domenica 4 marzo 2012

BASETTONE (quarta parte) – Inaugurazione del Canapone

di Anna Orsi

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Dopo aver analizzato gli aspetti stilistico, storico e contrattuale della statua di Leopoldo II in Piazza Buonaparte a San Miniato, si propone il discorso che Pietro Bagnoli (presidente della deputazione per l’erezione della statua, nonché precettore del Granduca) pronunciò nell’evento inaugurale. Il discorso fu trascritto e stampato presso la tipografia granducale nel 1843, a pochi mesi di distanza dall’inaugurazione della statua tenutasi il 7 agosto 1843.
Oltre all’edizione originale, l’allocuzione di Pietro Bagnoli fu ristampata all’interno della pubblicazione Piazza Bonaparte, letteratura, cronaca, folklore, Edizioni dell’Orcio d’Oro, 1976, contenente anche bellissime incisioni di Giuseppe Fontanelli “Bissietta”, Dilvo Lotti, Franco Giannoni, Sauro Mori, Giorgio Giolli e Pietro Marchesi “Tropei”.


Poiché tra voi, onorati Concittadini, eletto fui a venerare il primo colla lingua e col cuore l'Augusta Immagine di LEOPOLDO SECONDO nella patria vostra dedicata, l'animo mio da natural forza tratto, e di dolce compiacenza compreso, di subito indietro si rivolse a richiamare dai trapassati tempi le più soavi immagini, e le care ed onorate memorie, le quali, non senza spargere dei novelli fiori l'altissimo Tema, e delle nascenti grazie ornarlo, e le primizie di gloria nel suo cominciamento recarli, sono mia delizia e conforto e decoro. Altissimo Tema, che in quel che la mente di umil dicitore a profondo rispetto piega, e a ben trattarlo sgomenta, pur nel tempo stesso con una grata rimembranza lo erige e lo affida, quale quella è di avere egli la prima Aurora veduto nascere del giorno, che ora di fulgidissima luce risplende.
Io dunque, ah! siami concesso di dirlo! io designato a formare coi primi rudimenti delle Lettere, e delle Arti che all'Umanità appartengono la mente ornare ed il cuore di sì gran Principe nella sua adolescenza, ora io qui, in dì solenne, e tra concorso di numerosa rispettabile, e di ogni parte accorsa uditrice gente, Lui come Padre della Patria, e nostro benefattore, e Nume tutelare, a benedire nella presente Immagine destinato era!
O Mente superna degli umani avvenimenti moderatrice!
Si là ricorre l'animo, Uditori, ove l'indole rintraccia prenunzia di età di munificenze, e di spirito elevato e magnanimo, ove i preludj di alte concepite ed avverate speranze, ed alacrità, e prontezza d'ingegno, ed affetto al Vero, al Bello, all'onesto, ed avversione al turpe e all'indecoro, e con preveniente senno esimia bontà di cuore: Virtù che nascenti vidi, e crescenti sull'Istro, sulla Salza, nella Capitale della Pannonia, e sul Meno, ed ora adulte, frutti ubertosissimi le vedo tra Noi produrre di beneficenze, e di universale utilità e decoro. Questi i novelli fiori, queste le primizie sono di gloria che all'altissimo Tema nel cominciamento io reco.

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Inclito Germe di Arbore vittoriosa imperiale!
Sotto Italo cielo trapiantato in fecondo suolo Toscano ed in vegeta pianta indigeno e nativo per due Generazioni cresciuto; e già la terza in tre florenti Germogli ne vige, rami vegeti e sorgenti onde la Real Pianta è munita, cui sotto il velo delle amate fronde la Toscana in pace ed in gaudio si riposa, e la presente età e le future si affidano, e l'amore dei popoli, vera stabilità dei troni, si consolida!
Felicissima Generatrice! di cui le gemme, le perle, le più care gioje i Figli sono, e sua ricreazione e pensier suo l'affetto amato Consorte, e la cura di sì cari e preziosi pegni, di se stessa ornata, ammirata, e benedetta di figli alla patria donatrice, tutta nella reale sua maestà senza fasto raccolta; nostro bei decoro, dono del Real Sebeto, e vanto dell'Arno.
Felicissimo sposo per sì rara Compagna! e per ricchezza di Prole, e per concordia di Famiglia di due gran rivi di Partenopeo sangue e di Sassone commista!
Felicissima Toscana che in tali stelle hai le tue sorti fisse!
E tu felice, o mia Patria, che di sì benigni Lumi la in te riflessa luce accogli, ed i fausti influssi ne risenti; e qui presente la mano paterna contempli e veneri, giusta dispensiera del comun bene e del tuo speciale, per cui, monumento di eterna riconoscenza, questa scolpita Immagine ponesti, che più perenne ancora porti nel cuore impresa!
Gentilizio e ripetuto Nome nell'Augusta Austriaca Famiglia è quello di LEOPOLDO, Nome Augurale ed in se consecrato da quel Santo, che di Lei è decoro, ornamento in terra, e salutar presidio in cielo, dalla cui invocazione auspicio prende oggi questo nostro atto solenne. Nome che quel Grande portò, che colle Leggi, e l'Agricoltura istituita, e l'ordine e il Ministero civile, rigenerò la Toscana, e Stato di nazione e di Patria le diede. Di cui discendente, e del ben amato FERDINANDO figlio, il felice Imperante, col nome i gran fatti rinnuova e gli estende.

