di Giancarlo Pertici
San
Miniato - Aulla e ritorno … quell’estate del 56.
Quell’estate
era proprio iniziata nel migliore dei modi … fine della scuola …
liberi dai compiti … liberi di spaziare in ogni dove.... libera la
casa. La “Signora”, come chiamavamo con rispetto la Corinna …
appena partita per il mare a Torre del Lago e con lei la nipote.
….
Eravamo … sto usando il plurale perché in quell’estate non ero
solo. Facevo coppia fissa con Berto, come d’inverno. Coppia strana
la nostra, …piena di contraddizioni… ma funzionava nonostante i
continui litigi …le mie bizze …. i miei scatti di rabbia quando
qualcosa non mi andava. Ma funzionava. Nessuno sforzo per
incontrarci, io 9 anni abitavo al mezzanino e Berto 7 anni al primo
piano … stesse scale… palazzo Vannini. Quindi amici, anche se
legati da un certo legame di parentela, “Cugini di secondo grado”
così ci dicevano … per noi era chiaro che a essere cugini erano i
nostri genitori, la mia mamma e il suo babbo.
….
Eravamo sempre alla ricerca di qualcosa, per noi era una specie di
caccia al tesoro … in quella cantina …. “off limits” durante
il resto dell’anno. Ma d’estate… d’estate…. era innegabile
la tentazione di rovistare tra vecchi mobili, scaffali, bauli,
mensole e mucchi disordinati di damigiane, fiaschi, bottiglie piene e
vuote.. tra la legna pronta per l’inverno.. e giù lungo quelle
scale intagliate nel tufo a scendere nel buio più fitto … solo
tufo a fare da pavimento, volta e pareti. L’impressione, torcia
alla mano, era di entrare in una caverna…. antro dove qualche
pirata poteva aver nascosto un tesoro. E proprio quello cercavamo.
Ecco vecchi giocattoli di latta arrugginiti!! un Cavallo a Dondolo
oramai decapitato!!..una vecchia trottola!!… alcuni numeri della
Domenica del Corriere…. laggiù 3/4 metri sotto terra mentre dal
lieve tremolio del terreno avvertivamo.. sopra.. il passaggio di
qualche carro e di qualche ambulanza diretta all’ospedale. E dietro
al Cavallo a Dondolo una bicicletta.. di quelle vecchie.. tutta
ruggine… il pedale bloccato.. ragnatele e polvere.. colore grigio
indefinito.
Tentazione
irresistibile e sensazione del proibito in lotta ci
bloccano….difficile smuovere la bicicletta da quell’incavo nel
tufo. E’ solo con l’aiuto di Nonno Nuti che rimuoviamo i nostri
dubbi e le nostre paure e riusciamo a riportare “alla luce”
quella bicicletta paralizzata dal tempo. Non grigio il suo colore…
nero … la catena morta …le maglie incollate dalla ruggine. E
nonno Nuti col “petrolio” riesce a resuscitare alla sua funzione
la catena. Una spolveratina .. un po’ di petrolio .. grasso alla
catena …ora funziona!!. “E’ di ferro pieno” sentenzia nonno
Nuti “è per questo che è così pesa… attenti a non farvela
cadere addosso”. Ci rassicura .. niente paura di essere scoperti
“la rimettiamo al suo posto prima che le altre tornino dal mare”.
Inizia così con un po’ di affanno quell’estate del 56 …
avventura imprevista e per questo anche più bella. Il collaudo nella
discesa che dalla piazza porta in Pian delle Fornaci e si trasforma
in gioco … un tormentone che si ripete all’infinito fino alla
nausea, ma che non ci annoia anzi ci galvanizza perché ad ogni
discesa impariamo qualcosa in più….. fino in fondo, dove riprende
la salita.. fino alla casa di Marianna. Eppoi quel venticello che ti
scarruffa i capelli mentre vai sempre più veloce è come droga che
lava fatica, sudore. Quindi il ritorno… in salita… a spinta… in
due col fiatone …. la scorciatoia che passa di lato alla casa di
Pellegrina, scansando il ritorno davanti al Sanatorio… e come
premio… a turno.. “a cianchino.. “ si riprende la discesa.
Nessun bisogno di pedalare.. mano al freno.. e giù nella polvere…
mentre l’altro segue di corsa a perdifiato fino in valle per
spingere e riportare in cima quelle bicicletta “di ferro pieno”.
