lunedì 5 settembre 2011

IL CONTESTO STORICO DEL XII SECOLO

di Francesco Fiumalbi


La situazione italiana nella seconda metà del XII secolo era assai articolata. Da una parte le vicende legate a Federico I Barbarossa e al Pontefice Alessandro III, dall’altra un complesso gioco di equilibri fra le principali città toscane quali Firenze, Pisa, Siena, Lucca, Pistoia e Arezzo.
Federico I Barbarossa era stato eletto Re di Germania nel 1152. Tuttavia aveva la necessità di legittimare la propria posizione: voleva farsi incoronare Imperatore e per questo aveva bisogno del Papa. 
Iniziò così la sua prima discesa italiana. Sottomise molti comuni nel settentrione ed infine si fece incoronare Imperatore, il 18 giugno 1155 da Adriano IV. Con lo stesso Pontefice aveva stretto accordi contro i Normanni per la conquista del Regno di Sicilia. Durante il viaggio per Roma, prima di giungere a Siena, è assai probabile che Federico I Barbarossa abbia fatto sosta proprio a San Miniato, quale tappa prima di immettersi nella Valdelsa seguendo la direttrice Francigena.
L’incoronazione avvenne senza il consenso del Senato e, per questo, i romani si rivoltarono all’Imperatore il quale fu costretto a fuggire in fretta e furia, minacciando di tornare per sottomettere Roma. A quel punto il Papa strinse accordi con i Normanni, concedendo al Re di Sicilia Guglielmo I il Malo l’Italia Meridionale col Trattato di Benevento del 1156. 
A causa di numerosi contrasti ideologici fra cesaropapismo imperiale e teocrazia papale si giunse nel 1158 alla seconda discesa di Federico I Barbarossa in Italia. Sottomise Brescia, iniziò la ricostruzione di Lodi e assoggettò Milano che aveva precedentemente respinto una sentenza in favore di Lodi e Como. Convocò la seconda e più importante Dieta di Roncaglia con cui poneva forti limitazioni all’autonomia dei Comuni dell’Italia Settentronale come i diritti dell’Imperatore sull’elezione di duchi, conti e marchesi, nomina dei consoli comunali e dei magistrati cittadini, riscossione delle tasse, conio delle monete, imposizione di lavori di carattere pubblico. Un inasprimento delle condizioni che in seguito, nel 1167, porterà alla costituzione della Lega Lombarda presso l’abbazia di Pontida. 
Intanto nel 1160 era ripresa la controversia col Papa, che minacciò di scomunicare Federico I Barbarossa. Tuttavia il Pontefice morì e fu eletto successore al soglio di Pietro Alessandro III. Sempre nel 1160 l’Imperatore convocò un Concilio a Pavia al quale il nuovo Papa si rifiutò di partecipare. Federico I Barbarossa nominò un antipapa, Vittore IV, che scomunicò Alessandro III il quale fece altrettanto sia con l’antipapa che con l’Imperatore. Lo scisma era destinato a durare fino al 1177. Nel frattempo l’Imperatore ordina la distruzione di Milano che si era più volte ribellata e in questo viene aiutato anche da Pisa.
Tornato in Germania, l’Imperatore scese nuovamente in Italia nel 1162. Pisa, per l’aiuto concesso all’Imperatore a Milano, ottenne numerosi benefici, tra cui il controllo di tutta la costa tirrenica da Porto Venere a Orbetello. Ciò provocò la reazione di Genova e determinò un forte risentimento nelle città di Firenze, Lucca, Volterra e Siena che miravano ad ottenere un autonomo sbocco sul mare. 
E’ in questo contesto tumultuoso che Federico I Barbarossa decide di rafforzare il suo castello di San Miniato. Federico I Barbarossa, inviò nel Valdarno Guelfo VI, suo zio, Duca di Toscana e feudatario degli antichi possedimenti di Matilde di Canossa fin dal 1152: con la scusa di discutere dello scisma papale, convocò una dieta presso San Genesio con lo scopo reale di rafforzare il potere imperiale e di pacificare le città della Toscana.  Alla dieta parteciparono i consoli di Pisa, Pistoia, Lucca, Siena e Firenze, l’arcivescovo di Pisa e rappresentanti dei Guidi, dei Gherardeschi, degli Aldobrandini e degli Alberti (1). Anche se non riuscì a risolvere le controversie, Guelfo VI ottenne dai partecipanti un importante giuramento di fedeltà (2).
Ancora nel 1164 fu convocata presso San Genesio una nuova dieta, alla quale parteciparono i consoli delle principali città della Toscana; la riunione fu bruscamente interrotta dalla notizia della morte, a Lucca, dell’antipapa Vittore IV (3).
In questi anni, “La rocca sveva, quasi falco appollaiato sulla vetta del colle a spiare tutta la campagna lontana, dominava la pianura cosparsa di borgate per le quali serpeggiava l’Arno, i monti pisani e le cime dell’Appennino Lucchese, di lassù lo sguardo spaziava fino a Monte Morello che sovrastava Firenze, fino alle colline di Fiesole, ai monti boscosi di Vallombrosa, e verso mezzogiorno, fino ai monti del Chianti e del Senese” (4).