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Si, Uditori, a grande estensione i fatti ne dilata. Ed ove la mente a se li richiami, verranno i facili pensieri, o essa non men rapida ed a giungere veloce, si porterà ai tempi, ai luoghi, e li vedrà presenti.
Quà sciolti legami ai traffici di oggetti alla vita necessarj. Là ponti e strade alla rapidità dei muovimenti aperte. Quà arti nuove introdotte. Là sacri templi e pubblici edifici restaurati ed ornati. Altrove paludi in campi converse.
Scesero nella Gracia, e sulle vaste sponde del Tirreno le antiche Colonie dell'Asia, portando e dall'Indie e dalla Fenicia e dall'Egitto Leggi e costumi e religiosi riti all'Europa allora selvaggia, e la  Civiltà introducendo, nella quale contemporanei, se non per avventura anteriori ai Greci furono gli Etruschi; e le Città grandi e popolose, e di salde mura cinte, e di merci abondevoli sorsero, e di forze in guerra, e di agi e comodi e ornamenti in pace feconde, già delle città nostre antiche progenitrici, e della stessa madre figlie, le quali ora scheletri, e sepolto ossame giacciono: l'erba e la arena le ricopre. E maestro furono di civiltà a Roma e di grandezza, e d'istituti e di arti e di scienza, e di Religione e di Leggi. Imbarbarirono i tempi ed i floridi campi alle fetide acque, e le salubri spiaggie ai sozzi e mortiferi morbi andarono soggette, e spopolate e deserte rimasero, sepolcro della nostra più splendida antica progenie. Interrotte e sommerse le Romane vie cessarono, i fiumi in paludi stagnarono.
Concetto di provida mente e benefica fu quello di rigenerarle, di grande e magnanima quello fu di mandarne ad esecuzione l'impresa.
Chi cose grandi non vede? Quasi novella Tiro nel littorale toscano Labrone si estende, che le città sorelle, risorgenti, ed una vasta regione opulenta, e di ricchezze di mare e di terra abondante alla madre comune la Toscana, restituita richiama.

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Quindi tolte al solitario e privato, e date al frequente e pubblico giudizio furono le ragioni degli uomini, e le colpe, e i delitti, e le accuse e le difese commesse; e le cause ad agitarsi affidate.
Tiene la Vergine Astrea le bilance nel foro alla vista di tutti esposte, e libra e pesa i civili diritti. E la severa Nemesi nuda la spada della giustizia inalza, e i ceppi e le catene e le verghe visibili mostra a chi delinque, e in cui cader deggiono. Dicèa collo scettro alla mano, e il serto reale in fronte siede custode e vindice delle Leggi. Risuona alle circostanti orecchie la forense eloquenza, suada, presaga, e quasi del retto giudicare mallevadrice.
Mentre integerrimo e sapientissimo Magistrato ascolta, e giudica, e delle vittrici ragioni ministra al decisivo voto la mano incorrotta distende.
Sotto consiliare tutela poste sono le famiglie.
A tanti obietti, e ad estensione così ampliata delle operazioni dello spirito umano, accresciuto dotato ed esteso fu il Magistero della Pisana Sapienza, e dell'Italiana Attica l'Ateneo ingrandito da equipararsi e non cedere a veruno dei sommi e cospicui in Europa.
Di grande e magnanimo Imperante, ed insieme di gran Padre della Patria, opere son queste di ammirazione degne e di lode.
Voce di dolce corda in bel concerto di virtù è la lode, e soave armonia rende il suono degli encomj. Ma delle lodi schive sen vanno le anime grandi, e più che elogio di esperto dicitore sono le opere loro. Che dir potrei? Di quale ammanto rivestirle? Di quai fregi ornarle? Più per se stesse splendono, né suono di parole, né chiaro lume di orazione può loro accostarsi, che vinto non sia dalla muta eloquenza del solo mostrarsi di esse, come le minori stelle assorbite vengono dal comparire del Sole.