Distrutti ci ritroviamo ogni sera addormentati e a letto appena dopo
cena, per essere pronti la mattina successiva ad iniziare un nuovo
giro…
E’
il tormentone del 56 che ci appaga della fatica e stranamente ha
allontanato da noi le tensioni, i litigi, le gelosie… qui non c’è
nessun perdente (sono sempre io a perdere) … “a cianchino” in
bicicletta .. non sentiamo differenze.. non c’è nulla da perdere…
ad ognuno il suo turno.. senza eccezione… senza intromissioni di
sorta… per giorni e giorni… fin quasi alla nausea.. fino a quella
sera che la bicicletta viene riportata in cantina e ci viene
annunciato la fine dei giochi. La mia famiglia si trasferisce dove il
mio babbo sta lavorando … per la costruzione di un Silos da
granaglie. La partenza è fissata di li a due giorni.. Vediamo
svanire il nostro sogno, il nostro gioco.. quella sensazione di
libertà e di freschezza …e quella brezza leggera che ci accarezza
la fronte sudata, la canottiera al vento a spazzare caldo e sudore..
Ci ribelliamo all’idea della separazione all’unisono ……. con
il pianto. Mossi a compassione il programma viene rivisto, confermata
la data di partenza… anche Berto verrà con noi!!! A quell’annuncio
… la festa … Assaporiamo il profumo dell’avventura.. il viaggio
in treno…il paese da scoprire. Alla sera, quando vado a letto…
l’aria triste di nonno Nuti mentre recitiamo “San Giuseppe”…
è quella parte di me che con tante piccole cose e abitudini non mi
posso portare dietro. “Ricordati delle devozioni sia la sera che la
mattina, non te ne dimenticare” mi ammonisce nonno, “e ogni tanto
torna a trovarmi” mi saluta così mentre mi incammino al “Riposo”
alla fermata della Corriera verso la stazione dei treni.
Il
Viaggio in treno, con i bagagli tra i piedi passando per Pisa, poi
per Lucca lungo il corridoio libero inizia come un gioco ….a
rincorrere i paesaggi che cambiano. Poi con la stanchezza ci
addormentiamo … finché mia mamma non ci sveglia … cambio treno…
ultima tratta fino ad Aulla. Arrivo a metà pomeriggio. Alla stazione
mio padre ci aspetta già da un’ora, tanto il ritardo, con lui
anche un amico che ci aiuterà a portare i bagagli. La stazione è
proprio ad Aulla, non come a San Miniato dove ci vuole la corriera
per e da la stazione. Anche io e Berto portiamo ciascuno un bagaglio
fino alla casa…. proprio in pieno centro in un palazzo a tre piani,
all’ultimo, …il nostro appartamento … tanti scalini ….
Meravigliati ci guardiamo, noi che il bagno lo facciamo nella tinozza
ora che è estate, … un bagno con le mattonelle!!! …la vasca ..
acqua calda e fredda …due terrazzi… soprattutto nessuna camera
buia. La sera stremati andiamo a letto appena dopo cena, Quella casa
…quell’appartamento ammobiliato…permette a mio padre di
salutare i compagni di lavoro e di lasciare la Pensione “Da
Pasquino”. Ora ha casa e la sua famiglia. Le emozioni e la
meraviglia si spengono il giorno dopo….. il pianto sconsolato di
Berto, candele al naso … disperata nostalgia invocata tra
singhiozzi e singulti strozzati, in una lagna senza fine …”mammaaaaa…
mammaaaa… mammaaa… “. E’ così che Giovanni il Ferlin prese
il primo treno per rientrare giusto con l’ultimo e riportare a casa
Berto… dalla sua mamma.
Solo…..
dopo tanti progetti… ma incuriosito inizio ad esplorare tutto il
terreno intorno.. C’è un grandissimo fiume.. il Magra pieno di
ragazzi a farci il bagno in quelle pozze disseminate in qua e là.
Sulla collina un cupo Castello tutto ricoperto di edera che evoca
quelle scene da cappa e spada, tante volte vissute al cinema. Sul
retro un grande prato incolto, alcuni ruderi prezzo del passaggio
della guerra e in lontananza la scuola ora chiusa e a pochi metri il
Cinema, proprio a portata di mano. Dalla terrazza posso vedere anche
i cartelloni… cinema tutte le sere, prezzo del biglietto 50 lire.
