di Giancarlo Pertici
L'uomo
cerca e trova sempre le parole per esprimere il suo pensiero e ha
cercato di dare anche un nome al dolore. E' ORFANO chi perde il padre
o la madre, è VEDOVO chi perde il coniuge, ma non è riuscito mai a
coniare un nome al dolore di chi perde un figlio perché è un Dolore
"Indicibile".
Angiolina…
un angelo dei giorni nostri.
"Abramo…,
su prendi tuo figlio il diletto che tu ami, Isacco… e offrilo in
olocausto su di un monte che ti dirò"…. (Genesi, cap. 22 )
Per
quanti hanno conosciuto Angiolina “la tentazione di Abramo”
sembra tracciare il suo cammino … quasi una metafora…figlio unico
(Eugenio) che si offre in servizio … poi l’olocausto quando
nessun riscatto sembra possibile.
Rimasta
vedova giovanissima si dedica alla cura della famiglia e soprattutto
del figlio Eugenio. Quando ad appena 11 anni manifesta la volontà di
farsi prete lo asseconda senza curasi di se. Lo iscrive al Seminario
.. la vacanza in montagna … quale periodo di prova. E’ il nostro
primo incontro …. da subito amicizia.. la scelta dei letti uno
accanto all’altro. Con l’inizio dell’anno scolastico entriamo
in seminario … disfiamo le valigie e le mamme fanno conoscenza. Tra
loro è subito intesa …. cuori di mamma .. che battono allo stesso
ritmo. Quella stessa sera Angiolina resta dai miei …. mamme che si
raccontano, si confidano.. pene .. paure… difficoltà … Spontanea
la solidarietà di chi, pur con poco, sa condividere il molto. Poche
settimane e Angiolina, tramite mia mamma, trova lavoro e si
trasferisce a San Miniato …. vicina al suo unico figlio: -
guardarobiera e sarta (è il suo lavoro) all’istituto della
Madonnina del Grappa che diventa la sua seconda casa. Col passare
degli anni diventa la mamma di tutti … ragazzi senza famiglia che
in quegli anni transitano per l’Istituto di Don Corso.
E’
bello condividere amicizia con Eugenio… generoso… mai invidioso... garbato. Ha un senso spiccato e innato dell’autoironia, mai
sopra le righe, mai una parolaccia, mai una battuta sguaiata.
Puntuali le sue battute …scherzose mai offensive ….i toni che
invitano al sorriso talvolta anche al riso, non solo di suoi coetanei
ma anche dei più grandi. In poco tempo riesce ad accattivarsi le
simpatie di tutti oltre la camerata. Sa essere divertente e piacevole
anche quando organizza scherzi. Condivido con lui molti momenti di
gioco… ci raccontiamo a vicenda le nostre storie.
E’
rimasta proverbiale la caccia ai pipistrelli….. nel periodo
estivo.
-
All’ora di andare a letto… entrando in camera ci accorgiamo che
le finestre, le grandi finestre che danno in Gargozzi sono rimaste
aperte. Cinque grandi finestre che hanno consentito il libero
transito di un imprecisato numero di pipistrelli. Scope, cuscini,
asciugamani vari… diventano proiettili per abbattere e catturare
“il nemico”. Inizia una lotta senza quartiere… per catturare
il maggior numero di “nemici”. ….Nessun prigioniero!! …. E li
liberiamo immediatamente nel buio della valle sottostante. Immediata
la telefonata del Rettore … la sua camera giusto sotto la nostra, …
che replica stizzito al rispetto del silenzio… …La nostra
battaglia si trasforma in una lotta al rallentatore tra risa
strozzate e colpi a salve.
Nei
5 anni trascorsi insieme... fianco a fianco abbiamo imparato a
riconoscerci anche dal respiro. Ci addormentiamo… occhi negli
occhi: io adagiato sul fianco destro .. lui su quello sinistro.
Quando ne uscì per percorrere un’altra strada nella vita, dopo che
io l’avevo preceduto, ci ritrovammo a decidere insieme del nostro
futuro in quella estate del ’63: io ragioniere, lui militare.