Statua di Leopoldo II “Canapone”
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Incerto l'animo tra il dir troppo che non dispiaccia, e il poco che sia ripreso, né il freno abbastanza del favellare scioglie, né lo rattiene.
Ma non dirò io dei Congressi dei Sapienti in Toscana? Opera più d'Istorico che di Oratore è questa: ed a grande istoria LEOPOLDO SECONDO appartiene. Pur ne toccherò i sommi capi.
Fù da spontaneo unanime consenso della dotta Europa Pisa eletta alla prima adunanza.
Due grandi avvenimenti insieme trovaronsi ad un tempo istesso per la gran via dei secoli. L'Inaugurazione del Simulacro del gran Galileo nella Casa della Pisana Sapienza, e l'Adunanza dei Dotti nella medesima. Vi s'incontrò la mente del Magnanimo, e quindi duplice la Festa, munifica l'accoglienza, liberale e regia l'ospitalità; e memorabile fu l'epoca che nella parete della Sala della Sapienza ad ogni posterità della prima Italica Adunanza segnossi.
Non più oltre mi trattengo che a cose maggiori la terza Adunanza mi richiama.
Una Festa dei più bei tempi di Atene era Firenze tutta in quei giorni.
Da quel gran Tempio ove fu cantato: Vieni, Spirito Creatore, visita le menti de' tuoi, empi di superna grazia i petti che tu creasti! Tempio, in cui alle celesti invocate ispirazioni quelle si aggiungono che eccitate sono dalla vista dei Simulacri dei Sommi, di cui le tombe favellano agli intelletti; da quel Tempio alla vasta Sala di patrie glorie istoriata, dove tra innumerevoli concorso, e Regia presenza, tenuta fu l'apertura degli scentifici congressi, e da quella alla Tribuna del gran Galileo, non era che un passare di meraviglia in meraviglia per lungo andito che chiuso come tra mura di un solo palazzo, gran parte di città traversando ad ogni passo arrestato avrebbe alla contemplazione il numeroso Seguito, se non fosse qual fiume trascorso: andava il piede, indietro rimaneva l'occhio e il cuore per Civica e Real Galleria, e tra prodigi di arte passando. Giunsero in regio Museo di oggetti di ogni sorte dei regni di Natura in ordine contenuti, ed ivi ebbero i Sapienti alle radunate loro e stanze comode, e per ogni sezione distribuite in un solo edificio.
Ma Santuario del luogo è la gran Tribuna. La venerazione che ispira sentire più si può che colle parole esprimere. Dritto il Simulacro in piedi colla fronte volta e fissa nell'alto, pare che i mondi tutti comprenda. Arco al venerando capo, e cerchio al tergo fa la tribuna delle opere di lui più insigni e delle immagini, che gli fan corteggio, dei suoi più segnalati discepoli dipinta. Sonovi intorno posti in vista gli strumenti istessi, prezioso avanzo, ed oggetti di ammirazione e di religioso rispetto, con cui le grandi scoperte fece, e fondò la vera Filosofia quel divino ingegno.
Qui fù che la Sapienza Europea gli piegò la fronte.