E’ mio padre che mi da le prime 50 lire “Vai pure al cinema e
appena finito torna dritto a casa”. E’ l’inizio del mio viaggio
nell’avventura dentro e fuori il cinema, con le prime amicizie, i
primi ragazzi. Il giorno ci incontriamo sul Magra, attraversiamo
tutto il letto fino a sfiorare l’altro argine dove il fiume scorre
veloce, lasciando però delle anse, delle insenature con acqua bassa
tra massi dai quali tuffarsi. Non ho mai provato il tuffo da certe
altezze, ci provo, mi immergo nell’acqua profonda e riemergo dove
già tocco mentre mia madre legge “Sogno”. Dall’alto del Silos
un grido … una voce …. è mio padre … un suono indistinto per
la lontananza, ma soprattutto l’agitarsi dalle impalcature
....gesticolando a richiamare l’attenzione. Sono i miei giochi con
l’acqua.. i tuffi.. lo scomparire e il riemergere.. che suscitano
paura in un babbo .. nessuna confidenza con l’acqua. E proprio di
fronte al Silos, al Groppino , quartiere periferico di Aulla, in quei
primi giorni ci imbattiamo nella famiglia Moretti per un’amicizia
che non terminerà mai. La nonna Corinna grande cuoca… i suoi
dolcetti…i piatti tipici della Lunigiana. Il Babbo in ferrovia a La
Spezia che torna solo la sera. La mamma, di cui mi sfugge il nome, …
casalinga … più grande di mia madre … diventano amiche intime.
Torniamo a casa solo la sera all’ora di cena, mentre gli altri
momenti li passiamo lì al Groppino, io con il gruppo d’amici che
ogni giorno cresce. Infine Marisa, la figlia, 16 anni biondissima
grande coda di cavallo tenuta di lato sul davanti, che mi chiede da
subito piccoli favori. L’acqua piovana dalla cisterna della piazza
per lavare i panni (mia nonna mi dava 10 lire per riempirle il
pillone) e soprattutto mi manda in missione nel letto del Magra a
fare raccolta di Giunchi quasi tutti i giorni. E’ il lavoro del
momento … le donne a casa costruiscono panieri, cesti, corbelli
usando i giunchi del fiume. Si raccolgono e si sbucciano prima che
secchino per poterli lavorare. Rapporto quotidiano che si consuma
prima di andare a giocare e al ritorno dai miei giri, nessun prezzo
concordato .. neppure richiesto. Non ricordo quale fu il primo gesto
tra noi, il primo passo. Ricordo quella treccia bionda a incorniciare
il suo viso bellissimo che si illuminava quando le sorridevo e la
guardavo. Ricordo quella sua prima carezza mentre le rubavo un bacio
… sbarazzino… non proprio sulla guancia …. ma giusto per
sentire il suo profumo e la sua vicinanza, mentre i suoi occhi
compiaciuti tentavano vanamente di assumere un’espressione di
rimprovero.. Gesti che cominciarono a ripetersi spontaneamente con la
complicità di Marisa … lusingata e divertita dalle mie attenzioni
… come di un bambino “cresciuto”. Non ricordo altre parole, se
ci furono, quando accompagnavo il bacio con un sussurro “sei
bellissima!” .. quasi una dichiarazione. Non mi turbò neppure
scoprire nel giro di alcuni giorni il suo fidanzato. Bruno, che tutti
al cantiere chiamavano “Pastaburro”.. tanto era buono. Neppure
geloso mi sentivo.. non occupava mica il mio spazio!!… Marisa era
“anche” la mia fidanzata. Estate bellissima impossibile da
dimenticare impressa in ogni muscolo, in ogni centimetro di pelle,
nell’aria, nel profumo del fiume e di quei capelli biondissimi.
All’improvviso … il bisogno di condividere queste sensazioni con
qualcuno che mi potesse capire veramente: Nonno Nuti. E’ il mio
ritorno temporaneo a casa, siamo oramai a fine luglio… secondo la
promessa fatta e .. per la voglia di rivederlo ..di raccontargli
tutte le novità. Mi riaccompagna a casa Zia Pia venuta a farci
visita in quei giorni che lascia al mio posto mia sorella Maurizia e
nonna Livia.