Eugenio si arruolò volontario in marina ..io mi iscrissi a
Ragioneria a San Miniato. Eugenio percorse poi la carriera nel
Consubim di La Spezia, un corpo speciale di incursori. Specializzato
in molte discipline subacquei, paracadutisti e anche alpinisti, se
non ricordo male. Il nostro rapporto quotidiano diventò occasionale,
quando le licenze gli consentivano il rientro a casa. Non passava
mese che non facesse una capatina da Mamma Angiolina alla Madonnina
del Grappa. Non mancava mai di venirmi a trovare anche senza
preavviso. Era cresciuto … si era irrobustito.. spalle larghe,
collo pronunciato, sempre abbronzato. Faceva un figurone vestito da
marinaio .. divisa bianca… e berretto sotto il braccio quando
percorreva a piedi tutto San Miniato per giungere fin da me, nello
Scioa. Qualcuno in motorino talvolta faceva la staffetta per venirmi
ad avvisare del suo arrivo. Ero ansioso per il suo lavoro … lui
veniva apposta da me per scaricarsi raccontandomi tutti gli ultimi
obiettivi raggiunti, i particolari delle operazioni, lo scenario, i
brevetti conseguiti, ..con descrizione dettagliata delle
esercitazioni militari anche le più segrete. Avevo difficoltà
spesso a seguire il suo racconto perché incapace di immaginare le
scene.. le armi… i termini militari sconosciuti. … Affascinato
dal suo entusiasmo, che lui scambiava per interesse consapevole,
assentivo a tutte le domande implicite che mi rivolgeva. Entusiasmo
il suo contagioso ed anche commovente quando mi sottolineava ….“Le
racconto a te.. altrimenti a chi? Mia madre non vuole che gliele
racconti…. ha puro terrore del lavoro che faccio”. Nel giro di
pochi anni aveva conseguito tutti i brevetti per diventare
addirittura istruttore del corpo Incursori del Consubim. Nel ’67
con il mio trasferimento a Marina di Pisa, Eugenio trovava ancora il
tempo per farmi visita quando passava dalla Zia di Livorno. Ci
eravamo sentiti per telefono l’ultima volta in occasione di una sua
licenza …forse??...primavera ’69, quando ero ancora in cerca di
un lavoro serio. A inizio estate per conto dell’Unione italiana
Ciechi stavo partecipando ad una campagna di raccolta fondi a
Livorno. La mattina si lasciava un avviso … per il pomeriggio
successivo. Il pomeriggio passavamo a raccogliere le eventuali
offerte sollecitate già il giorno prima. Come prassi si suonava il
campanello.. l’autorizzazione della Questura ben in vista ..
blocchetto delle ricevute in mano, .. a Livorno ci riconoscevano
subito. Quella sera suono il campanello come al solito …una signora
apre la porta… mi presento autorizzazione alla mano, e domando
“vuole lasciare un contributo?”… Nella pausa, nell'attesa della
risposta… una voce familiare…una frazione di secondo e un
colpetto di tosse.. quasi a schiarire la voce.... L’accenno della
mano, la mia, nel gesto incompiuto quasi di sospingere la padrona di
casa.... l’espressione esterrefatta… uno “scusi..” appena
sussurrato…zittita anche dal rumore del silenzio che allimprovviso
sembra erompere dalla cucina… Attonita si lascia invadere ... due
passi dentro…l’ incontro in mezzo al corridoio…Ci siamo
riconosciuti dal timbro della voce appena udita io e Eugenio….
Siamo a casa della zia, uno di fronte all’altro ....grande
sorpresa… gradita sorpresa!. Sarà l’ultima volta che ci
incontriamo. Lui riparte per un’esercitazione in Sardegna, io la
settimana successiva vengo chiamato a lavorare a Viareggio al
Principe di Piemonte.
Rientro
i primissimi giorni di settembre. Verso il 10 dello stesso mese
riprendo a lavorare con mio padre,uno dei miei lavori… pavimenti e
rivestimenti. E’ il primo giorno a San Miniato dopo tanti mesi. La
sera a casa di mia zia Norma per un saluto.. e quando stiamo per
riprendere la strada verso Marina di Pisa, lei mi fa.. “Che
disgrazia! Poveretto quel tuo amico! E la sua mamma sembrava un
fantasma!”. “Di cosa parli?” replico. Mia zia mi parla della
morte di Eugenio…improvvisa … durante un immersione… al largo
della Sardegna. Sembra sia stato un infarto in profondità era la
prima metà di Luglio. Appena 21 anni. Funerali solenni celebrati a
San Miniato. Come pietrificato la disperazione nel cuore, mi
abbandono ad un dirotto pianto che mi accompagna per tutto il
tragitto… mio padre silenzioso alla guida… tra i singhiozzi
l’atroce verità. Penso a lui e al quella mamma: “.. terrorizzata
dei pericoli cui andava incontro…” Nei giorni successivi sembra
introvabile, Angiolina non è più alla Madonnina del Grappa.. forse
è da una sorella… o da una parente. Non riesco ad abituarmi
all’idea che Eugenio non c’è più… profondo senso di colpa per
non aver potuto neppure piangere sulla sua bara… né consolare né
abbracciare per lui la sua mamma sola …Il pianto a cui mi abbandono
al suo pensiero non riesce a consolarmi. Neppure oggi a distanza di
anni mentre ricordo per scrivere. Sull’orlo della depressione mi
giunge inattesa un’offerta di lavoro tramite amici degli amici. Ho
trovato lavoro a Castelfranco, ragioniere in un Calzaturificio, sarà
il lavoro della mia vita. Mi ci butto a capofitto anima e corpo…
vita da pendolare.
Nel
corso del mese di ottobre ( o forse era già novembre??), un
pomeriggio esco di fabbrica per un giro di commissioni. Ricordo bene
il tempo…cielo completamente coperto ma non è freddo. La macchina
parcheggiata davanti la fabbrica, lungo la Via San Severo. Devo
attraversare.