Particolare della ringhiera in ghisa
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

In Pisa sedente Maestro col terrestre globo alla mano, meditando che in se si volge; qui eretto contemplante l'universo; là terreno, e qua divino Filosofo, e come Nume fu venerato.
Tale l'animo generoso di LEOPOLDO SECONDO lo pose e nella memoria superstite alla morte restaurò quanto per la verità quel santo petto sostenne, ed in Lui e con esso la fama ed il vanto della Toscana mise in Apoteosi.
Chi dirà l'aspetto di Firenze in quei giorni? Taccio le solite e ben adorne pubbliche e private fabbriche. Chi la frequenza delle genti, il moto, le ospitali accoglienze? L'incontrarsi dei Sapienti, il conoscersi e stringersi per mano delle persone di cui conoscevansi i nomi? L'ordine delle adunanze? L'accorrervi, il sedervi non raro della Sovranità in privato, ammirabile quanto in regia maestà sul trono? Che gli aperti e di accesso liberi stabilimenti, istituti, biblioteche, gallerie, ed opere di arti frequenti in Firenze, ed ammirabili a vedersi? Le culte ed onorate conversazioni in designato Palazzo? I signorili inviti nei vacanti giorni ai privati Giardini, ai sollazzi e diporti campestri? All'alta cortesia di terra corrispondeva una serenità di cielo, che ilarizzava i cuori. Tutte le cose sotto la maestra mano andavano concordi. Le mense rammemoravano gli orti Esperidi, ed i conviti dei Numi fino al favoleggiato in cielo alle nozze di Ebe e di Alcide. Colle acclamazioni incessanti, e l'ammirazione, e gli stupori compagni per via, e permanenti nelle patrie loro, se ne andarono i Sapienti.
Ora tutto, o miei Concittadini, alla patria nostra mi volgo, Posta in sito, che due gran valli dell'Elsa e dell'Evola, e parte di quella dell'Era e due catene di colline le Pisane, e le Senesi unisce, situata in colle di mezzo a misura tra Firenze e Pisa, e cui le principali città della Toscana, e Lucca compresa, intorno come giro al centro si volgono e con Livorno da un lato e Siena dall'altro, e che apre diagonalmente una via, la brevissima dalla Capitale alla rigenerata marittima regione, ha un circondario colto tutto e fiorente di popolose Terre e Castella e Casolari, e Ville, e Agenzie di gran possidenti, e spezzati e divisi possessi, che in non maggiore estensione di dodici ragguagliate miglia per ogni raggio, popolazione comprende di poco meno che intere cento trenta mila anime.
Con tanti comodi, perocchè al centro ogni parte è vicina, che al punto di mezzo accedono, mosse la giustizia e sapienza dell'Ottimo Padre comune a destinarla in sede di Tribunal Collegiale.
Avventuroso fatto, ed alla collina benetìco, che più che la pianura la quale di comodità naturali è fornita, d'uopo ha della mano paterna adjutrice per utile dei figli non tanto, quanto della madre Terra insieme, di vallate composta e quindi di montuose alture frequente, che generatrici sono e custodi del prezioso frutto di Pallade, e dei migliori vigneti e delle squisite poma, albergo di salute e di lucidi e chiari ingegni non scarse produttrici.

San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

Né dignità le manca. Di remota origine, per Longobardica residenza già nobil castello di merlata corona decorato, e di magnatizia vicenda con Firenze congiunto, nel suo dominio l'importante Borgo di S. Genesio nell'adiacente pianura posto, di cui molti e gravi fatti la storia riferisce, che fù per fazioni di tempi distrutto, signoreggiava. Ed autonomo governarsi, Ghibellino di parte, dal magno Ottone, e dai seguaci Svevi Imperatori favoreggiato; i quali la residenza vi posero dei loro Vicarj da sostenere i Cesarei diritti e le cause trattare d'Impero in Toscana ed in Italia, onde la denominazione = al Tedesco = dal frequente dirsi al Tedesco, cioè al Giudice Tedesco, contrasse.
E la Fortezza, propugnacolo, e delle ragioni dei Cesarei sostegno di sito e di murale recinto in quei tempi inespugnabile vi posero, da contenere i prigioni di Stato ed i contumaci agl'Imperiali editti, a cui la Rocca Federigo II aggiunse da lui denominata.
Officio di grande importanza in Italia era quello, per nove continui Vicarj, di regio sangue alcuni, qui sostenuto.
Accennerò le inclite famiglie di origine e di patria nostre: Borromei, Bonincontri, Mangiadori, Bonaparte. E furono altre, che nei tranquilli tempi del Principato andarono ad abitare nella capitale e pur ora di nome e di facoltà vi fioriscono. E se dalle madri la patia delle famiglie si ripete, di Madre Samminiatese la Sforzesca provenne; e quel Francesco vi nacque che per valore e per militare scienza giunse a dominare il Ducato di Milano.
Né tacerei se non temessi di troppo in lungo estendermi, le provvidenze, e gl'istituti e sacri e civili dai nostri predecessori in quei tempi fondati.
Quindi l'augusta inclita Donna Austriaca Maria Maddalena Gran-Duchessa, con mente saggia e provvido consiglio al Gran-Ducato rendendo una cospicua parte dello Stato da estera acclesiastica autorità governata dichiarò città il nobil castello, e di sacro Presule, e d'infula sacra lo decorò; benefizio per cui la gloriosa memoria ne è presso di noi in eterna benedizione.
A quello ora si aggiunse l'altro benefizio del provvido LEOPOLDO del collocatovi Collegio dei Giudici. E con pari prudente consiglio vi aveva pure innanzi l'Augusto di Lui Genitore poste le RR. Scuole. E fuvvi in ultimo aperta una Cassa di Risparmio di prima classe, la seconda delle filiali in Toscana, che con prospero successo all'utile ed all'onesto proficua vantaggia.
Quanti a sì gran benefattrice Sovrana Famiglia non dovranno essere i nostri tributi di riconoscenza e di affetto? i rendimenti di grazie? la memoria dei  benefizi in noi, nella discendenza dei nostri in perpetuo conservata?
Ed oh! credo che i trapassati ancora con noi saranno a tanto debito congiunti.
Anime illustri, cittadine ora di una patria, a cui presenti i luoghi tutti, e le genti sottoposte sono agli occhi vostri, i quali veggono nell'eterno giorno; e che delle terre, che per nascita, o per grata dimora nel pellegrinaggio vostro mortale care vi furono, ed ospitali, dolce e fedele la rimembranza serbate e l'affetto, che nella gloria si perfeziona, a voi mi rivolgo.