San Miniato, vista panoramica da Bucciano
Foto di Walter Scarselli

Nell’ottobre del 1162 Federico I Barbarossa scese nuovamente in Italia. La situazione era incandescente, da una parte la ricerca dell’alleanza con Pisa e Genova contro il Regno di Sicilia, dall’altra lo scisma papale per mezzo del quale Alessandro III aveva stretto alleanze con Francia e Inghilterra, e il malcontento che serpeggiava nelle città settentrionali. Non potendo contare che solo sulle proprie forze, l’Imperatore nell’autunno del 1164 fece ritorno in Germania per organizzare un forte esercito. 
Nel frattempo Cristiano di Bach Vescovo di Magonza, conosciuto come Cristiano di Magonza, diventò nel 1165 legato imperiale per la Tuscia. Il rappresentate dell'Imperi, alla fine del 1164 e poi nell’autunno del 1165, si trovava a San Genesio. In quest’ultima occasione cercò, invano, di raccogliere i consoli rappresentanti delle città della Toscana (5).
La quarta discesa dell’Imperatore in Italia avvenne nell’estate del 1166. Dapprima regolò un paio di questioni nell’Italia Settentrionale e poi, nella primavera del 1167 mosse verso l’Italia Centrale: obbiettivo Roma. Nel frattempo, alle spalle dell’Imperatore si costituì la Lega Lombarda presso l’Abbazia di Pontida. Il Papa Alessandro III fuggì presso i Normanni e Federico I Barbarossa giunse a Roma trionfante dove in una San Pietro semidistrutta fu incoronato Imperatore dall’antipapa Pasquale III che era succeduto a Vittore IV. L’esercito fu colpito dalla peste e ben presto andò in rotta e ripiegò verso l’Italia Settentrionale attraverso la costa. Dal Piemonte Federico I Barbarossa, nel 1168, fece un rocambolesco ritorno in Germania.
La situazione in Toscana era pronta ad infiammarsi. Da una parte Pisa e Firenze e dall’altra Lucca, Siena e Pistoia collegate con i Genovesi. Pisa e Firenze pervennero ad un accordo incontrandosi a San Genesio (6). Intervenne Cristiano di Magonza che, dopo aver tentato di organizzare un incontro, ancora una volta a San Genesio nel febbraio del 1172 (7). Tuttavia il 6 marzo stipulò un accordo con Lucca e Genova contro Pisa, accordo a cui partecipano anche Macario, vicario delle contee di Siena e San Miniato, nonché le comunità di San Miniato, Volterra di altri luoghi (8). Pisa viene così messa al bando e il 28 marzo Cristiano di Magonza, da Siena, chiama alle armi i Genovesi, ai quali chiede anche del denaro per pagare i cavalieri, in particolar modo quelli di stanza a San Miniato (9). I Fiorentini ne uscivano svantaggiati perché l’isolamento di Pisa precludeva a Firenze l’accesso verso il mare; lo stesso, i Sanminiatesi si trovarono isolati rispetto alle due città più importanti della Toscana con le quali avevano stretto importanti legami di natura commerciale (10). 
Nel maggio del 1172 i rappresentanti dei cittadini di San Miniato si incontrarono nel Palazzo Vescovile di Firenze con i Fiorentini e i Pisani. Qui, giurarono reciproca alleanza al fine di impadronirsi del castello imperiale aggrappato alla collina sanminiatese, in modo anche da liberare alcuni prigionieri pisani che lì aveva recluso Cristiano di Magonza e facendo sì che i cittadini sanminiatesi recuperassero il pieno controllo sulla propria comunità (11). Pisa e Firenze, con questo patto, riconoscevano a San Miniato la sua importanza strategica e, per questo, volevano assolutamente scongiurare un ricongiungimento fra Lucca e Siena alleate in questo confronto (12).
Il 1 giugno 1172 Cristiano di Magonza convocò a San Genesio i consoli di Pisa, Firenze, Lucca a Genova per arrivare ad un accordo di pace, ma, fiutando l’alleanza fra Pisani e Fiorentini, fece arrestare i consoli delle due città e li imprigionò a Lucca (13).

