giovedì 5 giugno 2014

ANGIOLINA - Racconto di Giancarlo Pertici

↖ RACCONTI DAL DUOMO E DAL SEMINARIO
di Giancarlo Pertici

L'uomo cerca e trova sempre le parole per esprimere il suo pensiero e ha cercato di dare anche un nome al dolore. E' ORFANO chi perde il padre o la madre, è VEDOVO chi perde il coniuge, ma non è riuscito mai a coniare un nome al dolore di chi perde un figlio perché è un Dolore "Indicibile".

Angiolina… un angelo dei giorni nostri.

"Abramo…, su prendi tuo figlio il diletto che tu ami, Isacco… e offrilo in olocausto su di un monte che ti dirò"…. (Genesi, cap. 22 )

Per quanti hanno conosciuto Angiolina “la tentazione di Abramo” sembra tracciare il suo cammino … quasi una metafora…figlio unico (Eugenio) che si offre in servizio … poi l’olocausto quando nessun riscatto sembra possibile.
Rimasta vedova giovanissima si dedica alla cura della famiglia e soprattutto del figlio Eugenio. Quando ad appena 11 anni manifesta la volontà di farsi prete lo asseconda senza curasi di se. Lo iscrive al Seminario .. la vacanza in montagna … quale periodo di prova. E’ il nostro primo incontro …. da subito amicizia.. la scelta dei letti uno accanto all’altro. Con l’inizio dell’anno scolastico entriamo in seminario … disfiamo le valigie e le mamme fanno conoscenza. Tra loro è subito intesa …. cuori di mamma .. che battono allo stesso ritmo. Quella stessa sera Angiolina resta dai miei …. mamme che si raccontano, si confidano.. pene .. paure… difficoltà … Spontanea la solidarietà di chi, pur con poco, sa condividere il molto. Poche settimane e Angiolina, tramite mia mamma, trova lavoro e si trasferisce a San Miniato …. vicina al suo unico figlio: - guardarobiera e sarta (è il suo lavoro) all’istituto della Madonnina del Grappa che diventa la sua seconda casa. Col passare degli anni diventa la mamma di tutti … ragazzi senza famiglia che in quegli anni transitano per l’Istituto di Don Corso.
E’ bello condividere amicizia con Eugenio… generoso… mai invidioso... garbato. Ha un senso spiccato e innato dell’autoironia, mai sopra le righe, mai una parolaccia, mai una battuta sguaiata. Puntuali le sue battute …scherzose mai offensive ….i toni che invitano al sorriso talvolta anche al riso, non solo di suoi coetanei ma anche dei più grandi. In poco tempo riesce ad accattivarsi le simpatie di tutti oltre la camerata. Sa essere divertente e piacevole anche quando organizza scherzi. Condivido con lui molti momenti di gioco… ci raccontiamo a vicenda le nostre storie.
E’ rimasta proverbiale la caccia ai pipistrelli….. nel periodo estivo.
- All’ora di andare a letto… entrando in camera ci accorgiamo che le finestre, le grandi finestre che danno in Gargozzi sono rimaste aperte. Cinque grandi finestre che hanno consentito il libero transito di un imprecisato numero di pipistrelli. Scope, cuscini, asciugamani vari… diventano proiettili per abbattere e catturare “il nemico”. Inizia una lotta senza quartiere… per catturare il maggior numero di “nemici”. ….Nessun prigioniero!! …. E li liberiamo immediatamente nel buio della valle sottostante. Immediata la telefonata del Rettore … la sua camera giusto sotto la nostra, … che replica stizzito al rispetto del silenzio… …La nostra battaglia si trasforma in una lotta al rallentatore tra risa strozzate e colpi a salve.
Nei 5 anni trascorsi insieme... fianco a fianco abbiamo imparato a riconoscerci anche dal respiro. Ci addormentiamo… occhi negli occhi: io adagiato sul fianco destro .. lui su quello sinistro. Quando ne uscì per percorrere un’altra strada nella vita, dopo che io l’avevo preceduto, ci ritrovammo a decidere insieme del nostro futuro in quella estate del ’63: io ragioniere, lui militare. Eugenio si arruolò volontario in marina ..io mi iscrissi a Ragioneria a San Miniato. Eugenio percorse poi la carriera nel Consubim di La Spezia, un corpo speciale di incursori. Specializzato in molte discipline subacquei, paracadutisti e anche alpinisti, se non ricordo male. Il nostro rapporto quotidiano diventò occasionale, quando le licenze gli consentivano il rientro a casa. Non passava mese che non facesse una capatina da Mamma Angiolina alla Madonnina del Grappa. Non mancava mai di venirmi a trovare anche senza preavviso. Era cresciuto … si era irrobustito.. spalle larghe, collo pronunciato, sempre abbronzato. Faceva un figurone vestito da marinaio .. divisa bianca… e berretto sotto il braccio quando percorreva a piedi tutto San Miniato per giungere fin da me, nello Scioa. Qualcuno in motorino talvolta faceva la staffetta per venirmi ad avvisare del suo arrivo. Ero ansioso per il suo lavoro … lui veniva apposta da me per scaricarsi raccontandomi tutti gli ultimi obiettivi raggiunti, i particolari delle operazioni, lo scenario, i brevetti conseguiti, ..con descrizione dettagliata delle esercitazioni militari anche le più segrete. Avevo difficoltà spesso a seguire il suo racconto perché incapace di immaginare le scene.. le armi… i termini militari sconosciuti. … Affascinato dal suo entusiasmo, che lui scambiava per interesse consapevole, assentivo a tutte le domande implicite che mi rivolgeva. Entusiasmo il suo contagioso ed anche commovente quando mi sottolineava ….