Statua di Leopoldo II “Canapone”, stemma comunale
San Miniato, Piazza Buonaparte
Foto di Francesco Fiumalbi

O grande, e ben seguito esemplare, Magnifico Lorenzo, che qui col maestro Marsilio, e col nostro Mercati Seniore, e col Serafico Morali alle Platoniche disputazioni sedesti!
O Lorenzo Bonincontri già maestro del Pontano, e Storico Poeta, e insigne Filosofo, che col tuo Manilio illustrato le prime traccie apristi alla retta via per cui sciolta dalle vane fole, e dai sogni degli astrologi, al gran Galileo l'Astronomia si condusse!
O Mercati minore, primo istitutore della scienza dei metalli, e descrittore dei Romani Obelischi! O delle sacre e civili leggi! Ansaldi, Spadalonga, Bonaparti e della Teologia Migliorati e cultori e propagatori insigni! E quanti non direi?
O voi incliti, e Voi tutti, o miei trapassati, assistete a noi che stendiamo a questo Palladio di nostra salute e prosperità le braccia.
Questa è la nostra preghiera: Vivano felici tutti sotto sì benefico padre, e di ogni bene forniti e comodi. E come per varj uffici, varie membra concorrono al bene del corpo intero, così altra parte col commercio, e l'industria, altra con le Arti belle e coi lavori, altra colle vigili cure ministre di frutti alla sua terra si adoperi, e tutte insieme al ben comune conferiscano.
Noi al retto giudicare amplissimo, ornatissimo al dire, ed agli studj delle buone Lettere, con cui congiunti vanno i politi e probi costumi, attissimo luogo apprestiamo e puro cielo e tranquillo aere, e viver quieto e da strepiti remoto.
Tutti e singoli concorriamo al bene universo; tutti il Padre benediciamo, tutti sopra di Lui, e dell'Augusta Sposa sua, e Famiglia le celesti prosperità invochiamo.
Voi numerosa e nobile Udienza con tali voti con noi vi unite, che tutti sotto un padre in una famiglia viviamo.
Unanimi acclamiamo alla solennità di questo giorno:
E tu, o mia Patria, coi cuori di tutti lieta esulta, e questo, il faustissimo de' tuoi giorni, segna con auree note; ed i presenti padri ai futuri, e quelli ai figli ed ai nipoti, e a chi verrà da quelli lo rammentino. È questa di oggi una tua Festa simile alle Olimpiche dell'antica Grecia, che i cantici di un Pindaro, e la voce di un acclamato Erodoto, che non di storia, ma di sì fatto argomento leggesse, richiedeva, non quella di stanco e debole dicitore, che la penna e lo stile ai piedi di questo Simulacro, depone, ammira, e tace.


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