Panorama di San Miniato da Scacciapuce
Foto di Francesco Fiumalbi

A questo punto scoppiò la guerra e a pagare il dazio maggiore fu proprio il territorio sanminiatese. L’esercito pisano si attestò alla confluenza fra Arno ed Era in modo da bloccare la strada ai Lucchesi che attraverso il lago di Bientina avrebbero potuto facilmente raggiungere il Valdarno. L’esercito fiorentino si dispose a Castelfiorentino, in modo da chiudere la Valdelsa a Cristiano di Magonza che si trovava a Siena. I Sanminiatesi, dal canto loro, è avevano provveduto ad isolare il castello imperiale e minacciavano di porvi l’assedio.
Chiuso fra i due eserciti, Cristiano di Magonza, assieme agli eserciti di Siena, Pistoia, Lucca, Genova insieme a uomini dei Guidi, mosse verso San Miniato. Da sud Cristiano di Magonza percorse i crinali sulla sponda occidentale dell’Elsa, distruggendo probabilmente un fortilizio nei pressi dell’attuale Castelnuovo (14). I Lucchesi probabilmente seguirono il tracciato della via Francigena in territorio lucchese, giungendo poi a San Miniato attraverso la Valdegola. Il 16 agosto 1172 “lo popolo de Lucha arse Sancto Miniato et Ventrognana (nei pressi dell’odierno Montebicchieri, n.d.r.) et Montearoni et Falchonechisi (l’odierno Balconevisi, n.d.r.) et altre castella della sua corte” (15).
Andò meglio ai Pisani e ai Fiorentini. Nel mentre che i Lucchesi erano impegnati nel territorio sanminiatese, l’esercito di Pisa iniziò a saccheggiare il contado di Lucca e contemporaneamente sparsero la voce che intendevano puntare sulla città. I Lucchesi fecero un immediato dietrofront e furono colpiti da un agguato pisano nei pressi del ponte sul Serchio. Cristiano di Magonza, per vendetta, ordinò ai Guidi di conquistare Pontedera, ma i Pisani li respinsero. Cristiano fu attaccato e sconfitto dai Fiorentini nei pressi di Colle Val d’Elsa (16). Tuttavia questi spargimenti di sangue non spostarono molto l’ago della bilancia e Cristiano di Magonza poté mantenere il controllo su San Miniato. Inoltre la rovinosa riconquista della Città della Rocca provocò la devastazione dei territori circostanti con conseguente peggioramento della situazione economica della zona (17). Solo ai primi di agosto del 1174, con accordo intercorso fra Cristiano di Magonza e il legato imperiale Macario, fu concesso ai sanminiatesi di ricostruire la loro terra distrutta due anni prima e di potervi fare ritorno (18).

San Miniato, vista panoramica da Bucciano
Foto di Walter Scarselli

Federico I Barbarossa nel 1174 scese nuovamente in Italia con un esercito di 8000 uomini. Passando dalla Borgogna, rase al suolo Susa, occupò Torino, ma si trovò di fronte alla città di Alessandria, fondata dal suo avversario, il Papa Alessandro III. Qui subì una brusca battuta d’arresto. A quel punto l’Imperatore fu costretto a scendere a patti e dovette rinunciare, almeno provvisoriamente, ai suoi diritti fissati con la Dieta di Roncaglia del 1158. Il 29 maggio 1976 si giunse quindi alla battaglia di Legnano dove la compagine imperiale fu letteralmente annientata dalla Lega Lombarda. Federico I Barbarossa si giocò la carta del Papa, con il quale si incontrò ad Anagni. L’imperatore riconobbe l’autorità del Papa, rinunciò ad ogni sovranità su Roma e ripristinò al Regno Pontificio diversi territori conquistati dai canossiani. In cambio, il Papa smise di appoggiare la Lega Lombarda. L’accordo fu sancito col Congresso di Venezia.
La situazione in Italia andò migliorando e la definitiva pace fra Impero e Lega Lombarda fu sancita a Piacenza e ratificata con la Pace di Costanza solo nel 1183, nella quale Federico I Barbarossa riconosceva la Lega Lombarda e rinunciava definitivamente ai diritti sanciti a Roncaglia. Dall’altra la Lega Lombarda giurava fedeltà all’Impero. Il 18 settembre 1177, lasciata Venezia, l’Imperatore si spostò verso l’Italia Centrale dove fece visita anche al castello di San Miniato (19).
Il 30 agosto 1181 morì il Papa Alessandro III e al suo posto fu eletto il Vescovo di Lucca, Lucio III. Nel 1184 Federico I Barbarossa scese per la sesta volta il Italia, riuscendo a combinare il fidanzamento fra il suo figlio Enrico (18 anni) con Costanza d’Altavilla (30 anni) figlia di Tancredi di Lecce, figlio di Ruggero III di Puglia, quindi della linea diretta per la successione al trono del Regno di Sicilia sul quale l’Imperatore non aveva mai smesso di puntare gli occhi. Nel 1185 il Papa Lucio III morì e fu eletto Urbano III, uomo rigido che non aveva simpatia alcuna per l’Imperatore. A quel punto Federico I Barbarossa circondò lo stato pontificio facendo sposare il figlio con Costanza d’Altavilla. Durante la sua sesta discesa in Italia, Federico I Barbarossa si fermò alcuni giorni al castello imperiale di San Miniato retto dal suo vicario Macario (20).
Peggiorarono i rapporti fra Impero e Papato e si arrivò al saccheggio dei territori controllati dalla Chiesa per opera del figlio Enrico. Urbano III non fece in tempo a lanciare la scomunica che morì il 20 ottobre 1187. Fu eletto Gregorio VIII che però morì dopo appena due mesi mentre si trovava a Pisa per organizzare una crociata contro Saladino che aveva da poco riconquistato Gerusalemme. Fu la volta di Clemente III. Il 10 giugno 1191, all’età di 68 anni, morì l’Imperatore Federico I Barbarossa, impegnato nella terza Crociata. Al Barbarossa succedette il figlio Enrico VI.

