa passò di quello di Pisa prima nel contado di Volterra, di poi in su confini de' Sanesi, per rilevare la città afflitta per la guerra e unire con seco le genti che si trovavano in quello di Siena: e avendo fatte queste cose con prestezza, subito si volse indrieto verso Colle e Poggibonzi coli' esercito di più di diecimila cavalli e tremila fanti condotti: e oltre a questo, vi si trovava grande numero di Sanesi e Pisani che volontariamente lo seguivano. Con queste genti venne nel contado di Firenze.
Da altra parte su erano ragunate a Poggibonzi le genti de’ Fiorentini e’ capitani che erano due: Luigi da Capua il quale s’era trovato quella state in Toscana, e messer Giovanni Aguto che era venuto di poi; e avevano con loro la gente d’arme a cavallo molto eletta d' Italiani e Tedeschi consueti a’ soldi d'italia: ma i nimici, per essere maggiore numero, erano riputati più potenti. E nientedimeno i nostri, confidandosi nella commodità delle castella, feciono in quelle circostanze molte scaramucce: e non stavano tutti insieme, ma erano compartiti a Colle, a Staggia e a Poggibonzi, perchè non pareva loro stare sicuri alla campagna, né era possibile in uno castello solo rinchiudere tutto T esercito. I nimici adunque il secondo ovvero il terzo di passarono da Poggibonzi con tutte le genti in squadra, e posono il campo in sull'Elsa fra Certaldo e Vico: di poi cavalcarono in quel di Samminiato, acciocché de’ luoghi prossimi de' Pisani potessino avere la vettovaglia. E poi che furono stati alquanti di in questi luoghi, passarono Arno, e in due o tre giornate si condussono in quello di Pistoja: dove, avuto per forza il castello di Casale, si fermarono in quelle circostanze. I nostri capitani vennono a Empoli: di poi, sentendo i nimici esser fermi in quello di Pistoja , passarono Arno al ponte a Signa, e condussono il campo sotto il castello di Tizzano. Era discosto l'esercito nostro da quello de’ nimici solamente una
miglia.

L. Bruni, Istoria fiorentina di Leonardo Aretino tradotta in volgare da Donato Acciajuoli, Felice Le Monnier, Firenze, 1861, pp. 540-541.




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