“Le racconto a te.. altrimenti a chi? Mia madre non vuole che gliele racconti…. ha puro terrore del lavoro che faccio”. Nel giro di pochi anni aveva conseguito tutti i brevetti per diventare addirittura istruttore del corpo Incursori del Consubim. Nel ’67 con il mio trasferimento a Marina di Pisa, Eugenio trovava ancora il tempo per farmi visita quando passava dalla Zia di Livorno. Ci eravamo sentiti per telefono l’ultima volta in occasione di una sua licenza …forse??...primavera ’69, quando ero ancora in cerca di un lavoro serio. A inizio estate per conto dell’Unione italiana Ciechi stavo partecipando ad una campagna di raccolta fondi a Livorno. La mattina si lasciava un avviso … per il pomeriggio successivo. Il pomeriggio passavamo a raccogliere le eventuali offerte sollecitate già il giorno prima. Come prassi si suonava il campanello.. l’autorizzazione della Questura ben in vista .. blocchetto delle ricevute in mano, .. a Livorno ci riconoscevano subito. Quella sera suono il campanello come al solito …una signora apre la porta… mi presento autorizzazione alla mano, e domando “vuole lasciare un contributo?”… Nella pausa, nell'attesa della risposta… una voce familiare…una frazione di secondo e un colpetto di tosse.. quasi a schiarire la voce.... L’accenno della mano, la mia, nel gesto incompiuto quasi di sospingere la padrona di casa.... l’espressione esterrefatta… uno “scusi..” appena sussurrato…zittita anche dal rumore del silenzio che allimprovviso sembra erompere dalla cucina… Attonita si lascia invadere ... due passi dentro…l’ incontro in mezzo al corridoio…Ci siamo riconosciuti dal timbro della voce appena udita io e Eugenio…. Siamo a casa della zia, uno di fronte all’altro ....grande sorpresa… gradita sorpresa!. Sarà l’ultima volta che ci incontriamo. Lui riparte per un’esercitazione in Sardegna, io la settimana successiva vengo chiamato a lavorare a Viareggio al Principe di Piemonte.
Rientro i primissimi giorni di settembre. Verso il 10 dello stesso mese riprendo a lavorare con mio padre,uno dei miei lavori… pavimenti e rivestimenti. E’ il primo giorno a San Miniato dopo tanti mesi. La sera a casa di mia zia Norma per un saluto.. e quando stiamo per riprendere la strada verso Marina di Pisa, lei mi fa.. “Che disgrazia! Poveretto quel tuo amico! E la sua mamma sembrava un fantasma!”. “Di cosa parli?” replico. Mia zia mi parla della morte di Eugenio…improvvisa … durante un immersione… al largo della Sardegna. Sembra sia stato un infarto in profondità era la prima metà di Luglio. Appena 21 anni. Funerali solenni celebrati a San Miniato. Come pietrificato la disperazione nel cuore, mi abbandono ad un dirotto pianto che mi accompagna per tutto il tragitto… mio padre silenzioso alla guida… tra i singhiozzi l’atroce verità. Penso a lui e al quella mamma: “.. terrorizzata dei pericoli cui andava incontro…” Nei giorni successivi sembra introvabile, Angiolina non è più alla Madonnina del Grappa.. forse è da una sorella… o da una parente. Non riesco ad abituarmi all’idea che Eugenio non c’è più… profondo senso di colpa per non aver potuto neppure piangere sulla sua bara… né consolare né abbracciare per lui la sua mamma sola …Il pianto a cui mi abbandono al suo pensiero non riesce a consolarmi. Neppure oggi a distanza di anni mentre ricordo per scrivere. Sull’orlo della depressione mi giunge inattesa un’offerta di lavoro tramite amici degli amici. Ho trovato lavoro a Castelfranco, ragioniere in un Calzaturificio, sarà il lavoro della mia vita. Mi ci butto a capofitto anima e corpo… vita da pendolare.
Nel corso del mese di ottobre ( o forse era già novembre??), un pomeriggio esco di fabbrica per un giro di commissioni. Ricordo bene il tempo…cielo completamente coperto ma non è freddo. La macchina parcheggiata davanti la fabbrica, lungo la Via San Severo. Devo attraversare.