(1) Bonincontrii Laurentrii, Historia Sicula, in Lami Giovanni, Deliciae eruditorium seu veterum anekdoton opusculorum collectanea, IV, Firenze, 1739, pag. 97 in Salvestrini Francesco, San Genesio. La comunità e la pieve fra il VI e il XIII secolo, in Cantini e Salvestrini, Vico Wallari – San Genesio. Ricerca storica e indagini archeologiche su una comunità del Medio Valdarno Inferiore fra alto e pieno Medioevo, Firenze University Press, Firenze, 2010, pag. 60.
(2) Salvestrini Francesco, San Genesio. La comunità e la pieve fra il VI e il XIII secolo, in Cantini e Salvestrini, Vico Wallari – San Genesio. Ricerca storica e indagini archeologiche su una comunità del Medio Valdarno Inferiore fra alto e pieno Medioevo, Firenze University Press, Firenze, 2010, pag. 61.
(3) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 723-24 in Salvestrini Francesco, San Genesio. La comunità e la pieve fra il VI e il XIII secolo, in Cantini e Salvestrini, Vico Wallari – San Genesio. Ricerca storica e indagini archeologiche su una comunità del Medio Valdarno Inferiore fra alto e pieno Medioevo, Firenze University Press, Firenze, 2010, pag. 64.
(4) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 720 in Cristiani Testi Maria Laura, San Miniato al Tedesco. Saggio di storia urbanistica e architettonica, Marchi e Bertolli, Firenze, 1968, pagg. 21-22.
(5) Coturri Enrico, Il Borgo di San Genesio, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 19, 1955-56, pagg. 28-29.
(6) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 779-782, in in Salvestrini Francesco, San Genesio. La comunità e la pieve fra il VI e il XIII secolo, in Cantini e Salvestrini, Vico Wallari – San Genesio. Ricerca storica e indagini archeologiche su una comunità del Medio Valdarno Inferiore fra alto e pieno Medioevo, Firenze University Press, Firenze, 2010, pag. 65.
(7) Coturri Enrico, Il Borgo di San Genesio, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 19, 1955-56, pagg. 31.
(8) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 775, in Coturri, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, pag. 11.
(9) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 777, in Coturri, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, pag. 11.
(10) Salvestrini Francesco, Il Nido dell’Acquila, in Il Valdarno inferiore terra di confine nel Medioevo (Secoli XI – XV), Olschki Editore, Firenze, 2008, pag. 242.
(11) Santini Pietro, Documenti dell’antica costituzione del Comune di Firenze, Documenti di Storia Italia, tomo X, G. P. Vieusseux, Firenze, 1895, pp 363-364. Si veda anche Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 779, in Coturri, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, pag. 11.
(12) Salvestrini Francesco, Il Nido dell’Acquila, in Il Valdarno inferiore terra di confine nel Medioevo (Secoli XI – XV), Olschki Editore, Firenze, 2008, pag. 242, nota 40.
(13) Coturri Enrico, Il Borgo di San Genesio, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 19, 1955-56, pagg. 31.
(14) Mori Silvano, L’incastellamento di Castelnuovo: alle origini di un centro minore della Valdelsa volterrana, tra appunti di storia e suggestioni agiografiche, in Miscellanea Storica della Valdelsa, anno CX, Castelfiorentino, 2004, pag. 16.
(15) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pag. 789, in Mori S., Op. Cit., pag. 17.
(16) Ibidem.
(17) Cristiani Testi Maria Laura, Op. Cit., pag. 22.
(18) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 800, in Coturri, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, pag. 12.
(19) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 818, in Coturri Enrico, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, pag. 13.
(20) Davidsohn R., Op. Cit. Tomo I, pagg. 849, in Coturri, San Miniato nella “Storia di Firenze” di Robert Davidsohn, in Bollettino dell’Accademia degli Euteleti, n. 45, 1976, pag. 13.

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