Quella
settimana passata nell’orto con Nonno Nuti ci raccontiamo tutto,
tutto… ma non proprio tutto.. non trovo le parole e neppure il
coraggio di parlargli di Marisa.. non saprei da che parte
cominciare.. forse sarebbe geloso! Il giorno mangiamo soprattutto
pomodori e insalata, nel pomeriggio un giretto verso i Cappuccini e
ritorno… è caldo. Dopo cena in Piazza con i vecchi amici gioco a
nascondino, mentre Nonno Nuti fa la sua partita a 21 e prima di
andare a letto un pensiero anche al domani… a caccia di lucciole
per rimediare i soldi per il gelato La notte invece recuperiamo il
tempo andato e mi addormento mentre mi narra le gesta di Tonino.
Al
ritorno trovo gli amici e il cinema all’aperto proprio davanti alla
stazione dei treni. Quella sera c’è un film con Jerry Lewis
“Occhio alla Palla” mi ricordo anche il titolo, ma ad attirare la
mia attenzione è il richiamo sussurrato del venditore di bibite e
noccioline ….”Lupini” …Insieme agli “anicini”
costituivano i dolciumi, i chicchi di cui era goloso il Nuti da
bambino. Troppa la tentazione e altrettanta la delusione per il
sapore inatteso.. anche se mi manca il coraggio di buttarli … un
occhio al film e uno al sacchetto che sembra non finire mai.
Quando
finisce l’estate sul Magra, finiscono anche i giochi consueti, le
sortite sul fiume e la raccolta di giunchi. Ci si avvicina al tempo
della scuola e scopro amici che saranno miei compagni , mi ricordo
ancora del Toso che stava sul mio stesso pianerottolo, e dell’altro
(ma non il nome) che divenne arbitro di serie A. Con il 1° di
ottobre inizia la scuola, la terza elementare, ne conservo ancora
intatto il libro di lettura del quale mi ricordo di un brano del
“Pifferaio di Ham…..” e dei “Ragazzi della Via Pal” con
tanto di disegno a colori. Mese di cambiamenti in casa, a scuola…
anche mia sorella inizia con la 1° elementare… Ma come dimenticare
quella giornata in bosco, su fin sotto il castello, a raccattare
castagne… io… mia sorella… e Marisa.. Non ricordo neppure
quante castagne riuscimmo a mettere insieme… la sera dovevamo fare
le caldarroste al Groppino con la famiglia Moretti. Ma ricordo quel
gioco che ci riportò tutti e tre a casa, culo a terra per scivolare
in formazione ognuno tra le gambe dell’altro (prima Maurizia,
secondo io e in coda Marisa) lungo il viottolo di terra battuta da
una terrazza all’altra. Cambi di velocità e di direzione per
rovesciamenti imprevisti tra risate, ammaccature, graffi e anche
atterraggi morbidi tra le curve generose di Marisa … fino
all’ultimo tratto. Peccato! Ora che cominciava a piacermi anche se
non capivo il perché,…certo quella vicinanza che non era mai stata
così… vicina…. così intrigante… e quella risata soddisfatta
gorgogliata di Marisa che accompagnava ogni ribaltone. Non mi è più
capitata un’occasione simile, le castagne erano finite. Ma finì
anche il nostro tempo… la radio annunciò l’invasione
dell’Ungheria … ne parlarono anche le maestre a scuola…
dovevamo ritornare a San Miniato… il lavoro al Silos stava per
terminare. Si avvicinavano le vacanze di Natale e oramai tutto era
pronto per il rientro… dovevamo salutare gli amici e le maestre.
Con un mazzo di garofani mia sorella Maurizia si presentò l’ultimo
giorno per farne omaggio alla sua maestra e salutare così le
compagne di scuola. Era già la prima settimana di dicembre e la
maestra… per una forma innata di cortesia, nel ringraziare
formalmente osò dire… “Ma non dovevate!! Con quel che costano i
garofani oggi!” – Immediata e spontanea la risposta in replica di
mia sorella, che non è mai stata in grado di “reggere neppure il
semolino” - “Bah!! Settanta lire l’uno!!” – Espressione che
in casa Moretti e in altre famiglie di Aulla ancor oggi usano per
sottolineare che un prezzo è troppo caro…… Usano proprio questo
intercalare: “Bah!!!... settanta lire l’uno”.
Aulla, cartolina degli anni '50-'60
Utilizzo ai sensi dell'art. 70 comma 1-bis della. Legge 22 aprile 1941, n. 633.
Utilizzo ai sensi dell'art. 70 comma 1-bis della. Legge 22 aprile 1941, n. 633.
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