Guardando solo a destra… dall’altro lato non viene nessuno.. è senso unico!. Istintivamente mentre sono già al centro della strada volgo lo sguardo anche a sinistra. Mi si gela il sangue… Angiolina immobile al centro della strada, il volto cereo mi fissa inebetita, lo sguardo di chi ha appena veduto un fantasma. Io sono quel fantasma…. memoria viva di un dolore “indicibile”… appendice rimasta … ferita aperta … .. Pietrificato dal grido di dolore rimasto .. inesploso … scosso da brividi convulsi.. mi ritrovo tra quelle braccia tese in un gesto disperato … prima respinto… poi serrato nel loro abbraccio. Tempo che scorre lento… lacrime che solcano generose i nostri visi …specchi di …sofferenza … sorpresa … meraviglia … speranza. Come una mamma, asciuga prima le mie lacrime mentre mi tempesta di baci anche se l’emozione le impedisce di dire una sola parola. Il timore da parte mia che possa sentirsi male mi consiglia di rientrare in Ufficio e Angiolina si lascia andare sull’unica poltrona dell’ufficio. Non ricordo esattamente cosa ci siamo detti in quei momenti, ci siamo soprattutto guardati a lungo: credevamo di esserci perduti e ci eravamo ritrovati. Nei giorni successivi ci ritroviamo più volte dalla sua sorella proprio li a Castelfranco a due passi a parlare sopratutto dei suoi progetti. Sì! Angiolina ha dei progetti. Ha già trovato una casa tramite Don Corso a Santa Croce dove andrà ad abitare, ma non da sola. Ha deciso di accogliere tutti quei ragazzi che hanno appena dovuto lasciare la Madonnina del Grappa perché maggiorenni: i suoi ragazzi. Parte senza lasciare tempo al tempo. Alcuni di questi ragazzi trascorrono da Angiolina solo alcuni mesi, poi si sposano o trovano casa e lavoro. Altri resteranno con lei per anni a formare quello zoccolo duro, costituito da ex Madonnina Del Grappa, perché nel giro di pochi anni si esaurisce il flusso dalla Madonnina del Grappa. E’ il momento del flusso dal Nord Africa e dai balcani che trova spazio in casa di Angiolina. Mi ritrovo più volte da lei che ha dei problemi con alcuni ragazzi, mentre la sua età avanza. Non ricordo più l’anno esatto della sua malattia. Quella tremenda malattia che la porterà alla tomba. Sono passati quasi dieci anni dalla morte di Eugenio. E’ costretta a scrivermi una lettera per un ultima drammatica richiesta di aiuto. Mi scrive “ Caro Giancarlo… per via di questa malattia in bocca, sono costretta a scriverti…. Aiutami a trovare una soluzione perché questi ragazzi possano continuare a vivere in questa casa anche dopo di me”. E’ questo il senso della sua lettera che in questi giorni ho cercato disperatamente e inutilmente e che tengo da anni come una reliquia (ma la troverò! Sono anni che non la leggo.. troppo dolore.. troppa angoscia… senso di impotenza.. appena la trovo la posterò su Facebook…. è il testamento spirituale di un angelo) Non ricordo neppure quale fu esattamente la soluzione trovata tramite la parrocchia che ha continuato comunque per anni l’opera di Angiolina. Nel 2000 quando lavoravo al dormitorio a Santa Croce era sempre in funzione proprio vicino alla Biblioteca. In quella occasione mi volle affidare alcuni ricordi che conservo con attenzione quasi religiosa nonostante i numerosi traslochi. Un accendino a Gas della Ronson personalizzato con lo stemma della marina e un portasigarette, entrambi appartenuti ad Eugenio. Mi affidò anche il suo “vestito buono” da borghese, ché ne facessi quello che volevo “E’ giusto che lo abbia tu! E decida tu cosa farne o a chi darlo! E’ nuovo… l’avrà messo forse due volte”. Credevo che fosse andato perduto negli ultimi traslochi. Ho appena chiesto a mia Graziella che fine abbia fatto. Mi ha risposto “E’ sempre lì al suo posto nell’armadio. Non ho mai avuto il coraggio neppure di spostartelo” .

Giancarlo Pertici con Alberto Cheti ed Eugenio Molesti
Estate 1962 - Spiaggia di Fonteblanda
in campeggio col Seminario
Foto Collezione di Giancarlo Pertici

Giancarlo Pertici con Alberto Cheti ed Eugenio Molesti
Anno Scolastico 1962/63 - Terrazza del Seminario
"Camerata dei Mezzani"
Foto Collezione di Giancarlo Pertici


A margine di ..... "ANGIOLINA .... UN ANGELO DEI NOSTRI GIORNI".
Con la memoria soltanto alcune date sono inesatte. Non ricordavo esattamente l'anno della sua morte. L'ho ritrovata! la sua opera è durata un ventennio e nel suo ricordo a suo tempo su "La Domenica" diocesana avevo dato annuncio della sua morte e della sua opera preziosa. "Una Fine silenziosa" il titolo apparso sul n° 10 de "La Domenica" dell' 11 marzo 1990 che ho appena ritrovato e di cui avevo perso il ricordo.
LO PUBBLICO NELLA SPERANZA CHE SI POSSA ANCHE LEGGERE



↖ RACCONTI DAL DUOMO E DAL SEMINARIO

Nessun commento:

Posta un commento