Guardando
solo a destra… dall’altro lato non viene nessuno.. è senso
unico!. Istintivamente mentre sono già al centro della strada volgo
lo sguardo anche a sinistra. Mi si gela il sangue… Angiolina
immobile al centro della strada, il volto cereo mi fissa inebetita,
lo sguardo di chi ha appena veduto un fantasma. Io sono quel
fantasma…. memoria viva di un dolore “indicibile”… appendice
rimasta … ferita aperta … .. Pietrificato dal grido di dolore
rimasto .. inesploso … scosso da brividi convulsi.. mi ritrovo tra
quelle braccia tese in un gesto disperato … prima respinto… poi
serrato nel loro abbraccio. Tempo che scorre lento… lacrime che
solcano generose i nostri visi …specchi di …sofferenza …
sorpresa … meraviglia … speranza. Come una mamma, asciuga prima
le mie lacrime mentre mi tempesta di baci anche se l’emozione le
impedisce di dire una sola parola. Il timore da parte mia che possa
sentirsi male mi consiglia di rientrare in Ufficio e Angiolina si
lascia andare sull’unica poltrona dell’ufficio. Non ricordo
esattamente cosa ci siamo detti in quei momenti, ci siamo soprattutto
guardati a lungo: credevamo di esserci perduti e ci eravamo
ritrovati. Nei giorni successivi ci ritroviamo più volte dalla sua
sorella proprio li a Castelfranco a due passi a parlare sopratutto
dei suoi progetti. Sì! Angiolina ha dei progetti. Ha già trovato
una casa tramite Don Corso a Santa Croce dove andrà ad abitare, ma
non da sola. Ha deciso di accogliere tutti quei ragazzi che hanno
appena dovuto lasciare la Madonnina del Grappa perché maggiorenni: i
suoi ragazzi. Parte senza lasciare tempo al tempo. Alcuni di questi
ragazzi trascorrono da Angiolina solo alcuni mesi, poi si sposano o
trovano casa e lavoro. Altri resteranno con lei per anni a formare
quello zoccolo duro, costituito da ex Madonnina Del Grappa, perché
nel giro di pochi anni si esaurisce il flusso dalla Madonnina del
Grappa. E’ il momento del flusso dal Nord Africa e dai balcani che
trova spazio in casa di Angiolina. Mi ritrovo più volte da lei che
ha dei problemi con alcuni ragazzi, mentre la sua età avanza. Non
ricordo più l’anno esatto della sua malattia. Quella tremenda
malattia che la porterà alla tomba. Sono passati quasi dieci anni
dalla morte di Eugenio. E’ costretta a scrivermi una lettera per un
ultima drammatica richiesta di aiuto. Mi scrive “ Caro Giancarlo…
per via di questa malattia in bocca, sono costretta a scriverti….
Aiutami a trovare una soluzione perché questi ragazzi possano
continuare a vivere in questa casa anche dopo di me”. E’ questo
il senso della sua lettera che in questi giorni ho cercato
disperatamente e inutilmente e che tengo da anni come una reliquia
(ma la troverò! Sono anni che non la leggo.. troppo dolore.. troppa
angoscia… senso di impotenza.. appena la trovo la posterò su
Facebook…. è il testamento spirituale di un angelo) Non ricordo
neppure quale fu esattamente la soluzione trovata tramite la
parrocchia che ha continuato comunque per anni l’opera di
Angiolina. Nel 2000 quando lavoravo al dormitorio a Santa Croce era
sempre in funzione proprio vicino alla Biblioteca. In quella
occasione mi volle affidare alcuni ricordi che conservo con
attenzione quasi religiosa nonostante i numerosi traslochi. Un
accendino a Gas della Ronson personalizzato con lo stemma della
marina e un portasigarette, entrambi appartenuti ad Eugenio. Mi
affidò anche il suo “vestito buono” da borghese, ché ne facessi
quello che volevo “E’ giusto che lo abbia tu! E decida tu cosa
farne o a chi darlo! E’ nuovo… l’avrà messo forse due volte”.
Credevo che fosse andato perduto negli ultimi traslochi. Ho appena
chiesto a mia Graziella che fine abbia fatto. Mi ha risposto “E’
sempre lì al suo posto nell’armadio. Non ho mai avuto il coraggio
neppure di spostartelo” .
Estate 1962 - Spiaggia di Fonteblanda
in campeggio col Seminario
Foto Collezione di Giancarlo Pertici
Anno Scolastico 1962/63 - Terrazza del Seminario
"Camerata dei Mezzani"
Foto Collezione di Giancarlo Pertici
A margine di ..... "ANGIOLINA .... UN ANGELO DEI NOSTRI GIORNI".
Con la memoria soltanto alcune date sono inesatte. Non ricordavo esattamente l'anno della sua morte. L'ho ritrovata! la sua opera è durata un ventennio e nel suo ricordo a suo tempo su "La Domenica" diocesana avevo dato annuncio della sua morte e della sua opera preziosa. "Una Fine silenziosa" il titolo apparso sul n° 10 de "La Domenica" dell' 11 marzo 1990 che ho appena ritrovato e di cui avevo perso il ricordo.
LO PUBBLICO NELLA SPERANZA CHE SI POSSA ANCHE LEGGERE
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